SCHIPA, Michelangelo.
– Nacque a Lecce il 4 ottobre 1854, secondogenito di Giuseppe, di professione sarto, e di Teresa Bandelli, casalinga.
Studiò nel locale liceo dal 1865 al 1873 e, grazie a una borsa di studio concessagli dall’Amministrazione provinciale per interessamento del duca Sigismondo di Castromediano, si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Napoli. Lì ascoltò le lezioni, tra gli altri, di Luigi Settembrini, Francesco De Sanctis, Giuseppe De Blasiis. Punti di riferimento furono soprattutto De Blasiis e l’archivista Bartolommeo Capasso, impegnati nella conoscenza delle origini della storia nazionale tramite la rivalutazione del Medioevo prenormanno e la pubblicazione di fonti. Essi furono nel 1875 tra i fondatori della Società napoletana di storia patria, nel cui ambiente Schipa si trovò ben inserito e nella cui rivista, Archivio storico per le provincie napoletane, pubblicò molti dei suoi lavori.
Laureatosi nel 1877, insegnò al liceo Umberto I di Napoli e, nel 1878, grazie all’intervento di De Sanctis, ebbe l’incarico di storia e geografia nel liceo Torquato Tasso di Salerno. Inizialmente autore di piccoli lavori di critica teatrale, rimase dieci anni nella città. L’annuario del liceo ospitò i suoi primi saggi sull’Alto Medioevo: Alfano I arcivescovo di Salerno, studio storico-letterario (1880) e La cronaca amalfitana (1881) che, sia nella scelta del tema sia nell’indirizzo metodologico storico-erudito, esprimevano l’esigenza di mantenere vivo l’impegno risorgimentale. Nella Storia del principato longobardo di Salerno (Napoli 1887), premiata dall’Accademia dei Lincei, capacità espositiva ed erudizione si univano all’attenzione verso le strutture giuridiche, economiche e sociali.
Trasferito da Salerno al liceo di Maddaloni, dopo un inutile tentativo di spostarsi a Firenze, nel 1888 a Napoli fu titolare di cattedra presso l’Istituto tecnico nautico, e, dal 1889, insegnò storia, come vincitore di concorso, presso il Collegio militare della Nunziatella, cumulando nel 1893-94 questo insegnamento con quello di geografia (1895) nella facoltà di filosofia e lettere. Vinse nel 1895 il concorso di storia e geografia bandito dal 2° Reale Educandato femminile di Napoli. La sua attività nelle scuole fu caratterizzata, anche a causa della salute cagionevole, da frequenti assenze, tollerate in considerazione dei suoi meriti scientifici e accademici, avendo egli conseguito nel 1890 la libera docenza in storia moderna.
In quel periodo vennero stampati i due saggi: Carlo Martello angioino (in Archivio storico per le provincie napoletane, XIV (1889), pp. 17-23, 204-264, 432-458; XV (1890), pp. 5-125) e Il Ducato di Napoli (ibid., XVII (1892), pp. 103-142, 358-421, 587-644, 780-807; XVIII (1893), pp. 41-65, 247-277, 463-493, 621-651; XIX (1894), pp. 3-36, 231-251, 445-481) in cui Schipa percepiva una embrionale italianità. Seguirono Le Italie del Medio Evo. Per la storia del nome d’Italia (ibid., XX (1895), pp. 395-441) e moltissime recensioni.
Dalla metà degli anni Ottanta iniziò il rapporto con Benedetto Croce, con cui condivideva studi e interessi attraverso la Società napoletana di storia patria, e con la rivista Napoli nobilissima, nella quale la ricerca erudita si sposava con la volontà di tutelare il patrimonio monumentale di Napoli e del Mezzogiorno.
