Jinnah, Muhammad Ali
Politico indiano (Karachi 1876-Quetta 1948). Fu considerato il padre fondatore del Pakistan e designato dai suoi seguaci con l’appellativo di Qa’id-i a‛zam («comandante supremo»). Avvocato, nel 1906 aderì all’Indian national congress nella fazione dei moderati e nel 1909 fu eletto membro del Consiglio legislativo imperiale come rappresentante dei musulmani di Bombay. Fautore del laicismo politico, personalmente non religioso, J. nel 1913 entrò nella All India muslim league con l’obiettivo di attenuarne l’orientamento confessionale e tramutarla in strumento di rivendicazione politico-istituzionale a tutela delle minoranze. Convinto della necessità di coordinare tutte le organizzazioni nazionaliste in un unico fronte, operò per realizzare un riavvicinamento fra Congress e Muslim league, concretizzatosi nel 1916 con il cd. patto di Lucknow, e appoggiò nel 1917 il movimento Home rule di A. Besant, assumendo la presidenza del comitato di Bombay. Dopo il massacro di Amritsar (1919) si dimise dal Consiglio imperiale. Ponendosi nel solco della tradizione del nazionalismo indiano di fine Ottocento-inizio Novecento, J. considerò l’attività politica come prerogativa di un’élite cui spettava il compito, mediante negoziati, di strappare sempre maggiori concessioni al governo coloniale. Vide perciò come una pericolosa deriva anticostituzionale l’ascesa del Mahatma Gandhi e si oppose tanto alla strategia dell’«appello alle masse» quanto alla commistione fra politica e religione. Quando il Congress approvò, nel 1920, il programma gandhiano della , che prevedeva anche l’appoggio al movimento Khilafat, J. lasciò il partito e continuò a sostenere la linea delle riforme istituzionali graduali all’interno della Muslim league, di cui divenne presidente nel 1924 e nel 1928. Eletto all’Assemblea legislativa centrale, strinse un’alleanza con la corrente swarajista del Congress (➔ Swarajya party), ma il suo tentativo di riformulare il vecchio patto di Lucknow in senso più garantista per i musulmani venne vanificato dall’opposizione di altri congressisti vicini alle posizioni della Hindu mahasabha. J. operò un nuovo tentativo nella stessa direzione nel 1928, dopo la pubblicazione del Nehru report, che delineava un modello possibile di Stato indiano autonomo all’interno del Commonwealth: alla convenzione multipartitica di Calcutta J. propose 14 emendamenti atti a salvaguardare le minoranze musulmane, ma ancora una volta le sue richieste caddero nel vuoto. Deluso e amareggiato, J. abbandonò definitivamente il progetto di realizzare l’unità politica fra indù e musulmani e partì poco dopo per l’Inghilterra (1930). Nel 1935, cedendo alle richieste del leader musulmano Liaqat Ali e di Muhammad Iqbal, accettò di rientrare in India e prendere nuovamente in mano le redini della Muslim league, dedicandosi al rilancio del partito sia sul piano organizzativo, mediante efficaci iniziative di radicamento sociale e di mobilitazione di ulama (dotti musulmani) e studenti, sia su quello programmatico sulla base della «teoria delle due nazioni» (indù e musulmani). Alle elezioni del 1937 la Muslim league fu sovrastata dal Congress e da partiti regionali dalla forte base sociale musulmana, come il Krishak praja party in Bengala e lo Unionist party in Panjab. Ma proprio la sonora vittoria del Congress offrì a J. lo spunto per radicalizzare, nel biennio seguente, la contrapposizione fra indù e musulmani. Nel 1940 venne approvata a Lahore la risoluzione della Muslim league in cui J. chiese a tutti i musulmani di attivarsi per realizzare il progetto del Pakistan come entità politica autonoma, espressione della «nazione» musulmana indiana, e con pari diritti di rappresentanza, rispetto alla «nazione» indù, all’interno di una futura federazione di Stati. Durante il conflitto mondiale J. approfittò del vuoto politico creato dalle dimissioni dei governi del Congress per formare gabinetti della Muslim league in Assam, Bengala, Sindh e nella Provincia della Frontiera del Nord-Ovest; si oppose inoltre al movimento Quit India, guadagnandosi la fiducia degli inglesi che videro in lui un possibile collaboratore nella loro politica del divide et impera. Conclusosi il conflitto mondiale, durante le trattative che sancirono il disimpegno britannico dalla regione, J. rivendicò il ruolo di unico legittimo portavoce dei musulmani indiani, contrapponendosi ancora una volta al Congress e a Gandhi, e respingendo ogni proposta di compromesso. Le elezioni del 1945-46, che videro la Muslim league raccogliere la grande maggioranza dei voti musulmani in tutte le province, rafforzarono ulteriormente la leadership di J., consentendogli di adottare una linea ancor più intransigente. Risoltisi nel nulla i negoziati fra J. e Gandhi (1944), nel corso dei quali quest’ultimo aveva invano tentato di evitare la separazione fra India e Pakistan, e fallita la Conferenza di Simla (1945), le parti si trovarono a discutere un nuovo piano per la formazione di un governo interinale, presentato dalla cd. Cabinet mission (1946): ma i negoziati si arenarono sull’insanabile contraddizione fra il Congress, che puntava alla creazione di un’India unita, e la Muslim league, decisa a ottenere il Pakistan come Stato sovrano e indipendente. La situazione precipitò quando J. chiamò i musulmani indiani all’«azione diretta» a sostegno e in difesa del Pakistan, innescando una serie di sanguinosissimi scontri in diverse città (16 agosto 1946). Mentre nel Paese dilagava la guerra civile, con l’arrivo di lord Mountbatten, ultimo viceré dell’impero indiano, la spartizione appariva ormai come l’unica soluzione praticabile. Il 14 agosto 1947 fu proclamata la nascita del Pakistan, e J. ne fu il primo governatore generale. In questa veste sostenne la necessità dell’uso dell’urdu come lingua nazionale, contro le rivendicazioni dei musulmani bengalesi, inclusi nel Pakistan orientale; ma la morte gli impedì di offrire un ulteriore contributo alla definizione del carattere della nuova nazione.
Nasce a Karachi
Membro dell’Indian national congress
Membro della All-India muslim league
Appoggia il Home rule assumendo la presidenza del comitato a Bombay
Si dimette dal Consiglio imperiale
Presidente della Muslim league
Si trasferisce in Inghilterra
Rientra in India e riorganizza la Muslim league
Risoluzione di Lahore dove sostiene la teoria di uno Stato musulmano separato
Le elezioni vedono la Muslim league raccogliere la maggioranza dei voti
Guerra civile
Nascita del Pakistan, eletto governatore generale
Muore a Quetta