MONTANO d'Arezzo
MONTANO d’Arezzo. - Non sono note le date di nascita e di morte di questo pittore, originario di Arezzo, attivo tra il XIII e il XIV secolo.
Le fonti per ricostruire i momenti dell’attività di M. provengono dai registri della Cancelleria angioina: nonostante la provenienza, la sua carriera è strettamente legata a tale casa regnante e alla città di Napoli.
Nell’agosto del 1305 due documenti conservati nei distrutti registri della cancelleria di Carlo II attestano alcuni pagamenti a favore di «Magistro Montano pictori» per la «pictura duarum cappellarum Castri nostri Novi Neapolis», ovvero la decorazione di due cappelle in Castel Nuovo, di cui tuttavia non si conserva traccia (Leone de Castris, 2005, p. 95).
Nel giugno del 1308 gli furono corrisposti dal sovrano i pagamenti per un crocifisso su tavola, donato dal regnante alla «ecclesia beati Ludovici de Aversa», chiesa per la quale M. ricevette inoltre i pagamenti «pro pictura refectorii et capitulo», come attesta un documento in cui M. viene denominato dal re «fideli nostro» (ibid.).
Nel 1310 M., definito «familiare» di Filippo d’Angiò, principe di Taranto – fratello del nuovo re di Napoli, Roberto – prestò opera per questi «maxime in pingendo Cappellam nostram in domo nostra Neapolis quam in ecclesia Beate Marie de Monte Virginis ubi specialem devotione habemus», lavoro per il quale ottenne in cambio dei beni feudali. Terminano qui i documenti relativi all’attività artistica di M., che viene citato un’ultima volta nei registri angioini nel 1313, per questioni relative ad alcune sue proprietà (ibid.).
Dalle fonti archivistiche M. si delinea dunque come pittore di corte di primo piano nella Napoli angioina di inizi Trecento. Non sono tuttavia numerose le opere che gli si possono ascrivere e nessuna tra quelle citate dalle fonti è giunta sino a noi, se si eccettua la Maestà di Montevergine, tavola dipinta legata con ogni probabilità ai documentati lavori condotti da M. nell’ambito di una cappella dell’abbazia irpina.
La ricostruzione dell’attività e della personalità di M. è ancora in gran parte legata alla lettura che ne diede Ferdinando Bologna (1969) nei suoi studi sulla pittura napoletana in età angioina. Lo studioso, partendo dalle intuizioni di Ottavio Morisani (1947) ed Evelina Borea (1962), assegnò a M. tre opere, ovvero la grande tavola della Maestà dell’abbazia di Montevergine, la cui attribuzione si basa sulla documentata attività svolta da M. presso l’abbazia campana, per volere di Filippo di Taranto, gli affreschi con storie mariane nel transetto destro di S. Lorenzo Maggiore a Napoli (insieme con una mal conservata Madonna col Bambino e devoto nella lunetta del portale che dal chiostro immette nella stessa chiesa) e gli affreschi della cappella Minutolo nel duomo partenopeo.
Sebbene le fonti parlino esclusivamente della decorazione di una cappella, purtroppo perduta, senza alcun esplicito riferimento alla tavola di Montevergine, già lo storico napoletano Giovanni Antonio Summonte (1601), che per primo rese nota la documentazione relativa alla presenza di M. nell'abbazia, propose che, oltre alle pitture murali, nella stessa circostanza egli potesse aver realizzato anche una pala d’altare, ovvero la famosa Maestà.
Sulla base di questa plausibile attribuzione, furono assegnati a M. anche i due pannelli affrescati nel transetto di S. Lorenzo Maggiore, in particolare per le affinità tra il volto della Madonna di Montevergine e quello della Madonna della Natività nella chiesa francescana. Le ulteriori analogie, tipologiche e stilistiche, tra gli affreschi con le storie mariane in S. Lorenzo e quelli della cappella Minutolo nel duomo di Napoli portarono infine all’attribuzione al pittore anche di quest’ultimo ciclo pittorico.
Gli studiosi che si sono in seguito e più recentemente occupati di M. concordano nel complesso con il catalogo delle opere proposto da Bologna, sebbene non manchino precisazioni critiche e dibattiti in merito alle questioni cronologiche. Ulteriori opere sono state altresì attribuite al pittore aretino.
