CIPOLLA, Michele
Nato a Palenno il 28 ott. 1880 da Luigi e da Rosaria Moncada, dopo aver seguito con onore, gli studi medi superiori nel liceo della sua città, iniziò quelli universitari presso la facoltà di matematica e nella Scuola normale superiore di Pisa, dove fu allievo del celebre matematico L. Bianchi. Trasferitosi in seguito all'università di Palermo, finì per addottorarsi in matematica pura nel 1902 con una tesi sulla teoria dei numeri assegnatagli dal suo grande maestro G. Torelli su un argomento allora di attualità, la determinazione asintotica dell'nmo numero primo, tema già trattato da numerosi matematici stranieri, tra i quali N. H. Abel. E il C. riuscì fin d'allora in quel campo a ottenere risultati di notevole importanza. Conseguita la laurea, la sua carriera scolastica si svolse senza grandi intralci. Passò attraverso la trafila dell'insegnamento medio prima nel ginnasio di Corleone dal 1904 al 1911, quindi nel liceo di Potenza nel 1911, allorché per regolare concorso venne chiamato, in qualità di titolare di analisi algebrica, dall'università di Catania, sede che lasciò in seguito per passare alla cattedra di analisi matematica di Palermo nel 1923, cattedra che mantenne prestigiosamente fino alla morte.
Ebbe numerose amichevoli relazioni con scienziati di tutto il mondo, da cui fu stimato ed apprezzato. Le sue lezioni all'università furono sempre affollate e seguite con tassione dagli allievi. Discepolo di G. Torelli e di A. Capelli, visse in un'epoga nella quale erano in piena fioritura gli studi di geometria algebrica instaurati nel secolo scorso da L. Cremona, E. Bertini, C. Segre e G. Veronese, sviluppatisi con vigore poi inusitato per opera di F. Enriques, G. Castelnuovo è F. Severi, per cui rimase un po' staccato dalla mentalità imperante allora; ma oggi con la ripresa degli studi algebrici e aritmetici e con l'affermazione dell'algebra astratta, la teoria dei numeri e il rinnovato interesse per la teoria dei gruppi, ci è consentito di assegnare ung valutazione di maggiore attualità alla sua figura di scienziato. Si tratta in effetti di un caposcuola in certi rami dello scibile aritmetico e algebrico, di una scuola tuttora valida, che affonda le sue radici nelle parti più vitali della scienza esatta.
Su novanta memorie e note scritte nell'arco di trentacinque anni, ne troviamo venti dedicate all'aritmetica, oltre a grossi articoli riguardanti la teoria generale dei numeri. Le ricerche in questo campo possono pertanto suddividersi in alcune di carattere peculiare su determinate questioni e in altre di tono generale, di più ampio respiro, coinvolgenti teorie sostanzialmente rinnovate da lui. Nel 1903 egli risolse il problema di determinare tutti i numeri composti o che verifichino la congruenza di Fermat ap-1 ≡ 1 (modulo p), a essendo un numero naturale assegnato ad arbitrio (diverso da 1 e primo con p); e, viceversa, di determinare un numero a intero positivo con quella relazione congruenziale (v. Sui numeri composti P che verificano la congruenza di Fermat ap-1 ≡ 1/n (mod. p), in Annali di matematica, IX[1903], pp. 113-60). Dal 1903 al 1906 si occupò ancora delle congruenze numeriche del tipo xn ≡ a (modulo p) (a e n interi positivi, p primo) e su quel tema spiccano fra le altre le due note Applicazione della teoria delle funzioni numeriche del secondo ordine alla risoluzione della congruenza di secondo grado (in Rend. d. R. Acc. di scienze fisiche e naturali di Napoli, s. 3, X [1904], pp. 135-161), e Formule di risoluzione delle congruenze binornie quadratica e biquadratica (ibid., XI [1905], pp. 13-17). E, sulla base delle precedenti, egli pubblicò l'Estensione di un metodo di Legendre alla risoluzione della congruenza x2m ≡ a (modulo 2k)(ibid., pp. 304-309).
