GRANATA, Michele
Nacque il 25 nov. 1748 a Rionero in Vulture, in Basilicata, da Ciriaco, ricco commerciante, e Maddalena Lauria. La famiglia, di origine spagnola, possedeva una villa e una discreta proprietà terriera. Il G. ebbe sei fratelli e una sorella.
Dopo aver avuto come primo precettore lo zio sacerdote Mattia, fu avviato alla vita religiosa nel seminario vescovile di Melfi e Rapolla. Alla morte del padre, nel 1759, ereditò una rendita vitalizia di 200 ducati e andò a vivere a Napoli col fratello minore Tommaso. Qui continuò gli studi ed entrò nell'Ordine dei carmelitani scalzi, assumendo il nome di Francesco Saverio da Rionero. Il G. si segnalò presto per le doti intellettuali e divenne maestro. Trasferitosi per breve tempo nel convento di Barile, fu presto richiamato a Napoli nel convento del Carmine Maggiore, divenendo definitore perpetuo e provinciale. In omaggio al suo apostolato il suo nome fu scolpito sulla campana maggiore del Carmine. In seguito, per ragioni di salute, fu trasferito nel convento della Trinità degli Spagnoli, situato in una zona più salubre della città. Grazie all'intervento di Vito Caravelli, di cui era stato allievo, nel 1778 il G. fu nominato professore di filosofia e matematica nell'Accademia militare della Nunziatella. Negli anni successivi pubblicò due opere indicate dai biografi con diversi titoli, la Breve notizia della vita di Niccolò Martino (Napoli 1780; d'Ayala, 1883, p. 318) e un manuale di algebra e geometria.
Vi sono poche notizie sulla vita del G. nel decennio precedente alla svolta rivoluzionaria del 1799, che l'avrebbe visto in prima fila tra i repubblicani. Tuttavia già prima di questi eventi cominciarono i suoi contrasti con le autorità. Nel 1787 fu rimosso dall'insegnamento, ricevendo peraltro una pensione. Una fonte attesta che in quell'anno il G. si trovava nel carcere arcivescovile napoletano, ma si ignora la motivazione del suo arresto e la data della scarcerazione (Catenacci, p. 18). Nel 1789 tornò a insegnare filosofia e matematica nella Nunziatella (fu richiamato il 25 ottobre) e nel 1791 pubblicò dei versi in Omaggio a Ferdinando IVrenduto dalla Regia Accademia militare, in occasione del ritorno del sovrano a Napoli dopo un viaggio a Vienna.
Nel 1793 il G. lasciò l'insegnamento, divenendo rettore dei carmelitani cosiddetti di S. Maria della Vita, nel convento di Montesanto a Napoli. Nel 1794 prese pubblicamente le difese del messinese Tommaso Amato, arrestato il 14 maggio nella chiesa del Carmine e giustiziato tre giorni dopo con l'accusa d'aver cospirato contro trono e altare. Nel 1795 lo stesso G., coinvolto nella nuova ondata di processi politici della giunta di Stato, fu incarcerato nella fortezza di Gaeta insieme con l'abate F. Monticelli, con mons. D. Forges Davanzati e con Eleonora Fonseca Pimentel. Tornò libero solo il 25 luglio 1798, grazie all'intervento del principe di Castelcicala, Fabrizio Ruffo, che portò alla scarcerazione di 58 "giacobini", tra i quali il conterraneo e amico M. Pagano (nativo di Brienza) e un suo parente, F. Angiulli. Tornò allora a insegnare alla Nunziatella, ma per breve tempo, preferendo lasciare la cattedra al conterraneo G. Fortunato, suo discepolo.
Durante la Repubblica napoletana del 1799 il G. prese parte alla vita politica della capitale e fu uno dei maggiori esponenti della Società patriottica. Divenne anche commissario del cantone di Sannazzaro, uno dei sei mandamenti in cui era stata suddivisa la città; inoltre si dedicò all'educazione politica dei ceti popolari, insegnando la compatibilità dei valori democratici e repubblicani con quelli affermati nel Vangelo. Da Napoli cercò di organizzare l'attività di proselitismo repubblicano in Basilicata, inviandovi a tale scopo il giovane T. De Liso. Anche il fratello Tommaso e il nipote Luigi (destinato nel secolo successivo a diventare un noto studioso di agronomia) parteggiarono per la Repubblica e si arruolarono nella guardia civica; Tommaso ebbe anche un impiego nelle Finanze. Nel giugno 1799, quando i sanfedisti del card. Fabrizio Ruffo erano ormai giunti alle porte di Napoli, il G. entrò a far parte della commissione di diciotto membri istituita dal governo per organizzare la coscrizione militare e la difesa della città.
Dopo la caduta della Repubblica i sanfedisti saccheggiarono l'abitazione dove il G. aveva vissuto fino a poco prima, ritenendo che il carmelitano vi si trovasse ancora. Egli non sfuggì, invece, alla reazione borbonica.
