Modello
L’utilità di schematizzare per risolvere un problema
Uno scienziato che analizza la realtà in modo quantitativo cerca di comprendere un evento o, meglio, un insieme di eventi, per poi prevedere altre caratteristiche della realtà e intervenire su di essa. Per farlo seleziona le proprietà che giudica interessanti per il problema in esame, semplificando al massimo: costruisce così un modello del fenomeno. Questo modo di procedere non è solo una chiave di volta del metodo scientifico, ma anche un approccio generale per affrontare i problemi e per ragionare in modo costruttivo su molti aspetti della vita.
Una storia, in breve, del ruolo che il fuoco ha giocato nella vita degli esseri umani può forse aiutarci a entrare nel vivo della questione e farci capire l’importanza dei modelli per il progresso umano. L’uomo preistorico che scopre il modo di adoperare il fuoco usa un ‘modello’ semplicissimo, ma compie, proprio grazie a quel modello, un passo enorme: da quel momento in poi può cuocere il cibo, forgiare attrezzi, scaldarsi; migliorano insomma le sue condizioni di vita.
Per lui avere il fuoco vuol dire soltanto capire che strofinando alcuni materiali si può produrre una scintilla, che questa scintilla, quando incontra un legno scatena il fuoco, che il fuoco può essere alimentato aggiungendo altra legna e che l’acqua è in grado di spegnerlo. L’uomo primitivo non sa nulla della struttura chimica dei materiali, non sa analizzare una semplice reazione chimica e non è certo un ingegnere. Individuando la catena causale pietra-scintilla-legno-fuoco-altro legno-attenzione all’acqua, ha capito e schematizzato un fatto di enorme importanza e ha imparato a usare questo schema per cambiare drasticamente la sua vita.
Nell’Ottocento, moltissimi secoli dopo la scoperta dell’uomo preistorico, Faraday scrive un trattato su un’analisi sofisticata della fiamma di una candela. Si tratta di sei interessantissime lezioni, molto avanzate, in cui discute vari aspetti di un fenomeno apparentemente semplice, ma in realtà assai complesso. Il modello usato da Faraday adesso è ben più articolato: gli esseri umani dell’Ottocento usano il fuoco in mille maniere da quando la Rivoluzione industriale, avvenuta un secolo prima, ha introdotto l’utilizzo di procedure e di macchine sofisticate
Oggi il modello del fuoco è stato raffinato fino all’estremo sia con analisi matematiche sia con dettagliati studi numerici realizzati grazie a potentissimi supercalcolatori, che, si badi bene, non sapremmo costruire senza utilizzare il fuoco, cioè l’energia. Oggi sappiamo modellare il fuoco a partire dalle reazioni chimiche fondamentali arrivando sino alle dinamiche turbolente delle fiamme ad altissime temperature. Grazie a questi modelli avanzati possiamo, per esempio, concepire potentissimi motori a reazione, preparare, mediante processi a temperature molto elevate, il carburante per le nostre automobili, costruire, attraverso processi che avvengono ad alte temperature, le fibre ottiche tanto utilizzate nel mondo delle telecomunicazioni.
Perciò il modello che descrive uno stesso fenomeno cambia nel tempo, si raffina e si adegua in funzione delle conoscenze di una certa epoca. Costruire un modello – vale a dire modellizzare – significa creare una schematizzazione precisa, corrispondente a una struttura matematica ben definita. I passaggi in cui si articola il processo sono:
1. individuare le caratteristiche rilevanti del problema;
2. individuare la struttura matematica che collega e rappresenta tali caratteristiche;
3. utilizzare questa struttura matematica per trattare le caratteristiche del fenomeno osservato, prevederne nuovi aspetti.
Il terzo punto della procedura consente di andare oltre il fenomeno esaminato, indirizzando verso nuovi esperimenti e nuove tecnologie che, a loro volta, possano individuare fenomeni nuovi o consentire usi pratici degli effetti osservati.
