MARIEMONT, Museo di
Nella località belga di M., non lontano da Charleroi, nella regione dello Hainaut, l'architetto Suys costruì nel 1830 circa un castello nel quale il proprietario Raoul Warocqué iniziò, alla fine del secolo scorso, una raccolta di oggetti artistici, formando in breve una ricchissima collezione che nel 1917 donò allo Stato del Belgio. Nel Natale del 1960 la parte centrale del castello è stata distrutta da un incendio, ma le collezioni archeologiche non hanno sofferto.
L'intera raccolta si articola in tre ampie categorie, che rispettivamente comprendono: antichità di epoca romana e merovingia provenienti dalla regione; antichità che documentano la produzione artistica delle maggiori civiltà del passato (Cina, India, Egitto, Grecia, Etruria e mondo romano) e prodotti artistici locali contemporanei o comunque di periodo recente (che pertanto non verranno qui presentati). La provenienza dei singoli oggetti è duplice, da scavo diretto, e da acquisto.
Scavi promossi dallo stesso Warocqué all'inizio del secolo, nel bacino dello Haine, hanno permesso la raccolta nel museo di oggetti provenienti da stanziamenti romani situati presso le odierne località di Morlanwelz, Haudeng, Chapelle-lez-Herlaimont e Péronnes, e dai cimiteri merovingi di Trivières, Nimy ed Haine-St. Paul.
Gli acquisti, generalmente condotti con l'assistenza di specialisti (costante fu l'attività di F. Cumont che curò anche il più antico catalogo delle antichità occidentali ed è ricordato con una mordace epigrafe contro l'intolleranza che lo tenne lontano dalla cattedra), avvennero specialmente nel 1904, formando così il fondo della collezione, in occasione delle grandi vendite Amélineau (con i trovamenti di Abido) e Somzée.
Lo scopo principale del Warocqué fu di offrire un centro culturale per gli abitanti della regione dello Hainaut, eminentemente industriale e carbonifera, ed è per questo che la scelta non si limitò a pochi esemplari di eccezione, ma mirò a fornire un quadro quanto più possibile completo di ogni civiltà artistica, comprendendo anche piccoli oggetti di artigianato.
Antichità egiziane. - Tra gli oggetti più notevoli, oltre a statuette reali, figurine e amuleti, è un mortaio (?) - l'uso dell'oggetto emisferico è incerto - di roccia cristallina, proveniente dalla necropoli reale di Abido; la presenza nel cartiglio del nome del quinto re della I dinastia, Den, permette di datare l'oggetto al 2850 a. C. circa. Di epoca tolemaica è il gruppo colossale in granito rosa e nero; il gruppo, che rappresenta una coppia reale, fu trovato frammentario nel 1840 nei pressi di Alessandria, non lontano dall'antico porto di Rosetta; è ora in parte diviso tra il museo di M. e il museo greco-romano di Alessandria.
Antichità cinesi. - Tra gli oggetti più antichi sono presenti amuleti della dinastia Shang e Chou (XI sec. a. C.) e vasi dello stile Chang e della dinastia Han (206 a. C.-220 d. C.).
Antichità classiche. - È la raccolta di gran lunga più importante, nella quale figurano pezzi singoli o complessi veramente eccezionali. Nel campo della scultura greca, di periodo arcaico sono una testa di sfinge in marmo, di scuola attica, forse proveniente dal Falero, e due teste di Hermes che documentano il mutamento iconografico del dio nel ventennio 500-480. Ben documentata è la produzione artigianale delle varie regioni della Grecia durante il VI e V sec. a. C.: di scuola laconica è un bronzetto xoanico di Atena armata di scudo e lancia, con casco dall'alto cimiero; di scuola peloponnesiaca (Corinto ?) è la figuretta in bronzo di un cavallo proveniente dalla Locride (primo venticinquennio del V sec.); numerose sono le appliques in bronzo di varia forma della fine del VI secolo. Della metà circa del V sec. è la nota statua giovanile, già nei giardini della Villa Ludovisi - come si apprende da un inventano del 1633 - conosciuta come Ares Somzée o Efebo di Mariemont. È una buona copia in marmo pario, attribuita variamente a Hageladas, Pythagoras, Kalamis, o, con maggior probabilità, a Mikon, scultore e pittore noto dalle fonti letterarie (Plin., Nat. hist., xxxiv, 88) come autore di statue di atleti, e in particolare (Paus., vi, 6, 1) dell'olimpionico Kallias (della statua del quale si è rinvenuta ad Olimpia la base). L'identificazione però dell'Efebo con il pancratiaste Kallias è solo ipotetica. Il periodo post-fidiaco è ben documentato da opere a tutto tondo (ad esempio la figura di giovanetta che sacrifica un porco) e da rilievi (stele di Sokratè, dall'Argolide). Di periodo ellenistico sono una bella testa frammentaria di Alessandro-Helios di schema lisippeo, proveniente da Rodi (II sec. a. C.) e una testa policroma femminile ("Berenice II"). Interessanti sono alcune teste di provenienza egiziana e quella femminile, proveniente dal Pireo (?), interpretata come maschera funeraria del tipo del ritratto funerario siriaco.