Arrestato nel convento di Montesanto, dove aveva cercato rifugio, e portato prima al Castello del Carmine e poi a Castelnuovo, restò in carcere circa cinque mesi in attesa della sentenza. La Suprema Giunta di Stato lo condannò a morte il 5 dic. 1799, stabilendo inoltre la confisca dei suoi beni e la sua sconsacrazione. Fu il vescovo di Ugento, mons. G.C. Panzini, a procedere all'umiliante rito (9 dic. 1799). In particolare il G. fu accusato dalla Giunta di Stato d'aver predicato in piazza Mercato, subito dopo l'arrivo dei Francesi, a favore della democrazia e contro la monarchia e i privilegi feudali, d'aver sottoscritto una petizione insieme con i più accesi repubblicani, d'aver fatto parte della Società popolare e d'aver frequentato la casa di P. Rotondo, già giustiziato (Catenacci, p. 33).
Il 12 dic. 1799 il G. fu "afforcato" nella piazza del Mercato, teatro delle esecuzioni della reazione borbonica, sulla quale si affacciava quella chiesa del Carmine in cui aveva trascorso una parte importante della sua vita.
Nel 1881 il Comune di Rionero ha dedicato una lapide alla memoria del Granata. Nel 1963 gli è stata dedicata la locale scuola media statale, con sede nella villa paterna.
Fonti e Bibl.: C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, I, Napoli 1906, pp. 186, 389, 392 (cfr. anche l'edizione a cura di P. Ricci, Milano 1963); Il Monitore napoletano 1799, a cura di M. Battaglini, Napoli 1999, p. 684; La Repubblica napoletana. Diari, memorie, racconti, a cura di M. Battaglini, I, Napoli 2000, p. 137; M. d'Ayala, La vita di M. G. o fra Francesco Saverio da Rionero professore dell'Accademia militare, provinciale dei carmelitani, martire della libertà 12 dic. 1799, Napoli 1877; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848, I, Milano 1877, pp. 10, 135 s.; R. Brienza, Martirologio della Lucania, Potenza 1882, p. 38; M. d'Ayala, Vite degli italiani benemeriti della libertà e della patria uccisi dal carnefice, Torino-Roma-Firenze 1883, pp. 316-322 (rist. anast. Napoli 1999, con introduzione di G. De Martino); L. Conforti, Napoli nel 1799. Critica e documenti inediti, Napoli 1886, p. 217; A. Bozza, Uomini illustri e scrittori della Lucania con la bibliografia lucana, in Id., La Lucania. Studi storico-archeologici, II, Rionero in Vulture 1889, p. 289; La Rivoluzione napoletana del 1799…, Albo, a cura di B. Croce et al., Napoli 1899, pp. 24, 34 e tavv. XXIX e XXXIX (ritratto e firma autografa del G.); A. Sansone, Gli avvenimenti del 1799, Palermo 1901, pp. 273 s.; G. Gattini, Saggio di biblioteca basilicatese, Matera 1908, pp. 26, 83; S. De Pilato, Saggio bibliografico sulla Basilicata, Potenza 1914, pp. 5, 39, 167; G. Fortunato, I Napoletani del 1799, in Id., Scritti vari, Firenze 1928, pp. 159, 249; D. Albini, G., M., in Diz. del Risorgimento nazionale, III, Milano 1933, pp. 249 s.; T. Pedio, Appunti di miscellanea bibliografica. Uomini e martiri in Basilicata durante il Risorgimento, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, XXV (1956), 3, p. 316; E. Cervellino, Lucania 1799. M. G., martire della libertà, Potenza 1962; G. Catenacci, M. G. e il card. Ruffo nella Repubblica partenopea, Napoli 1963; T. Pedio, La congiura giacobina del 1794 nel Regno di Napoli, Bari 1976, pp. 187, 196; R. Giura Longo, La "Nuova Scienza" a Napoli tra Settecento e Ottocento: il contributo delle province e della Basilicata, in Il Mezzogiorno e la Basilicata fra l'età giacobina e il decennio francese, a cura di A. Cestaro - A. Lerra, I, Venosa 1992, pp. 97 s.; R. De Maio, Religiosità a Napoli 1656-1799, Napoli 1997, p. 273; S. Cilibrizzi, I grandi lucani nella storia della nuova Italia, Napoli s.d., p. 26; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", F. Ercole, Il Risorgimento italiano, I, I martiri, Roma 1941, p. 189; T. Pedio, La Basilicata nel Risorgimento politico italiano (1700-1870). Saggio di un dizionario bio-bibliografico, I, Potenza 1962, ad ind.; Id., Diz. dei patrioti lucani. Artefici e oppositori (1700-1870), II, Trani 1972, p. 476.