Nel descrivere un fenomeno non è possibile né opportuno tener conto di ogni dettaglio. Pensiamo a cosa accadrebbe se, al momento di progettare i piloni di un ponte, si volesse tenere conto in dettaglio di tutte le equazioni che descrivono la dinamica dei singoli atomi che formano il ponte o, ancora peggio, degli elettroni e protoni al loro interno!
Già il numero delle equazioni coinvolte è difficile da immaginare, scriverle tutte è impensabile, risolverle poi... Un ingegnere quindi si limita a considerare una trave come un oggetto elementare (anche se sa che è fatta di moltissimi atomi), cioè come una delle componenti del modello; il rispetto di alcuni parametri garantisce che la trave non si spezzi, cioè che il modello resti applicabile.
Un buon esempio di modello, noto praticamente a tutti, è rappresentato dal semaforo che è presente nelle nostre città, nei nostri borghi e anche nelle nostre campagne. Si tratta di un oggetto, contrariamente alle apparenze, non semplicissimo né dal punto di vista elettrico né da quello meccanico e, certo, un pedone che volesse analizzarlo in grande dettaglio potrebbe fare tante scoperte, ma non sceglierebbe forse il momento più opportuno per attraversare la strada!
Il pedone potrebbe guardare al modo in cui è costruito l’involucro stagno e resistente alle intemperie, considerare le caratteristiche dei vetri che chiudono i tre buchi tondi o le connessioni dei circuiti elettronici contenuti all’interno. Il curioso osservatore potrebbe usare tante nozioni importanti, ma, alla fin fine, questo lo aiuterebbe assai poco ad attraversare la strada senza pericolo!
Infatti un semaforo serve a farci attraversare la strada senza correre rischi, e il modello giusto per interpretarlo deve assolvere in modo semplice questa funzione. Un modello di primo livello per un semaforo è un modello con due stati, uno che chiamiamo rosso (R) e uno che chiamiamo verde (V). I due stati sono distinti dal colore del semaforo in un dato istante: se il semaforo non è in R o in V diciamo che è in una situazione transiente, che non ci interessa. Se il semaforo è nello stato V si attraversa la strada; in presenza dello stato R ci si ferma. Questo è un modello semplicissimo, ma ci permette di sopravvivere in molte situazioni difficili. Ovviamente il modello ha le sue pecche, e può essere raffinato, come è accaduto per i modelli del fuoco di cui abbiamo parlato prima.
La situazione che abbiamo chiamato transiente può essere pericolosa. Individuiamo così un nuovo stato grazie al fatto che in certi momenti il semaforo è illuminato dal colore giallo e chiamiamolo giallo (G). Non è difficile poi capire che nello stato G bisogna fermarsi se si è ancora sul marciapiede, e ci si deve invece affrettare a terminare l’attraversamento se si è già sulla carreggiata: abbiamo a questo punto un modello perfetto di semaforo, e non ci serve altro.
Ovviamente potremmo anche sviluppare un modello sbagliato, in cui si attraversa la strada indipendentemente dal colore del semaforo: in questo caso il modello si sarebbe mostrato presto falso, grazie a nuove evidenze sperimentali, costituite, per esempio, dalle multe stilate dai vigili urbani e dalle conseguenze fisiche dovute al fatto che, quando usiamo questo modello, siamo investiti frequentemente da autovetture e da motociclette.
Un modello fisico molto popolare è quello che descrive il comportamento di un materiale magnetico (magnetismo) ed è detto modello di Ising. Anche qui, per descrivere un fenomeno molto complicato si usa un modello molto semplice che consente poi di comprendere e prevedere moltissimi fenomeni. Tutti sappiamo che cosa è una calamita: il comportamento magnetico di questo dispositivo nasce dalle leggi elementari di interazione dei costituenti fondamentali della materia. Quindi, se volessimo capire una calamita ‘alla radice’, dovremmo cercare la soluzione di un complesso problema quantistico con moltissime equazioni.
