MICHELE il Bravo (Mihai Viteazul), principe di Valacchia, Moldavia e Transilvania
Figlio del "buon" principe Petraşcu, nacque nel 1558 dalle sue relazioni con una dama di nobile famiglia costantinopolitana, Teodora, che diventò poi la monaca Teofane. Adoperato dai principi valacchi della seconda metà del sec. XVI in servizî importanti ma non di prima linea, ottenne nel 1593 il trono della Valacchia. Subito dopo la sua nomina, si rese conto che era impossibile, in seguito ai debiti accumulati e alla brutale condotta dei creditori turchi, di mantenere i rapporti con l'impero ottomano. Si unì dunque, come anche il principe di Moldavia suo vicino, alla lega cristiana contro il sultano: una vera crociata, patroneggiata dal papa Clemente VIII e condotta dall'imperatore Rodolfo. Fece uccidere i Turchi che si trovavano nel paese e incendiò i sobborghi delle città turche sulla sponda sinistra del Danubio. I Tartari che tornavano dall'Ungheria furono rotti dal suo esercito, in cui nobili e contadini romeni si trovavano insieme con ausiliarî transilvani e mercenarî cosacchi. Quando il gran visir stesso, l'albanese Sinan, si diresse contro di lui, M., dopo qualche successo, fu vinto nella battaglia di Călugăreni (agosto) e dovette rifugiarsi sulla montagna, mentre i nemici occuparono Bucarest e Târgovişte, la capitale antica del paese. Con l'aiuto dei principi vicini e alleati, Sigismondo Báthory di Transilvania e Stefano di Moldavia, M., nell'ottobre, costrinse Sinan a ritirarsi: dopo di che, ebbe pace dalla parte del sultano, malgrado certe scorrerie fatte fino al 1598.
La sua ambizione cercò allora un altro campo. Vedendo la Transilvania ceduta dal principe Sigismondo prima agli imperiali, a cui egli giurò fedeltà nello stesso anno 1598, poi al cardinale Andrea Báthory, strumento dei Polacchi, alleato dei Turchi, conquistò con le armi la provincia, cercando di reggerla nel nome dell'imperatore Rodolfo stesso, conservandovi tutte le vecchie forme costituzionali, convocando le diete degli stati privilegiati, nobili ungheresi, Sassoni delle città, Siculi, cioè contadini privilegiati di lingua magiara. Impiegò anche una parte dei capi non romeni del principato, sebbene la maggioranza nei villaggi fosse romena, e accettò nel suo consiglio qualche vescovo cattolico, magiaro. Ma il danaro promesso dall'imperatore tardava; e M. fu costretto a dirigersi contro la Moldavia, dove, nel momento stesso della campagna contro Sinan, il cancelliere polacco Giovanni Zamoyski aveva imposto come principe il boiaro Geremia Movilă. Questi si rinchiuse nel castello di Hotin e M. vi nominò un consiglio di reggenza, cambiando anche i vescovi del paese. Tornato in Transilvania, trovò una gran parte dei nobili magiari alleati col generale degl'imperiali nell'Ungheria Superiore, l'albanese Giorgio Basta, ambizioso di occupare per sé la provincia. Vinto dall'accorto condottiero nella battaglia di Mirislău (settembre 1600), accorse in Valacchia, per difendere il suo dominio ereditario. Due volte respinto dallo Zamoyski, portò dinnanzi a Rodolfo le proteste per il suo diritto offeso. Avendo Sigismondo ripreso il possesso transilvano della sua famiglia, M. accettò una riconciliazione con G. Basta. Voleva andare a liberare i suoi nel castello di Făgăraç, quando il generale dell'imperatore lo fece uccidere presso Turda (1601). Si era proposto alti scopi, ma il paese uscì fortemente gravato dal suo governo: per gli accordi del maggio 1595, con Sigismondo, distrusse la libertà dei contadini, legati dopo d'allora alla terra loro rapita.
Bibl.: N. Balcescu, Istoria lui Mihai Viteazul, 4ª ed., 1912; I. Sarbu, istoria lui Mihai Viteazul, I-II, 1904-1907; N. Iorga, Scurtà istorie a lui Mihai Viteazul, Bucarest 1900; A. Pernice, in Archivio storico italiano, 1927.