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Cuore dell’impero di Gengis Khan nel 13° secolo, la Mongolia è stata una provincia cinese tra il 17° secolo e il 1924, quando conquistò l’indipendenza. Il sostegno assicurato dall’Unione Sovietica ai nazionalisti mongoli nella lotta indipendentistica rese tuttavia la neonata Repubblica Mongola uno stato satellite dell’Urss, guidato fino al 1990 dal Partito rivoluzionario del popolo mongolo, di matrice comunista. Il collasso dell’Unione Sovietica ha dunque profondamente influito sulla configurazione politica ed economica della Mongolia, che dal 1991 ha avviato una fase di transizione alla democrazia e all’economia di mercato, perseguendo nuove direttrici di politica estera.
Pur essendo un paese dove steppa e aree semidesertiche ricoprono la maggior parte del territorio – senza sbocchi sul mare e poco popolato – la Mongolia ha una notevole rilevanza geopolitica, poiché è ricchissima di risorse minerarie e rappresenta una sorta di zona cuscinetto tra le due potenze confinanti, Cina e Russia. I rapporti con questi due paesi, unici confinanti e maggiori partner commerciali, rappresentano per Ulaanbaatar una scelta quasi obbligata.
Le relazioni con la Cina sono migliorate a partire dagli anni Ottanta e sono ora basate sul Trattato di amicizia e cooperazione del 1994, che sancisce il reciproco rispetto dell’indipendenza e dell’integrità territoriale. Parallelamente, il rapporto con Mosca è stato invece rifondato su nuove basi dopo il completamento del ritiro delle truppe russe dal territorio mongolo nel 1992, e poi con il Trattato di amicizia e cooperazione del 1993. Nel 2000, a seguito della visita in Mongolia dell’allora neo-presidente russo Vladimir Putin, i due paesi siglavano la Dichiarazione di Ulaanbaatar che, riaffermando l’amicizia tra i due stati, rilanciava la cooperazione in numerosi ambiti politici ed economici. Con la visita condotta da Putin nel 2009, in qualità di primo ministro della Federazione Russia, la cooperazione bilaterale è stata estesa anche al settore socio-economico.
Accanto alle relazioni con Cina e Russia, la Mongolia ha inoltre cominciato a perseguire una politica estera autonoma, aderendo al Movimento dei non allineati e perseguendo una maggiore partecipazione alle Nazioni Unite e ai fori di cooperazione multilaterale. Per questa via, Ulaanbaatar ha instaurato relazioni con altri paesi asiatici, quali Giappone e Corea del Sud, ma anche con gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
La transizione verso la democrazia è stata avviata nel 1990, anno della legalizzazione dei partiti di opposizione e delle prime elezioni libere. Il potere legislativo è affidato a un Parlamento unicamerale, eletto ogni quattro anni sulla base di un suffragio universale e composto da 76 membri. Le elezioni parlamentari, tuttavia, non sono ritenute valide qualora non venga raggiunto il quorum del 50% di affluenza tra gli aventi diritto di voto.
Nel 1992 è stata adottata una nuova Costituzione improntata a principi democratici e, nel 1996, il Partito democratico ha vinto per la prima volta le elezioni, sebbene il Partito rivoluzionario del popolo mongolo abbia mantenuto un ruolo importante nella politica del paese, anche grazie alla scarsa preparazione e all’esigue risorse finanziarie dei partiti di opposizione. Le elezioni parlamentari del 2008 sono state vinte dal Partito rivoluzionario, mentre le elezioni presidenziali del 2009 hanno sancito la vittoria di Tsakhiagiin Elbegdorj, del Partito democratico. Queste ultime sono state considerate libere dagli osservatori internazionali, ma la stabilità politica del paese non si è ancora consolidata.
La Mongolia sta rafforzando i legami con altri paesi oltre a quelli confinanti, nell’ambito della cosiddetta politica dei ‘terzi vicini’ (termine coniato nel 1990 dall’allora segretario di stato statunitense James Baker). Quanto al ruolo nella regione, la Mongolia ha sviluppato le relazioni con il Giappone, suo principale donatore dagli anni Novanta, e con la Corea del Sud, oggi partner commerciale di rilievo. Il paese partecipa inoltre al forum regionale dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean) dal 1998, è membro del Consiglio di cooperazione economica del Pacifico dal 2000, osservatore dell’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (Sco), membro fondatore della Partnership Asia-Pacifico per la democrazia (Apdp), e ha richiesto di aderire alla Conferenza economica Asia-Pacifico (Apec). Avendo relazioni sia con la Corea del Nord che con la Corea del Sud, la Mongolia ha inoltre cercato di ritagliarsi uno spazio nel Six Party Talks, organismo preposto ai negoziati con la Corea del Nord sulla questione del programma nucleare, e nel 2007 ha ospitato un incontro tra Corea del Nord e Giappone.
Il paese ha poi migliorato i rapporti con Unione Europea e Stati Uniti, partner commerciali e anch’essi donatori. In particolare, gli Stati Uniti, che hanno interesse a mantenere il legame con la Mongolia per esercitare la loro influenza nella regione, hanno avviato progetti di cooperazione anche in ambito militare e di sicurezza.
Allo stesso tempo, la Mongolia ha cominciato a partecipare in modo più attivo all’interno di alcune organizzazioni internazionali: dal 2005 il paese contribuisce ad alcune missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite e nel 1997 è entrato nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).
