MUSICA
Il termine trae origine dal gr. μουσιϰή ('arte delle muse') e designa, in un senso più largo, ogni forma d'arte in grado di generare ordine e armonia. Da questa definizione originaria è derivato il significato corrente del termine, che designa l'arte del suono, e da questo significato nascono differenti modi di rappresentazione della m., in cui quest'ultima assume il ruolo di simbolo e risponde a funzioni diverse.Raffigurare la m. significava in primo luogo dar vita a un insegnamento didattico e morale basato sulla filosofia antica del numero. I primi autori cristiani, come Aristide Quintiliano (secc. 2°-3°), Agostino (354-430), Marziano Capella (inizi sec. 5°), Boezio (ca. 480-526) e Cassiodoro (m. nel 580), assimilarono in realtà al pensiero cristiano le concezioni antiche - essenzialmente quelle di Platone e Aristotele - che facevano della m. una scienza e un oggetto di speculazione. Essi considerarono la m. nei suoi aspetti teorici (musica scientia) e pratici (musica practica) e la posero sotto il simbolo del numero (numerus). Durante tutto il Medioevo, la m. speculativa venne quindi rappresentata nell'arte attraverso la figura antica di Pitagora e quella biblica di Iubal (Gn. 4, 19-22). Considerati insieme alle Muse, a Orfeo e ad Arione come gli inventores musicae, essi avevano come caratteristica comune quella di avere scoperto le consonanze musicali grazie a martelli battuti su di un'incudine (Pontificale di Saint-Rémi, fine del sec. 12°, Reims, Bibl. Mun., 672, c. 1r). Essi appaiono rappresentati nell'atto di suonare un sistema di campane e un monocordo, strumenti dell'insegnamento teorico della m. nel Medioevo (raccolta di trattati musicali del sec. 12°, Wolfenbüttel, Herzog August Bibl., Gudianus lat. 8° 334, cc. 1r e v, 2r e v, 103r; Pontificale di Saint-Rémi, c. 1r; Giovanni di Affligem, De musica, sec. 13°, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 2599, c. 96v; Franchino Gaffurio, Theorica musicae, sec. 15°, Londra, BL, Add. Ms 4913, c. 17r).Disciplina scientifica del quadrivio, la m. costituiva una delle arti liberali e appare rappresentata sia sotto forma di una figura femminile isolata (Marziano Capella, De nuptiis Mercurii et Philologiae, sec. 10°, Parigi, BN, lat. 7900A, c. 153v; raccolta di Wolfenbüttel, c. 1v), o in compagnia di altre allegorie femminili delle sette arti (Chartres, cattedrale, portale dei Re, sec. 12°; Cassiodoro, Institutiones saecularium litterarum, inizi sec. 14°, Parigi, BN, lat. 8500, c. 39v), sia sotto le vesti di un chierico, a partire dal sec. 13° nei manoscritti prodotti negli ambienti universitari (Le vergier de Soulas, fine sec. 13°, Parigi, BN, fr. 9220, c. 16r; Gossuino di Metz, Image du monde, sec. 14°, Parigi, BN, fr. 574, c. 29r).La conoscenza della m. nel Medioevo poggiava sulle teorie di Boezio e in particolare sulla sua classificazione tripartita in musica mundana, musica humana e musica instrumentalis, riprodotta anche sul frontespizio del Magnus liber organi di Notre-Dame di Parigi, dell'inizio del sec. 13° (Firenze, Laur., Plut. 29). La musica mundana riguardava i movimenti dell'universo, la musica humana si interessava ai moti dell'anima, ai movimenti del corpo umano e al loro giusto equilibrio, mentre la musica instrumentalis designava la pratica della musica. Regolate dalle leggi dei numeri, le tre m. erano tra loro profondamente legate.In questo genere di iconografia, la m. assumeva una dimensione cosmologica che tendeva a simboleggiare l'armonia della creazione divina. La figurazione dei toni musicali partecipava di