Uomo sensibile alle onorificenze, fu cooptato nell’Accademia Pontaniana; fece parte della Società dei nove musi (1890); nel 1897 ebbe il comando presso la Biblioteca nazionale di Napoli, confermatogli nel 1903. Solo nel 1901 giunse ai gradi accademici, succedendo a De Blasiis come incaricato nell’insegnamento di storia moderna presso l’Università di Napoli e, nell’aprile del 1904, con una chiamata ‘per chiara fama’, ottenne la titolarità della cattedra, generando il ricorso, inefficace, di Gaetano Salvemini, docente a Messina. Visse quindi da vicino il passaggio di Croce verso posizioni neoidealistiche e storicistiche e verso una storiografia etico-politica, mentre continuava a impegnarsi nella Società napoletana di storia patria, della quale fu presidente dal 1914 al 1933 (allorché essa, trasformata in Deputazione, fu retta dal commissario Alfredo Zazo, prima della presidenza di Ernesto Pontieri dal 1935) e direttore dell’Archivio storico per le provincie napoletane, succedendo a De Blasiis, che commemorò in più occasioni.
Pur non trascurando la storia medievale, cominciava ad approfondire il Settecento con una serie di saggi pubblicati in Archivio storico per le provincie napoletane (1897, 1899, 1902), negli Atti dell’Accademia Pontaniana (1898), con Il Regno di Napoli sotto i Borboni (Napoli 1900), e con le premesse a Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone (Milano 1904, 2ª edizione 1923), dedicato a Croce.
Opera matura, ispirata dal metodo storico e con apertura all’analisi economico-giuridica, dava una valutazione poco innovativa e dinamica dell’azione del sovrano, data la mancanza di autonomia dalla Spagna; sottovalutava gli effetti positivi di questo legame per consolidare il trono e attuare una politica riformista. Il quadro che offriva dipingeva tuttavia sia il contesto sociale settecentesco, sia la specifica azione di governo, con attenzione agli individui e alle forze ideali cui si erano ispirati. Croce su La Critica (1904, pp. 394-400), nel riconoscere che fosse «frutto maturo di lunghi studi e accurati» con annessi meriti storiografici, la definiva storia «locale», per non aver collegato il riformismo carolino alla grande cultura del Settecento europeo.
Era ormai evidente la distanza fra i due, in quanto Croce in Studi storici sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1897), aveva mostrato apprezzamento per l’azione del primo sovrano borbonico, aperto verso l’illuminismo europeo, e dal 1902 era passato dagli studi eruditi e letterari alla filosofia. Si aggiungeva la tensione per il mancato appoggio, nel 1908, dell’accademico Schipa, tacciato di pusillanimità, al trasferimento di Giovanni Gentile, sostenuto da Croce, nell’ateneo napoletano.
Se Contese sociali napoletane nel Medio Evo – in Archivio storico per le provincie napoletane, XXXI (1906) – rifletteva la stessa sensibilità all’indirizzo economico-giuridico, risultati innovatori Schipa raggiungeva, coniugando questo aspetto con il metodo filologico, nella monografia su Masaniello (1925), volume senza note e apparati documentari, frutto di precedenti saggi sul dominio spagnolo fra Cinque e Seicento e oltre (pubblicati in Archivio storico per le provincie napoletane negli anni 1909, 1912, 1913, 1918, 1920, e negli Atti della Real Accademia di Napoli nel 1915 e nel 1918).
Schipa innovò l’interpretazione del personaggio, proponendo una periodizzazione in tre fasi: la rivolta urbana, antifiscale e antinobiliare nel solco dell’obbedienza alla Spagna fino all’uccisione del pescivendolo; il moto nelle province con caratteri antifeudali; la secessione dalla Spagna, fino alla proclamazione della repubblica e alla ripresa del controllo delle truppe spagnole su Napoli. Ne veniva superata la visione di una ‘rivoluzione contro le gabelle’ e la sorte del personaggio era collegata a una rete complessa di poteri e alla direzione effettiva di Giulio Genoino, dando spazio alla ricostruzione della società e dell’economia, alle idee e alle forze culturali, alle psicologie dei protagonisti.
Alla svolta dell’interpretazione di Schipa della rivoluzione e sul ruolo storico di Masaniello ha fatto riferimento la storiografia successiva, da Rosario Villari ad Aurelio Musi, a Francesco Benigno a Giuseppe Galasso (2006), cui si devono la più articolata periodizzazione e la collocazione della vicenda nel contesto della crisi dell’Impero spagnolo tra il 1642 e il 1646, a Silvana D’Alessio (2007), per gli aspetti mitici del personaggio.
