Gandhi, Mohandas Karamchand
L'apostolo della non-violenza e della libertà dell'India
Negli ultimi decenni del 19° secolo i Britannici consolidarono il loro dominio coloniale in India, la più vasta e la più importante delle colonie europee in Asia. In quegli stessi decenni maturava il pensiero non-violento di Gandhi, il Mahatma ("grande anima"), come venne acclamato dai suoi seguaci. Guida spirituale e morale di un popolo, Gandhi seppe condurre l'India all'indipendenza (1947) attraverso forme di lotta nuove e radicali: la disobbedienza civile, la non-violenza, la resistenza passiva. Appena un anno dopo la conquista dell'indipendenza, rimase egli stesso vittima dell'intolleranza e del fanatismo che aveva combattuto per tutta la vita
La civiltà indiana è antichissima, ricca di forti elementi spirituali e religiosi che ne condizionano la cultura, la morale e la vita sociale e quotidiana. La religione dominante è l'induismo, ma molte altre fedi e credenze convivono nel paese: per esempio l'Islam (spesso in conflitto con la maggioranza indù), il buddismo, o il giainismo, una dottrina antichissima tuttora molto diffusa che predica la non-violenza. Nella famiglia di Gandhi gli insegnamenti del giainismo erano molto seguiti: alimentazione vegetariana, digiuni periodici, purificazione, e in particolare il principio dell'ahimsa, il non fare male ad alcun essere vivente. Negli anni della sua battaglia contro l'Impero britannico Gandhi seppe unire le tante e spesso contrastanti anime del suo paese ispirandosi alle comuni radici spirituali.
La civiltà indiana (India) è sempre stata percorsa da forti spinte antiunitarie: basti pensare che non esiste in India una lingua comune, neanche scritta. Tra il 16° e il 19° secolo l'Impero moghul aveva avuto ragione con difficoltà dell'economia locale fondata su migliaia di villaggi nei quali l'intreccio tra agricoltura e artigianato garantiva l'autosufficienza.
Anche la divisione in caste della società impediva l'unità di tutto il corpo sociale: per gli indù tutta la popolazione era divisa in gruppi chiusi (caste), ai quali si apparteneva in base alla nascita e per tutta la vita. Ci si sposava solo tra membri della stessa casta e non ci si poteva mischiare neanche per mangiare alla stessa tavola. Al punto più basso della scala sociale erano posti i cosiddetti paria, gli intoccabili, considerati inferiori e impuri. Contro questa divisione della società, che Gandhi riteneva una profonda ingiustizia e una vergogna, egli combatté duramente, impegnandosi a difendere i diritti degli intoccabili.
Nato nel 1869 a Porbandar in una famiglia agiata che apparteneva a una setta indù, Mohandas, il giovane Gandhi, a tredici anni è già sposato. Nel 1888 a Bombay si imbarca per Londra dove si reca e terminare gli studi per diventare avvocato. La sua partenza mette a serio rischio la sua appartenenza alla casta perché in Europa sarà impossibile evitare la promiscuità.
Negli anni londinesi Gandhi si sentì molto attratto dalla cultura occidentale e cercò di assomigliare a un perfetto gentiluomo britannico, poi, però, si immerse in letture di carattere religioso che lo riavvicinarono alla sua terra e alle sue radici religiose e culturali.
Diventato avvocato, tornò in India, ma qui trovò brutte sorprese. Il consiglio della sua casta lo aveva bandito e non riusciva a trovare un impiego abbastanza remunerativo. Una proposta di lavoro lo portò fino in Sudafrica dove sbarcò nel maggio 1893 in un ambiente decisamente ostile. Gli immigrati indiani, una minoranza nel paese, venivano duramente maltrattati e discriminati dai coloni bianchi e Gandhi per oltre venti anni combatté per i loro diritti formulando i fondamenti teorici della sua filosofia di pace. Organizzò le sue prime campagne di resistenza passiva, o non-violenta, seguendo la teoria del satyagraha (letteralmente "insistenza sulla verità"): queste campagne consistevano sia nel rifiuto di obbedire a leggi considerate ingiuste, sia nell'astenersi dalla minima violenza fisica nei confronti delle forze dell'ordine, anche in caso di percosse da parte di queste.
Al suo ritorno in India, nel 1915, Gandhi in breve tempo diventò il capo politico e morale del movimento per l'indipendenza, aiutato nella sua battaglia dal Congresso nazionale indiano, un partito politico nato nel 1885 che fu il protagonista, dapprima moderato poi sempre più intransigente, della battaglia per l'autonomia e l'indipendenza.