questo simbolismo, come è evidente in particolare nell'Evangelistario della badessa Uta (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 13601, c. 3v), databile tra il 1002 e il 1025, e negli otto toni dei capitelli 'musicali' (1109-1122) dell'abside dell'abbaziale di Cluny (Mus. Lapidaire du Farinier). Il terzo tono di questa serie di capitelli rappresenta Davide che suona la cetra: se egli è la figura Christi, la sua cetra - e la sua arpa nell'iconografia dei secc. 13°-15° - presenta generalmente molteplici simbolismi legati al numero delle corde, che sale generalmente da tre a sette, simbolo trinitario nel primo caso e di perfezione nel secondo. In un contesto iconografico sacro, la raffigurazione della m. aveva così quale funzione principale quella di insegnare che la conoscenza del numero, la comprensione delle leggi dell'universo e la fede permettevano di avvicinarsi a Dio e di innalzarne le lodi.Quello dell'invito al canto e alla lode divina è un altro aspetto molto significativo della rappresentazione sacra della musica. Nella Bibbia, il Libro dei Salmi composto dal re Davide ne costituisce la migliore dimostrazione, in particolare attraverso le numerose citazioni di strumenti musicali. Il Beatus vir di Sal. 1, 1, ha dato luogo alla rappresentazione, assai diffusa nei salteri medievali, di Davide che suona l'arpa (Salterio Rutland, metà sec. 13°, Londra, BL, Add. Ms 62925, c. 8v), così come l'Exultate Deo di Sal. 81(80), 2, a quella di Davide che suona le campane tubolari (Breviario di Luigi di Mâle, inizi sec. 14°, Bruxelles, Bibl. Royale, 9427, c. 124r). Il salmo 149 è accompagnato, a sua volta, dall'immagine di alcuni cantori raggruppati dinanzi a un leggio nell'atto di intonare il Cantate Domino (salterio del sec. 13°, Besançon, Bibl. Mun., 140, c. 111r). Le più numerose indicazioni strumentali appartengono tuttavia al salmo 150, come è attestato per es. nel Salterio di Utrecht, dell'830 ca. (Utrecht, Bibl. der Rijksuniv., 32, c. 83v).Figura importante dell'Antico Testamento, Davide ispirò agli artisti medievali altri temi musicali. Egli compare sempre con uno strumento a corda nelle rappresentazioni dell'albero di Iesse (Is. 11, 1; Auxerre, cattedrale, vetrata del sec. 13°), oppure è raffigurato circondato da musici (1 Cr. 25, 1; Bibbia di Viviano, 845 ca., Parigi, BN, lat. 1, c. 215v; Bibbia di Stefano Harding, 1111 ca., Digione, Bibl. Mun., 14, c. 13r; salterio e innario della metà del sec. 12°, Londra, BL., Add. Ms 44874, c. 7v; Benedetto Antelami, lunetta interna del portale occidentale del battistero di Parma, fine sec. 12°). Davide che con la sua m. placa la furia del re Saul costituì uno dei temi dell'iconografia musicale e religiosa del Medioevo e conferì simbolicamente alla m. virtù terapeutiche e sacre (Salterio della regina Isabella d'Inghilterra, inizi sec. 14°, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Gall. 16, c. 8r). Nel rappresentare questi encomi terreni, l'iconografia musicale del Libro dei Salmi e di alcuni eventi della vita di Davide assumeva dunque una natura morale ed esemplare e rispondeva anche a una funzione devozionale.La raffigurazione della m. era anche un simbolo della lode celeste, incarnata dai vegliardi dell'Apocalisse e dagli angeli musicanti (Ap. 4, 4; 5, 8ss.; 14, 3). Gli strumenti a corda - ribeche, cetre, vielle ad archetto o arpe - che i ventiquattro vegliardi hanno con loro sul portale dell'abbaziale di Moissac (sec. 12°), o che offrono a Cristo e all'Agnello mistico in una mandorla (Beato di Liébana, Commentari all'Apocalisse, sec. 