Milano
Gli inizi del sec. XIII segnano un momento di notevole fortuna economica e politica di Milano, favorita e accompagnata da iniziative diplomatiche miranti ad accreditare il capoluogo lombardo come garante della pacificazione intercittadina nella regione e ad assicurargli il controllo delle vie di comunicazione e la conseguente circolazione delle merci.
La scelta di Federico II di appoggiare fin dal 1212 le tradizionali rivali di Milano ‒ Pavia e Cremona ‒ rafforzò l'orientamento antisvevo della città ambrosiana, che sostenne Ottone IV fino al 1218: pertanto nel 1212 i milanesi cercarono di impedire a Federico II il transito sul fiume Lambro verso il territorio di Cremona e, quindi, verso la Germania dove si recava per combattere Ottone. Il suo ritorno nella penisola italiana nel 1220 fu favorito dall'azione del legato papale Ugolino d'Ostia, allora nella regione padana per sopire le continue guerre intercittadine e raccogliere mezzi a sostegno della crociata, alla quale Federico II si era impegnato fin dall'incoronazione del 1215; si ebbe quindi una certa distensione nei rapporti tra Milano e il sovrano, così che nel 1221 il podestà milanese promise al legato l'invio in Oriente di venticinque armati per un anno "ob sedis apostolice et domini imperatoris reverenciam" (Gli atti del Comune di Milano, 1976, p. 106).
Dopo l'incoronazione imperiale del novembre 1220 e la dieta tenutasi a Capua, Federico II fu occupato dal riordino del Regno, che sortì una notevole limitazione delle libertà amministrative nel frattempo conquistate da alcune universitates del Mezzogiorno. Le preoccupazioni crebbero allorché l'imperatore convocò una dieta a Cremona per la Pasqua del 1226, sia per la scelta del luogo, sia perché lì sarebbero dovuti convenire, oltre ai rappresentanti dei comuni, i principi tedeschi con il figlio di Federico II, Enrico, e i relativi eserciti, che unitamente a quelli del sovrano avrebbero creato una forte concentrazione di armati nella regione. Anche i punti all'ordine del giorno destarono sospetto: la pace, l'ordine e il ripristino della dignità imperiale nella regione, l'organizzazione della crociata e la lotta all'eresia.
Allora Milano, con Bologna, Brescia, Padova, Mantova, Vicenza e Treviso, nel marzo 1226 a S. Zenone al Mozzo rinnovò i giuramenti della Lega lombarda, alla quale aderirono anche Vercelli, Alessandria, Faenza, Verona, Piacenza e Lodi, seguite da Bergamo, Torino, i conti di Biandrate, Novara e il marchese di Monferrato. La prima iniziativa dei comuni fu il blocco delle Chiuse di Verona, che causò difficoltà al ricongiungimento tra Federico II e i principi tedeschi. Le trattative con le città perché desistessero dalla ribellione si rivelarono infruttuose; così nel luglio 1226 a Borgo S. Donnino, con l'assenso di diversi vescovi lombardi, Federico II fece scomunicare i governi comunali per aver impedito i preparativi della crociata e li pose al bando dell'Impero, revocando loro i diritti garantiti dalla pace di Costanza.
La dieta fallì e le parti si affidarono alla mediazione del pontefice Onorio III, che ordinò alle città lombarde ribelli di riparare le offese fatte all'imperatore e di inviare un contingente di quattrocento uomini per la crociata.
A causa del nuovo rinvio di quest'ultima, Gregorio IX, succeduto a Onorio III nel marzo del 1227, scomunicò una prima volta l'imperatore (29 settembre 1227), che l'anno dopo partì ugualmente per l'Oriente dove ottenne la corona di Gerusalemme. Il papa incoraggiò allora l'invasione armata del Regnum e a tal fine chiese aiuto alla Lega, ma l'azione militare fu neutralizzata dal pronto rientro del sovrano nel giugno del 1229. Nel dicembre di quell'anno a Milano i comuni lombardi rinnovarono la Lega con l'evidente sostegno di Gregorio IX.
La pace di San Germano (v. San Germano [1230], Pace di), con la quale Federico II fu assolto dalla scomunica, non mutò l'ostilità di Milano nei confronti dello Svevo, che considerava la città ribelle al potere imperiale: così, dopo aver proceduto al riordino del Regno con la promulgazione a Melfi del Liber Augustalis (1231), il sovrano spostò nuovamente la sua attenzione verso il Nord della penisola e per il 1o novembre convocò una dieta a Ravenna, invitandovi, oltre ai comuni lombardi, il figlio Enrico e i principi tedeschi. Di nuovo la Lega bloccò la via del Brennero e di nuovo il sovrano fu costretto a rinviare l'incontro mettendo al bando la città di Milano.