Nel campo della ceramica sono presenti alcuni pìthoi arcaici da Rodi con decorazione a rilievo e vasi attici a figure rosse, tra i quali è un'opera attribuita al Pittore di Cleveland con Ceneo e i Centauri. Di recentissimo acquisto un grande calice in bucchero a rilievi con scene di carri e cavalli.
Tra le antichità romane il complesso più importante è rappresentato dai dipinti della Villa di Boscoreale (v.), acquistati dal museo nel 1903 insieme a un frammento di mosaico del peristilio. Proveniente da Roma è l'interessante rilievo con manumissio (v. littore) databile al I sec. a. C. Ma la documentazione più ricca per il periodo romano è offerta dalla raccolta di antichità romano-galliche (v. gallo-romana, arte), che comprende tra l'altro alcuni dei bronzi provenienti da Bavai (v.), col pezzo forse più interessante: la cosiddetta Mater di Bavai - ivi rinvenuta nel 1913 - che rientra tipologicamente nella serie di altre immagini femminili della Gallia, protettrici o ctonie, e che risalgono in ultima analisi allo schema della Demetra di Cnido. Di impronta ellenistica è il bronzetto rinvenuto nel 1913 a Courtrai che raffigura l'Afrodite anadiomène (I sec. d. C.). Di tipo insolito è un ornamento di carro da Asse, nel Brabante (inv. Ac. n. 271 b).
La ricca raccolta numismatica consiste per lo più in tesori rinvenuti nella regione, quali quello di monete d'argento del terzo venticinquennio del III sec. d. C., da Ellezelles (località che presenta numerose sepolture del II e III sec. d. C. e che ha dato altri piccoli tesori monetali), interrato nel 259 (inv. 4798-4907) e quello rinvenuto a Maisières, sulla strada Bavai-Assche, sepolto nel 268 circa, dopo la morte di Postumo (inv. 4541-4781).
Più modeste sono le collezioni di antichità siriache (sarcofago in piombo) ed italiche (cista funeraria in bronzo del 480 circa, proveniente da Capua, di fabbrica campana).
Ricorderemo infine la collezione di antichità merovinge, cui si è accennato all'inizio.
Bibl.: Al più antico catalogo delle antichità occidentali redatto da F. Cumont, seguì nel 1952 un grosso catalogo di alcune sezioni del museo, ad opera di gruppo di specialisti: Les antiquités égyptiennes, grecques, étrusques, romaines et gallo-romaines du Musée de M., Bruxelles 1952, con bibliografia precedente. Una guida sommaria dell'intero museo è stata edita nel 1958: Faider-Feytmans, Musée de M., Bruxelles 1958; un'altra che brevemente illustra il museo e il parco, nel 1960: Le Musée et le parc de M., Gembloux 1960. Alcuni degli articoli sui singoli monumenti: Faider-Feytmans, La "Mater de Bavai", in Gallia, VI, 1948, p. 385 ss.; id., Trésors du IIIe siècle dans le Hainaut, in Phoibos, V, 1950-1, p. 55 ss.; id., Ornement de char d'Asse (Brabant) in Latomus, XIV, 1955, p. 297 ss.; id., Recueil des bronzes de Bavai, in VIII Suppl. à Gallia, 1957 (nn. 3, 29, 41, 47, 74, 232, 247, 255, 258, 292, 296, 298); M. Cagiano de Azevedo, in Boll. Ist. Centr. Restauro, 1952, p. 159 ss.