MORETO y CABAÑA, Agustín de
Commediografo spagnolo, nato nell'aprile del 1618 a Madrid, dove morì il 27 ottobre 1669. Di genitori italiani, venuti dal Milanese a Madrid, dove esercitavano il commercio con buona fortuna, il M. poté studiare all'università di Alcalá, licenziandosi nel 1639 e prendendo gli ordini minori nel 1642. Per quanto usufruisse d'un beneficio ecclesiastico a Mondéjar, dimorò a Madrid, dove svolse la sua attività teatrale, specie negli anni 1642-1656. L'anno seguente era assunto come cappellano da Baltasar de Moscoso, arcivescovo di Toledo; e visse nell'Hospital del Refugio, riorganizzato dal suo protettore, "cambiando il furore poetico in spirito di devozione".
La sua vita quieta e mite si riflette nell'opera drammatica, sana e riposante. Vissuto nel secolo classico del teatro spagnolo, il M. partecipa della fertilità dei suoi motivi. Nell'età di Lope de Vega, di Calderón, di Tirso, il M. ne segue la traccia, inferiore a loro e per talento e per umanità, ma all'altezza dei migliori imitatori e dei più fortunati epigoni. Anche lui fecondo e vario, sente e rispetta tuttavia i limiti della sua fantasia; cosicché non tenta neanche il contenuto eroico e fantasioso, alieno dalla sua sensibilità saggia, pratica, senza slanci passionali né audacie stilistiche. I quattro quinti della sua produzione si possono rintracciare nei drammi anteriori e contemporanei, e tuttavia il M. ha un suo tono particolare, fatto d'ordine morale, di misura costruttiva, d'una certa grazia affettuosa e a volte malinconica: sempre chiarificatore di stati d'animo, di cui a volte è sottile discettatore. Egli predilige la comicità castigata, che mette buon sangue, senza forzare le tinte né turbare la vita morale; il suo contenuto è perciò facile e limpido e i suoi personaggi hanno una compostezza psicologica lineare, piena di naturalezza e di umano decoro. Sono tipiche alcune commedie, anche perché in esse l'elaborazione dell'autore è meno affrettata e sa liberarsi dai modelli che ha presenti: El desdén con el desdén, che rappresenta la metamorfosi morale di Diana, fanciulla della migliore aristocrazia di Barcellona, corteggiata dai più ricchi cavalieri, eppure disdegnosa dell'amore, a cui tuttavia cede, vinta dalle sue stesse armi (derivata dalla Vengadora de las mujeres di Lope, ispirò la Principessa filosofa di Carlo Gozzi); e El lindo don Diego, che svolge gli amori di un leggiero e vanitoso cavaliere in contrasto con la serietà passionale di donna Inés (suggerita da El Narciso en su opinión di Guillén de Castro, fu tesoreggiata da P. Scarron nel Don Japhet d'Arménie). In esse il linguaggio è chiaro e pronto; la versificazione rapida e fluida, con un gioco di rime spontaneo, semplice, che non mistifica la schiettezza del parlare di tutti i giorni; il dialogo conciso e vivace, senza intoppi, che segue l'evidenza del sentimento e l'agilità dello spirito comico, lontano dalle scurrilità e dalle buffonerie del tempo. A sfondo malinconico è invece la fine trama: De fuera vendrá quien de casa nos echará (derivata da Lope, De cuándo acá nos vino?, e imitata dal Corneille, Le Baron d'Albikrac). In questa modestia di significati umani, paga di rappresentare un carattere e di svolgere un intreccio senza sforzi di arbitraria originalità, il M. è inesauribile: il credulone pacifico in No puede ser...; il nobile arrogante in El valiente Justiciero y ricohombre de Alcalá; il dissipato in San Franco de Sena; una trama d'inganni e di furberie femminili in Lafingida Arcadia; una vicenda di passione e di sacrificio in un'atmosfera tenue e grigia, in Trampa adelante; la sostituzione di una persona con le incredibili e gustose situazioni comiche, in El parecido en la Corte; gli espedienti sottili della donna innamorata ma sospettosa, in Industrias contra finezas; l'alternativa d'un cavaliere tra l'onore della figlia e la devozione al re, in Primero es la honra, ecc. Tutte sono riprese e contaminate, soprattutto dal teatro di Lope: qualcuna soltanto tradotta e appena riaccomodata, altre invece più liberamente rifatte; ma complessivamente hanno chiarificato e divulgato alcuni motivi teatrali, anche se non vi hanno saputo tradurre una più individuale esperienza.
Ediz. e Bibl.: Obras, a cura di L. Fernández-Guerra, in Bibl. aut. esp., XXXIX, con introduzione; El desdén e El lindo don Diego, a cura di N. Alonso Cortés, in Clas. cast., Madrid 1922, con introduzione. Cfr. E. Carrara, Studio sul teatro ispano-veneto di C. Gozzi, Cagliari 1901; E. Cotarelo, La bibliografía de M., in Boletín de la R. Acad. española, XIV (1927), pp. 449-494.