Neurochirurgia
Ramo specializzato della chirurgia, la neurochirurgia si occupa della terapia relativa alle patologie del sistema nervoso. Più delle altre branche chirurgiche, essa deve rispettare le strutture coinvolte nel tentativo terapeutico; ciò spiega come il suo sviluppo sia stato piuttosto recente e, al contempo, giustifica l'utilizzo che essa fa di strumenti e materiali tecnologicamente molto sofisticati.
l. Origini e sviluppo
Gli egizi, per preparare le mummie, svuotavano il cranio attraverso il naso; nello stesso periodo (2° millennio a.C.) le popolazioni precolombiane del Perù praticavano la trapanazione cranica nei vivi, forse in un contesto rituale, e alcuni dei soggetti operati sopravvivevano. Nel 5°-4° secolo a.C., Ippocrate descrisse alcune lesioni del sistema nervoso e diede indicazioni per la trapanazione cranica; tali principi, seppur tramandati, vennero ignorati nel Medioevo, in quanto allora il corpo era ritenuto inviolabile. Nell'Ottocento, la chirurgia assunse un'importanza fondamentale, ma quella del sistema nervoso si sviluppò soltanto a fine secolo dopo l'introduzione dell'asepsi e l'individuazione delle aree corticali specifiche per una determinata funzione. Il sintomo clinico suggeriva la sede della lesione e i chirurghi operavano in base alle indicazioni del neurologo. Molti progressi in questo ambito si devono ai chirurghi inglesi W. Macewen e V.A.H. Horsley. L'italiano F. Durante, nel 1895, fu il primo a rimuovere un tumore benigno intracranico. Pochi anni più tardi, la neurochirurgia acquisì una propria identità grazie a H.W. Cushing e W. Dandy, negli Stati Uniti, e a H. Olivecrona, in Svezia. Il contributo di Cushing è stato fondamentale per almeno tre motivi: inventò e descrisse numerose tecniche chirurgiche; individuò e classificò (con P. Bailey e L. Eisenhardt) molte lesioni del sistema nervoso; sviluppò, con W.T. Bovie, un apparecchio per il controllo del sanguinamento intraoperatorio (emostasi) mediante elettrocoagulazione; inoltre, al fine di rendere più sicura l'anestesia, introdusse l'uso intraoperatorio dell'apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa (sfigmomanometro), inventato da S. Riva Rocci, con il quale era entrato in contatto nel 1901 nel corso di un breve viaggio in Italia. Dandy, allievo di Cushing, si distinse per la sua abilità chirurgica e per l'invenzione della ventricolografia, una metodica per la visualizzazione con un comune apparecchio radiologico dei ventricoli riempiti d'aria, capace di rendere immediatamente evidenti possibili distorsioni, suggerendo la presenza e la sede di un'eventuale lesione, confermando la diagnosi clinica e facilitando la localizzazione della lesione stessa in caso di intervento chirurgico. Olivecrona si specializzò nel trattamento delle malformazioni vascolari e contribuì in maniera determinante alla diffusione della neurochirurgia in Europa.
