Neuroendocrinologia
di Fred Stutinsky
Neuroendocrinologia
sommario: 1. Introduzione. 2. Il complesso ipotalamico-ipofisario: a) l'ipotalamo; b) l'ipofisi; c) le connessioni ipotalamico-ipofisarie; d) sistema nervoso centrale e regolazione del funzionamento ipofisario; e) i releasing factors od ormoni ipotalamici; f) neuropeptidi, endorfine e ormoni ipofisari; g) controllo endocrino dell'attività nervosa; h) i riflessi neuroendocrini. 3. Considerazioni generali. 4. Conclusioni. □ Bibliografia.
1. Introduzione
Sono note da molto tempo sindromi cliniche che implicano un'azione del sistema nervoso sulle ghiandole endocrine. Uno stress emotivo può dare inizio a un iperfunzionamento della tiroide (morbo di Basedow) e, viceversa, si pensava che il gozzo esoftalmico (Basedow) fosse il fattore determinante di una nevrosi dovuta a un eccesso di ormone tiroideo nel sangue, eccesso che genera nervosismo, ipereccitabilità e instabilità emotiva.
L'interpretazione di queste osservazioni alla luce delle acquisizioni della moderna endocrinologia è la seguente: lo stress emotivo agisce sulla tiroide tramite un aumento di secrezione dell'ormone tireotropo ipofisario, a sua volta stimolato da un fattore nervoso. Per converso, l'ormone tiroideo circolante agisce sull'attività nervosa. Altre sindromi, note anch'esse da più di cento anni, sembrerebbero a prima vista costituite da un'associazione di segni clinici molto paradossali, come l'atrofia olfatto-genitale caratterizzata da un'agenesia dei lobi olfattivi associata a un'atrofia degli organi genitali. Sebbene la clinica avesse registrato e classificato sindromi di questo genere, non vi era alcuna indicazione che potessero esistere relazioni tra la lesione nervosa e quella delle ghiandole endocrine.
In effetti, l'influenza del sistema nervoso sembrava del tutto accessoria nella regolazione endocrina e per molto tempo questa concezione è stata mantenuta, in particolare in Francia, ove la patologia sperimentale e la fisiologia si erano sviluppate nel quadro delle prospettive aperte da Cl. Bernard. Questi distingueva nettamente le funzioni di relazione dalle funzioni di nutrizione. D'altronde l'endocrinologia sperimentale, allora agli inizi, sembrava confermare la fondatezza di questa divisione.
Il sussistere di un funzionamento apparentemente normale in seguito a tutta una serie di esperimenti di denervazione o di trapianto di certe ghiandole, come la tiroide, il pancreas, le ovaie, i testicoli, sembrava attestare il ruolo trascurabile del sistema nervoso centrale. A conferma di questa ipotesi Berthold (v., 1849) dimostrò, con una considerevole serie di trapianti di testicoli nel galletto (castrazione, poi trapianto in altro sito addominale), l'esistenza di una secrezione endocrina testicolare e contemporaneamente la sua indipendenza da una eventuale innervazione. D'altra parte il trapianto o la denervazione di due ghiandole, la midollare surrenale e il lobo posteriore (lobo nervoso) dell'ipofisi, perturbano gravemente il loro funzionamento. Queste ghiandole, di origine ectodermica, reagiscono alle sollecitazioni con una risposta rapida e passeggera; hanno cioè caratteristiche opposte a quelle delle ghiandole di cui abbiamo parlato prima.
L'ipofisi anteriore sembra costituire un caso intermedio. Il funzionamento di questa ghiandola non è abolito, ma il suo trapianto e la sua separazione dall'eminenza mediana hanno come conseguenza una secrezione anormale.
Si può allora definire la neuroendocrinologia come quella parte della fisiologia che studia le interferenze e le interrelazioni tra il sistema nervoso e le ghiandole endocrine.
2. Il complesso ipotalamico-ipofisario
Questo complesso comprende la base del III ventricolo e la ghiandola ipofisaria.
a) L'ipotalamo
L'ipotalamo funziona da regolatore ormonostatico dell'attività neuroendocrina. Esso ha il ruolo di stimolatore o di inibitore delle funzioni ipofisarie e inoltre contiene gruppi di neuroni specificamente sensibili (neuroni chemiosensibili) ai diversi ormoni periferici che, tramite questi neuroni, esercitano il loro effetto di retroazione.
L'ipotalamo costituisce una delle due grandi suddivisioni del diencefalo. Situato al disotto del talamo, forma le pareti inferiore e laterali del III ventricolo.
Le cellule nervose sono raggruppate in varie masse o nuclei; procedendo in senso cranio-caudale, si distinguono: 1) una regione anteriore, comprendente l'area preottica, il nucleo paraventricolare (NPV), il nucleo sopraottico (NSO); 2) una regione mediana, comprendente, dall'alto verso il basso, il nucleo dorso-mediano, il nucleo ventro-mediano e il nucleo arcuato, che circonda direttamente, incrociandola, la base del III ventricolo; 3) una regione posteriore, che contiene il nucleo ipotalamico posteriore e il gruppo dei nuclei mammillari.
Le afferenze principali che dalla parte anteriore del cervello vanno verso l'ipotalamo provengono da due aree della paleocorteccia, cioè dalle regioni corticali filogeneticamente più antiche, la corteccia piriforme e l'ippocampo. In ogni caso la proiezione sull'ipotalamo è rinforzata da una seconda proiezione dalle masse nucleari subcorticali corrispondenti: dal setto per quel che concerne l'ippocampo e dall'amigdala per quel che concerne la corteccia piri- forme.
Tra le zone corticali filogeneticamente più recenti, il giro del cingolo può influenzare l'ipotalamo attraverso l'ippocampo che, a sua volta, è influenzato da fibre efferenti dai corpi mammillari che s'interrompono nel talamo anteriore.
L'ipotalamo riceve anche un forte contingente di fibre dal tetto del mesencefalo e dall'area grigia periacqueduttale e rimanda proiezioni su queste formazioni.