11°, New York, Pierp. Morgan Lib., M.644, c. 87r; Apocalisse di Peterborough, inizi sec. 14°, Oxford, Bodl. Lib., Canon bibl.lat. 62, cc. 3r-4r), simboleggiano sia i canti dei vegliardi sia le preghiere che essi innalzano a Dio. Questa funzione laudativa della m. e delle sue rappresentazioni costituiva la caratteristica principale dell'iconografia degli angeli musicanti, estremamente diffusa nel Medioevo, soprattutto a partire dagli inizi del sec. 13°, tanto sui portali e nelle vetrate delle cattedrali (Parigi, Reims), quanto nei manoscritti miniati, nelle tavole e nelle decorazioni parietali delle chiese. Formando una grande aureola intorno alla Vergine (Lippo Memmi, Assunzione della Vergine eseguita a Siena nel 1340, Monaco, Alte Pinakothek; Très Riches Heures del duca di Berry, 1413-1416, Chantilly, Mus. Condé, 1284, c. 60v) o intorno a Cristo (Agostino, De civitate Dei, sec. 15°, Mâcon, Bibl. Mun., 1-2), gli angeli incarnavano la liturgia celeste e raffiguravano anche la gioia degli eletti in paradiso e la beata vita (Andrea di Bonaiuto, affresco del 1366 ca. del Cappellone degli Spagnoli di S. Maria Novella di Firenze).La m. come legame intermedio tra il cielo e la terra si manifesta e riveste una dimensione escatologica attraverso la rappresentazione delle trombe di Ap. 8, 2 e 6, simboli della voce di Dio, che annunciano la fine dei tempi e l'avvicinarsi del Giudizio universale (Bamberga, cattedrale, 1230; Apocalisse del sec. 13°, Parigi, BN, fr. 403; v. Apocalisse).L'iconografia musicale e sacra rivela d'altro canto la sua vocazione moralizzatrice attraverso le scene di adorazione pagana, come l'Adorazione del vitello d'oro da parte degli Israeliti (Es. 32, 1-7; Salterio della regina Ingeborga, inizi sec. 13°, Chantilly, Mus. Condé, 9, c. 13r), o quella del re Nabucodonosor (Dn. 3, 1-7; Beato di Liébana, Commentari all'Apocalisse, 970 ca., Valladolid, Bibl. Univ., 433, c. 199r). Allo stesso modo anche la danza di Salomè, secondo Mt. 14, 6, permette di dar vita a un insegnamento morale (Vézelay, Sainte-Madeleine, capitello del sec. 12°; Autun, Saint-Lazare, capitello del sec. 12° con i toni; Messale di Amiens, 1323, Aia, Koninklijke Bibl., 78.D.40, c. 108r). Questo tema e le sue forme figurative trovarono il proprio prolungamento nelle rappresentazioni di musicisti a carattere profano. I giocolieri (Tropario di Limoges, sec. 11°, Parigi, BN, lat. 1118, c. 112v; Tolosa, Notre-Dame-la-Daurade, chiostro, capitello della Trasfigurazione, sec. 12°; Salterio Tenison, sec. 13°, Londra, BL, Add. Ms 24686, c. 17v; Roman d'Alexandre, sec. 14°, Oxford, Bodl. Lib., Douce 264; Salterio Gorleston, 1325, Londra, BL, Add. Ms 49622, cc. 43v, 51r, 88v), i multipli grotteschi nelle mensole delle chiese romaniche (Anzy-le-Duc, chiesa della Trinità, sec. 12°) e più tardi quelli delle decorazioni marginali nei manoscritti (Robert de Boron, Estoire del Saint Graal, fine sec. 13°, Parigi, BN, fr. 95; Breviario di Belleville, 1325 ca., Parigi, BN, lat. 10483-10484; Vidal Maior, sec. 14°, Malibu, J. Paul Getty Mus., Ludwig XIV 4), insieme con gli animali, come l'asino con la lira (Salterio di York, fine sec. 13°, Copenaghen, Kongelige Bibl., Thott 143.2°), evocano da un lato la vita quotidiana, i proverbi e le favole della cultura popolare con umorismo e derisione, ma d'altro canto ricordano che il divertimento futile della m. profana deve essere evitato, giacché distoglie da Dio e impedisce ogni spiritualità. Questa iconografia musicale profana è in realtà caratterizzata da una certa insistenza sulla natura carnale