Nel 1927 il portoghese E. Moniz inventò l'angiografia per la visualizzazione delle arterie cerebrali, rese opache ai raggi X per iniezione di liquido iodato, tecnica, questa, che rendeva subito riconoscibili eventuali distorsioni e molti tumori caratterizzati della presenza di un tipico circolo patologico; lo stesso Moniz ideò, nel 1936, la psicochirurgia per il trattamento di gravi disturbi psichiatrici (leucotomia o lobotomia prefrontale). Al contempo W. Penfield, in Canada, sviluppava la chirurgia dell'epilessia e verificava in vivo la funzionalità delle aree critiche, come quelle del linguaggio o della motilità, da risparmiare in caso di resezione della corteccia cerebrale. Negli Stati Uniti, infine, E.A. Spiegel e H.T. Wycis, spinti dalla necessità di distruggere a scopo terapeutico alcune strutture cerebrali profonde implicate nei disordini motori, come per es. il morbo di Parkinson, introducevano, nel 1947, gli strumenti stereotassici per la localizzazione accurata, mediante una serie di coordinate matematiche, di qualsiasi punto del cervello. La moderna neurochirurgia comincia negli anni Sessanta del 20° secolo con l'uso del microscopio operatorio, soprattutto grazie a M.G. Yasargil in Svizzera. Successivamente, con l'invenzione prima della tomografia assiale computerizzata (TAC) e poi della risonanza magnetica (RM), la conoscenza del sistema nervoso e le possibilità chirurgiche sono notevolmente aumentate. Attualmente è possibile 'illuminare' le aree cerebrali attive, mentre sistemi computerizzati mappano la via del chirurgo durante l'intervento. In Italia, anche se già nel 1893 A. D'Antona aveva pubblicato La nuova chirurgia del sistema nervoso centrale, cui era seguita, nel 1895, la Chirurgia craniocerebrale di V. Padula, la neurochirurgia si è affermata solo a partire dagli anni Cinquanta. La Società italiana di neurochirurgia fu fondata a Torino nel 1948.
Le tecniche moderne sono basate sul massimo rispetto del tessuto nervoso; per questo motivo risulta indispensabile l'utilizzo di strumentazioni molto sofisticate, sia per l'accesso sia per la manipolazione chirurgica. L'accesso viene studiato in riferimento alle caratteristiche della lesione e alla sua localizzazione, rilevabili mediante la TAC e la RM. Per le lesioni vascolari e per taluni tumori risulta indispensabile anche la conoscenza della struttura vasale normale e patologica. Di regola, l'esperienza e la perizia del chirurgo sono sufficienti per individuare e trattare la lesione con minimo danno del tessuto sano; a questo proposito sono state sviluppate tecniche chirurgiche attraverso la base cranica, il cui scopo è quello di retrarre il cervello quanto meno possibile e giungere all'area di interesse tramite la via più breve: a tal fine un'importante agevolazione è fornita dall'uso del neuroendoscopio. In aree cerebrali particolarmente critiche (come, per es., l'area motoria oppure quella del linguaggio) si dimostra necessario un monitoraggio clinico e soprattutto elettrofisiologico, eseguito allo scopo di delimitare i confini chirurgici; con il paziente sveglio o risvegliabile, si stimola l'area di interesse, localizzando la zona corticale che controlla la funzione da salvare. Talora la localizzazione delle lesioni può essere molto difficoltosa, perché esse sono nascoste nel parenchima cerebrale e difficilmente rilevabili sulla superficie; in tale caso è necessario 'navigare' sfruttando la morfologia dei solchi cerebrali e delle strutture contigue. Ciò è reso possibile grazie all'introduzione di metodiche che utilizzano coordinate stereotassiche e, più recentemente, di metodi computerizzati di 'neuronavigazione', il cui funzionamento si basa su sistemi di rilievo topografici che, in riferimento a una ricostruzione computerizzata del cervello del paziente, determinano in tempo reale la posizione degli strumenti chirurgici o, addirittura, orientano il microscopio. La patologia vertebrale più comune è l'ernia del disco lombare (v. oltre). Per casi più complessi e altre localizzazioni