PELLEGRINO, Michele
PELLEGRINO, Michele. – Nacque il 25 aprile 1903 a Roata Chiusani, frazione di Centallo, in provincia di Cuneo.
La sua famiglia era di origini modeste e travagliate: il padre, Giuseppe, era muratore, la madre, Angela Ristorti, aveva già perso un primo figlio, Angelo, di dieci mesi, e poco dopo la nascita di Michele, fu lei stessa a morire improvvisamente, per un attacco di tifo.
Su pressione del parroco don Bartolomeo Fiandrino, nell’ottobre del 1913 Pellegrino entrò nel seminario minore di Fossano, dove trovò un ambiente severo e rigoroso, con una suddivisione metodica dei tempi per studio, preghiera e vigilate letture spirituali. La formazione culturale era condotta entro binari sicuri, ancorché piuttosto superficiali. Nei seminari regnava del resto un clima di restaurazione, sull’onda lunga dell’enciclica Pascendi di papa Pio X, che aveva condannato il modernismo in quanto «sintesi di tutte le eresie».
Concluso il percorso scolastico superiore nel 1922, compì il passaggio naturale e quasi obbligato alla teologia, salvo doverlo interrompere l’anno successivo per la chiamata alle armi. Destinato al distretto militare di Mantova, Pellegrino ebbe modo di compiere un’esperienza umana fondamentale, di cui rimase traccia in un quaderno personale di appunti, dati tanti anni dopo alle stampe con il titolo Diario di quei tredici mesi (marzo 1923-aprile 1924).
Da questo documento si viene a conoscenza della crisi interiore che lo colpì, al punto da decidere temporaneamente di non tornare più in seminario e di rinunciare al sacerdozio. A Mantova, inoltre, Pellegrino incontrò per la prima volta padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università cattolica del Sacro Cuore. La decisione di proseguire gli studi nell’ateneo milanese, una volta diventato prete, scaturì dall’impressione suscitata durante una conferenza tenuta da Gemelli il 6 maggio 1923 al liceo scientifico di Mantova.
Un mese dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 19 settembre 1925, il vescovo di Fossano, Quirico Travaini, concesse a Pellegrino di trasferirsi a Milano e di iscriversi alla facoltà di lettere e filosofia. Da un anno l’Università cattolica era stata riconosciuta giuridicamente dallo Stato italiano e contava circa duecento studenti, perlopiù laici. Pellegrino fu una delle 21 matricole di lettere, insieme ad altri quattro religiosi, e poté beneficiare di una borsa di studio di mille lire. Tra i docenti più significativi vi fu sicuramente Giulio Salvadori, letterato e poeta. Padre Gemelli gli aveva affidato quella che allora veniva denominata la ‘cattedra dantesca’ e durante le vacanze di Natale il docente mise alla prova le velleità di scrittore del giovane sacerdote Pellegrino affidandogli un compito di analisi letteraria sulla poesia del Natale, a partire dalle Laude di Jacopone da Todi. Quel manoscritto rimasto tra le carte personali e rinvenuto molti anni dopo la morte attesta la sua primitiva inclinazione letteraria (La poesia del Natale, 2004). Successivamente fu monsignor Francesco Olgiati a orientare Pellegrino verso gli studi patristici.
Il braccio destro di padre Gemelli nella conduzione dell’ateneo ambrosiano era docente di metafisica, ma soprattutto direttore spirituale di molti suoi allievi. Da lui Pellegrino ebbe il suggerimento di chiedere l’argomento di tesi al professor Paolo Ubaldi, docente di letteratura cristiana antica. Si trattava di una disciplina inedita, la cui cattedra esisteva solo alla Cattolica. Il contributo epistemologico decisivo sarebbe arrivato molti anni dopo, grazie agli studi e alle opere prodotte dallo stesso Pellegrino come docente dell’Università di Torino.