Lo scontro fu evitato grazie alla mediazione del papa (5 giugno 1233). Dal maggio di quell'anno l'Italia settentrionale fu percorsa dalle processioni dell'Alleluia e dalla successiva campagna di pacificazione gestita da Frati predicatori e minori, nel corso della quale a Milano fu attivo il domenicano Pietro da Verona.
Il re Enrico, ormai in aperto contrasto col padre, si era accordato con i nemici mortali di Federico II, Milano e la Lega, che nel dicembre 1234 gli avevano giurato fedeltà. Lo sventurato re fu scomunicato e poi deposto da Federico II, recatosi oltralpe per ristabilire la situazione e recuperare l'appoggio dei principi. Gli inviati della Lega, che nella primavera del 1235 si sarebbero dovuti incontrare con Enrico, furono intercettati e imprigionati e l'imperatore maturò viepiù il proposito di colpire Milano e Lega, ora più che mai colpevoli ai suoi occhi. Gregorio IX cercò ancora di distoglierlo dalla guerra contro i lombardi ‒ che a questo punto erano gli unici alleati sui quali poteva contare ‒ chiedendogli di recarsi in Terrasanta a combattere gli infedeli, ma Federico era risoluto a piegare i milanesi, i veri infedeli, perché non riconoscevano la sua sovrana maestà.
Alla dieta di Magonza nell'agosto del 1235 Federico II con il pieno appoggio dei principi tedeschi deliberò la campagna contro Milano. Il papa continuò a proporsi come mediatore, ma l'imperatore considerava ormai inevitabile l'uso delle armi: nell'agosto del 1236 alla testa del suo esercito era a Verona, allora controllata da Ezzelino da Romano, e lì ricevette i contingenti inviati dai comuni alleati. Nel frattempo diverse città avevano abbandonato la Lega, sia per propria scelta (Bergamo, Ferrara), sia perché costrette con le armi (Vicenza, Padova, Treviso). Lo scontro a lungo cercato ebbe infine luogo a Cortenuova, il 27 novembre 1237: un esercito milanese con a capo il podestà Pietro Tiepolo, figlio del doge di Venezia, fu colto di sorpresa e, oltre a lasciare sul campo un gran numero di prigionieri, perse il carroccio, inviato dal sovrano a Roma e collocato in Campidoglio.
Federico II fu allora sul punto di sottomettere tutti i comuni lombardi, ma sprecò l'occasione esigendo la resa incondizionata di Milano: il minorita fra Leone da Perego, che trattava per conto del comune lombardo, abbandonò i negoziati e decise la resistenza a oltranza. Iniziò così la logorante campagna contro i comuni ribelli, che con qualche interruzione impegnò Federico II fino alla morte, assorbendo anche molte risorse economiche del Regno. Nel giugno il sovrano pose l'assedio a Brescia, per spianarsi la via per Milano, il caput perfidiae, ma Brescia resistette fino all'ottobre del 1238, quando gli assedianti si ritirarono.
Di fronte alla grave minaccia per Milano, Gregorio IX ruppe gli indugi e il 6 agosto 1238 inviò in Lombardia il legato Gregorio da Montelongo, un suddiacono e notaio papale avvezzo al mestiere delle armi e abile stratega. Questi si stabilì a Milano e assunse il comando della Lega, promuovendo nuove imprese militari. Qui egli, assieme a Leone da Perego, nel 1239-1240 fu rector communis, promuovendo la pacificazione interna delle parti e stabilendo una ridistribuzione dei carichi fiscali.
La domenica delle Palme del 1239 (20 marzo) Federico II fu solennemente scomunicato, ma ciò non lo fece desistere dal progetto di sottomettere Milano: nell'estate successiva espugnò alcuni castelli nei pressi di Bologna, sempre con l'intenzione di indebolire le alleate dell'odiata nemica. Se a nord la città risultava più protetta grazie al recupero di Como, a sud le difese erano decisamente più esigue per la defezione di Lodi e da questo lato giunsero gli eserciti imperiali nel settembre 1239, ma non riuscendo a oltrepassare il castello di Melegnano si spostarono verso ovest, giungendo fino a nord di Rozzano, il punto più vicino a Milano che Federico II riuscì a raggiungere. A causa dell'incipiente autunno e delle piogge, che avevano ancor più ingrossato i canali approntati per la difesa, il sovrano ripiegò su Lodi, dove era all'inizio di novembre, e da qui si diresse verso Roma.