Notevoli si presentano i lavori intorno alle soluzioni "apiristiche" delle congruenze binomie secondo un modulo primo, da lui scritti negli anni 1906 e 1907, comparsi con il titolo Sulla risoluzione apiristica delle congruenze binomie secondo un modulo primo, sui Math. Annalen, LXIII (1906), pp. 603-608 e, con il titolo Sulla risoluzione apiristica delle congruenze binomie, sui Rend. d. R. Acc. naz. dei Lincei (s. 5, XVI [1907], pp. 603-608, 732-741). A conclusione dei suoi studi sul terna, il C. riferiva quindi in una valida nota le formule risolutive, piuttosto semplici, delle equazioni congruenziali di qualunque grado rispetto al modulo primo in funzione dei coefficienti dell'equazione in un "corpo finito" (cfr. Formule di risoluzione apiristica delle equazioni di grado qualunque in un corpo finito, in Rend. d. Circolo mat. di Palermo, LIV [1930], pp. 199-206). Ma lo sviluppo che merita di essere menzionato, dovuto al prestigioso matematico siciliano, riguarda l'argomento delle funzioni definite per ogni intero n positivo y = f (n), che dà luogo a un calcolo detto calcolo numerico integrale, istituito già nel secolo scorso dal russo Bugajeff e dall'italiano E. Cesaro, e continuato con successo dal Cipolla. Livero egli nel 1908 aveva già pubblicato uno Specimen de Calculo Arithmetico-Integrale (Torino 1909), molto interessante e volle, negli anni 1915 1928 e 1930, sistematizzare i risultati dovuti ad altri in quel campo di studi (cfr. Sui principii del calcolo aritmetico-integrale, in Atti d. Acc. Gioenia di Catania, s. 5, VIII [1915], mem. XI; Determinanti della teoria dei numeri, ibid., mem. XII; Sulle funzioni numeriche del massimo divisore e del minimo multiplo comune a due numeri, in Atti d., Reale Acc. di scienze, lettere e arti di Palermo, s. 3, XV [1928-1929], pp. 12 ss.). Nel campo della aritmetica asintotica egli ha lasciato un gruppo di lavori, a partire dalla tesi di laurea (1902; pubblicata con il titolo La determinazione asintotica dell'nmo numero, primo, in Rend. d. R. Acc. di sc. fis. e mat. di Napoli, s. 3, VIII [1902], pp. 132-66), nella quale giunse a determinare l'espressione asintotica della differenza di due numeri primi consecutivi, proponendo così un punto di arrivo nel problema della distribuzione dei numeri primi.
Il C. fu inoltre un grande studioso dell'algebra. Enorme importanza diede con i suoi studi alla teoria delle matrici; nel 1917 operò lo sviluppo dei determinanti secondo i minori di due matrici complementari introducendo, per giungervi, degli accorgimenti molto originali (cfr. Il discriminante e il numero delle radici immaginarie di un'equazione algebrica e coefficienti reali, in Atti d. Acc. Gioenia, s. 5, X [1917], mem. XIX); nel 1924 riusciva poi a perfezionare i risultatì cui erano pervenuti Lipschitz e Prynn nel 1892 concernenti le sostituzioni ortogonali, in una memoria rimasta celebre (cfr. Alcune estensioni dei teoremi sulle caratteristiche delle sostituzioni lineari, in Esercitazioni matematiche, IV[1924], pp. 1722). Nella teoria dei gruppi finiti fermò attentamente e per lungo tempo la sua attenzione su di essa dopo l'iniziazione ricevuta a Pisa dal Bianchi. Così apri una serie di lavori sulla materia nel 1908 con una memoria sui gruppi abeliani, comparsa con il titolo Sulla teoria dei gruppi abeliani, in Rendiconti della R. Acc. di scienzefisiche e matematiche di Napoli (s. 3, XIV [1908], pp. 77-102), continuandola in seguito con quattro note che vanno dal 1909 al 1912, nelle quali spiegò come i gruppi di "tipo" assegnato possano distribuirsi. in un numero finito di classi (Sulla teoria dei gruppi d'ordine finito, I, ibid., XV[1909], pp. 44-54; II, ibid., pp. 113-24; III, ibid., XVII [1911], pp. 226-32; IV, ibid., XVIII[1912], pp. 29-35) - egli aveva già introdotto i concetti di "tipo", "genere" e "rango" di un gruppo -, e nel 194 scrisse svariate note, pervenendo alla costruzione dei gruppi di tipi 1, 2, 3 per mezzo dei "sottogruppi fondamentali abeliani". Da esse trasse poi un metodo per la costruzione dei gruppi di un dato tipo più elevato.