Nell’ateneo ambrosiano la letteratura cristiana antica era intesa essenzialmente come mezzo di apostolato. Per la tesi Pellegrino lavorò sulla poesia di Gregorio Nazianzeno, un padre cappadoce preso a esempio di una letteratura edificante, dove prevale la descrizione dei sentimenti umani sottomessi alla fede. Si laureò con il massimo dei voti il 12 luglio 1929. La maturazione e la specificità dei suoi interessi per gli studi, e per il lavoro intellettuale in genere, ebbero altre tappe importanti nell’ottenimento della laurea in teologia presso la facoltà teologica pontificia di Torino (1931) e di quella in filosofia, nuovamente alla Cattolica, con una tesi sul platonismo di Gregorio Nisseno (1933).
Rientrato a Fossano, il vescovo gli affidò l’incarico di direttore spirituale e insegnante del seminario, oltre che di direttore del settimanale diocesano La Fedeltà. In estate ottenne sempre di poter compiere soggiorni di studio all’estero: Svizzera, Germania e Inghilterra furono le mete prescelte per apprendere il tedesco e l’inglese e per conoscere studiosi e facoltà teologiche in auge. Con una simile formazione culturale e nonostante l’ancor giovane età, poté facilmente diventare un’autorità di spicco in un contesto provinciale come quello subalpino. Gli incarichi nella piccola diocesi di Fossano, la cui popolazione non superava i quarantamila abitanti, divennero via via più numerosi e importanti: presidente dell’Azione cattolica nel 1932, per clericalizzare l’associazione dopo i dissidi con il regime fascista, segretario dell’ufficio catechistico, responsabile del segretariato scuola, fino alla nomina a vicario generale della diocesi nel 1933. Fu quindi monsignore a trent’anni, senza esser stato né curato né parroco.
Del periodo della formazione giovanile rimangono da segnalare le pubblicazioni nel 1931 del pamphlet La propaganda protestante in Italia – una sintesi apologetica contro l’erosione dell’egemonia cattolica operata dall’ecumenismo – e nel 1932 del volume Il Vangelo nella scuola, ispirato dal pedagogista Mario Casotti. Vi furono poi collaborazioni a riviste quali L’assistente ecclesiastico, L’Azione giovanile, Fides e soprattutto La rivista del clero italiano, mensile fondato nel 1920 da Gemelli e Olgiati. Il legame con il focolaio scientifico ambrosiano non venne mai meno: il rettore provò a richiedere Pellegrino al vescovo di Fossano nel 1931, ipotizzando una sua nomina ad assistente spirituale dell’ateneo cattolico, ma si imbatté in una ferma indisponibilità. Pellegrino ricorse poi a Gemelli nel 1934 per un aiuto a favore della diocesi, rimasta vacante dopo la morte di monsignor Travaini. Il rischio di soppressione tramite accorpamento era forte, per cui a perorare la causa a Roma dovette essere anche Gemelli, incontrato da Pellegrino pochi giorni prima dell’udienza privata con papa Pio XI. Fossano riuscì in questo modo a ottenere la nomina del vescovo Angelo Soracco, proveniente dalla diocesi di Chiavari.
Uno spartiacque nella vita di Pellegrino fu rappresentato dalla chiamata da parte del professor Augusto Rostagni dell’Università di Torino a svolgere l’incarico di lettore di latino presso la facoltà di lettere. Dal 1938, dunque, la ricerca scientifica e l’insegnamento universitario divennero i campi a cui si dedicò maggiormente: le recensioni per la Rivista di filologia e d’istruzione classica, le antologie di Giovanni Crisostomo e di Gregorio Nazianzeno, la monografia sulla catechesi cristologica di Clemente Alessandrino e gli articoli sul De Pallio di Tertulliano per la rivista Convivium e sulla dottrina del corpo mistico in Leone Magno per La scuola cattolica furono i lavori con cui esordì nell’agone scientifico. Con questa bibliografia ottenne, già nel 1939, l’abilitazione alla libera docenza in letteratura cristiana antica, poi esercitata dall’anno accademico 1941-42.