Il tratto ipotalamico-ipofisario, che rappresenta la più importante via efferente, nasce dal NSO e dal NPV e da cellule sparse nell'ipotalamo mediano.
b) L'ipofisi
L'ipofisi embriologicamente si compone di due parti, una nervosa, l'altra proveniente dalla parte anteriore dello stomodeo.
La nomenclatura di questa struttura anatomica dà luogo a qualche ambiguità a seconda dei riferimenti che si adottano. La tavola sotto riportata riassume le diverse denominazioni.
Il lobo anteriore dell'ipofisi secerne tre ormoni gonadotropi, che sono: l'ormone follicolostimolante o FSH, l'ormone luteinizzante o LH, l'ormone luteotropo LTH o Prolattina PRL; un ormone della crescita OH o STH; un ormone tireotropo o TSH; un ormone corticostimolante o ACTH. Il lobo intermedio fornisce un ormone melanoforodilatatore o α-MSH, una ACTH e una lipotropina RLF.
A ogni ormone ipofisario corrisponde un neurormone o releasing-factor o RF, che stimola la secrezione dell'ormone ipofisario: così all'ormone tireotropo TSH corrisponde un TSH-RF o TRF, all'ormone luteinizzante un LH-RF o LRF.
Il lobo nervoso produce due ormoni: 1) l'ormone antidiuretico o vasopressina o ADH; 2) l'ormone ossitocinico (ossitocina) o lattagogo.
c) Le connessioni ipotalamico-ipofisarie
Le connessioni ipotalamico-ipofisarie si realizzano attraverso due tipi di collegamenti: 1) quelli con l'ipofisi posteriore, costituiti essenzialmente da un tratto neurosecretorio; 2) quelli con l'ipofisi anteriore, costituiti da uno speciale dispositivo vascolare, unico nell'organismo.
Collegamento tra l'ipotalamo e il lobo posteriore dell'ipofisi. - Il lobo posteriore dell'ipofisi riceve un fascio nato dai nuclei sopraottici e paraventricolari dell'ipotalamo anteriore. Questo fascio sopraottico-postipofisario, che decorre nell'eminenza mediana, è costituito da assoni che nascono da particolari neuroni in grado di elaborare gli ormoni detti ‛posteriori' dell'ipofisi. È questo il fenomeno della neurosecrezione, di cui dal 1928 E. Scharrer si è fatto ardente sostenitore e che nel 1949, grazie all'applicazione del metodo di colorazione all'ematossilina cromica di Gomöri a opera di Hargmann e dei suoi allievi, ha costituito il punto di partenza di una rivoluzione delle nostre idee sulle relazioni tra i sistemi nervoso ed endocrino. Il nuovo concetto poneva in rilievo come il sistema nervoso non funzionasse solo grazie a trasmettitori chimici (acetilcolina, noradrenalina, ecc.), bensì fosse in grado di elaborare nelle cellule neuroghiandolari dei veri e propri ormoni, specificamente l'ormone antidiuretico (ADH) o vasopressina e l'ormone ossitocina.
La via ipotalamico-neuroipofisaria costituisce la via finale comune di diversi riflessi neuroendocrini (v. sotto) che provocano la liberazione dell'ossitocina - riflesso vaginoipotalamico (riflesso di Fergusson), riflesso mammoipotalamico (riflesso di eiezione del latte) - e quella della vasopressina.
Le cellule dell'ipotalamo, dette neuroghiandolari, posseggono sia le proprietà di una cellula nervosa sia quelle di una cellula ghiandolare. Queste cellule possono venir stimolate dalla corrente elettrica, dai neurotrasmettitori, dalle modificazioni della osmolarità del mezzo.
Le cellule neuroghiandolari possiedono anche tutte le strutture di una cellula ghiandolare: formazioni ergastoplasmatiche, complessi del Golgi, granuli elementari. Questi granuli, di diametro medio variante da 150 nm a 250 nm, si spostano lungo l'assone e raggiungono diversi territori, anzitutto l'ipofisi posteriore. Una sezione degli assoni o l'ipofisectomia hanno come conseguenza l'accumulo dei granuli di neurosecrezione a monte della lesione. Questo accumulo non è passivo: avviene più rapidamente sotto l'influenza di stimolazioni osmotiche o di stimolazioni della mammella nel corso della lattazione.
Questa migrazione è dunque qualcosa di più di un semplice trasporto per mezzo di un flusso assoplasmatico (v. Weiss e Hiscoe, 1948). Essa è stata confermata con l'uso di cisteina marcata con 35S: dopo 30 minuti dall'iniezione subaracnoidea si ha una captazione intensa e rapida a livello del NSO e del NPV; solamente dopo 10-13 ore l'isotopo comincia ad accumularsi a livello del moncone prodotto dall'ipofisectomia.
Esiste uno stretto legame tra i granuli elementari e gli ormoni postipofisari: gli interventi che diminuiscono la densità del ‛neurosecreto', messa in evidenza con le colorazioni selettive, diminuiscono anche le quantità di ormoni postipofisari estraibili dall'ipofisi posteriore e dall'ipotalamo.
Dal 1972, l'impiego delle tecniche immunoistochimiche in luce fluorescente nello studio della vasopressina e dell'ossitocina, o delle neurofisine di trasporto di questi due ormoni, ha reso possibile dimostrare l'esatta ubicazione dei neuroni gigantocellulari, raggruppati o no, e il percorso dei loro prolungamenti. Torneremo in seguito sui risultati di queste ricerche. Parallelamente queste cellule sono state identificate anche con il metodo elettrofisiologico.
La stimolazione elettrica delle fibre nel lobo nervoso dà origine a un potenziale d'azione che invade i pericari per conduzione antidromica (v. elettrofisiologia; v. sinapsi: Fisiologia della sinapsi centrale e Fisiologia della sinapsi periferica). Il potenziale così evocato deve rispondere a certi criteri, e in tal modo possono essere distinti tre tipi di neuroni del NSO e del NPV: neuroni invasi antidromicamente, neuroni che sono attivati in modo transsinaptico, e infine neuroni che non rispondono alla stimolazione. Non tutti corrispondono a neuroni a vasopressina o a ossitocina (v. Richard e altri, 1978).
