nazionalsocialismo
Ideologia elaborata in Germania, soprattutto da A. Hitler, e divenuta sistema di governo dal 1933 al 1945.
Nel quadro della crisi determinata dal crollo dell’impero, dalla sconfitta nella Prima guerra mondiale e dalla fragilità della Repubblica di Weimar, nel 1920 nacque il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP), antisemita, nazionalista e antimarxista. La NSDAP sfruttò sia il risentimento nazionale surriscaldato dal Trattato di pace di Versailles, sia il risentimento sociale alimentato dall’inflazione, dalla stagnazione economica e dai processi di mutamento sociale. Essa si poneva così in totale contrasto col movimento operaio socialista, di cui bollava l’ispirazione «ebraica». Quale unica componente stabile dell’ideologia nazista, l’antisemitismo servì anche a superare il contrasto fra la propaganda apertamente antimarxista e le idee anticapitalistiche latenti in una parte dei seguaci, e quindi a creare, con l’immagine del complotto giudaico-plutocratico ovvero bolscevico, un comune denominatore, sia pure fortemente contraddittorio. Tale propaganda, violentemente demagogica, assicurò al n. l’adesione di vasti gruppi di simpatizzanti, di origine prevalentemente medio-borghese e contadina, caratterizzati da insicurezza sociale. Ma fu anche grazie all’alleanza con settori rilevanti del grande capitale, che speravano di imbrigliare e utilizzare il n., che esso poté giungere al potere. Nella scia del movimento nazionalista insorto contro la Repubblica dei soviet di Baviera, e nel clima instaurato a Monaco da corpi franchi (Freikorps) e milizie popolari (Heimwehr), la NSDAP acquisì un’importanza dapprima locale e poi, dal 1922, regionale. Fu A. Hitler, giunto al vertice del partito con poteri dittatoriali, a conferire alla NSDAP l’impronta autenticamente fascista. Nel 1923 la NSDAP raggiungeva già i 55.000 iscritti, e le sue Squadre d’assalto (Sturmabteilungen, SA) erano una vera e propria organizzazione paramilitare, collegata ad analoghe milizie patriottiche. Dopo aver tentato il colpo di Stato a Monaco (1923), Hitler fu arrestato e rimase in carcere un anno; risale a questo periodo la redazione di Mein Kampf (1925), che sarebbe divenuto il testo guida del n.; esso teorizzava la necessità di un movimento sottoposto a un’organizzazione di tipo militare, guidato da un Führer («capo»), posto al vertice di una società basata sul dominio della razza ariana e sull’esaltazione del principio della «comunità», intesa in senso etnico e biologico come riunione di tutti i tedeschi in una sola grande Germania, il cui «spazio vitale» sarebbe stato conquistato soprattutto nell’Est europeo e i cui nemici erano, in primo luogo, ebrei e comunisti, mentre i popoli slavi erano visti come mera forza-lavoro da ridurre in condizioni di semischiavitù a vantaggio dell’economia tedesca. Fallito il colpo di Stato del 1923, il n., che si ispirava al fascismo italiano, si riorganizzò e ottenne il crescente appoggio di industriali, militari, alti burocrati. Hitler, sostenuto da una piccola cerchia di fedelissimi, fra i quali R. Hess, D. Eckart e A. Rosenberg, avviò dunque una vera e propria rifondazione della NSDAP (27 febb. 1925), con la prospettiva di un’organizzazione ramificata a livello regionale ma fortemente centralizzata, distinta nettamente dagli altri gruppi nazionalisti, con le SA subordinate al partito, e quest’ultimo assoggettato alla volontà del Führer. Dalle SA venivano inoltre tratti dei «reparti di difesa» (Schutzstaffeln, SS), che dal 1929 furono guidate da H. Himmler. Intanto la NSDAP, originariamente limitata a gruppi sociali marginali (ex combattenti non reinseriti, commercianti economicamente insicuri, contadini, studenti nazionalisti), nel 1928 giungeva a 108.000 iscritti, aggregando in particolare i giovani della generazione postbellica, settori di ceto medio, ceti rurali. Tuttavia fu solo la crisi economica del 1929 a creare le condizioni perché il partito diventasse un’organizzazione di massa. A partire dalle elezioni per il Reichstag del sett. 1930, in cui ottenne 4,4 milioni di voti (il 18,3%), la NSDAP divenne una forza politica consistente, che