L’idea fondamentale che cominciò a emergere nei suoi scritti è la non contraddizione, da un punto di vista letterario, tra classicità e cristianesimo. Così infatti Pellegrino si pronunciava nel 1952: «Pare a noi che la visione della storia mirabilmente intuita da Giustino e approfondita da Clemente [di Alessandria], secondo cui la cultura pagana è parziale anticipazione dell’annuncio cristiano e pedagogo al Vangelo, liberata dalle incrostazioni d’una erudizione infondata (teoria degl’imprestiti [sic] dalla Bibbia, cronologia comparativa) abbia un nucleo di verità e ci aiuti a scorgere nei due mondi (e nelle due letterature) non tanto due civitates opposte, quanto due stadi d’uno sviluppo storico unitario, nel quale l’incontro tra classicità e cristianesimo ha segnato un momento e una crisi essenziale» (Ricerche patristiche, II, 1982, p. 9).
L’attività accademica permise dunque a Pellegrino di svolgere quelle ricerche filologiche e letterarie sui Padri della Chiesa che fin dagli anni Trenta erano entrati nei suoi scritti divulgativi, finalizzati a una più efficace predicazione dei sacerdoti. Nelle raccolte dei ‘predicabili’, ovvero di temi e argomenti esemplari per le omelie domenicali e delle principali feste liturgiche, spiccò la frequenza delle citazioni bibliche e patristiche.
Nel primo concorso per la cattedra di letteratura cristiana antica, bandito a Torino nel 1948, Pellegrino risultò vincitore, per cui dal 1° novembre venne chiamato a ricoprire l’incarico di professore straordinario.
Il primo corso dedicato alle Confessioni di s. Agostino segnò l’inizio degli studi più approfonditi sul vescovo d’Ippona, che venne a costituire per Pellegrino un vero e proprio ideale di sacerdote e pastore. Nel 1950-51 l’Università gli affidò l’insegnamento di grammatica greca e latina e, dal 1959, quello di storia del cristianesimo, con cui l’anno prima Pellegrino aveva offerto la propria disponibilità per tornare alla Cattolica, come confidato a Giuseppe Lazzati.
Grande cura dedicò ai rapporti con studiosi e milieu culturali esteri, in particolare l’École des hautes études di Parigi, l’Università di Leida in Olanda (grazie alla conoscenza del professore di letteratura latina Jan Hendrik Waszink) e l’Università di Strasburgo in Alsazia (dove nel 1960 conobbe il teologo domenicano Yves Congar, con cui si sarebbe ritrovato nell’ultima sessione del Concilio Vaticano II). Le partecipazioni dal 1951 alle conferenze internazionali di studi patristici a Oxford sono un’ulteriore testimonianza di queste aperture. Grazie a Pellegrino furono conseguiti due obiettivi che rimasero come eredità dell’ateneo torinese: la costituzione di una biblioteca dedicata agli studi storico-religiosi, a partire dal fondo di Erik Peterson acquisito nel 1962, e la fondazione della Rivista di storia e letteratura religiosa, diretta dal suo discepolo Franco Bolgiani e ispirata all’omonima pubblicazione francese ideata nel 1896 dal modernista Alfred Loisy, cui si voleva render merito di aver pioneristicamente affermato una concezione aperta e dinamica di storia del cristianesimo.
Nel 1965, in modo del tutto inatteso, Paolo VI lo chiamò a succedere al cardinale Maurilio Fossati come arcivescovo di Torino. Una nomina che «sembrò quasi una stravaganza», ebbe a scrivere il giornalista Corrado Stajano (Concilio alla mano, 2005, p. 29). A convincere papa Montini fu l’assistente generale dell’Azione cattolica monsignor Franco Costa, che individuò in Pellegrino la persona più adatta per affrontare i problemi del mondo della cultura e del lavoro che in una realtà in profonda trasformazione come Torino, città fordista per antonomasia, e la sua diocesi, con oltre due milioni di abitanti, stavano emergendo. Se la nuova situazione industriale gli era sconosciuta o quasi – e per questo acconsentì all’esperimento dei preti operai –, per i rapporti con la cultura sapeva di trovarsi di fronte anche ad ambienti ostici della tradizione laico-liberale e gramsciano-marxista.