della m., così come sul suo potere seduttivo sui sensi e sulla sensibilità umana.Le immagini profane della m. fecero dal canto loro parte del sistema di rappresentazione sociale dell'aristocrazia laica, soprattutto a partire dal 13° secolo. Che si tratti di volta in volta dei trovatori della nobiltà occitana (Marcabru e Raimbaut d'Orange in un canzoniere provenzale del sec. 13°, Parigi, BN, fr. 12473, cc. 102r-129r; Jaufré Rudel in una raccolta di poesie di trovatori del sec. 13°, Parigi, BN, fr. 854, c. 121r), dei musicisti della corte del re Alfonso X il Saggio (1252-1284) nelle sue Cantigas de Santa María (Escorial, Bibl., b.I.2, c. 4v), dei Minnesänger del Codice di Manesse del sec. 14° (Heidelberg, Universitätsbibl., Pal. germ. 848, cc. 398v399r), dei menestrelli di diversi esemplari del Roman de la Rose di Jean de Meung e Guillaume de Lorris, dello stesso secolo (Oxford, Bodl. Lib., e.Mus. 65, c. 3v), o di quelli dei manoscritti del sec. 15°, la loro raffigurazione è intesa a mettere in scena il modo di vita dell'aristocrazia, il suo status sociale, il suo potere, i suoi valori e i suoi ideali.Così, i differenti modi di rappresentazione della m. appaiono nell'arte medievale di natura eminentemente funzionale: la m. solo raramente è raffigurata in quanto tale e si inserisce invece in un sistema di rappresentazione simbolica, sacra, morale e sociale.Va tuttavia rilevato che nel Medioevo gli strumenti erano suddivisi in due famiglie: la tromba, l'oboe, la cornamusa e i diversi tipi di tamburi appartenevano all'insieme degli 'alti', in ragione della loro forte intensità sonora; per contro, la viella ad archetto, l'arpa, il liuto, il salterio, l'organo, il flauto, il carillon formavano l'insieme dei 'bassi' a causa del loro debole volume sonoro. Se la realtà della m. strumentale e della sua pratica è difficilmente riconoscibile attraverso l'iconografia, quest'ultima dimostra tuttavia che assai spesso le caratteristiche sonore degli strumenti erano ben note agli artisti e che la loro scelta di associare un determinato strumento a un particolare tema era raramente casuale, ma anzi determinava la funzione simbolica e morale della raffigurazione musicale. È d'altro canto difficile stabilire una gerarchia degli strumenti musicali medievali, dato che essa variava da un contesto all'altro (e da un teorico all'altro): per es. il chiasso musicale della cornamusa dei diavoletti e dei giocolieri proietta gli strumenti dall'alto al basso della scala di valori della Chiesa, mentre quello dei trombettieri del coro li innalza al primo rango della gerarchia strumentale degli ambienti principeschi. Il tener conto delle particolarità sonore degli strumenti rappresentati nell'arte strumentale del Medioevo rende allora quest'ultima ricca di insegnamenti sulla percezione sonora e sui gusti musicali degli uomini del tempo. La sola certezza concernente la m. medievale occidentale è che essa doveva le sue caratteristiche organologiche e sonore essenziali - in particolare i nasardamenti - al Vicino e al Medio Oriente, per il tramite dei crociati, degli scambi commerciali e della Spagna.