con la sua agitazione radicale contribuì ad accelerare la crisi della Repubblica di Weimar. Nelle elezioni presidenziali del 1932, il partito di Hitler ottenne il 36,8% dei voti, raggiungendo il 37,8% nelle nuove elezioni per il Reichstag. Nel giro di due anni la NSDAP si era trasformata da piccolo partito radicale in un movimento di massa, riuscendo ad attirare gli elettori dei partiti borghesi. Anche il numero degli iscritti aumentò fortemente, superando i 150.000 nel settembre del 1930, per raggiungere 1,4 milioni nel genn. 1933. In seguito al successo elettorale del 1932, il presidente P.L. Hindenburg, espressione del conservatorismo e del militarismo prussiano, nominò cancelliere Hitler, ritenendolo l’uomo capace di stroncare il pericolo comunista e di costituire un governo forte. All’apparente egemonia dei ministri conservatori nel governo di «concentrazione nazionale» istituito il 30 gennaio 1933 fece riscontro l’esaltazione propagandistica di questa giornata come momento della «riscossa nazionale», dietro la quale si celarono in un primo tempo le tecniche di dominio e le aspirazioni al potere nazionalsocialiste. Hitler, il ministro degli Interni Frick e H. Göring, cui era affidato il dicastero degli Interni prussiano, detenevano però posizioni chiave nella polizia e nell’amministrazione, e se ne servirono per preparare progressivamente la presa del potere dei nazionalsocialisti attraverso una duplice strategia di violenza e di legalità. La repressione politica ebbe un ruolo centrale nella fase della presa del potere. Le azioni terroristiche furono rivolte principalmente contro gli avversari politici, soprattutto comunisti e socialisti, e furono appoggiate dai conservatori e da ampi strati della borghesia, concordi con la NSDAP sull’abolizione del parlamentarismo e la lotta contro l’avanzata del movimento operaio e comunista. Il principale strumento delle persecuzioni fu la facoltà presidenziale di emanare decreti d’emergenza, che già a febbraio fu usata per impedire le attività degli altri partiti, mentre nella polizia di Stato venivano inseriti gruppi ausiliari di SA e SS. Il culmine della repressione fu il decreto del 28 febb. 1933, emanato subito dopo l’incendio del Reichstag, attuato dai nazisti ma attribuito ai comunisti, che costituì il pretesto per proclamare lo stato d’emergenza, mettere fuori legge il KPD e sospendere i diritti fondamentali. Nelle elezioni del Reichstag del 5 marzo, in un clima di violenza legalizzata, la NSDAP ottenne il 43,9% dei voti. Il 23 marzo, con la legge sui pieni poteri del cancelliere, il Parlamento stesso fu completamente esautorato.
Prese le redini del governo, Hitler diede il via alla costruzione di un sistema totalitario. Con la legge del 7 apr. 1933 annullò la Costituzione di Weimar e insediò nei Länder i Gauleiter («capidistretto») della NSDAP come governatori del Reich, mentre la legge sulla riorganizzazione della burocrazia introduceva la discriminazione razziale nel pubblico impiego, legittimando le persecuzioni antiebraiche. I patrimoni dei sindacati vennero confiscati e al loro posto venne istituita una nuova organizzazione obbligatoria, la Deutsche Arbeitsfront (DAF). Infine, tra il giugno e il luglio del 1933, tutti gli altri partiti vennero dichiarati illegali o si autosciolsero. Le organizzazioni dei contadini vennero forzosamente unificate nel Reichsnährstand, con una martellante propaganda all’insegna dello slogan Blut und Boden («sangue e suolo»). Alla irregimentazione della cultura e della stampa provvide il neoministro della Propaganda J. Göbbels con la Reichskulturkammer («Camera di cultura del Reich»). Intanto i contrasti interni alla NSDAP, in particolare con l’ala sinistra guidata dal capo delle SA H. Röhm, divennero insanabili, cosicché Hitler, utilizzando la Reichswehr e le SS, diede il via alla «notte dei lunghi coltelli», ossia all’eliminazione fisica dei vertici delle SA, mentre le SS – con Himmler comandante supremo – venivano trasformate in un corpo direttamente soggetto al Führer. Al crescente potere delle SS fu associata la trasformazione della dittatura nazista in un regime totalitario. Il