La frequenza dei potenziali d'azione spontanei consente di riconoscere ancora 3 tipi di neuroni: 1) i neuroni silenziosi, la cui attività spontanea è nulla; questi sono riconosciuti dal potenziale d'azione antidromico; 2) i neuroni la cui attività aleatoria, più o meno regolare, non presenta un silenzio prolungato ; 3) i neuroni fasici, i cui periodi di attività sono separati da silenzi di durata variabile.
Gli elementi parvocellulari dell'ipotalamo. - Il progresso dei metodi citoimmunologici ha consentito di visualizzare
i pericari (neuroni parvocellulari) contenenti LHRF, la somatostatina o il TRF, nonché i loro assoni.
I pericari contenenti la somatostatina, messa in rilievo per mezzo della citoimmunologia, sono situati nell'area periventricolare sottoependimale, tra la parte anteriore dell'eminenza mediana e il centro del chiasma ottico. Inoltre, una parte dei neuroni gigantocellulari del NSO e del NPV reagenti a un antisiero per la neurofisina sono somatostatina-positivi. Queste cellule, la cui esistenza non è stata riscontrata da tutti gli autori, hanno assoni che partecipano alla costituzione del fascio sopraottico-neuroipofisario.
Nella cavia sono stati messi in evidenza due gruppi di cellule LHRF (+), in parte nella regione medio basale, e nell'area preottica a livello soprachiasmatico. Nella scimmia neuroni LRRF (+) sono stati regolarmente osservati nella parte posteriore del setto sopracommissurale, nella stria midollare, nell'epitalamo, nel nucleo mediano dell'abenula: questi elementi sono identici a quelli che si trovano nelle altre regioni (v. Barry, 1978).
Rari corpi cellulari TRF (+) sono stati osservati nella parte dorsale del nucleo dorso-mediano dell'ipotalamo (v. Hökfelt e altri, 1978).
Anche mediante stimolazione antidromica è stato possibile identificare queste ‛cellule a releasing-factors' del sistema parvocellulare. Un elettrodo di stimolazione è collocato nell'eminenza mediana, e le aree ipotalamiche, preottiche e settali sono esplorate per mezzo di microelettrodi. Soprattutto nel ratto, ma per diverse localizzazioni anche nella cavia, sono state individuate cellule nel nucleo arcuato, nel nucleo ventro-mediano, nell'area periventricolare, nel nucleo dorsale premammillare, nel nucleo soprachiasmatico, nell'area preottica, nell'area ipotalamica anteriore e nel setto: orbene, le tecniche immunocitochimiche hanno effettivamente mostrato l'esistenza in queste regioni di diversi tipi di neuroni endocrini. È tuttavia evidente che il metodo elettrofisiologico non consente di distinguere neuroni endocrini o amminergici o colinergici, i cui assoni abbiano uno stesso territorio d'origine.
Collegamento tra l'ipotalamo e il lobo anteriore. - In teoria questo collegamento si potrebbe realizzare in due modi: da una parte con un'eventuale innervazione ipotalamica, dall'altra con un sistema vascolare che, come vedremo, s'avvale di una struttura del tutto particolare.
Innervazione e vascolarizzazione dell'ipofisi. - Da lungo tempo questa questione ha dato luogo a molte controversie. Su un primo punto sembra esserci un consenso generale. Le branche della carotide interna che si portano all'eminenza mediana sono accompagnate da un ricco plesso simpatico che ha la sua origine nel ganglio cervicale superiore. Queste fibre sembrano essenzialmente vasomotrici e non hanno alcun contatto sinaptico con le cellule ghiandolari (v. Szentàgothai e altri, 1962). Ma ciò non esclude l'intervento di questo sistema nel funzionamento ipofisario, se si pensa all'importanza della vascolarizzazione per la ghiandola.
Si ammette che l'ipotalamo innervi la pars tuberalis e la pars intermedia, anche se questa innervazione varia molto secondo le specie e, d'altra parte, in generale non sappiamo dare un senso all'innervazione delle cellule di questo lobo.
Sembra inoltre esatto, malgrado alcune osservazioni positive ma discusse, che il lobo anteriore non riceva una innervazione ipotalamica. Recentemente il problema è stato riconsiderato (v. Stoeckel e altri, 1973); anche se le cellule della pars distalis nel loro insieme non hanno contatti con nervi di origine ipotalamica, si è trovato che esistono cellule identiche a quelle del lobo anteriore (cellule ad ACTH) nel lobo intermedio: di queste, alcune sono raggruppate all'unione del lobo intermedio, della pars tuberalis e del lobo anteriore - la zona rostrale del lobo intermedio -, altre sono sparse lungo i limiti esterni - a lato della fessura ipofisaria e del lobo nervoso - e anche nel tessuto nervoso del peduncolo, là dove è interrotta la membrana basale. Queste cellule ad ACTH sono innervate da fibre di origine ipotalamica, alcune amminergiche, altre neurosecretrici.
Sembrano dunque esistere due categorie di cellule ad ACTH che potrebbero, in una certa misura, spiegare le differenti reazioni secretorie dell'ipofisi nel caso di uno stress neurogeno o nel caso di uno stress sistemico.
L'innervazione dell'eminenza mediana comprende da una parte terminazioni sulle anse capillari, dall'altra le terminazioni a grappolo sulla membrana basale. Queste fibre, che in apparenza sono diverse dalle fibre neurosecretorie classiche, appartengono al tratto tubero-infundibolare. Le terminazioni sulle anse capillari potrebbero sia liberare dei releasing factors, sia contenere delle catecolammine o delle indolammine che svolgono un ruolo importante nella liberazione dei releasing factors.
Il metodo citoimmunologico ha messo in evidenza tre tipi di fibre corrispondenti a TRF, somatostatina e LHRF. Le fibre nervose a TRF si trovano nella parte mediana della zona esterna dell'eminenza mediana, nel nucleo dorso-mediano e nella regione perifornicale.