Le vicende della prima guerra mondiale furono da lui vissute senza particolare partecipazione. Nel 1917, anno in cui ebbe l’onorificenza di commendatore della Corona d’Italia, sposò la giovane allieva pugliese Zina Zara. Da lei ebbe due figlie morte in tenera età, una delle quali, Teresa, a tre anni; nel 1919 fu socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei e socio nazionale dal 1927; nel 1920 fu socio corrispondente della Reale Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo e membro del Consiglio superiore degli Archivi di Stato. La mancata elezione nelle elezioni amministrative del 1920 nel Partito popolare fu compensata dalla nomina a cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1921), nel 1926 a cavaliere di gran croce della Corona d’Italia. La sua aspirazione era essere nominato senatore.
Nel maggio del 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce, ma poco dopo negò la sua adesione e si iscrisse, nel 1926, al Partito nazionale fascista. Croce, che gli aveva dedicato nel 1924 la Storia del Regno di Napoli, dopo tale mutamento di posizione appose alla dedica la data del maggio del 1924, per sottolineare che essa era diretta allo Schipa di prima dell’adesione al regime. Nonostante le sue scelte ideologiche, gli Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa (1926) contenevano saggi della migliore storiografia meridionale, che davano un’idea del ruolo di maestro che egli aveva svolto per più di una generazione di studiosi di varie aree disciplinari. Negli ultimi anni, pur con problemi di salute, si dedicò alla ristampa di precedenti lavori (Il Mezzogiorno d’Italia anteriormente alla monarchia: ducato di Napoli e principato di Salerno, Bari 1923), compilò molte voci per l’Enciclopedia italiana e riprese interessi giovanili: di qui Sicilia e Italia sotto Federico II (Archivio storico per le provincie napoletane, n.s., XIII (1928), inizialmente Frederick II: Italy and Sicily, in Cambridge medieval history, VI, Cambridge 1926), dove Federico II è visto come precursore, in qualche modo, dell’Unità italiana. Seguirono altri saggi di varie tematiche e collocazioni e, in occasione del settimo centenario dell’Ateneo Federico II, L’Università di Napoli nel secolo XVIII, in Storia dell’Università di Napoli (Napoli 1924, pp. 433-466).
In Albori di Risorgimento nel Mezzogiorno d’Italia (Napoli 1938), introdotto da Gioacchino Volpe, sottolineava le aspirazioni alla libertà dallo straniero, presenti nella storia del Mezzogiorno fin dall’età moderna, a conferma della sua costante adesione agli ideali risorgimentali. Anche l’ultima opera, Nel Regno di Ferdinando IV Borbone (Firenze 1938), ebbe la prefazione di Volpe.
Morì a Napoli il 4 ottobre 1939 e solo dopo tale data ebbe la tanto attesa nomina a senatore del Regno.
Uomo gentile, cordiale ed equilibrato, è ricordato per il rapporto simbiotico con gli allievi, tra i quali ebbe largo seguito e di cui andava fiero (Nino Cortese, Walter Maturi, Ernesto Pontieri, Fausto Nicolini e molti altri). Aperto alle novità, scrupoloso ricercatore, sensibile all’indirizzo economico-giuridico, adottò un modo di scrivere sobrio e agile, rivolgendosi a un pubblico ampio. Costante militanza risorgimentale e fedeltà all’ottica nazionale italiana caratterizzarono questo storico patriota, impegnato anche nell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano: nel 1906 fu uno dei delegati regionali al Primo Congresso e Mostra sistematica per la storia del Risorgimento italiano; nel 1911 fu uno dei commissari del comitato per la mostra storica per il cinquantenario del plebiscito, inaugurata a Napoli il 25 maggio; dal 1912 al 1914 fu vicepresidente del Comitato regionale napoletano per la storia del Risorgimento italiano e, negli anni Venti, presidente (Baioni, 2006). Fu accusato di essere un erudito, esponente di una storiografia ‘italocentrica’: giudizio eccessivo, da cui lo difendeva il suo allievo Maturi che, accanto alla persistente presenza di motivi risorgimentali, sottolineava, nel 1929, l’impianto storiografico della sua tesi e rivendicava il carattere non solo italiano, ma europeo di questa storia. Nel 1928, tuttavia, ne aveva individuato il limite nel suo essere un eclettico, avverso alla formulazione di un sistema (Galasso, 2003, p. 175).
