NEODAMODI (νεοδαμάδεις)
Così si dicevano a Sparta gli iloti liberati; o meglio quelli che, tra gl'iloti liberati, costituiscono la categoria più numerosa. Schiavi liberati, dunque, ma in nulla affini ai liberti dei Romani. Il diritto di cittadinanza fu loro sempre negato: le eccezioni individuali singolarissime non fanno che confermare la regola. Della posizione giuridica dei neodamodi poco sappiamo, e quel poco non è ben chiaro; certo è che godevano dei diritti civili, non dei politici.
Il diritto di proprietà era loro consentito, ma - pare - ristretto a quella determinata residenza ch'era imposta all'atto stesso della liberazione. Il privilegio della libertà era concesso solo dallo stato, in seguito a qualche grande benemerenza, e in particolare per aver prestato servizio oplitico volontario durante una guerra. Anche dopo ottenuta la libertà i neodamodi venivano sfruttati appunto per il servizio militare, particolarmente in spedizioni d'oltremare. La prima menzione dei neodamodi si riferisce all'anno 421 a. C., ma allora ci appaiono come una classe già esistente, non come una novella formazione. Al principio del sec. IV il loro numero era salito a qualche migliaio. Nei testi posteriori a Senofonte non sono più nominati.
Bibl.: Hermann-Thumser, Gr. Staatsaltertümer, I, 6ª ed., Friburgo 1889, p. 121 segg.; Schömann-Lipsius, Griech. Altertümer, I, 4ª ed., Berlino 1897, p. 206 seg.; Ch. Lecrivain, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, III, pp. 69-70; J. Oehler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, col. 203 seg.; U. Kahrstedt, Grieschisches Staatsrecht, I, Gottinga 1922, p. 46 segg.; G. Busolt e H. Swoboda, Griechische Staatskunde, parte 2ª, Monaco 1926, p. 668.