controllo della polizia politica (Gestapo) e dei campi di concentramento, nei quali intanto affluivano avversari politici, furono alla base della posizione speciale delle SS, affiancate nel 1936 da divisioni combattenti vere e proprie (Waffen SS). Alla morte del presidente Hindenburg, il 2 agosto 1934, Hitler accentrò nella sua persona le cariche di presidente e di cancelliere del Reich. Non esisteva più, dunque, alcuna istituzione in grado di limitare il suo potere. Aveva così inizio il Führerstaat e con esso il Terzo Reich. Il rafforzamento della polizia politica comportò una sorveglianza sempre più stretta e capillare della popolazione nonché la persecuzione di tutti gli oppositori reali o potenziali del regime e il loro internamento nei campi di concentramento, anch’essi sotto la giurisdizione delle SS. Intanto all’estromissione degli ebrei dalla vita pubblica seguirono le leggi di Norimberga (1935), che li privavano della cittadinanza e proibivano i matrimoni misti; e ai pogrom del 9-10 nov. 1938 («notte dei cristalli») fece seguito la loro estromissione dalla vita economica. Nel 1938 Hitler assunse anche il comando della Wehrmacht, sostituì il ministro degli Esteri conservatore von Neurath con il nazionalsocialista von Ribbentrop e liquidò il ministro dell’Economia Schacht, assicurandosi il controllo degli ultimi centri di potere conservatori. Il risultato fu lo scatenamento di una guerra ideologica globale, l’attuazione di una politica di sterminio fondata sulla dottrina razzista e la progressiva distruzione di ogni principio dello Stato. Sul piano internazionale, il n. si caratterizzò per una politica fortemente aggressiva, espansionista e imperialista. Nel 1934 vi fu un primo tentativo di annessione dell’Austria dopo l’assassinio del cancelliere austriaco Dollfus. Quindi Hitler strinse alleanza con l’Italia fascista (asse Roma-Berlino, ott. 1936) e con il Giappone (patto anti-Comintern, nov. 1936), sostenendo militarmente i falangisti spagnoli guidati dal generale Franco. Nel mar. 1938 l’Austria venne invasa e annessa al Reich. Al tempo stesso, la politica di appeasement portata avanti dal premier inglese Chamberlain giungeva a quella Conferenza di Monaco (sett. 1938) tra Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania, che sanciva la cessione alla Germania dei Sudeti, nell’illusione di porre così un freno alle ambizioni naziste o di orientarle verso est. Nel marzo del 1939 seguì l’occupazione militare della Boemia e della Moravia, che comportò lo smembramento della Repubblica cecoslovacca. A maggio l’asse Roma-Berlino venne rafforzato da un patto di alleanza militare (Patto d’acciaio). Infine a sett. l’espansionismo nazista, con l’invasione della Polonia, scatenò la Seconda guerra mondiale; nell’estate 1940 anche la Francia fu invasa. Dopo i successi iniziali e l’attacco all’Unione Sovietica (giugno 1941), dal 1942 iniziò per il nazismo la parabola discendente. Il fallito tentativo dell’opposizione tedesca di abbattere il regime con un attentato a Hitler (20 luglio 1944) portò a un’ulteriore concentrazione di tutte le posizioni di potere nelle mani dei dirigenti nazisti. Tuttavia il declino del regime e le sconfitte militari proseguirono, culminando nella battaglia di Stalingrado e poi nell’arrivo dell’Armata rossa a Berlino (30 apr. 1945). Hitler e gli altri leader del regime scelsero quindi il suicidio, coinvolgendovi i loro stessi familiari. All’inizio di maggio fu firmata la capitolazione. Durante la guerra la furia razziale nazista aveva portato allo sterminio nei lager di circa sei milioni di ebrei – la cui eliminazione fisica (la cosiddetta «soluzione finale») era stata decisa nel 1942 –, di un gran numero di altri appartenenti alle «razze inferiori» e di oppositori politici. Più di venti milioni furono invece i morti sovietici causati dall’attacco nazista. Dopo la Seconda guerra mondiale, i capi del n. furono sottoposti a processi da parte degli Alleati (➔ Norimberga, processi di), nei quali dovettero difendersi dalle accuse di cospirazione nella preparazione di una guerra di aggressione, crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.