è necessario l'impiego di strumentazioni e competenze specifiche in rapporto a implicazioni meccaniche e all'estrema vulnerabilità del midollo cervicale e toracico: l'approccio deve essere ottimale, spesso anteriore o laterale attraverso il collo, il torace o l'addome. Vari tipi di materiali leggeri e resistenti permettono la sostituzione di vertebre lese come pure la loro stabilizzazione quando compaiano segni di cedimento meccanico. La neurochirurgia funzionale si avvale massimamente delle metodiche elettrofisiologiche di localizzazione e di monitoraggio, le quali si applicano in special modo alla chirurgia dell'epilessia e a quella dei disordini motori; di rilievo è anche il loro uso nella chirurgia del dolore (v. oltre). Fra le tecniche satelliti, si devono elencare la biopsia stereotassica, la radiochirurgia, la radiologia interventistica. La biopsia stereotassica viene impiegata quando si ritiene che l'approccio chirurgico diretto non rappresenti l'opzione migliore, specie in vista di un trattamento conservativo medico o radioterapico; non deve essere utilizzata in caso di lesioni vascolari. La radiochirurgia è un'evoluzione della radioterapia e si basa sulla concentrazione di elevatissime dosi di energia radiante su bersagli calcolati con estrema precisione; viene impiegata per necrotizzare o rallentare la crescita dei tumori, frequentemente dopo la chirurgia tradizionale, e per alcuni tipi di malformazioni vascolari. Gli apparecchi più usati a questo scopo sono il gamma knife, che utilizza l'energia radiante del cobalto, e l'acceleratore lineare, che genera raggi X nel tessuto bombardato; più raramente viene impiegata l'energia protonica, mentre per il controllo della crescita tumorale è possibile l'impianto diretto di radioisotopi nel contesto della lesione. La radiologia interventistica si avvale invece di cateteri supersottili, mediante i quali vengono raggiunti e chiusi, sotto controllo radiologico (scopico), vasi cerebrali nei quali sono localizzati malformazioni o tumori; si interviene inoltre su eventuali dilatazioni aneurismatiche al fine di escluderle dal circolo, oppure, infine, è possibile trattare restringimenti vascolari patologici (angioplastica). Per quanto concerne le prospettive future, l'introduzione del computer e delle metodiche con esso correlate apre ampie prospettive per il monitoraggio e la verifica delle strutture aggredite. Inoltre, la radioterapia e la navigazione endovascolare permettono il trattamento sempre più selettivo ed efficace del tessuto tumorale o delle malformazioni vascolari. Vanno a questo proposito segnalate la ricerca di sostanze sensibilizzanti selettivamente il tessuto neoplastico e lo sviluppo di nuovi cateteri e materiali embolizzanti per dilatare o chiudere i vasi alterati o patologici.
a) Tumori. I tumori cerebrali sono piuttosto rari (in Italia, circa 10 casi di tumore cerebrale primitivo/anno su 100.000 abitanti); solamente pochi derivano direttamente dalle cellule nervose, dal momento che queste ultime non si moltiplicano durante il corso della vita e presentano un DNA stabile, con scarsa tendenza alla trasformazione tumorale. I tumori più comuni sono i gliomi; essi hanno origine dalle cellule che nel tessuto nervoso svolgono la funzione di nutrire e di sostenere le cellule e le fibre nervose. Costituiscono più del 50% del totale dei tumori cerebrali, e quasi i due terzi sono maligni; la quota restante è benigna; tale benignità tuttavia non sempre corrisponde alla possibilità di guarigione per rimozione totale della neoplasia. I tumori gliali, infatti, anche se benigni, non sono ben delimitabili e le loro cellule tendono a infiltrare il tessuto circostante oltre i margini della massa tumorale. In alcune sedi di sviluppo, poi, la rimozione anche parziale risulta estremamente pericolosa, come nel caso dei gliomi del tronco cerebrale, dove sono concentrate molte funzioni vitali. Le metastasi cerebrali vengono subito dopo i tumori gliali per incidenza. Si calcola che circa il 25% dei pazienti con