Le fibre a somatostatina sono localizzate in prossimità dei capillari del plesso primario del sistema portale, essenzialmente nelle parti laterali della zona esterna dell'eminenza mediana e dell'ipotalamo medio-basale. Se ne trovano ugualmente nel peduncolo ipofisario e nella parte periferica del lobo nervoso.
Terminazioni LHRF (+) sono state messe in evidenza nella zona esterna dell'eminenza mediana in un gran numero di mammiferi: esse circondano i vasi portali. Altre fibre si trovano nei nuclei soprachiasmatici e nel nucleo corticale dell'amigdala.
Il lobo anteriore dell'ipofisi è prevalentemente irrorato da uno speciale sistema vascolare: il sistema portale ipotalamico-ipofisario. Esso è composto da due reti capillari, una ipotalamica, l'altra ipofisaria, collegate tra loro da vasi venosi che percorrono l'eminenza mediana e il peduncolo, donde il nome di ‛vasi portali' (v. figg. 4 e 5). Il dispositivo vascolare è tale che il sangue che irrora il lobo anteriore ha precedentemente percorso le anse capillari sviluppatissime nella parte anteriore dell'eminenza mediana e nel peduncolo, ove si trova, come abbiamo visto, a stretto contatto con le fibre molto eterogenee - che non provengono nè dal NSO nè dal NPV - del fascio tubero-infundibolare.
d) Sistema nervoso centrale e regolazione del funzionamento ipofisario
Le argomentazioni sperimentali che dimostrano che il sistema nervoso centrale (SNC) interviene nel funzionamento dell'ipofisi sono numerosissime.
Nel corso degli ultimi trent'anni si è a poco a poco elaborata una metodologia particolare con tecniche molto diverse. Grazie all'introduzione del metodo stereotassico, che permette di raggiungere con precisione le strutture cerebrali profonde, è stato possibile produrre lesioni o stimolazioni localizzate, eseguire impianti e microiniezioni di prodotti ormonali o farmacologici, che completano le tecniche precedenti di sezione del peduncolo ipofisario e di trapianto dell'ipofisi. Infine, come vedremo, la tecnica di estrazione di certi fattori ipotalamici molto attivi (i releasing factors o RF) è in pieno sviluppo. Si aggiungono tecniche per la sopravvivenza della ghiandola ipofisaria in vitro (sottratta quindi a tutte le influenze del SNC), per le colture di cellule ipofisarie e anche per il prelievo di sangue dai vasi che collegano l'ipotalamo all'ipofisi ghiandolare.
Vedremo, in seguito, le argomentazioni sperimentali che dimostrano la regolazione nervosa della secrezione dell'ACTH, del TSH, dell'STH, degli ormoni gonadotropi, degli ormoni postipofisari e dell'α-MSH.
Controllo nervoso della secrezione dell'ACTH. - Per quel che concerne la secrezione dell'ACTH, lo studio degli effetti di lesioni elettriche o chirurgiche dell'ipotalamo ha fornito una grande quantità di risultati interessanti. In generale le lesioni ipotalamiche riducono l'attivazione dell'asse ipofisario-surrenale provocata dallo stress.
La localizzazione delle lesioni efficaci è molto ampia, comprendendo l'eminenza mediana dell'ipotalamo medioventrale anteriore e posteriore: questo è vero per il ratto, ma le lesioni possono variare a seconda delle specie.
D'altra parte alcuni autori (v. Brodish, 1964; v. Porter, 1963) pensano che la conseguenza di alcune di queste lesioni ipotalamiche sia piuttosto un ritardo della reazione allo stress che la sua completa soppressione.
Il sistema nervoso interviene anche nei ritmi circadiani di secrezione dell'ACTH. Slusher (v., 1964) ha per primo dimostrato che i fattori nervosi implicati nella secrezione di ACTH in seguito a uno stress non sono identici a quelli che partecipano al controllo delle variazioni diurne di secrezione dei corticosteroidi.
La separazione dell'ipofisi anteriore dall'ipotalamo è un metodo corrente per studiare l'influenza del SNC sul funzionamento della ghiandola. Il trapianto porta a risultati variabili a seconda del luogo di reimpianto: il funzionamento è praticamente normale se l'ipofisi viene reimpiantata a contatto diretto con l'eminenza mediana, viceversa gli innesti nella camera anteriore dell'occhio o sotto la capsula renale non mantengono un peso surrenale normale ed è assente l'ipersecrezione di corticosterone dopo lo stress.
La stimolazione elettrica di diverse regioni del SNC provoca una scarica di ACTH. Talvolta la semplice presenza degli elettrodi produce questo risultato. Le stimolazioni dell'eminenza mediana o dell'ipotalamo posteriore provocano reazioni positive.
Altre strutture nervose intervengono eventualmente nella secrezione dell'ACTH. Parecchi studi recenti hanno sottolineato il ruolo importante del mesencefalo, la cui sezione o le cui lesioni elettrolitiche impediscono l'aumento dell'ACTH plasmatico dopo uno stress.
Il sistema limbico svolge un ruolo non trascurabile nella secrezione di questo ormone : è noto che tale sistema interviene nell'integrazione di stimoli emozionali diversi che possono essere associati a un'aumentata produzione di corticosteroidi.
Il complesso amigdaloideo sembra intervenire esercitando un'azione tonica sulla secrezione di ACTH. La sua distruzione comporta una diminuzione delle reazioni che abitualmente fanno seguito allo stress. La stimolazione elettrica produce un aumento dei 17-idrossicorticosteroidi plasmatici e dell'ACTH ematico. Al contrario, la stimolazione della parte anteriore del cervello e delle strutture rinencefaliche (l'ippocampo, il setto, l'ipotalamo anteriore e laterale, i tratti olfattivi) inibisce la funzione corticosurrenale. Tuttavia i risultati sembrerebbero dipendere, entro certi limiti, dai parametri utilizzati per la stimolazione.
