NABIDE (Νάβις, Nabis) re di Sparta
Figlio di Demarato e probabilmente discendente da quel re Demarato accolto in Asia da Dario I di Persia dopo la sua deposizione; s'impadronì del potere in Sparta nel 206 succedendo a Macanida nella tutela del giovane Pelope figlio di Licurgo. Morto poco dopo Pelope, non senza giustificato sospetto che eglì lo avesse assassinato, si fece riconoscere re. Continuatore dei programmi rivoluzionari di Cleomene, per di più costretto dalle forti opposizioni a cercare aiuto nelle classi povere per farne leva contro i possidenti, si diede a una politica sociale estremista, confiscando patrimonî di nemici, ridistribuendo terre, affrancando in quantità gl'iloti (ma senza peraltro abolire l'ilotia). Nello stesso tempo riorganizzava la potenza militare di Sparta per combattere efficacemente la lega achea. Si capisce quindi che Polibio, guardando dal punto di vista dei possidenti e degli Achei, lo descriva corne un brigante in grande stile. Ma è difficile definire fino a qual punto N. sia stato un riformatore sociale o un avventuriero. La sua carriera fu troppo presto ostacolata e poi troncata dalle forze avverse, che giocavano allora in Grecia. Diventato per la comune ostilità agli Achei alleato di Filippo V di Macedonia circa il 198 ne ebbe a compenso Argo, allora in mano dei Macedoni, e si affrettò naturalmente a imporvi la rivoluzione sociale; ma poco dopo, accortosi della condizione precaria di Filippo, per mezzo di Attalo di Pergamo venne a trattative coi Romani e accettò che essi si facessero mediatori di un accordo provvisorio tra Sparta e la Lega achea, il quale in sostanza lasciava intatta la sua potenza. Ma i Romani, che si atteggiavano a difensori dei possidenti, non potevano continuare a coprire con la loro autorità N.: così essi per bocca di T. Quinzio Flaminino nel 195 fecero proclamare solennemente una specie di guerra nazionale ellenica contro lui. E tuttavia, poiché a loro conveniva che N. fosse di contrappeso alla Lega achea, si accontentarono che N. rinunciasse ad Argo e ai possessi che si era costituiti in Creta d'accordo con i pirati dell'isola. Parve quindi che la potenza di N. fosse, sebbene ridotta, assestata. Ma N. era insofferente della sua sconfitta e nel 193 si lasciò coinvolgere, assediando e occupando la città laconica di Gythion, in una nuova lotta con gli Achei, che lo avvicinava agli Etoli e ad Antioco III di Siria e quindi lo rendeva inviso a Roma. D'altra parte gli Etoli non erano sicuri di lui, che esitava a porsi in lotta aperta con Roma, e quindi cercarono di liberarsene e, col pretesto di mandargli degli ausiliarî, fecero entrare in Sparta una banda di armati capitanata da certo Alessameno, che lo trucidò e s'impadronì per breve momento di Sparta. Poco dopo Sparta dovette capitolare davanti agli Achei (192 a. C.).
Bibl.: P. Wolters, König Nabis, in Ath. Mitteilungen, XXII (1894), p. 139 segg.; T. Homolle, Le roi Nabis, in Bull. Corr. Hell., XX (1896), p. 502 segg.; J. Mundt, Nabis König von Sparta, diss., Münster 1903; L. Pareti, Per la storia di alcune dinastie greche dell'Asia Minore, in Atti Accad. Torino, XLVI (1919), p. 625 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923, passim; R. v. Pöhlmann, Geschichte der sozialen Frage und des Sozialismus in der antiken Welt, 3ª ed., I, Monaco 1925, p. 391 segg.; W.W. Tarn, Hellenustic Civilisation, 2ª ed., pp. 23, 114; M. Holleaux, in Cambridge Ancient History, VIII, Cambridge 1930, passim.