Tra la fine degli anni Dieci e l'inizio degli anni Venti Gandhi elaborò alcune strategie d'azione. Primo, il rifiuto di aiutare in qualsiasi modo i Britannici a sfruttare l'India; secondo, lo sviluppo delle attività economiche indigene, come l'artigianato della lavorazione dei tessuti, per non dover dipendere economicamente dalla Gran Bretagna; terzo, la rivalutazione della cultura indù per porre fine all'assimilazione indiscriminata dei valori occidentali.
Le prime campagne di Gandhi per la disobbedienza civile incontrarono molto successo: i giudici, i maestri, i funzionari indiani si dimettevano, gli scolari non andavano più a scuola, i prodotti britannici venivano boicottati. Gandhi fu il primo a dare l'esempio e imparò a tessere il panno di cotone che da allora avrebbe indossato come abito. Il charka, l'arcolaio a mano che prima della sottomissione economica ai Britannici era il motore dell'industria casalinga indiana, diventò il simbolo della disobbedienza e della rivolta. Fu al villaggio, vera spina dorsale dell'economia del paese, che Gandhi si richiamò per esaltare le antiche tradizioni di vita e di civiltà degli Indiani.
Ma purtroppo lo spirito non-violento di Gandhi non sempre era rispettato dai suoi seguaci e violenti scontri scoppiarono tra indù e musulmani e anche tra manifestanti ed esercito britannico. Nel 1922 un atto di cieca violenza contro i Britannici spinse Gandhi a sospendere la campagna di disobbedienza civile e ad assumersi la responsabilità dell'accaduto. Prima di entrare in prigione, dove sarebbe restato due anni, disse: "Gli unici scopi della mia vita sono la verità (satya) e la non-violenza (ahimsa)".
Per Gandhi la non-violenza non è sottomissione alla volontà di chi comanda, ma "ribellione di tutta la propria anima contro la volontà del tiranno". Non è segno di debolezza, ma di forza. In un articolo degli anni Venti Gandhi scriveva: "credo che la non-violenza sia infinitamente superiore alla violenza, e il perdono sia molto più virile della punizione".
Nel pensiero di Gandhi gli Indiani, che erano i più deboli, dovevano trovare la strada più giusta per ottenere la loro libertà e solo ricorrendo alla non-violenza avrebbero avuto ragione dei loro dominatori. Uno scontro sul piano delle armi avrebbe sicuramente premiato la Gran Bretagna, condannando i rivoltosi a una feroce repressione che avrebbe anche creato divisioni tra gli sconfitti. La scelta della non-violenza, invece, avrebbe esaltato il carattere altamente virtuoso della loro condotta attirando il biasimo e la condanna sui Britannici.
Nel marzo 1930 Gandhi lanciò una nuova compagna contro la legge britannica di monopolio sul sale: gli Indiani, infatti, non potevano vendere il loro sale sui mercati internazionali; solo i Britannici, sfruttando il duro lavoro degli Indiani, erano autorizzati a farlo. La marcia guidata da Gandhi e seguita dalla stampa internazionale, dopo aver percorso centinaia di chilometri raggiunse il mare. In segno di protesta il Mahatma raccolse un pugno di sale e, subito dopo di lui, tutti ripeterono il suo gesto.
Ecco cosa scrisse un inviato britannico: "Non uno solo dei manifestanti alzò un braccio per ripararsi dai colpi. Cadevano come birilli. […] I superstiti, senza rompere le righe, continuavano a marciare silenziosi e ostinati, finché non cadevano a loro volta sotto i colpi". Queste immagini fecero il giro del mondo e, appena un anno dopo, Gandhi, ormai popolarissimo, fu invitato a Londra per discutere le sorti dell'India. Ma fu solo con la fine della Seconda guerra mondiale, dopo ancora molto sangue, battaglie e un altro arresto, il terzo, che l'India poté proclamare la sua indipendenza il 15 agosto 1947.
Contrario a qualsiasi forma di razzismo e di intolleranza religiosa, Gandhi si era battuto per la costruzione di uno Stato indiano dove potessero convivere pacificamente popolazioni e fedi religiose diverse. Ma questa soluzione non fu possibile e dalle ceneri dell'Impero britannico nacquero due Stati: uno a maggioranza indù, l'India, e uno a maggioranza musulmana, il Pakistan. La violenza, il fanatismo e l'odio caratterizzarono tale divisione e lo stesso Gandhi rimase vittima di questo clima: il 30 gennaio1948 un estremista indù, che lo considerava troppo tollerante nei confronti dei musulmani, lo uccise con un colpo di pistola.