tumori maligni sviluppi una metastasi cerebrale, a volte prima che si manifestino i sintomi del tumore primitivo. La metastasi, se unica, può essere rimossa al pari di altri tumori cerebrali, anzi spesso è meglio delimitabile e più superficiale. Il meningioma, il terzo in ordine di frequenza, è un tumore endocranico benigno che si sviluppa normalmente al di fuori della massa cerebrale, in stretta contiguità con gli involucri meningei. Predilige il sesso femminile, dal momento che la sua crescita è influenzata dagli estrogeni. Spesso si presenta in una conformazione favorevole alla rimozione totale. Il 15% tende a recidivare e può essere rioperato, sebbene sia possibile una trasformazione maligna; tale valore è più alto quando si è costretti a eseguire una rimozione parziale, in quanto il tumore ingloba vasi e nervi cranici che potrebbero essere danneggiati anche da un approccio estremamente delicato. In questi casi la radioterapia e la radiochirurgia rafforzano il risultato chirurgico, arrestando o rallentando la crescita tumorale di per sé piuttosto lenta. Seguono, in ordine di frequenza, gli adenomi ipofisari, tumori benigni che si sviluppano dall'ipofisi e possono o meno secernere ormoni. Degli adenomi secernenti, i più comuni sono i prolattinomi, cioè adenomi secernenti prolattina, l'ormone della maternità, che stimola le cellule della ghiandola mammaria a produrre latte. Essi si manifestano perciò con una sindrome di amenorrea-galattorea, ossia perdita delle mestruazioni e fuoriuscita di latte dal capezzolo. Altre volte l'adenoma produce l'ormone della crescita (GH, Growth hormone) che provoca deformità del corpo: gigantismo negli adolescenti, in cui la crescita corporea non è completa, e acromegalia, cioè un eccessivo sviluppo delle mani e dei piedi, negli adulti. Quando l'adenoma supera il confine della sella turcica, il ricettacolo naturale dell'ipofisi, preme sul chiasma ottico determinando alterazioni del campo visivo; altri possibili danni derivano dalla compressione sui nervi cranici contigui che regolano la motilità oculare e la sensibilità della faccia. A differenza di altri tumori cerebrali, gli adenomi rispondono molto bene alla terapia farmacologica; in particolare il prolattinoma è molto suscettibile alla terapia con bromocriptina, specialmente indicata quando è confinato nella sella turcica. Un'altra metodica terapeutica efficace è rappresentata dalla radiochirurgia, mediante la quale vengono depositate sull'adenoma alte dosi di radiazioni, provocando così la morte delle cellule tumorali. Nei casi in cui l'adenoma è di cospicue dimensioni e supera i confini della sella turcica premendo sul chiasma ottico si rende necessaria la sua rimozione chirurgica. Esistono poi tumori più rari e tra questi va tenuto in particolare considerazione il neurinoma dell'acustico, tumore benigno che si rivela tipicamente con calo dell'udito. Nonostante la prognosi sia buona, frequentemente si associa al rischio chirurgico di perdita dell'udito e nei due terzi dei casi di danno permanente o transitorio del nervo facciale. Meritano menzione i tumori disembriogenetici, i quali tendono a manifestarsi in giovane età e hanno prognosi generalmente buona. A parte vanno considerati i tumori neuroectodermici, indicati con l'acronimo PNET (Primitive neuroectodermic tumors), tra cui il medulloblastoma; esso si localizza in corrispondenza della linea mediana nella fossa cranica posteriore, è molto cellularizzato, radiosensibile, ma dà metastasi nello stesso sistema nervoso verso il midollo spinale e tende a recidivare. Altri tumori, caratterizzati per la sede particolare in cui si sviluppano, sono quelli della regione pineale, nella maggioranza dei casi originati da cellule germinative degenerate, onde la denominazione di germinomi, ma anche di tipo gliale o disembriogenetico, quali i teratomi. I tumori del tronco encefalico sono spesso gliomi scarsamente maligni, ma poco aggredibili a causa dell'alta densità di centri vitali presenti in questa parte dell'encefalo.