Controllo nervoso della secrezione di TSH. - Nel ratto, la distruzione della parte tuberale dell'ipotalamo (v. Brolin, 1945 e 1947) provoca la degranulazione delle cellule basofile del lobo anteriore. Non compaiono la consueta ipertrofia tiroidea e la vacuolizzazione delle cellule ipofisarie, che, di solito, fanno seguito all'esposizione al freddo o alla tiroidectomia. Le interpretazioni di Brolin, basate su risultati istologici, sono state confermate da prove funzionali: nel coniglio, per esempio, dopo la sezione del peduncolo la captazione di 131I e la sua liberazione a opera della ghiandola tiroide sono ridotte della metà rispetto all'animale normale, ma solamente nella misura in cui s'impedisce la rigenerazione dei vasi portali (v. Brown-Grant e altri, 1957).
L'impianto ipofisario nell'occhio o nella capsula renale produce una diminuzione della funzione della tiroide; il suo funzionamento ridiviene normale se l'impianto è fatto a contatto con l'eminenza mediana.
La funzione ipofiseotropa dell'ipotalamo è stata dimostrata con una tecnica simile da Halàsz e collaboratori (v., 1962), che hanno trapiantato frammenti d'ipofisi in regioni diverse del cervello. Solo i trapianti nella regione tubero-basale (la cosiddetta zona ‛ipofiseotropa' di Halàsz) riprendono un normale aspetto citologico e stimolano correttamente la tiroide.
Le lesioni ipotalamiche modificano allo stesso modo il funzionamento dell'asse ipofisario-tiroideo. Lesioni bilaterali tra il NPV e l'eminenza mediana sopprimono la reazione gozzigena degli antitiroidei o l'ipertrofia compensatrice dell'emitiroidectomia, diminuendo la captazione e la secrezione di 131I. Studi complementari hanno dimostrato che l'area tireotropa corrisponde a questa regione.
Alcune regioni al di fuori dell'ipotalamo, come il ganglio abenulare e le regioni contigue, sembrerebbero influenzare la secrezione di TSH; la loro distruzione provoca un aumento del TSH plasmatico. Tuttavia il fenomeno sembra passeggero e non persiste che per una diecina di giorni.
La stimolazione elettrica conferma l'azione del SNC sulla funzione tiroidea. Nel coniglio in stato di veglia, a una stimolazione dell'ipotalamo segue una accelerata secrezione tiroidea di 131I. La surrenalectomia amplia la zona favorevole che si estende dalla parte anteriore dell'ipotalamo verso l'eminenza mediana.
Knigge e Joseph (v., 1971) hanno dimostrato che la T4 (tiroxina) si concentra a livello dell'eminenza mediana, come il TRF e il TSH. Questo sembra indicare che l'eminenza mediana è uno dei siti importanti della retroazione della tiroide sull'ipotalamo.
Controllo nervoso della secrezione di GH. - La secrezione di GH, al pari di quella degli altri ormoni dell'ipofisi anteriore, è modulata dal SNC. Ma la dimostrazione è più difficile, in quanto manca una ghiandola bersaglio; risultati sperimentali diversi, ottenuti tuttavia con interventi molto vari, lasciano ritenere assai probabile l'intervento del SNC.
La resezione del peduncolo non ha conseguenze ben precise sulla crescita. Si sono notate modificazioni delle cellule eosinofile - elaboratrici di OH - e un aumento della sensibilità all'insulina, segno di una diminuzione di secrezione di GH.
Gli impianti dell'ipofisi lontano dalla sella turcica parrebbero avere come conseguenza una leggera diminuzione della crescita, che rimane tuttavia superiore a quella di un animale ipofisectomizzato. Il reimpianto dell'ipofisi in vicinanza dell'eminenza mediana permette la ripresa di una crescita normale.
La coltura in vitro di organi ha consentito un altro approccio al problema della regolazione della secrezione di GH. L'ipofisi di ratto in vitro secerne GH nel mezzo e la secrezione aumenta ampiamente (da 6 a 8 volte) se si aggiunge un estratto acido d'ipotalamo di ratto (v. Meites e altri, 1962).
Vari autori hanno dimostrato che fra diverse lesioni cerebrali, quelle indotte nell'ipotalamo anteriore sono le più efficaci per diminuire la crescita. Una localizzazione precisa è impossibile, in quanto le lesioni piccole sono inefficaci.
Controllo nervoso della secrezione di FSH e di LH. - L'influenza del sistema nervoso sulle funzioni gonadotrope dell'ipofisi è ugualmente molto evidente, ma gli effetti nel maschio sono meno spettacolari e meno complessi che nella femmina. Lesioni ipotalamiche possono provocare l'atrofia testicolare in specie diverse; queste lesioni non agiscono sulle funzioni della tiroide, della surrenale o sulle cellule del lobo posteriore dell'ipofisi.
Nel cane, per esempio, l'atrofia testicolare si accompagna a una diminuzione globale marcata degli ormoni gonadotropi del lobo anteriore.
Nella femmina le lesioni del SNC provocano tre tipi di sindromi diverse 1) le lesioni che interessano l'eminenza mediana hanno come conseguenza un'assenza di estro accompagnata da atrofia uterina e ovarica, provocano cioè una diminuzione massiva della secrezione di FSH e anche di LH ; 2) lesioni di aree situate davanti all'eminenza me- diana provocano, in un gran numero di casi, un estro permanente e ovaie cistiche. Questo risultato è dovuto all'esistenza di una ipersecrezione di estrogeni indicata da una corneificazione vaginale persistente. Inoltre, l'assenza duratura di corpi lutei indica la produzione permanente di FSH e forse di una piccola quantità di LH, non sufficiente a provocare un'ovulazione ; 3) sono stati osservati lunghi periodi di diestro in ratti con lesioni al limite tra ipotalamo e talamo, al di sopra del NPV e del nucleo dorso-mediano.
Le ovaie di questi ratti contengono corpi lutei di tipo pseudogestativo e talvolta l'aspetto dell'endometrio riflette quest'azione prolungata del progesterone.
Le sezioni del peduncolo hanno fornito indicazioni contraddittorie sulla secrezione degli ormoni gonadotropi; queste contraddizioni originano dalle modificazioni che fanno seguito alla rigenerazione rapida dei vasi, la quale, una volta realizzata, ristabilisce le condizioni normali.