Opere. I suoi interessi si concentrarono su età prenormanna, angioina, Seicento e Settecento spagnolo ed età borbonica nel Mezzogiorno d’Italia. Tradusse F. Hirsch, Il ducato di Benevento sino alla caduta del regno longobardo: contributo alla storia dell’Italia meridionale nel medio evo, Torino 1890 (ora in F. Hirsch - M. Schipa, La Longobardia meridionale (570-1077). Il Ducato di Benevento. Il Principato di Salerno, a cura di N. Acocella, Roma 1968). Oltre alle opere citate, riferimenti a suoi articoli, recensioni, brevi note, commemorazioni e altro in varie riviste si trovano in N. Cortese, Nota bio-bibliografica, in Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, Napoli 1926, pp. VII-XXI; G.M. Monti, Bibliografia dei lavori storici di Michelangelo Schipa, in Rinascita salentina, n.s., VIII (1940), 2, pp. 154-160; R. Moscati, Bibliografia di M. Schipa 1874-1879, in Rassegna storica napoletana, n. s., I (1940), 2, monografico, pp. 123-127, 191-210; N. Cortese, Premessa a Michelangelo Schipa, in Archivio storico per le provincie napoletane, XXVIII (1945), monografico, p. X. Per i suoi interventi su Archivio storico per le provincie napoletane, cfr. Indici 1965-1999, a cura di F. Cuollo, Napoli 2004. Per la collaborazione con l’Enciclopedia italiana, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, Archivio storico, Corrispondenza, b. 31, ad nomen.
Fonti e Bibl.: I dati biografici sono stati corretti o completati da G. Aliberti, M. S. e la storiografia dei valori. Storici italiani tra l’Otto e il Novecento, Roma 2007, pp. 19-94, e da A. Venezia, Le Società e Deputazioni di storia patria e la costruzione della nazione: Il caso napoletano, in corso di stampa, cui si rimanda anche per il ruolo svolto nella Società napoletana di storia patria. La dimensione familiare è evidenziata nel testo di Z. Schipa, Ricordando, Napoli 1940. Molte le testimonianze dei suoi allievi, scritti commemorativi e necrologi, riportati in G. Cacciatore, Profilo di M. S., in Archivio storico per le provincie napoletane, s. 3, XXXV (1995), pp. 527-556, ma p. 528. Per il clima storiografico di fine Ottocento-inizio Novecento: E. Sestan, L’erudizione storica in Italia, in Id., Storiografia dell’Otto e Novecento. Scritti vari, a cura di G. Pinto, Firenze 1991, pp. 3-31; G. Galasso, Walter Maturi, l’ambiente culturale napoletano e gli studi sull’età della Restaurazione, in Rivista storica italiana, 2003, n. 1, p. 175; G. Cacciatore, La cultura storica a Napoli nella seconda metà dell’Ottocento, in Bartolommeo Capasso. Storia, filologia, erudizione nella Napoli dell’Ottocento, a cura di G. Vitolo, Napoli 2005, pp. 133-146; M. Baioni, Risorgimento in camicia nera, Torino 2006; G. Galasso, Storici italiani del Novecento, Bologna 2008, pp. 235-257. Per i rapporti con Croce: M.O. Spedicato, Una raccomandazione non andata in porto. Il caso Gentile nel carteggio Croce-Schipa, in Studi in memoria di Michele Pastore Doria, Galatina 2007, pp. 223-253, studio dell’inedito carteggio Croce-Schipa, che rivela il ruolo di Schipa nel lavoro intellettuale e politico che presiedette alla pubblicazione della Critica e la collaborazione nel realizzare Napoli nobilissima. Per gli studi su Masaniello, con riferimenti anche a quelli citati: G. Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno spagnolo e austriaco, in Storia d’Italia, XV, 3, Torino 2006, pp. 247-554; S. D’Alessio, Masaniello, Roma 2007.