b) Lesioni vascolari. Le lesioni vascolari sono di difficile trattamento; esse tuttavia hanno notevolmente beneficiato dell'evoluzione tecnica. La patologia ostruttiva della carotide è quella di più comune riscontro ed è per lo più trattata farmacologicamente. L'emorragia subaracnoidea da rottura di aneurisma è invece la patologia più classica e pericolosa, quasi sempre dovuta allo 'sfiancamento', per debolezza congenita, della parete di un vaso cerebrale. L'incidenza è di circa 15-20 casi/anno su 100.000 abitanti. Tipicamente si manifesta con cefalea violentissima e improvvisa alla nuca che si può accompagnare, a seconda dell'entità dell'emorragia, ad alterazioni della coscienza e ad alcune gravi complicazioni, come l'idrocefalo, ossia la dilatazione ventricolare, e il vasospasmo, cioè il restringimento spastico dei vasi cerebrali. La complicazione più frequente è il vasospasmo che si manifesta dopo il 3° giorno, aggravando marcatamente le condizioni neurologiche con un deterioramento dello stato di coscienza ed eventuale paralisi. Solitamente, i pazienti in buone condizioni vengono operati nei primi tre giorni, al fine di evitare eventuali peggioramenti per vasospasmo o nuovo sanguinamento; l'intervento consiste nel clippaggio del colletto dell'aneurisma, così da escluderlo dal circolo normale. I pazienti in condizioni gravi non sono suscettibili di trattamento immediato, tranne che in caso di idrocefalo o ematoma intracerebrale di cospicue dimensioni; la chiusura dell'aneurisma può essere però effettuata attraverso i vasi sanguigni, mediante una tecnica neuroradiologica. Questa metodica, detta di embolizzazione percutanea, è possibile grazie all'uso di microspirali, ossia di fili sottilissimi che vengono depositati e si aggomitolano nel lume aneurismatico provocandone la chiusura; benché non sia priva di rischi, la metodica ha il vantaggio di non irritare i tessuti cerebrali già lesi. Nelle malformazioni arterovenose, i vasi anomali, presenti dalla nascita, formano un gomitolo vascolare che altera la funzionalità dei centri nervosi circostanti per sottrazione di sangue ed è suscettibile di rottura. La malformazione può essere microscopica, tanto da sfuggire alle indagini radiologiche (malformazioni criptiche), od occupare un intero emisfero. Il trattamento chirurgico consiste nella resezione della massa e nella chiusura dei vasi anomali; tale pratica diventa estremamente difficile nelle lesioni di maggior volume in cui bisogna considerare anche fattori emodinamici, in modo da evitare un danno cerebrale acuto da iperafflusso postoperatorio. In questi casi si preferisce un trattamento combinato, associando embolizzazione, radioterapia convenzionale e stereotassica e chirurgia tradizionale, allo scopo di ridurre progressivamente il flusso ematico con chiusura delle afferenti maggiori. In questo stesso gruppo si colloca il cavernoma, lesione di dimensioni modeste (raramente superiore a 2-3 cm) a basso flusso ematico, che si manifesta con epilessia o sanguinamenti improvvisi, ma non è mai associato a deterioramento cerebrale. Il paziente viene di solito trattato per approccio chirurgico diretto.
