MOGADISCIO (arabo Maqdishu, che si trova vocalizzato anche Maqdashu; somalo Ḥamar; A. T., 116-117)
Capoluogo della Somalia Italiana, sull'Oceano Indiano, a circa 2° di lat. N. Ha clima equatoriale monsonico, media annua di 25°,3 e un'escursione annua con una temperatura di soli 3°,8; le piogge sono scarse (326 mm.) e presentano due massimi e due minimi. La città stende sulla spiaggia dell'oceano le sue bianche costruzioni a terrazza; una grande arteria, con direzione prevalente S.-N. (Viale Vittorio Emanuele III), divide il centro in due quartieri, uno a SO., su un ripiano roccioso, chiamato Amaruini (Ḥamarwēn), attraversato da una lunga e tortuosa strada, dove sboccano viuzze e vicoli, con al centro la moschea giāmi‛, la principale e più importante della vecchia Mogadiscio, fondata nel 1238, con caratteristico minareto, tozzo, cilindrico. A NE. del Viale Vittorio Emanuele, sul margine di una bassa baia sabbiosa, dove è il pontile, si stende il quartiere di Scingani (Shingānī) su cui, rimosso il villaggio indigeno, sorgerà la Mogadiscio industriale moderna. Lungo il viale s'incontrano importanti edifici, quali la moschea di Fakhr ad-Dīn costruita nel 1269, notevole per le cupole e il portale elegantemente scolpito, la Garesa, cioè il vecchio castello, un tempo sede dei wālī del sultano di Zanzibar. Dal viale, mediante strada fiancheggiata da giardino, ricco di piante tropicali, si accede al Palazzo del governatore, dalla facciata di stile moresco, non privo di una certa grandiosità. A nord del quartiere Amaruini si estende la parte nuova della città, con numerosi edifici, quali il teatro, la Banca d'Italia, la stazione ferroviaria e la cattedrale, iniziata nel 1925, inaugurata il 1° marzo 1928 dal principe di Piemonte, la più grandiosa chiesa cattolica dell'Oceano Indiano, di stile arabo-normanno.
Lungo la costa si snodano i due importanti lungomare Vittorio Bòttego, che porta al pontile, e Duca degli Abruzzi.
Mogadiscio è la città più popolata della Somalia: nel 1931 aveva 30.000 ab.; vi sono rappresentate tutte le genti somale. La colonia italiana è di 666 individui. Non mancano minoranze di Arabi, Indiani, tutti commercianti, Eritrei ed Ebrei. Mogadiscio è nodo stradale e carovaniero molto importante, allacciata con Obbia (544 km.), con Chisimaio (km. 485), con Lugh-Ferrandi (chilometri 423), con Bulo Burti (249 km.), ecc. Da Mogadiscio parte l'unica arteria ferroviaria della colonia, che porta ad Afgoi e al villaggio Duca degli Abruzzi (km. 113). Le comunicazioni per via di mare con l'Italia sono fatte dalla Società Tirrenia, via Napoli, Porto Said, Suez, Massaua, Aden. L'ingresso nel suo porto è ostacolato da barre sabbiose e dai monsoni.
Storia. - Mogadiscio fu probabilmente abitata sino da tempi molto antichi; ma le notizie che oggi si hanno della sua storia non vanno al di là della costituzione della città come colonia araba. Tale avvenimento può essere datato dai primi del sec. X d. C. Varie immigrazioni erano giunte in Mogadiscio dalla penisola araba, ma la principale di esse fu quella di un gruppo proveniente da alAḥsā (sul Golfo Persico): probabilmente in seguito alle lotte del califfato abbaside contro i Carmati. Mogadiscio fu allora organizzata come una federazione delle tribù arabe che avevano occupato i varî quartieri e fu riconosciuta la supremazia della tribù dei Muqrī (che avevano adottato la nisba "al-Qaḥṭānī" ricollegando la loro genealogia a Qaḥṭān ibn Wā'il). I Qaḥṭānidi ebbero il privilegio (conservato sino ad oggi) di dare il qāḍī alla città. Più tardi, nella seconda metà del sec. XIII, la federazione accettò la sovranità ereditaria di un sultano: Abü Bakr ibn Fakhr ad-Dīn, il quale confermò a sua volta i privilegi dei Qaḥṭānidi. Il sultanato coincise con un periodo di grande prosperità di Mogadiscio, che è descritta molto minutamente da Ibn Baṭṭūṭa, il quale la visitò nel 1331. Centro di diffusione della cultura arabo-musulmana nelle regioni meridionali dei Somali, Mogadiscio fu più tardi limitata nella sua espansione verso l'interno dal sultanato costituito nella regione dell'Uebi dagli Agiurān, Somali del gruppo Hawiyya, meglio evoluti appunto per i contatti con Mogadiscio. Alla dinastia di Fakhr ad-Dīn era succeduta in Mogadiscio quella dei sultani Muzaffar, quando l'espansione coloniale portoghese ridusse anche dalla parte dell'Oceano i commerci della città. Vasco da Gama nel 1499 bombardò Mogadiscio senza tuttavia sbarcare e lo stesso fece nel 1507 Tristano da Cunha. Solo nel 1532 Estevam da Gama (v.) giungeva, primo della sua nazione, a Mogadiscio ma come ospite. L'occupazione portoghese delle regioni finitime dell'Africa orientale e la non sicurezza delle vie marittime per i Musulmani furono un fiero colpo per Mogadiscio, che decadde rapidamente. La città venne accettando nuclei di popolazione somala che si fusero rapidamente con le vecchie tribù arabe. Queste stesse assunsero nomi somali nell'uso corrente e gli stessi Qaḥṭānidi presero il nome (somalo) di rēr faqīh. Al sultanato succedette la partizione della città in due quartieri (Ḥamarwēn e Shingānī), spesso nemici, finché nel sec. XVIII i beduini somali Darandolla invasero Mogadiscio e fecero del quartiere Shingānī la sede del loro Imām. Già durante le lotte contro i Portoghesi, l'Imām del ‛Omān, Sēf ibn Sultān (morto nel 1704) aveva occupato per breve tempo Mogadiscio, affermandovi la sua sovranità. A questi diritti storici si richiamò il sultano di Zanzibar, Barghash ibn Sa‛īd, per rioccupare nella prima metà del sec. XIX la città, nominandovi un suo wālī. Nel 1889 Mogadiscio fu ceduta in affitto dal sultano di Zanzibar all'Italia, che nel 1906 la riscattò acquistandone la piena sovranità.
Bibl.: Ibn Baṭṭuṭa, Kiḥla, ed. cairina del 1322 eg., I, p. 190; ed., C. Defrémery e R.B. Sanguinetti, Voyages d'Ibn-Batoutah, Parigi 1853 segg., II, p. 183; De Barros, Decadas de Asia, Lisbona 1777-1778; M. De Castanhoso, Dos feitos de Dom Chr. da Gama, Lisbona 1898; E. Cerulli, Iscriz. e doc. arabi per la st. della Somalia, in Riv. st. orient., XI, pp. 1-24; id., Nuovi doc. per la st. della Somalia, in Rend. R. Acc. Lincei, cl. sc. mor., s. 6ª, IV, fasc. 5-6, pp. 392-410.