Successivamente egli volle riassumere le fatiche dello studioso e quelle dell'uomo di scuola (tenne all'università di Palermo alcuni corsi sulla teoria dei gruppi) in un'opera dal titolo Teoria dei gruppi di ordine finito distinta nelle tre parti: Gruppi astratti (1920-21), Gruppi di sostituzione (1921-22), Teoria delle equazioni algebriche secondo Galois (1922). Il trattato, pubblicato nel periodo 1920-1922 dal Circolo matematico di Catania, ebbe grande fortuna e riscosse vivi apprezzamenti nel mondo degli studiosi. Le ricerche del C. ebbero dei prosecutori e furono continuate con successo dai matematici della sua scuola, come V. Amato, Gaspare e Giuseppe Mignosi, S. Amante, B. Pettineo, ed altri. Possiamo dire con G. Sansone, che ne valutò l'opera in un suo magistrale intervento ai Lincei, che il C. deve annoverarsi, "tra coloro che movendo i primi attacchi con coraggio di pionieri aprirono la strada alle conquiste definitive". Le ricerche del C. non si fermano qui. Ad esempio, sui procedimenti per ottenere la sommazione delle serie convergenti apportò numerosi contributi e altrettanto fece nello studio delle funzioni analitiche semplificando criteri già noti. A tale proposito dobbiamo riconosèere che riusciva sempge a trovare la via più semplice e convincente nelle dimostrazioni affrontate in maniera complessa da altri: così il criterio di Hardy-Landau venne di molto semplificato nella nota redatta nel 1921 col titolo Criteri di convergenza riducibili a quello di Hardy-Landau per i Rend. della R. Acc. di scienze fisiche e matematiche di Napoli, s. 3, XXVII, pp. 28-37.
Nel 1915 volle affrontare problemi di chiusgra dei sistemi di funzioni ortogonali per la ricerca delle condizioni necessarie e sufficienti perché un sistema di tali funzioni possa divenire completo con l'aggiunta di un numero finito di funzioni, riuscendo a creare una semplice e sicura via per addivenire allo scopo (cfr. Suisistemi di funzioni ortogonali che ammettono un sistema complementare finito, ibid., s. 3, XXI [1915], pp. 235-48).
La crisi sui fondamenti della matematica che si determinò fra l'800 e il '900 non passò senza effetto sul Cipolla. La teoria degli insiemi con le antinomie che si erano venute a creare, era stata esaminata già accuratamente dalla scuola italiana del Peano e da quella inglese del Russell, il quale ultimo aveva introdotto una soluzione apparentemente decisiva per il problema, alla quale si era riferito anche E. Zermelo col suo "postulato delle scelte", così concepito: "Dato un insieme qualsiasi, ad ogni sottinsieme dì esso può farsi corrspondere uno dei suoi elementi". Ma tale assioma, del quale alcuni matematici si affrettarono a fare un uso incondizionato nei loro ragionamenti, non era esente da critiche specie se attribuito agli insiemi infiniti. Fu allora che il C. cercò di studiare un metodo che fosse indipendente dal postuiato della "relazione selettiva", dimostrando direttamente il principio: "Se un insieme ammette un valore limite, si può dall'insieme staccare una successione che tende allo stesso valor limite" (cfr. Sul postulato di Zermelo e la teoria dei limiti delle funzioni, in Atti d. Acc. Gioenia, s. 5, VI [1923], mem. V), ciò che diede lo spunto a un folto gruppo di studiosi per giungere a risultati validi in dnalisi senza passare per il postulato di Zermelo. Altra questione annosa venne contemplata dal C. allorché D. Hilbert nel 1923 in una sua celebre memoria credette di porre una soluzione definitiva al problema del transfinito. A ciò rispose il C. rilevando che ammettere la funzione creata dal Hilbert per risolvere quel problema "equivale perfettamente ad ammettere il principio di Zermelo nella sua forma più generale" (cfr. Sui fondamenti logici della matematica secondo le recenti vedute di Rilbert, in Annali di mat., s. 4, I [1923-24], pp. 19-29).
Egli fu anche uno studioso di filosofia della matematica e non è inutile ricordare che fu docente di corsi di preparazione per laureati per concorsi a cattedra nelle scuole medie superiori di Palermo, e in essi ebbe occasione di dimostrare la propria avversione a certi sviluppi metalogici e metamatematici instaurati dalle varie scuole europee (in particolare dal Hilbert), contraddistinti dall'istituzione di simboli soggetti a convenzioni formali con i quali può operarsi benissimo, ma che tuttavia danno luogo a risultati svuotati di ogni assaggio intuitivo, facendo uso di sole relazioni astrattamente razionali. Egli prese posizione fra i matematici logici antihilbertiani, affermando che la matematica non è creazione derivante da simboli, né dall'intuizione pura, ma è creazione del pensiero (cfr. La posizione odierna della matematica di fronte al problema delle conoscenze, in Note ed esercitazioni matematiche, IV [1929], pp.191-204, e Conferenze di filosofia matematica, in Esercitazioni matematiche, s. 2, VII [1934], pp. 146-49 e 206-08).