Eletto vescovo, prese parte come padre conciliare alla quarta sessione del Vaticano II con due interventi, il 1° e il 26 ottobre 1965, sul tema della cultura e della formazione del clero. Creato cardinale nel 1967, si dedicò in diocesi ad attuare le novità conciliari cominciando con un ciclo di lezioni su Lumen gentium nella cattedrale di Torino. Tra il 1968 e il 1976 compì la visita pastorale delle quasi quattrocento parrocchie. Con il motto Evangelizare pauperibus e soprattutto con la lettera pastorale Camminare insieme (1971) indicò la scelta preferenziale della povertà della Chiesa come garanzia di libertà e fedeltà al messaggio evangelico.
Dopo un primo generico entusiasmo, l’esperienza di Pellegrino come arcivescovo di Torino non fu facile. Non solo le posizioni antitetiche rispetto al capitalismo torinese e alla Fiat, ma anche le contestazioni degli ambienti più progressisti gli arrecarono numerosi problemi. Sull’eredità dei dodici anni di episcopato lasciarono un segno i conflitti con parte del clero e della curia, le divergenze con la comunità del Vandalino, le incomprensioni per la solidarietà espressa verso gli operai, gli aiuti forniti a disoccupati, immigrati, tossicodipendenti e vittime della prostituzione.
Al primo convegno ecclesiale di Roma, del 1976, si consumò il dramma della decisione di dimettersi da arcivescovo di Torino. Il motivo fu determinato dal placet concesso alla discussa relazione di Bolgiani su I cattolici nella vita italiana degli ultimi trent’anni, in cui era stata fortemente criticata la Chiesa italiana per i suoi errori e le sue inadempienze sul piano culturale oltre che politico. Pellegrino difese quella denuncia – che avrebbe ripreso e ampliato nel 1981 sulla rivista Il Regno sia nell’articolo Povertà e riforma della chiesa, sia nell’intervista Questa chiesa, fra paura e profezia… – e poco dopo redasse le proprie dimissioni, rese note il 1° gennaio 1977 e accettate da Paolo VI alla fine di luglio. Ritiratosi a vivere nella minuscola comunità parrocchiale di Vallo Torinese, dopo il passaggio del pastorale al suo successore, Anastasio Ballestrero, in una cerimonia simbolicamente avvenuta tra le mura della Piccola casa della Divina provvidenza, meglio conosciuta come il Cottolengo, dal nome del fondatore San Giuseppe Cottolengo, dove vivono malati e disabili fisici e mentali, Pellegrino tornò ai suoi studi patristici e a un’intensa attività di conferenziere e saggista.
Colpito da ictus cerebrale nel 1982, lasciò un ultimo scritto autobiografico intitolato Capitolo delle colpe, in cui, insieme a un complessivo riesame della propria vita, offrì ulteriori tratti della sua visione della Chiesa e della sua concezione del ministero sacerdotale.
Morì il 10 ottobre 1986 e per sua espressa volontà fu sepolto non nella cattedrale di Torino, come i suoi predecessori vescovi, ma nell’umile tomba di famiglia del paese natale di Roata Chiusani.