Basta invece individuare un aspetto fondamentale dell’interazione. In questo caso si suppone che ogni componente, il singolo dipolo magnetico, possa essere rappresentata con una variabile che vale 11 o 21: decidiamo che se il magnete è orientato verso l’alto, il valore è 11, se invece è orientato verso il basso, il valore è 21. I magnetini elementari (detti spin) sono disposti su un immaginario reticolo cubico: in ogni sito del reticolo un magnetino ha 6 primi vicini, i 6 magneti elementari raggiungibili con un solo passo reticolare. A basse temperature gli spin cercano di essere paralleli ai loro vicini mentre, quando la temperatura cresce, diventano sempre più liberi di passare dallo stato 11 a quello 21 e viceversa. Si tratta quindi di un modello semplicissimo, ma in grado di prevedere comportamenti molto complessi. Ad alte temperature gli spin sono distribuiti sostanzialmente a caso e non hanno un comportamento interessante; invece sotto una certa temperatura critica il sistema si magnetizza: all’equilibrio, in questo caso, gli spin tendono ad allinearsi, creando una magnetizzazione.
Il comportamento previsto da questo semplice modello non solo descrive quello che si osserva nella realtà fisica, e quindi è molto interessante, ma è anche universale. Un dato modello può descrivere il comportamento di fenomeni molto diversi che condividano caratteristiche generali: per esempio superconduttività, magnetismo, transizioni tra le fasi solide, liquide e gassose sono descritti perfettamente da questo schema logico.
Già quindi, nell’ambito dello studio dei materiali, un modello apparentemente semplice ha un enorme valore. Il modello però, una volta strutturato e compreso, ha un suo valore intrinseco, e può spiegare situazioni molto diverse da quelle per cui era stato creato. Semplici modelli reticolari analoghi al modello di Ising hanno, per esempio, un grande valore anche al di fuori dell’ambito della fisica dei materiali, perché possono descrivere situazioni molto più generali in cui vari individui si aggregano grazie a meccanismi semplici (parlando cioè solo a individui spazialmente vicini). Una variabile che valga 11, per esempio, può rappresentare un individuo che vuole comprare qualcosa; una che valga 21 raffigura un individuo che vuole vendere.
Si parte da un problema preciso, si crea un modello efficace e si scopre che esso spiega problemi molto diversi da quello di partenza. È per questo che molti difendono fortemente la cosiddetta ricerca per curiosità, contrapposta alla ricerca rigidamente organizzata verso precisi progetti finalizzati: spesso è solo dalla fantasia e dall’istinto di un ricercatore che possono nascere applicazioni utilissime. Così si parte dallo studio di una questione che non ha necessariamente una grande importanza pratica, ma la cui soluzione sembra costituire una sfida affascinante: se ne determina la soluzione e poi si trova che questa stessa soluzione si applica a contesti di grande rilevanza applicativa.
Una categoria di modelli particolarmente interessanti, la cui applicazione a contesti diversi porta a risultati appassionanti, è quella dei modelli disordinati, che contengono componenti casuali (caos e caso) che non variano nel tempo. Consideriamo di nuovo il modello di Ising. In precedenza avevamo postulato che ogni magnete tendesse a essere parallelo ai suoi vicini. Cambiamo ora punto di vista, e assegniamo a ogni coppia di vicini una affinità: se due spin vicini sono molto affini l’uno all’altro avranno la tendenza a essere paralleli. Se invece la loro affinità è negativa tenderanno a essere antiparalleli. Queste affinità locali non cambiano nel tempo. Quindi se due spin non hanno inizialmente una ‘grande passione’ l’uno per l’altro questa passione non nascerà mai.