Pierluigi Leone de Castris (2005), che sostiene con decisione l’attribuzione a M. delle suddette opere, conferendo la priorità cronologica agli affreschi della cappella Minutolo, assegna al pittore un’ulteriore pala d’altare con Madonna e il Bambino in trono, mutila della cuspide e proveniente dalla chiesa di S. Lorenzo Maggiore, vicina, in particolare nelle fattezze dei volti, ma anche nell’impostazione spaziale, alla Maestà di Montevergine. Ipotizzando che gli affreschi nella chiesa napoletana facessero parte della decorazione delle cappelle sepolcrali angioine, lo studioso ha quindi supposto che questa tavola, al pari di quella irpina, dovesse completare la cappella regia, venendo a far parte di un complesso programma iconografico dedicato alla Vergine. Più recentemente, Francesco Aceto (p. 525) ha invece suggerito che la tavola provenisse dal palazzo di Filippo di Taranto.
È stato inoltre proposto che, nell’ambito del duomo di Napoli, M. non si sia limitato esclusivamente alla decorazione delle pareti della cappella Minutolo, ma che a lui spetti un perduto affresco realizzato per l’oratorio di S. Marciano, raffigurante una Madonna col Bambino in trono tra i ss. Marciano, Gennaro, Restituta e Patrizia, noto attraverso un’incisione inserita nel 1753 da Alessio Simmaco Mazzocchi nel suo libro sul culto dei vescovi napoletani, il De sanctorum Neapolitanae Ecclesiae episcoporum cultu (Lucherini). Tale incisione rivelerebbe caratteristiche formali molto vicine a quelle delle opere attribuite a M., in particolare nell’uso della prospettiva, nell’impianto del volto della Vergine e nella ricorrenza di taluni motivi ornamentali.
Oltre alle problematiche attinenti al catalogo delle opere e alla loro successione cronologica (che dovrebbe seguire la sequenza: cappella Minutolo – tavole dipinte, con una precedenza della Maestà di Montevergine su quella napoletana –, affreschi in S. Lorenzo), la figura di M. pone importanti questioni concernenti la sua formazione e la sua cultura artistica, soprattutto in relazione ai rapporti intessuti con il contesto pittorico umbro-toscano e romano tra XIII e XIV secolo. Le origini aretine del pittore valgono da sé a spiegare la conoscenza che l’artista dimostra di avere delle rilevanti innovazioni che vennero introdotte al volgere del Duecento nel contesto della pittura centro italiana. Emerge infatti una profonda conoscenza di Cimabue – che ad Arezzo aveva tra l’altro lasciato il Crocifisso per la chiesa di S. Domenico – e una consapevolezza delle grandi novità apparse nel cantiere pittorico di S. Francesco ad Assisi, prima e dopo Giotto. Come dimostrano alcune soluzioni cromatiche presenti nelle sue opere, M. fu inoltre a conoscenza della pittura di Pietro Cavallini, con cui poté entrare in contatto già a Roma alla fine del Duecento e del quale doveva a ogni modo conoscere l’attività napoletana, documentata a partire dal giugno del 1308.
Nella Napoli a cavallo tra XIII e XIV secolo, M. si presenta dunque come un maestro dal linguaggio aggiornato, testimone dell’adeguamento della prestigiosa corte angioina, in campo artistico, ai moderni principi pittorici elaborati nell’Italia centrale.
Fonti e bibl.: G.A. Summonte, Historia della città e Regno di Napoli, II, Napoli 1601, pp. 375 s.; O. Morisani, Pittura del Trecento in Napoli, Napoli 1947, pp. 55 s.; E. Borea, I ritrovati affreschi medievali della cappella Minutolo nel duomo di Napoli, in Bollettino d’arte, s. 4, XLVII (1962), pp. 11-22; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli, 1266-1414, e un riesame dell’arte fridericiana, Roma 1969, pp. 102-107; P. Leone de Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986, pp. 197 s.; F. Bologna, Le tavole più antiche e un ex voto del secolo XV, in Insediamenti verginiani in Irpinia: il Goleto, Montevergine, Loreto, a cura di V. Pacelli, Cava dei Tirreni 1988, pp. 124-130; P. Leone de Castris, M. d’A. a S. Lorenzo, in Le chiese di S. Lorenzo e S. Domenico. Gli ordini mendicanti a Napoli. Atti della Giornata di studi..., Losanna… 2001, a cura di S. Romano - N. Bock, Napoli 2005, pp. 95-125; V. Lucherini, Un nuovo affresco di M. d’A. nella cattedrale di Napoli e la committenza dell’arcivescovo Giacomo da Viterbo (1303-1308), in Arte medievale, n.s., VI (2007), 1, pp. 105-124; F. Aceto, Nuove considerazioni intorno a M. d’A., pittore della corte angioina, in Medioevo: le officine. Atti del Convegno internazionale ..., Parma… 2009, a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2010, pp. 517-528.