Nazione
nazióne s. f. – Il concetto di n. è stato recentemente oggetto di un numero considerevole di studi nell’ambito della geografia postmoderna. L’approccio classico della geografia politica al tema sottolineava il ruolo coesivo della n., un mastice in grado di cementare l’identità politica e garantire maggiore potenza allo Stato-nazione. La questione nazionale era quindi molto spesso affrontata in termini di politica e di potenza. Oltretutto, tradizionalmente, nei manuali di geografia politica si era soliti incentrare l’analisi sugli stati e relative comunità nazionali, lasciando l’impressione che l’analisi geografica coincidesse con le entità statuali. La svolta culturalista in geografia ha prodotto l'adozione di un paradigma critico che si è diffuso largamente nella disciplina. Il cambiamento si è reso necessario anche per la staticità del modello dello Stato-n., non più in grado di descrivere le relazioni di potere nell’epoca della globalizzazione, fluide e capaci di erodere le prerogative sovrane degli stati. La geografia postmoderna smaschera la n. come progetto politico che imponeva allo Stato di fare coincidere la propria sovranità con il territorio di volta in volta definito come nazionale: motivi linguistici, culturali e storici venivano evocati e piegati a giustificare la politica di potenza dello Stato di appartenenza; il discorso nazionale si faceva discorso dominante e creava soglie di normalità, ossia stabiliva i confini della comunità nazionale attraverso criteri di omologazione che determinano il normale e il diverso. Oltre ai postmodernisti non sono mancate altre voci critiche: dal punto di vista marxista David Harvey ha sostenuto che il nazionalismo è funzionale alla sopravvivenza dello Stato neoliberista, che ha bisogno della sua forza di mobilitazione del consenso per creare le migliori condizioni possibili per attrarre investimenti e competere sul mercato. La critica postmoderna invece si è dimostrata in linea con gli esiti della globalizzazione mettendo al centro dell'analisi i flussi che hanno alterato il rapporto di coincidenza tra territorio e sovranità statale. È possibile in generale osservare che di fronte al fenomeno immigratorio la n. non riesce sempre a garantire un’identità politica comune ai cittadini, così come di fronte ai flussi finanziari lo Stato non è più in grado di mantenere la sovranità. Questo fa sì che il connubio Stato-n. sia in crisi in quanto non rappresenta più tutta la popolazione dello Stato e non garantisce l’efficacia e l’effettività delle proprie decisioni. La necessità di ripensare i confini per ristabilire la cogenza normativa degli organi statali mette in crisi l’identità nazionale, legata in modo indissolubile al 'proprio' Stato come fonte di legittimazione. Assistiamo dunque a un ridimensionamento della natura fondativa della n., che ne faceva fino a pochi anni fa l'unica forma di identità politica riconosciuta nel rapporto con lo Stato. La n. rimane però ancora l'aggregazione identitaria che meglio di altre riesce a garantire l'espressione democratica e a mediare con le istanze dei flussi transnazionali.