La caratteristica principale di questi modelli è di contenere frustrazione: infatti non tutti gli spin possono essere soddisfatti allo stesso tempo. Immaginiamo che a Giuseppe siano simpatiche Elisa e Sara, ma che Elisa e Sara non si amino affatto: questa è un terna frustrata, dove due interazioni sono positive e una è negativa. Giuseppe vorrebbe infatti frequentare allo stesso tempo Elisa e Sara, ma questo è difficile visti i cattivi rapporti fra le due: non si riuscirà a soddisfare tutte le inclinazioni presenti nella terna.
Dal punto di vista fisico il prototipo di materiali di questo tipo sono i vetri di spin, dove componenti magnetiche sono diluite in una matrice di metallo che non interagisce con essi. Si è scoperto che questi modelli, la cui soluzione teorica è assolutamente innovativa, non descrivono soltanto i vetri di spin, ma una miriade di situazioni in cui agenti in interazione hanno ruoli: mercati finanziari, dinamiche di popolazioni, problemi di ottimizzazione vengono affrontati e risolti grazie a questi modelli.
In ultimo, ma certamente non per ordine di importanza, citiamo il ruolo che i modelli hanno avuto e hanno nello studio della fisica delle particelle elementari: il modello a quark e il modello standard (forze fondamentali) sono, per esempio, elementi fondamentali del modo in cui oggi capiamo come è organizzata la natura.
È importante notare che in tutta generalità un modello non vuole essere ‘simile’ alla realtà: gli elettroni non sono assolutamente sferette orbitanti, e disegnarli così non ci aiuta a capire meglio le cose. Un buon modello seleziona invece la parte del sistema rilevante agli effetti del fenomeno che vogliamo comprendere e ne consente un’analisi chiara (spesso di natura matematica).
Immaginate che cento ragazzi ogni sera decidano, indipendentemente l’uno dall’altro, se fare una capatina al bar El Farol, estremamente popolare ma molto piccolo. Se vanno al bar sessanta persone il bar è pieno, e di conseguenza è molto spiacevole essere lì: ognuno dei ragazzi cerca quindi di andare al bar nelle sere in cui ci saranno meno di sessanta clienti.
Nel modello in questione i ragazzi non discutono la questione tra loro e la sola informazione di cui dispongono per decidere se andare al bar o no è il numero di clienti che il bar ha avuto nelle serate precedenti. In base a questa informazione ognuno sceglie la sua strategia, che può cambiare di giorno in giorno, e decide se andare o no. Una strategia possibile è guardare quel che è successo la sera prima e prevedere che oggi accadrà qualcosa di simile. Una strategia diversa è prevedere invece che accadrà qualcosa di opposto a quel che è successo la sera prima (se ieri il bar era affollato oggi sarà vuoto, e viceversa). Notate che il singolo ragazzo non sa cosa sceglieranno gli altri e in base a quale punto di vista prenderanno la loro decisione.
Un modello di questo problema, che risulta facile da studiare con un calcolatore, definisce un certo numero di possibili strategie, e ne assegna a ogni ragazzo un certo numero, per esempio dieci, scelte a caso (ecco il disordine che gioca un ruolo). Ogni ragazzo sceglierà una delle sue strategie, la conserverà se sembra funzionare bene e la cambierà se sembra funzionare male.
Questo tipo di modelli (in cui l’obiettivo è essere con una parte non troppo grande del gruppo totale, cioè essere in pochi al bar) sono detti giochi della minoranza, e cercano, tra l’altro, di spiegare il comportamento dei mercati finanziari attraverso l’interazione tra gli agenti (venditori e compratori).
Santa Fe è una cittadina nell’Est degli Stati Uniti, dove ha sede un grande centro di ricerca sui fenomeni complessi.
El Farol è un bar della città, dove il giovedì sera si suona musica irlandese: visto che in quella piccola città gli svaghi non sono moltissimi, il problema di evitare le serate affollate ha coinvolto molti scienziati.