Durante l'assenza di Federico II dalla regione Gregorio da Montelongo riuscì a ristabilire gli organismi essenziali della Lega, alla quale ora aderivano solo cinque città oltre Milano: Brescia, Bologna, Faenza, Piacenza e Alessandria. Nel dicembre 1239 essa pose l'assedio a Ferrara, che cadde con l'inganno nell'estate del 1240. Federico II di ritorno nella regione rispose assediando Faenza, che a sua volta cadde nell'aprile del 1241.
Gregorio IX convocò un concilio a Roma per la Pasqua del 1241, per sancire la condanna e forse la deposizione del sovrano; oltre agli ecclesiastici, vi furono invitati anche i rappresentanti di Milano, Brescia e Piacenza, ma non quelli imperiali, un motivo che fece crescere la determinazione di Federico II a impedirne lo svolgimento. I prelati, tra i quali tre legati papali, e i nunzi dei comuni, che si erano imbarcati alla fine di aprile su una flotta genovese, furono intercettati dai pisani il 3 maggio e caddero nelle mani di Federico II (v. Giglio, battaglia del); egli rese noto l'evento con una circolare ai grandi dell'Impero, nella quale si annunciava l'imminente sottomissione di Milano.
Il 22 agosto 1241 morì Gregorio IX e fu eletto a succedergli il milanese Goffredo Castiglioni (Celestino IV), che però morì a sua volta dopo diciassette giorni: non sembra che la scelta fosse dettata dal desiderio di rafforzare la politica antimperiale del Papato, quanto piuttosto dalla necessità di designare un candidato di transizione. Solo nel giugno del 1243 si ebbe infine l'elezione del genovese Sinibaldo Fieschi, Innocenzo IV, salutata con soddisfazione dal sovrano.
Durante il periodo della sedevacanza nella regione padana Gregorio da Montelongo proseguì un rigido controllo delle elezioni di abati e vescovi, per evitare che le città alleate dell'imperatore si valessero del sostegno delle istituzioni ecclesiastiche; così a Milano nominò Leone da Perego arcivescovo.
Nel 1242 Federico II, lontano dalla Lombardia e in attesa dell'elezione papale, attribuì il comando delle forze imperiali nella regione padana al figlio Enzo e al marchese Lancia: essi attaccarono Piacenza e Brescia, ma senza successo, e giunsero anche a lambire il territorio tra Adda e Ticino difeso da Milano; quest'ultima riuscì invece a occupare il castrum di Bellinzona, acquisendo così il controllo di un'importante via verso la Germania. L'anno successivo le truppe milanesi evitarono lo scontro con l'esercito di re Enzo, mentre nell'aprile di quello stesso 1243 con l'appoggio di Milano il legato riusciva a sottrarre Vercelli e Novara al fronte imperiale.
Nelle trattative tra Federico II e Innocenzo IV la riappacificazione con Milano rimase il punto più spinoso, fin quando il papa decise di fuggire a Genova, quindi nel Regno di Francia, dove, sotto la protezione di Luigi IX, convocò il concilio. Mentre erano in corso i negoziati per evitare la deposizione, l'imperatore sembrò volersi recare a Lione per difendere la sua causa, ma, giunto nella pianura padana alla testa di un esercito, invece di prendere la via della Francia, si stabilì a Verona con l'intenzione di sottomettere prima le città ribelli. Solo all'inizio di luglio, quando seppe dell'imminente sentenza, giunse a Torino, dove il 18 luglio fu informato della condanna promulgata il giorno prima.
In settembre Federico II raccolse presso Pavia un grosso esercito composto da truppe provenienti dalla Germania, dal Regno di Sicilia, dalla Toscana, oltre che dai comuni alleati, e si preparò ad accerchiare Milano. Un esercito milanese al comando di Simone da Locarno fu inviato contro re Enzo, che sul fronte orientale aveva passato l'Adda: lì si ebbe uno scontro nel quale il figlio di Federico II fu forse catturato, ma poi rilasciato in cambio della promessa di non attaccare Milano. Il pericolo più forte veniva intanto da sud-ovest, dove era schierato l'esercito con a capo Federico II: dopo aver saccheggiato il monastero di Morimondo, il sovrano si accampò presso Abbiategrasso, ma si trovò di fronte le truppe milanesi con Gregorio da Montelongo, che nel frattempo aveva fatto deviare l'acqua dei fiumi nei canali, così da renderli ancor più difficilmente superabili. Federico II si spostò allora più a ovest fino a Boffalora, presso Magenta, ma anche lì il transito fu impedito e, come sei anni prima, a causa della stagione ormai avanzata, egli preferì ritirarsi a Cremona. Fu questo l'ultimo attacco portato contro Milano.