c) Lesioni vertebrali. La patologia vertebrale costituisce una cospicua quota degli interventi neurochirurgici e la più comune è, senz'altro, l'ernia del disco lombare: il disco interposto tra le vertebre contigue supera i suoi limiti naturali, comprimendo la radice nervosa che esce a quel livello. Si tratta quasi sempre della radice L5 o di quella S1 (L = lombare; S = sacrale), compresse rispettivamente dal disco L4-L5 e dal disco L5-S1; ne risulta una sciatica con dolore che si irradia lungo la superficie posteriore della coscia, sul dorso del piede verso l'alluce nel caso di ernia L4-L5 (radice L5), o verso la pianta nel caso di ernia L5-S1 (radice S1). Il dolore è accentuato dai movimenti, soprattutto dalla flessione della colonna; usualmente si giova del riposo e della terapia antinfiammatoria e antidolorifica. Nelle forme più gravi si osserva alterazione dei riflessi, e solo in evenienze estreme, con grave sofferenza della radice, si riscontra paralisi del piede e ritenzione urinaria. Il trattamento è chirurgico unicamente in presenza di deficit motori o sfinterici e nei casi ribelli alla terapia medica e fisioterapica. La ferita chirurgica è solitamente di piccole dimensioni e la ripresa funzionale piuttosto rapida. Negli ultimi anni del 20° secolo si sono diffuse alcune metodiche percutanee, tra cui la nucleoaspirazione, indicata per ernie piccole e contenute, quelle stesse in cui risultano efficaci la terapia antinfiammatoria e il riposo. Specie nei soggetti anziani con deformazioni artrosiche della colonna vertebrale, sono le alterazioni ossee a intrappolare le radici nervose, producendo un quadro di stenosi, ossia restringimento, con dolore e debolezza muscolare; in questo caso, è necessario un intervento di allargamento del canale osseo, per ridare spazio alle radici compresse. Una patologia emergente è rappresentata dall'instabilità vertebrale, in cui l'allineamento e la mobilità delle vertebre si alterano, specie a livello lombare, producendo dolore. La terapia è soprattutto fisiocinesiterapica, tesa a rinforzare ossa, muscoli e legamenti; tuttavia, nei casi resistenti risulta necessaria la terapia chirurgica per bloccare, mediante protesi al titanio o similari, le vertebre instabili. Molto più raramente si osservano ernie lombari alte, o toraciche, mentre maggiore è l'incidenza di ernie a livello cervicale, dove il meccanismo di produzione e gli effetti clinici assumono un significato diverso. Spesso si tratta di ernie dure, in cui le deformazioni ossee al margine discale (osteofiti) comprimono le radici cervicali, provocando dolore lungo il braccio e deficit motori che possono estendersi agli arti inferiori, dal momento che nel midollo cervicale transitano anche le fibre per gli arti inferiori. I livelli più interessati sono tra le vertebre C4-C5 e C5-C6 (C = cervicale). La terapia conservativa è in genere efficace quando i sintomi sono limitati all'arto superiore, ma l'intervento è necessario quando essi persistono. Di solito l'intervento viene eseguito 'per via anteriore', scostando il muscolo sternocleidomastoideo per raggiungere la superficie anteriore della vertebra e svuotare il disco rimuovendo l'osteofita. Le vertebre contigue vengono solitamente bloccate con l'interposizione di un tassello osseo. La spondilosi cervicale è analoga alla stenosi lombare, poiché le deformazioni ossee riducono il canale vertebrale schiacciando il midollo spinale; ciò comporta una sofferenza delle cellule e delle fibre nervose, specie quelle dirette agli arti inferiori, in un contesto clinico peculiare in cui si associano deficit degli arti superiori e inferiori, oltre che disturbi sensitivi. Il deficit degli arti inferiori è spesso preminente, con iper-reattività riflessa e rigidità 'spastica' dei muscoli (paraparesi spastica). Il trattamento in questo caso è chirurgico.
