Couto, Mia. – Nome con cui è meglio noto lo scrittore mozambicano António Emílio Leite Couto (n. Beira 1955). Autore tra i più conosciuti e apprezzati dell’Africa lusofona, ha maturato le prime esperienze professionali come giornalista per la testata Tribuna, divenendo direttore dell’Agenzia di informazione del Mozambico e debuttando nella scrittura letteraria con la raccolta poetica Raiz de orvalho (1983), cui ha fatto seguito il copioso ciclo dei racconti brevi (contos), frutto di una ricerca linguistica capillare e raffinata in cui la lingua portoghese viene ibridata con forme dei vocabolari regionali mozambicani per dare vita a storie di ampia dimensione poetica, che si muovono nella tradizione del realismo magico e riecheggiano la prosa di Guimarães Rosa e Jorge Amado. Tra di essi si citano Vozes anoitecidas (1986; trad. it.1989); Cada homem é uma raça (1990; trad. it. 2008); Estórias abensonhadas (1994); Contos do nascer da Terra (1997); Na berma de nenhuma estrada (1999); O fio das missangas (2003; trad. it. Perle, 2011). Insignito di prestigiosi riconoscimenti quali il Prémio Camões (2013) e il Neustadt International Prize for Literature (2014), C. è inoltre autore di romanzi, quali Terra sonâmbula (1992; trad. it. 2002); A varanda do frangipani (1996; trad. it. 2002); Mar me quer (1998); Vinte e zinco (1999; trad. it. 2013); O último voo do flamingo (2000); O gato e o escuro (2001); Um rio chamado tempo, uma casa chamada terra (2002; trad. it. 2005); A chuva pasmada (2004); O outro pé da sereia (2006); Venenos de deus, remédios do diabo (2008; trad. it. 2011); Jesusalém (2009; trad. it. L'altro lato del mondo, 2015); A confissão da leoa (2012; trad. it. 2014), che ruotano anch’essi sulla fascinazione della parola, costituendo metafore quasi fiabesche che si dipanano al ritmo della coscienza.