La città rimase il simbolo della resistenza all'imperatore, come suggerisce il fatto che il giovane Federico, figlio del re di Castiglia e nipote di Filippo di Svevia, allorché volle liberarsi dalla tutela imperiale (estate 1245), trovò asilo nella città ambrosiana. Quando poi Enrico Raspe, su sollecitazione di Innocenzo IV, nel maggio del 1246 fu eletto re di Germania, indirizzò a Milano il primo documento con l'annuncio della sua elezione. Il medesimo interesse per la città ebbe Guglielmo d'Olanda, eletto antiré nel 1248.
Sotto la guida di Gregorio da Montelongo le milizie milanesi sostennero il nuovo orientamento di Parma, tradizionalmente filoimperiale, che nel giugno 1247 era passata alla Lega. La città fu assediata: il sovrano, certo della sua superiorità, trasformò il suo accampamento in una città, Vittoria, e da lì attese la resa per fame. Ma il 18 febbraio 1248, approfittando di una battuta di caccia di Federico II e della scarsa guarnigione, il legato papale assieme ai parmensi assaltò Vittoria, mentre gli alleati milanesi e piacentini impegnavano le truppe del marchese Lancia. La sconfitta incrinò il prestigio di Federico II, ma non la sua determinazione e forza: nell'ottobre del 1248 recuperò l'alleanza di Vercelli e lo stesso sarebbe accaduto di Novara, se truppe di Milano e di Piacenza non avessero presidiato la città fino all'inizio del 1249. Anche Parma era sempre più in difficoltà a seguito del rafforzamento dei potenti alleati dell'imperatore: Ezzelino da Romano, Uberto Pallavicini e Manfredi Lancia.
La posizione della pars Ecclesie nella regione padana non precipitò solo grazie alla morte di Federico II (13 dicembre 1250). Si chiudeva così un trentennio di incessanti tensioni e di scontri, nei quali Milano si era segnalata come principale avversaria dell'imperatore. La Curia romana al ritorno dalla Francia volle esprimere la sua riconoscenza nei confronti del capoluogo lombardo soggiornandovi tra luglio e settembre 1251.
fonti e bibliografia
Il rinvio ad alcune recenti opere con ampie indicazioni delle fonti e degli studi precedenti esime dall'elencare la sterminata bibliografia su Milano nella prima metà del sec. XIII. Tra le fonti v. però:
Gli atti del Comune di Milano nel secolo XIII, I, 1217-1250, a cura di M.F. Baroni, Milano 1976.
Gli atti dell'arcivescovo e della curia arcivescovile di Milano nel sec. XIII. Leone da Perego (1241-1257), sede vacante (1257 ottobre-1262 luglio), a cura di M.F. Baroni, introduzione storica di G.G. Merlo, ivi 2002.
Tra gli studi:
M. Vallerani, Le città lombarde tra impero e papato (1226-1250), in G. Andenna-R. Bordone-F. Somaini-M. Vallerani, Comuni e signorie nell'Italia settentrionale: la Lombardia, Torino 1998 (Storia d'Italia, diretta da G. Galasso, VI), pp. 455-480.
R. Hermes, Totius libertatis patrona: die Kommune Mailand in Reich und Region während der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, Frankfurt a.M. 1999.
G. Andenna, Tra Nord e Sud: Federico II e le città, in Federico II 'Puer Apuliae';Storia, arte, cultura, a cura di H. Houben-O. Limone, Galatina 2001, pp. 7-26.
P. Grillo, Milano in età comunale (1183-1276). Istituzioni, società, economia, Spoleto 2001.
M.P. Alberzoni, Le armi del legato. Gregorio da Montelongo nello scontro tra papato e impero, in La propaganda politica nel basso medioevo, ivi 2002, pp. 177-239.
A. Ambrosioni-G. Chittolini, Mailand, in Lexikon des Mittelalters, VI, München-Zürich 1992, coll. 117-124.