MORLACCHI (gr. Μαυρόβλαχοι, lat. Latini nigri, sl. Vlasi)
Popolazione disseminata un po' dappertutto nella Penisola Balcanica, ma particolannente nell'interno della zona costiera adriatica da Trieste ai confini dell'Albania. Molte sono le teorie intorno alla loro origine. La più attendibile è quella di T. Peisker, che li crede pastori nomadi turanici immigrati sul finire dell'evo antico e al principio del medio nella Penisola Balcanica e qui nel sec. V e VI romanizzati completamente. Poco influì sulla loro compagine etnica e sulla loro lingua l'invasione avaro-slava del sec. VII. Dal sec. VII al IX si muovono particolannente nella Mesia superiore, nella Dardania e in ambedue le Dacie transdanubiane. Dal IX all'XI sec. passano nella Bosnia e nella Macedonia e di qui, a grosse ondate, nella seconda metà del sec. XIII, si trasferiscono sulle coste dell'Adriatico. Nel sec. XV e XVI singoli nuclei passano in Istria, dove prendono il nome di Cici, i quali, unici tra i Morlacchi, mantengono tuttora l'antico linguaggio neolatino (romeno). I documenti che possediamo ci permettono di delinearne dal secolo XIII al XVIII molto bene le caratteristiche etniche e l'organizzazione sociale e politica. I Morlacchi sono cioè esclusivamente pastori che nella stagione estiva sfruttano i pascoli di media e alta montagna (di qui, a quanto pare, la denominazione di Latini neri, Latini delle montagne) e nell'invernale scendono alle marine. Qui si mettono in contatto con i centri cittadini dove vendono bestiame, carni, formaggio, pelli, lana, rifornendosi specialmente di sale, di cui come pastori fanno grande consumo. Spesso ci appaiono come guerrieri al soldo dell'uno o dell'altro signore o come messi e accompagnatori di carovane. Fanno anche gl'incettatori e i mercanti di schiavi. Socialmente e politicamente sono organizzati in cantoni (katuni) con a capo un celnicus. La fierezza del carattere e l'estremo nomadismo li sottrae a ogni sovranità. Hanno invece forte inclinazione a stringersi in organismi politici autonomi: d'origine morlacca sono probabilmente le repubblichette di Vinodol, Rogosnizza, Poglizza e i cantoni del Montenegro. Di religione sono ortodossi e di lingua latini. Appena nel sec. XV e XVI i Morlacchi adriatici passano al cattolicismo e si slavizzano. Nomadi rimangono sino a che Venezia, specialmente con la legge agraria Grimani (1755), non li lega parzialmente alla terra o non li irreggimenta nelle cernide (truppe locali contro i Turchi). Nel secolo XVIII con il dilagare delle teorie di J.-J. Rousseau sullo stato di natura, diventano popolo di moda e intorno ad essi, specialmente intorno alle loro costumanze primitive, fiorisce tutta una letteratura ammirativa. Ora vivono confusi con gli Slavi, non tanto però che non possano essere facilmente distinti per il tipo fisico, il forte temperamento e le pittoresche fogge del vestire, nelle quali domina il caratteristico ricamo morlacco, portato dalle primitive sedi turaniche e trasmesso agli Slavi dei Balcani.
Bibl.: C. Jireček, Die Wlachen und Maurowlachen in den Denkmälern von Ragusa, in Sitzungsberichte der k. böhmischen Gesellschaft der Wissenschaften, Praga 1879; F. Majnoni d'Intignano, I Morlacchi, in Rivista militare italiana, Roma 1900; C. Jireček, Die Romanen in den Städten Dalmatiens, in Denkschriften der k. Akademie der Wissenschaften, phil.-hist. Classe, XLVIII (1902), p. 34 segg.; K. Kadlec, Valaèi a valaèské právo v zemích slovanskìch a uherskìch (I Morlacchi e il diritto morlacco nelle terre slave e ungheresi), Praga 1916; T. Peisker, Die Abkunft der Rumänen, in Zeitschr. des hist. Vereines für Steiermark, XV (1917), p. 160 segg.; S. Dragomir, Vlahij òi Morlacii (I Valacchi e i Morlacchi), Cluj 1924; P. Skok, in Glasnik zemaljskog Muzeja u Bosni i Hercegovini, XXX (1918), p. 295 segg. e in Glasnik skopskog naučnog druètva, II (1926), i-ii, p. 297 segg.; III (1928), i, p. 293 segg.