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La m. dei paesi islamici presenta caratteristiche specifiche per le quali è possibile parlare di unità nella diversità. Il comune denominatore è rappresentato dal sistema modale, sviluppato e perfezionato nel corso del Medioevo, il quale presenta profonde analogie nelle tradizioni d'arte delle sue principali civiltà musicali: araba, persiana e turca. Oltre al carattere monodico e modale della m., di trasmissione orale, sono di rilevante importanza anche la sua articolazione temporale, espressa da una grande varietà di cicli ritmici, e la sua organizzazione formale, che tendenzialmente segue il principio strutturante della suite, in cui si alternano parti vocali e strumentali (su un comune denominatore modale).Nel periodo omayyade (661-750) i principali centri dello sviluppo della m. d'arte furono la regione dello Ḥijāz, e in particolare le città della Mecca e di Medina, e più tardi Damasco in Siria. Tale periodo è caratterizzato dalle influenze bizantine e sasanidi (persiane), dalla presenza di schiave cantatrici (qaynat) e di una classe di musicisti 'effeminati' (mukhannathūn).Durante l'epoca abbaside (750-1258) si sviluppò una complessa attività teorica e pratica (a vocazione enciclopedica) che è stata definita la vera e propria età dell'oro della m. arabo-islamica, i cui centri d'irradiazione furono prima il Khurasan e poi Baghdad. La più importante fonte per la conoscenza della vita musicale dell'epoca è il monumentale Kitāb al-Aghānī di Abu'l-Faraj al-Iṣfahānī (897-967), nel quale sono compendiati quattro secoli di storia della m. del Vicino Oriente, dall'epoca preislamica all'apogeo del califfato abbaside. L'opera contiene numerosi poemi con la denominazione dei modi melodici e ritmici sui quali venivano intonati secondo la prassi dell'epoca. I numerosi aneddoti e racconti descrivono la vita musicale dei primi secoli dell'Islam e forniscono numerose informazioni sulla m. di corte di Baghdad e sui suoi più illustri maestri, di origine persiana, come per es. Ibrāhīm e Isḥāq al-Mawṣīlī (Farmer, 19783; Touma, 1982).Le speculazioni universalistiche e metafisiche sulla m. di al-Kindī (801-873) e degli Ikhwān al-Ṣafā' (sec. 10°), l'indagine sistematica di tutti i suoi aspetti operata da al-Fārābī (m. nel 950) e il contributo di Avicenna (Ibn Sīnā, 980-1073) rappresentano uno dei vertici del sapere musicale medievale. Nel Kitāb al-Mūsīqī al-Kabīr di al-Fārābī, che servì da modello ai suoi successori, viene sviluppata la teoria dei modi ritmici (īqā'at), che comprende anche i concetti di tempo, ritmo, metro (Sawa, 1989). Il contributo teorico più chiaro è quello della c.d. scuola dei sistematici, di cui Ṣafī al-Dīn (m. nel 1294) è considerato capostipite, che contribuì a definire una teoria della consonanza e degli intervalli basata sulla successione di 'limma-limma-comma' e a elevare il numero dei modi, otto secondo la concezione della scuola classica, diffondendo il termine tuttora in uso di maqāmāt.Nell'area iranica, dopo la conquista islamica, la vita musicale fu caratterizzata da una profonda interazione arabopersiana, che precedette gli sviluppi della m. dell'epoca safavide. Tra il sec. 8° e il 14° le dinastie minori, emulando il mecenatismo delle grandi corti, promossero le attività musicali. Una delle opere più importanti per la conoscenza della m. e degli strumenti musicali persiani del Medioevo è il trattato anonimo Kanz al-tuḥāf, della metà del 14° secolo. In un manoscritto di quest'opera (Londra, BL, Or. 2361, cc. 262r, 262v, 263v, 264r) sono illustrati diversi strumenti musicali (Shiloah, 1976).Nell'Occidente musulmano, al-Andalus e Maghreb, si sviluppò una scuola musicale autonoma e originale, che secondo la storiografia islamica classica fu fondata da Ziryāb (789-857), un musicista di Baghdad vissuto a Córdova, e alla quale contribuì tra gli altri il filosofo Ibn Bājja (1090-1138). Tale scuola presenta un sistema modale tendenzialmente diatonico, nel quale la scala viene