Opere. Si ricordano: La propaganda protestante in Italia, Torino 1931; Il Vangelo nella scuola, Brescia 1932; La direzione spirituale dei giovani, Roma 1938; San Giovanni Crisostomo. Ricchezza e povertà, Siena 1938; Spiegazioni dei Vangeli, Torino 1939; Gregorio Nazianzeno. Poesie scelte, Torino 1939; Vox Patrum. Pensieri dei Santi Padri sulle feste liturgiche, Torino 1943; Gli apologeti greci del II secolo. Saggio sui rapporti fra il cristianesimo primitivo e la cultura classica, Roma 1947; Il cristianesimo del II secolo di fronte alla cultura classica, Torino 1954; Le Confessioni di s. Agostino. Studio introduttivo, Roma 1956; Letteratura greca cristiana, Roma 1956, 1963, 1978, 1983; Letteratura latina cristiana, Torino 1956, Roma 1957, 1963, 1970, 1973, 1985; La spiritualità del martirio, Torino 1958; La Chiesa nei primi secoli, Torino 1961; La tradizione nel cristianesimo, Torino 1963; La vita e l’opera di s. Paolo, Torino 1963; Innologia cristiana latina, Torino 1964; Verus sacerdos: il sacerdozio nel pensiero e nell’esperienza di s. Agostino, Fossano 1965; Educazione integrale, Fossano 1966; Lumen Gentium. Commento pastorale, Fossano 1966; La Chiesa nel mondo, Fossano 1967; A Dio e a Cesare, Fossano 1967; I grandi temi della Gaudium et spes, Fossano 1967; Castità e celibato sacerdotale, Torino 1968; Tradizione e innovazione nella Chiesa d’oggi, Torino 1968; La Chiesa promuove i diritti dell’uomo, Torino 1969; Il momento della carità, Torino 1970; Il sacerdote uomo del sacro, Torino 1970; La povertà, Torino 1971; Camminare insieme, Torino 1972, Fossano 1993; Pregare o agire?, Torino 1972; Vangelo e sacramenti, Torino 1973; Uomo o cristiano?, Torino 1974; Il culto dei santi, Torino 1976; L’idea centrale del Vaticano II, Torino 1976; Per servire la parola. Omelie per le domeniche e feste dell’anno B, Torino 1978; Omelie televisive, Brescia 1979; Il post-concilio in Italia. Aspetti pastorali, intervista di Giuseppe Lazzati, Milano 1979; Quale pastorale?, Brescia 1979; Per servire la parola. Omelie per le domeniche e feste dell’anno C, Torino 1979; Essere Chiesa oggi, Torino 1980; Per servire la parola. Omelie per le domeniche e feste dell’anno A, Torino 1980; Vivere il Concilio, da preti, Torino 1981; Ricerche patristiche, I-II, Torino 1982; Diario di quei tredici mesi (marzo 1923-aprile 1924), Fossano 1996; La poesia del Natale, Fossano 2004, che contiene la più aggiornata bibliografia degli scritti di Pellegrino alle pp. 98-118.
Fonti e Bibl.: Torino, Archivio arcivescovile, Archivi personali dei vescovi; una parte di documentazione e di libri è stata collocata nella biblioteca del seminario di Torino (Il fondo del cardinale M. P. nella Biblioteca del Seminario di Torino, a cura di A. Piola, Cantalupa 2013); nella parrocchia di Vallo Torinese sono rimasti testi e documenti non versati alle istituzioni diocesane; Lettere di paternità spirituale. Corrispondenza (1946-1979), a cura di E. Lascaro, Cantalupa 2011.
P.G. Accornero et al., Il vescovo che ha fatto strada ai poveri. Testimonianze su M. P., Firenze 1977; F. Bolgiani et al., M. P. e gli studi sull’antichità cristiana, Firenze 1988; E. Brusa Caccia, Un Padre e la sua città. Il card. M. P. arcivescovo di Torino, Torino 1996; Atti del convegno su M. P. a dieci anni dalla sua morte, in Archivio Teologico Torinese, Torino 1997; F. Bolgiani et al., Una città e il suo vescovo. Torino negli anni dell’episcopato di M. P., Bologna 2003; A. Parola, M. P.: gli anni giovanili, Cuneo 2003; C. Mazzucco et al., Studi su M. P. nel ventennale della morte, Bologna 2010; Il popolo di Dio e i suoi pastori. Cinque conferenze patristiche, a cura di C. Mazzucco, Cantalupa 2011; E. Bianchi - L. Ciotti - E. Olivero, M. P., Bologna 2012.