Inoltre non si può fare a meno di accennare ai suoi famosi trattati e corsi monografici orientati nella scia deigrandi matematici italiani e stranieri che lo precedettero in quella fatica: A. Capelli, E. Cesaro, G. Peano, A. N. Whithead e B. Russell. Le Istituzioni di analisi algebrica del Capelli e il Corso di analisi algebrica con introduzione al calcolo infinitesimale del Cesaro costituivano già dei modelli nel genere, insuperati per la loro completezza e la ricchezza del pensiero matematico. Ad essi è lecito aggiungere ora, per l'equivalenza dei meriti, l'Analisi algebrica e introduzione al calcolo infinitesimale e le Lezioni di calcolo infinitesimale (rispett. Palermo 1914 e ibid. 1925), il primo arricchito e ampliato nelle successive edizioni del 1921, 1926 e 1934, il secondo nel 1927 e quindi nel 1933. Il successo di, quei testi fu ragguardevole al punto da far valutare i volumi delle eccellenti opere di consultazione e di approfondimento. Essi divennero ben presto dei classici nell'analisi matematica.
Da ricordare, fra le altre fatiche scolastiche, trentadue volumetti specifici compilati in collaborazione con valenti matematici. Nell'ambito della produzione dovuta al suo alto magistero didattico, pensiamo sia utile inoltre riferire ciò che egli fece per la formazione degli insegnanti medi con l'azione svolta in corsi di aggiornamento e mediante numerose conferenze e pubblicazioni. In tal senso deve valutarsi il trattato La matematica elementare nei suoi fondamenti, nei riguardi didattici e negli sviluppi superiori, edito a Palermo la prima volta nel 1927, il quale ebbe ben tre edizioni (l'ultima apparve nel 1949 postuma).
Il C. collaborò anche all'Enciclopedia Italiana con le voci "Aritmetica superiore", "Zero", nonché le belle biografie di E. Galois, C. F. Gauss, L. Kronecker, E. E. Kummer. Il C. ebbe un interesse vivo per la storia delle matematiche, tanto che si ricorda di lui un corso sull'argomento, tenuto nel 1933 a Palermo per laureati presso la Biblioteca filosofica, nel quale parlò della critica dei fondamenti della matematica per concludere come sia inevitabile in uno studio siffatto pervenire storicamente a quelli che sono gli indirizzi più moderni per una migliore valutazione della materia allo scopo di affinarne i metodi di ricerca. Non trascurò infine a tale proposito anche questioni singole, come quelle esposte nelle note: Il contributo italiano alla rinascita della matematica nel Duecento (in Esercitazioni matem., s. 2, VIII [1934], pp. 1-12), Indagini antiche e nuove sui misteri dell'aritmetica (ibid., X[1937], pp. 1-10).
La fama della personalità del C., per la sua ricca ed originale produzione scientifica, lui vivente si era già molto diffusa nel mondo degli studiosi. Egli ricevette molti riconoscimenti in Italia e fuori: così fu vicepresidente del Circolo matematico di Palermo, socio dell'Accademia Gioenia di Catania, dell'Accademia Pontaniana di Napoli e dell'Accademia dei Lincei nel 1947, dottore howris causa dell'università di Sofia, membro del Comitato di redazione degli Annali di matematica purao ed applicata, direttore delle Esercitazioni matematiche di Catania, membro della Commissione scientifica: dell'Unione matematica italiana, spesso incaricato dal ministero della Pubblica Istruzione per mansioni varie, tra cui la riforma dei programmi ecc.
Insomma in ogni ramo dell'analisi algebrica e infinitesimale il C. ha lasciato un'impronta indelebile, particolarmente nel campo della teoria dei numeri.
Mori a Palermo il 7 sett. 1947.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Atti d. Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, marzo 1949; in Boll. d. Unione matem. it., III(1948), 3, pp. 94 s.; G. Ricci, in Un secolo di progresso scientif. ital., Roma 1939, pp. 60, 64, 86; G. Sansone, Commem. del corrispondente M. C., in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fis., mat. e nat., s. 8, XXI (1956), 6, pp. 507-523; F. Tricomi, Matematici ital. del primo secolo dello Stato unitario, in Mem. d. Acc., d. scienze di Torino, classe di sc. mat., fis. e nat., I (1962), p. 36; Enc. Ital., App. II, sub voce;J. C. Poggendorff, Biographisch-literarisches Handwörterbuch zur Gesgh. der exact. Wissensch., V, pp. 224 s.; VI, p. 445.