Negli Uccelli, in particolare nell'anatra, Benoit e Assenmacher (v., 1955), approfittando delle disposizioni anatomiche molto favorevoli in questa specie, sono stati tra i primi a fornire una prova sperimentale della teoria neuroumorale di Green e Harris (v., 1947).
Maschi impuberi di anatra sono stati sottoposti, un primo gruppo alla sezione del peduncolo infundibolare, o miscotomia (μίσχος = peduncolo); un altro alla tractotomia o sezione del tratto porta-tuberale; un terzo a una ‛eminenzotomia', o sezione trasversale, al di sopra del chiasma, dell'eminenza mediana, come dimostra la fig. 8. Dopo questi interventi, si sono esposti i soggetti alla luce artificiale per circa un mese. Si sa, da altre ricerche di Benoit e collaboratori (v. Benoit, 1935 e 1936), che la luce artificiale provoca uno sviluppo dei testicoli e quindi una maturità sessuale accelerata. Ora, mentre la miscotomia permette l'azione della luce, l'eminenzotomia e la tractotomia la sopprimono. Questo significa che la pars distalis non esercita più la sua funzione gonadotropa quando viene privata del sangue che normalmente circola a contatto con la regione speciale dell'eminenza mediana, riccamente provvista di anse nervose e di sostanze neurosecretorie, e riceve solamente il sangue che proviene dalla regione ‛basale' dell'eminenza mediana. Questa è un'importante prova a favore di un condizionamento neuroumorale dell'ipofisi anteriore a opera dell'ipotalamo.
Il trapianto dell'ipofisi sottolinea a sua volta l'esigenza di relazioni vascolari intatte con l'ipotalamo. Un'ipofisi intramuscolare, intraoculare, o impiantata sotto la capsula renale o nello spazio subaracnoideo o sotto il lobo temporale, anche se ben rivascolarizzata, è incapace di restaurare una normale funzione gonadotropa.
La soppressione delle connessioni ipotalamico-ipofisarie comporta anche, in questo caso, un aumento della secrezione di prolattina. La funzione gonadotrofica normale viene ripristinata se si reimpianta l'ipofisi a contatto con l'eminenza mediana; l'innesto è allora vascolarizzato dai vasi portali che rigenerano, e l'indipensabile collegamento neurovascolare è così ristabilito.
Ai dati precedenti si aggiungono i risultati della stimolazione elettrica a sostegno dell'ipotesi che il SNC esercita un'azione regolatrice sulla funzione gonadotropa. La stimolazione dell'area preottica e del tuber provoca la liberazione di FSH e soprattutto di LH, donde l'ovulazione.
La funzione gonadotropa dell'ipofisi sembra subire inoltre l'influenza della ghiandola pineale o epifisi. È difficile mettere in evidenza questa influenza in tutte le specie; il criceto dorato è l'animale più adatto. Hoffman e Reiter (v., 1965) hanno constatato che i criceti sessualmente maturi, posti in un ambiente in cui hanno solo un'ora d'illuminazione al giorno, vanno incontro ad atrofia dei testicoli: l'oscurità infatti attiva la ghiandola pineale e i prodotti di secrezione di questa ghiandola provocano le modificazioni regressive, le quali, in effetti, non compaiono in animali pinealectomizzati. Non è ancora stata identificata la sostanza che specificamente provoca questa regressione.
Uno dei prodotti elaborati dalla ghiandola pineale sembra agire come un antagonista dell'LH. Nel ratto l'iniezione di melatonina intraventricolare - ma non quella sottocutanea - diminuisce l'ovulazione spontanea nella femmina ciclica, a condizione tuttavia che l'iniezione sia fatta al momento ottimale, cioè nel periodo critico del ciclo, tra le 14 e le 16 del giorno del proestro.
Controllo nervoso della secrezione di ADH e di ossitocina. - La regolazione del lobo posteriore a opera del sistema nervoso centrale è stata naturalmente la prima a essere individuata. Una lesione del fascio ipotalamico-neuroipofisario, la distruzione dei NSO e dei NPV, portano a una sindrome ben nota, il diabete insipido. Si sa che l'ADH agisce sul rene e favorisce il riassorbimento idrico a opera del tubulo distale. La stimolazione elettrica del fascio ipotalamico-neuroipofisario, o dei suoi nuclei di origine, provoca una secrezione di ADH e di ossitocina; inoltre, induce un'antidiuresi nell'animale con diuresi provocata, e, nell'animale in estro o trattato con estrogeni, un aumento del tono del muscolo uterino e un rafforzamento delle sue contrazioni.
Controllo nervoso della secrezione di a-MSH. - Nei Mammiferi è difficile mettere in evidenza la regolazione del lobo intermedio da parte del SNC; tuttavia la separazione dall'ipotalamo del lobo intermedio provoca un'ipertrofia di questo lobo e nei Vertebrati inferiori (ad esempio la rana), in cui la presenza di α-MSH si esprime con un iscurimento della pelle, la resezione dell'infundibolo provoca precisamente questa reazione.
e) I releasing factors od ormoni ipotalamici
Bisogna senz'altro ammettere, in considerazione dell'assenza di una innervazione ipotalamica, della presenza di un sistema vascolare speciale e dei risultati ottenuti mediante lesioni e stimolazioni dell'ipotalamo, che fattori di origine ipotalamica influenzino la secrezione degli ormoni del lobo ghiandolare dell'ipofisi.
Questa ipotesi è stata ben presto confermata da numerosi risultati sperimentali. Si è provato a isolare questi fattori e a caratterizzarli chimicamente. Per analogia con gli ormoni detti postipofisari, si ammetteva dovesse trattarsi di oligopeptidi. In effetti, gli ormoni di origine ipotalamica noti, l'ossitocina e la vasopressina, erano degli ottopeptidi. Nel 1955 si affermò che estratti acquosi grezzi d'ipotalamo, che dovevano contenere polipeptidi, erano in grado di stimōlare la liberazione di ACTH, l'ormone che controlla la secrezione degli steroidi surrenali.