d) Traumatologia. Nelle patologie traumatologiche la tempestività del trattamento è fondamentale e i risultati riflettono l'efficienza del soccorso sul territorio e la disponibilità di strutture di rianimazione adeguate alla gestione del politraumatizzato. I traumi cranici sono caratterizzati da due tipi fondamentali di lesione, di frequente associate: lo scuotimento encefalico (lesione assonale diffusa) e le lesioni emorragiche intracraniche (ematomi). Lo stato di gravità è indicato dalla scala di Glasgow (Glasgow coma scale; v. coma) con un punteggio tra 3 e 15; quello più alto indica la normalità. Al di sotto del limite di normalità il cervello 'soffre', spesso per ipertensione endocranica. Il coma può essere dovuto a un ematoma o a una lesione assonale diffusa, con o senza lacerocontusione cerebrale. Gli ematomi sono di tre tipi fondamentali: intracerebrale, nel contesto del tessuto cerebrale (parenchima); subdurale acuto, immediatamente sopra il cervello, sotto la dura madre; epidurale, tra dura madre e osso. Essi vanno evacuati, specie se la massa encefalica viene dislocata verso un lato e verso il basso (ernie cerebrali interne) e comprime il tronco cerebrale. Questa condizione, pericolosa per la sopravvivenza, è svelata dall'asimmetria del diametro pupillare (anisocoria) o, peggio, dalla midriasi bilaterale. Esiste infine un ematoma subdurale subacuto e cronico dell'anziano, che si produce per effetto di traumi minori e non ha conseguenze così drammatiche dal punto di vista clinico. Per quanto concerne la traumatologia vertebrale, bisogna considerare la possibilità di fratture-dislocazioni delle vertebre, con pressione sul midollo spinale e sulle sue radici tale da determinare paralisi completa (plegia) oppure parziale (paresi) degli arti e perdita del controllo sfinterico urinario e fecale. Particolarmente pericolose sono le fratture della colonna cervicale, in quanto possono causare plegia o paresi dei quattro arti (tetraplegia o tetraparesi) e arresto respiratorio (nel midollo spinale cervicale a livello della 2ª e 3ª vertebra è situato il centro di controllo del movimento diaframmatico). Fratture toraciche possono provocare deficit motori agli arti inferiori (paraplegia e paraparesi). I traumi lombari e sacrali sono in genere meno gravi, ma anche in questo caso è possibile che si verifichi il quadro di paraparesi (flaccida) con disturbi sfinterici. Il trattamento si basa sulla decompressione del midollo, l'allineamento e la stabilizzazione del rachide per impedire un danno ulteriore e favorire la ripresa delle funzioni residue, ottenibili con un intervento chirurgico e talora con mezzi esterni (ortosi).
e) Infezioni. Meritano particolare menzione gli ascessi cerebrali, che si producono in conseguenza di infezioni otogene, ferite penetranti oppure diffusione ematogena in caso di valvulopatia cardiaca. Gli ascessi devono essere di regola aspirati e trattati per lungo tempo con antibiotici. Nei paesi sottosviluppati, e meno nelle società civilizzate, si osservano alcune parassitosi, tra le quali la cisticercosi e l'echinococcosi. Una patologia emergente è rappresentata dalla toxoplasmosi in corso di AIDS.
f) Malformazioni neonatali. Buona parte della patologia neurologica pediatrica curabile con la neurochirurgia riguarda le malformazioni neonatali. Queste dipendono quasi sempre da un difetto di chiusura mediano del tubo neurale, da cui hanno origine encefalo e midollo spinale (malformazioni disrafiche), e si manifestano alla nascita o durante la prima infanzia; spesso sono rilevabili durante la vita intrauterina con l'ecografia. A livello del cranio, una quantità più o meno cospicua di tessuto cerebrale può sporgere attraverso una breccia ossea (encefalocele); tranne che in casi estremi, è possibile una riparazione chirurgica. A livello della colonna vertebrale si parla di spina bifida per mancata chiusura delle ultime vertebre lombari e delle vertebre sacrali, e, più raramente, cervicali; può accadere che il midollo spinale malformato (mieloschisi) sia adeso al sacco durale, dilatato, e sporga oltre il limite cutaneo (mielomeningocele) oppure che lo sviluppo del midollo sia completo e l'anomalia riguardi solo il sacco durale dilatato a formare un meningocele, comunque visibile sul piano cutaneo. La spina bifida occulta comporta alterazioni cutanee sfumate ma riconoscibili (ciuffetti di peli, rilievi o fossette cutanee) e spesso indicativi di una sofferenza del midollo, che viene 'stirato' in basso da aderenze anomale. Il bambino, apparentemente normale nei primi anni di vita, sviluppa con il tempo disturbi sfinterici e della deambulazione. Tra le manifestazioni disrafiche occulte rientra anche la diastasomielia, ossia la sepimentazione del midollo spinale in due metà simmetriche, anche in questo caso con stiramento. L'idrocefalo è la manifestazione più comune della patologia malformativa e consiste in un accumulo di liquor nei ventricoli cerebrali, con aumento dei diametri cranici; ciò compromette lo sviluppo encefalico con possibile ritardo psichico e motorio. Le malformazioni vascolari, benché quasi sempre congenite, vengono solitamente considerate a parte, a eccezione dell'aneurisma della vena di Galeno, che si manifesta nei primi anni di vita: si tratta di una dilatazione aneurismatica che provoca emorragia, idrocefalo o insufficienza cardiaca.
