NEOGRAMMATICA
Neogrammatici sono stati detti alcuni linguisti che, nella seconda metà del secolo scorso, hanno sostenuto il principio che le leggi dei suoni (le "leggi fonetiche"; v. dialetto; fonetica; linguaggio; linguistica) non soffrono nessuna eccezione: che, cioè, queste leggi operano con la puntualità e con la cecità delle leggi necessarie, inderogabili, imprescindibili della natura, o in modo somigliante. Il primo che abbia formulato nettamente il principio dell'ineccepibilità, dell'assoluto valore delle leggi dei suoni, è stato il Leskien (1876), a cui seguirono Osthoff, Brugmann e altri. I neogrammatici hanno assolto un compito necessario, perché hanno affinato la tecnica linguistica, e hanno propugnato e intensificato lo studio dei dialetti, in cui, meglio che nelle lingue letterarie, si rivela la vera natura delle lingue; ma sono caduti talvolta nell'esagerazione, col ritenere che le leggi reggano lo sviluppo linguistico, mentre ne sono un prodotto. Con ciò, essi correvano il rischio di ridurre, per certi aspetti, la stessa tecnica a un arido tecnicismo. I migliori fra essi, quelli più dotati di senso storico e linguistico, ritenevano che fosse possibile, tuttavia, riconoscere le esigenze della vita concreta del linguaggio, senza rinunciare alle "leggi fonetiche" (G. I. Ascoli). Le eccezioni venivano da loro intese come fantasmi per l'intelletto che da ulteriori indagini aspettavano la loro risoluzione, la loro assunzione cioè nella norma o legge generale. Contro i neogrammatici, levò alta la voce H. Schuchardt (1895); e da allora in poi, grazie a un rinnovato fervore intorno al problema della lingua, la schiera degli oppugnatori si è venuta ingrossando. Vi è stato chi ha voluto addirittura ridurre pragmatisticamente le leggi fonetiche a schemi riassuntivi dell'esperienza senza un loro intrinseco valore e chi le ha considerate come astrazioni (pseudoconcetti). Ma oggi nessuno ne mette in dubbio, in sede pratica, l'utilità, e in sede teorica, la validità, pur che si tenga presente che la "legge" non anticipa, non prevede, non è un a priori, ma un a posteriori, ed è reale in ogni singolo fatto, relativa quando abbraccia un numero vasto di fatti, di cui ognuno ha necessariamente una storia poco o molto dissimile dagli altri. Ogni fatto ha la sua legge; ed esistono leggi approssimative (non assolute) per gruppi di fatti analoghi.
Bibl.: B. Delbrück, Introduzione allo studio della scienza del linguaggio (trad. di P. Merlo), Torino 1881; G. I. Ascoli, Una lettera glottologica, Torino 1881; id., Due recenti lettere glottologiche, Torino 1886; H. Schuchardt, Über die Lautgesetze: Gegen die Junggrammatiker, Berlino 1885; H. Schuchardt-Brevier, a cura di L. Spitzer, 1ª ediz., Halle 1928; G. Bertoni, Programma di filologia romanza, Ginevra 1928; C. Merlo, G. I. Ascoli e i cànoni della glottologia, in Silloge linguistica G. I. Ascoli, Torino 1929.