Rapidamente si dimostrò che, tra le sostanze già isolate dal SNC (adrenalina, acetilcolina, vasopressina, ossitocina), nessuna era realmente responsabile della liberazione dell'ACTH. Sussisteva un dubbio per la vasopressina, ma l'isolamento e la parziale purificazione di una nuova sostanza detta CRF (corticotropina-releasing factor) relegava questa ipotesi in secondo piano. Tuttavia la sua apparente affinità con la vasopressina e le sue analogie funzionali rendevano difficile l'isolamento di questo nuovo peptide e ancor oggi, malgrado la segnalazione di parecchi CRF e l'intenso lavoro di parecchi grandi gruppi di ricercatori, resta aperto il problema della loro identità chimica.
Le ricerche su altri releasing factors furono più efficaci. È stato così dimostrato che il TRF non contiene che tre amminoacidi, l'istidina (His), l'acido glutammico (Glu) e la prolina (Pro), in quantità uguali. Dopo numerose prove si verificò che allorché si trasforma l'acido glutammico in acido piroglutammico e la prolina nella sua ammide si ottiene una sostanza la cui formula semplice è
p-Glu-His-Pro-NH2.
Questo composto si comporta da tutti i punti di vista come il TRF naturale estratto dall'ipotalamo. Il TRF è anche il primo ormone ipotalamico tra i releasing factors la cui struttura sia stata completamente delucidata e di cui si sia realizzata la sintesi, rendendo possibile la fabbricazione di grandi quantità di sostanza.
Fu anche caratterizzato molto rapidamente il releasing factor ipotalamico, LRF, che controlla la secrezione di LH. Nel 1971 si dimostrò che si trattava di un polipeptide composto da 10 amminoacidi, di cui 6 non sono presenti nel TRF: il triptofano (Trp), la senna (Ser), la tirosina (Tyr), la glicina (Gly), la leucina (Leu), l'arginina (Arg). La formula è la seguente:
p-Glu-His-Trp-Ser-Tyr-Gly-Leu-Arg-Prol-Gly-NH2.
Questa struttura, sebbene più complicata, comincia con i due stessi amminoacidi (p-Glu-His) e ha il medesimo -NH2 terminale del TRF. Sembra, inoltre, che l'LRF stimoli anche la secrezione di FSH, tuttavia meno di quella di LH.
L'ormone della crescita possiede il suo releasing factor, per il quale Schally e altri (v., 1969) hanno proposto la seguente struttura:
H-Val-His-Leu-Ser-Ala-Glu-Glu-Lys-Glu-Ala-GH
(GH-RF d'origine porcina). Un'iniezione di questo peptide produce una caduta del contenuto in GH del lobo anteriore. Ma persistono numerose incertezze ed esistono notevoli differenze nella secrezione di GH a seconda delle specie.
Di fatto la costituzione chimica del GH-RF non è conosciuta. Ma, nel tentativo di delucidare questa struttura, Guillemin da un lato, Schally dall'altro hanno isolato e purificato un neuropeptide che ‛inibisce' la secrezione dell'ormone della crescita: la somatostatina. Questa sostanza, la cui formula chimica è sconosciuta, possiede 14 amminoacidi: Ala-Gly-Cys-Lys-Ash-Phe-Phe-Trp-Lys-Thr-Phe-Thr-Ser-Cys-OH. Il possesso della formula di questi tre neuropeptidi e la possibilità di ottenerli per sintesi hanno reso possibili importanti progressi nelle nostre conoscenze sulla loro localizzazione, sulla loro concentrazione regionale e sul percorso dei prolungamenti nervosi a essi corrispondenti.
I dosaggi biologici, ma soprattutto radioimmunologici, dei frammenti ottenuti per microdissezione hanno consentito di rivelare la presenza di TRF in tutto l'encefalo del ratto. L'ipotalamo di ratto contiene il 25-3o% del TRF dell'encefalo: le più forti concentrazioni sono state osservate nell'eminenza mediana, nei nuclei periventricolari, dorso-mediani, arcuati e nella parte centrale del nucleo ventro-mediano.
L'HRF appare essenzialmente localizzato nell'eminenza mediana, a livello del nucleo arcuato e nella zona mediobasale dell'area preottica.
La somatostatina è stata trovata nell'eminenza mediana, nei nuclei arcuati, periventricolari, ventro-mediani e premammillari ventrali; nel ratto, l'ipotalamo ne contiene il 28% in rapporto al cervello.
Localizzazioni in strutture extra-ipotalamihe. - Nello OVLT (organo vascolare della lamina terminale) le tecniche immunocitochimiche consentono di localizzare LHRF nelle fibre, in alcune terminazioni e talvolta in alcuni corpi cellulari. Nel ratto la somatostatina è stata trovata negli stessi tipi di elementi. Nelle altre strutture extra-ipotalamiche (mesencefalo, setto, amigdala e corteccia) numerose fibre reagiscono con gli immunsieri dell'uno o l'altro dei tre neuropeptidi; nei pericari è stato osservato solo LHRF. La somatostatina è inoltre presente nell'ippocampo e nel nucleo reticolare del talamo; TRF è stato trovato nel midollo e nel sistema nervoso di Invertebrati.
La somatostatina è stata descritta al di fuori del sistema nervoso centrale, nel pancreas e nella parte superiore del tratto gastrointestinale.
La larga distribuzione di TRF, LHRF e somatostatina nelle strutture extra-ipotalamiche fa pensare che questi ormoni, al di fuori del loro ruolo regolatore dell'ipofisi anteriore, ne svolgano uno differente nel funzionamento del sistema nervoso centrale. Per esempio, recentemente, sono stati messi in luce alcuni loro effetti sul comportamento, in particolare per TRF nel topo e nell'uomo; questi effetti non hanno alcun rapporto con l'attivazione tiroidea. Lo stesso è per la somatostatina, i cui effetti sul comporta- mento differiscono da quelli prodotti dal TRF.
Questi ormoni possono anche avere effetti neurotrofici su altri neuroni : in questo caso, siamo ben lontani dalla concezione iniziale della neurosecrezione. Di fatto è stato messo in evidenza che TRF, LHRF e somatostatina manifestano un'azione depressiva sull'eccitabilità dei neuroni in differenti zone del sistema nervoso centrale.