g) Patologie funzionali. Molti pionieri della neurochirurgia avevano sognato di poter correggere eventuali disfunzioni del sistema nervoso mediante un atto chirurgico. La psicochirurgia per la cura degli ammalati schizofrenici esprimeva questa tendenza, che però è stata in gran parte abbandonata in seguito alla scoperta dei farmaci antipsicotici. L'ambito di interesse attuale concerne invece i disordini del movimento, l'epilessia e il dolore. Il morbo di Parkinson è il disturbo motorio tipicamente suscettibile di trattamento chirurgico; è una malattia caratterizzata da tremore e difficoltà del movimento per mancanza del mediatore chimico dopamina. L'intervento viene effettuato per via stereotassica, centrando con estrema precisione il nucleo talamico, da cui origina il tremore tipico della malattia. L'abolizione del tremore è immediata e duratura, ma altre manifestazioni, quale la rigidità, sono influenzate in misura minore. Più di recente si è sviluppata la tecnica di impianto stereotassico di cellule, anche di origine embrionale, in grado di produrre dopamina, con risultati però incostanti. Il dolore cronico da malfunzione del sistema nervoso risponde bene al trattamento chirurgico. Esso segue due modalità: la prima è conservativa e consiste nell'impianto di stimolatori che sopprimono o riducono l'afflusso dei segnali dolorifici, e di cateteri per l'immissione di sostanze antalgiche direttamente nel liquor; la seconda è demolitiva, in quanto si propone la distruzione delle vie e dei centri che permettono il passaggio dell'impulso doloroso, o addirittura generano essi stessi segnali dolorosi. Una di queste tecniche chirurgiche è la DREZ (Dorsal root entry zone) efficace, in particolar modo, per le avulsioni del plesso brachiale, la sindrome dell'arto fantasma, il dolore dell'arto desensibilizzato nei paraplegici e per alcune forme di dolore facciale atipico. Anche l'epilessia, sindrome caratterizzata dal 'sequestro' funzionale del cervello per diffusione di un'onda elettrica anomala, è curabile chirurgicamente quando il focus da cui origina l'onda anomala è identificabile sulla corteccia temporale o nell'amigdala.
h) Malattie del sistema nervoso periferico. Anche i nervi sono suscettibili di trattamento chirurgico, per lesioni sia traumatiche sia neoplastiche. Altre frequenti patologie risolte dalla neurochirurgia riguardano i nervi ulnare e mediano, che possono essere 'intrappolati' nel gomito il primo, e, a livello del polso, nel tunnel carpale il secondo. L'intervento consiste nell'apertura del tunnel in cui essi sono strozzati, quasi sempre in anestesia locale. Per quanto riguarda la patologia neoplastica, i neurinomi e i fibromi sono tipici tumori dei tronchi nervosi: si manifestano con dolore 'elettrico' lungo il nervo, da cui vanno dissociati e rimossi. Il tumore può essere quasi sempre asportato senza danneggiare il nervo da cui origina (neurolisi). I nervi danneggiati sono riparabili dal momento che le fibre, a differenza delle cellule nervose, possono ricrescere. La tecnica più comune è quella di riaccostare i fasci di fibre interrotte e di suturarli (anastomosi terminoterminale). Quando la distanza tra i monconi del nervo interrotto non ne consenta l'accostamento per la sutura, si interpongono tra i principali fasci di fibre uno o più segmenti di un piccolo nervo sensitivo prelevato dallo stesso paziente (autoinnesto). Le speranze di recupero, almeno parziale, sono buone.
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