definita tab῾, e un accentuato carattere simbolico, illustrato nello schema del c.d. shajarat al-tubū῾, albero dei modi o degli umori (temperamenti), presente in alcuni manoscritti. La m. è concepita come parte di un microcosmo nel quale i modi sono in relazione agli elementi e agli umori. Sugli influssi e sugli scambi tra m. arabo-islamica e m. europea, in particolare trovadorica, esiste una vasta letteratura critica (Ribera, 1927; Perkhun, 1976).L'Andalus fu uno dei maggiori centri di fioritura della poesia strofica cantata, profana e devozionale. Quest'ultima veniva, e viene tuttora, eseguita nell'ambito delle cerimonie e dei rituali delle confraternite musulmane, generalmente nel corso del samā῾ ('audizione mistica'; During, 1988). Lo sviluppo e la diffusione del sufismo ebbero conseguenze importanti anche nel dibattito sulla liceità della m. e sull'utilizzazione di strumenti musicali, il testo principale al riguardo è il trattato di Abū Ḥamid Muḥammad al-Ghazālī (m. nel 1111) dedicato all'audizione mistica (Macdonald, 1901-1902).In area anatolica, nel corso dell'epoca selgiuqide (1077-1307), la creazione della ṭarīqa fondata da Jalāl al-Dīn Rūmī, detto Mawlānā, la Mawlāviyya, e l'accettazione degli strumenti musicali nei rituali devozionali, in particolare nay e rubāb, rappresentano il nucleo dal quale si sviluppò successivamente la m. d'arte ottomana.I principali strumenti musicali della m. arabo-islamica d'arte medievale sono ῾ūd ('liuto'), rubāb ('ribeca'), qānūn ('salterio'), nay ('flauto di canna') e riqqa duff ('tamburi a cornice'). Il liuto appare come lo strumento più importante, non soltanto per la perfezione organologica, ma anche per il suo impiego come esemplificazione del sistema degli intervalli musicali, illustrati attraverso la posizione delle dita sulle corde, sistema che anticipa le intavolature della m. occidentale.Dal punto di vista iconografico, per quanto riguarda il tema del suonatore di liuto (Kühnel, 1951), è possibile rintracciare una continuità tra arte sasanide e abbaside, a ulteriore conferma dell'influenza persiana sulla formazione della m. arabo-islamica, attraverso l'osservazione della rappresentazione di questo tema su metalli (v. Bronzo), avori (v. Avorio), legni, dipinti e miniature islamiche, nel periodo compreso tra il 10° e il 14° secolo. È sufficiente citare per es. i manufatti di avorio eseguiti nell'Andalus, i dipinti della Cappella Palatina di Palermo (sec. 12°), o le miniature delle Maqāmāt di al-Ḥarīrī (v. Miniatura).L'iconografia musicale europea e del Vicino Oriente presenta una grande varietà organologica ed evidenzia la circolazione degli strumenti nell'area mediterranea. Le più importanti fonti della prima sono i citati dipinti del soffitto della Cappella Palatina di Palermo, nei quali sono presenti numerosi strumenti di origine e provenienza islamica. Oltre a vari tipi di ῾ūd, rubāb, qānūn, nei dipinti siciliani di fattura musulmana si trova uno strumento particolare, la kūba ('tamburo a clessidra'), che era utilizzato dai mukhannathūn (Macdonald, 1901-1902). Strumenti musicali analoghi sono presenti anche nelle miniature del manoscritto delle Cantigas de Santa María (Escorial, Bibl., b.I.2, cc. 54r, 71v, 118r, 162r), che documentano il cosmopolitismo della corte di Alfonso X il Saggio (1252-1284).Per quanto riguarda le illustrazioni di strumenti musicali, si segnala la sezione di un manoscritto del Mū'nis al-aḥrār conservato a Cleveland (Mus. of Art, 45.385; Carboni, 1994, fig. 30).
Bibl.:
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