La popolazione mongola ammonta a circa 2,6 milioni di persone, mentre circa 4 milioni di Mongoli vivono all’estero – 3,4 in Cina, nella regione autonoma della Mongolia Interna, e circa mezzo milione in Russia. La densità è molto bassa (1,7 ab./km²) e la popolazione è prevalentemente urbana (57,3%), mentre nelle campagne la popolazione è in parte seminomade. La tipica famiglia mongola vive nelle tradizionali tende nomadi chiamate ger.
La maggior parte della popolazione è di etnia mongola (90%), in prevalenza del gruppo Khalkha, ma vi sono minoranze kazake, russe e cinesi.
Fino al 1911 il buddismo tibetano era la religione tradizionalmente predominante e i monaci rappresentavano uno dei gruppi più influenti nella società mongola. Accanto ad esso rimaneva il vecchio sciamanesimo, religione originaria dei Mongoli. Con il regime comunista la libertà di religione è stata limitata, ma dagli anni Novanta il numero di credenti – buddisti e, in misura minore, cristiani – ha ricominciato a crescere. La libertà religiosa è oggi sancita dalla Costituzione e la minoranza religiosa più rilevante è rappresentata dai Kazaki di religione musulmana sunnita (5%), che vivono nella regione occidentale del paese.
Mentre nell’epoca comunista istruzione e sanità erano sussidiate esclusivamente dallo stato, ora sono fornite anche da privati. Il livello di alfabetizzazione, già piuttosto elevato in epoca comunista, è oggi al 97%. Nel 2008 solo il 12,5 % della popolazione aveva accesso a internet, mentre il 67% aveva accesso a una linea telefonica mobile.
L’economia mongola ha risentito profondamente del collasso sovietico e della conseguente interruzione del flusso di aiuti da parte dell’Urss. Negli anni Novanta il paese ha dunque dovuto affrontare una fase di recessione economica, caratterizzata dall’aumento della povertà e della disoccupazione, e avviare una controversa transizione verso l’economia di mercato, attraverso politiche di liberalizzazione e privatizzazioni.
Agricoltura e allevamento sono i settori tradizionali dell’economia mongola e contano per circa il 21% del pil. L’agricoltura è tuttavia vulnerabile alle rigide condizioni climatiche e non basta a rendere il paese autosufficiente nella produzione alimentare.
Altro settore chiave dell’economia mongola è l’industria legata all’estrazione delle risorse minerarie – principalmente rame, oro, carbone, petrolio e uranio – che ha attratto notevoli investimenti diretti esteri. Sebbene permangano delle resistenze alla concessione dei diritti di sfruttamento delle risorse naturali a società straniere, il governo ha firmato accordi con numerose imprese estere e cerca di mantenere una politica di diversificazione degli investimenti esteri, coerente con la politica dei ‘terzi vicini’. I principali prodotti esportati sono dunque rame, oro e cashmere, beni che rendono l’economia molto vulnerabile alla volatilità dei prezzi dei prodotti di base. La Cina è il principale mercato per le esportazioni mongole (78,5% del totale delle esportazioni).
Infine, il settore terziario conta per circa il 39% del pil e recentemente anche il turismo si è rapidamente sviluppato, grazie alle bellezze naturali del paese.
La Mongolia possiede notevoli giacimenti di carbone e di petrolio, che rappresentano le principali fonti energetiche nazionali rispettivamente il 69% e il 27% dell’energia consumata. Nonostante il potenziale di sviluppo delle rinnovabili appaia elevato e nonostante nel 2006 la Banca mondiale abbia concesso circa sette miliardi di dollari per il loro sviluppo, la quota delle rinnovabili sul consumo energetico mongolo resta piuttosto bassa (3,3%). Il paese esporta carbone e petrolio ma, allo stesso tempo, acquista dalla Russia l’80% dei prodotti derivati dal petrolio e parte dell’elettricità consumata, rimanendo quindi parzialmente dipendente dalle importazioni. La Banca mondiale stima inoltre che circa il 25% della popolazione non abbia accesso all’energia elettrica e utilizzi il legname per soddisfare il proprio fabbisogno.
Sebbene in Mongolia non operino gruppi terroristici, il paese, anche in considerazione della porosità delle frontiere e delle dimensioni limitate del suo esercito, collabora con gli Stati Uniti su alcune iniziative per la lotta al terrorismo.
Nell’ambito della politica volta a promuovere il multilateralismo, il paese ha contribuito con proprie truppe ad alcune missioni internazionali. La Mongolia ha infatti inviato circa 150 soldati a sostegno dell’operazione Enduring Freedom in Afghanistan, e, nel 2010, circa 40 a sostegno del contingente tedesco della missione Isaf della Nato, operativo nell’Afghanistan settentrionale. Il governo mongolo ha inoltre inviato militari anche in Iraq e in Kosovo. Inoltre, a seguito di un’iniziativa tra Mongolia e Stati Uniti diretta a formare le forze militari mongole per le missioni di peacekeeping, il paese ha inviato le proprie truppe in Sierra Leone nel gennaio 2006.
Nel 1992 la Mongolia ha dichiarato davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che il suo territorio sarebbe stato denuclearizzato, adottando nel 2000 una legge che ne sancisce tale status. Questa decisione è stata sostenuta tanto dalle vicine potenze nucleari, quanto dal Movimento dei non allineati.