Quest'ipotesi è stata confermata da recenti risultati di Guillemin (v., 1977), che ha dimostrato che la somatostatina inibisce la liberazione di acetilcolina dal plesso mioenterico dopo stimolazione elettrica.
Gli altri releasing factors sono conosciuti meno bene.
Da moltissimo tempo si supponeva che il controllo della secrezione di prolattina (PRL o LTH) si realizzasse con un fattore ipotalamico inibitore o PIF : questa conclusione è confermata da esperimenti di trapianto dell'ipofisi bntano dalla eminenza mediana, perché in queste condizioni la secrezione di PRL aumenta.
Inoltre, frammenti del lobo anteriore secernono, in vi- tro, rilevanti quantità di PRL ; tale secrezione diminuisce dal 30 al 40% se si aggiunge un estratto acido d'ipotalamo. Tuttavia non è stato possibile isolare, neanche parzialmente, questo fattore. Alcuni risultati sperimentali hanno portato a porre la questione dell'esistenza di un PRL-RF a fianco del PIF: si è infatti constatato che oltre alla sua azione sulla tiroide il TRF provoca un aumento della secrezione di PRL. Al contrario, l'inattivazione della tiroide con propiltiouracile porta a una ipertrofia e a una iperattività delle cellule dell'ipofisi anteriore che secernono PRL osservabile al microscopio elettronico (v. Doerr-Schott e altri, 1972).
Infine, sembra che l'aggressione provochi una liberazione rapida e transitoria di PRL.
È stato sempre ammesso, in seguito a ricerche sperimentali, che la secrezione del lobo intermedio, l'α-MSH, fosse normalmente inibita da un MSH-IF o MIF. Celis e altri (v., 1971) hanno prospettato l'ipotesi che il MIF sia un tripeptide legato al C-terminale dell'ossitocina
H-Pro-Leu-Gly-NH2,
che verrebbe separato dalla molecola di ossitocina a opera di un sistema enzimatico microsomiale presente nell'ipotalamo ventrale.
Se controversa è ancora la struttura chimica di questo MIF, un altro frammento della stessa molecola sembra avere una maggiore attività: si tratta della parte ciclica (l'acido tocinoico) dell'ossitocina. È stato recentemente riferito da Kastin e altri (v., 1972) che il MIF marcato si accumula nella ghiandola pineale; questi autori suggeriscono l'esistenza di un asse ipotalamico-epifisario-ipofisario molto complesso che potrebbe implicare più di una sostanza di tipo MIF nel controllo della secrezione di α-MSH. D'altra parte, a fianco del MIF è stato isolato un MRF che sarebbe un pentapeptide ugualmente proveniente dall'ossitocina.
f) Neuropeptidi, endorfine e ormoni ipofisari
Nel corso degli ultimi 5 anni, sono state realizzate scoperte di una grande importanza, a prima vista abbastanza lontane dai problemi neuroendrocrinologici.
Nel sistema nervoso sono stati identificati dei recettori specifici per gli oppiacei, per gli analgesici narcotizzanti sintetici di struttura chimica vicina così come per gli antioppiacei (tipo naloxone) ottenuti per leggera modifica strutturale della morfina. L'esistenza in tutti i Vertebrati di questi recettori lasciava prevedere quella, nel sistema nervoso, dei relativi substrati naturali. La verifica di quest'ipotesi non ha tardato. Nel 1975, diversi gruppi di ricercatori hanno segnalato la presenza di sostanze endogene naturali, dotate di un' azione analgesica e capaci di fissarsi reversibilmente sui recettori degli oppiacei. La ricerca su questi piccoli peptidi cerebrali raggiunse l'acme quando Hughes e altri (v., 1975) identificarono i fattori morfinomimetici estratti dal cervello di maiale. Si accertò che si trattava di due pentapeptidi composti da queste sequenze di amminoacidi: Tyr-Gly-Gly-Phe-Met e Tyr-Gly-Gly-Phe-Leu. Gli autori li chiamarono metionina, o metenkefalina, e leucina, o leuenkefalina (dalla parola greca che indica il cervello). In seguito, numerosi altri peptidi morfinomimetici sono stati isolati nei laboratori di Guillemin e di C. H. Li. Per evitare confusioni, il termine generico di endorfina ('endo' per endogeno, ‛orfina' per morfina) è stato proposto per designare tutti i composti endogeni morfino mimetici.
È estremamente interessante il fatto che tutti i peptidi finora identificati - a eccezione della leuenkefalina - hanno una sequenza in amminoacidi quale si ritrova nell'ormone ipofisario chiamato beta-lipotropina (β-LPH). Quest'ormone, isolato alcuni anni fa nel laboratorio di C. H. Li (v. Li e altri, 1965), è un polipeptide composto da 91 amminoacidi. Questo peptide ha una debole attività lipotropa, e si supponeva che questa proprietà non ne rappresentasse la funzione principale. Vi sono ora fondati motivi per ritenere che il suo ruolo sia quello di una molecola di riserva che può essere scissa da enzimi appropriati per fornire le endorfine. D'altra parte è stato dimostrato che anche la lipotropina contiene la sequenza di amminoacidi contenuta nell'ormone melanotropo ipofisario (β-MSH). I due peptidi isolati dagli estratti d'ipotalamo di maiale da Guillemin e altri (v., 1976) risultarono rappresentare i residui 61-76 e 61-77 della lipotropina e furono denominati alfa- e gamma-endorfina. Li e i suoi collaboratori hanno osservato che la lipotropina è completamente inattiva, ma che il suo frammento C-terminale (residuo 61-91), ora designato come beta-endorfina, esplica un'elevata attività morfinomimetica. Ognuno di questi peptidi, se viene iniettato direttamente nel cervello degli animali, esercita un'attività analgesica. I pentapeptidi (enkefaline) sono caratterizzati solo da un'attività fugace, mentre le endorfine più grosse agiscono durevolmente (più ore). Si è trovato che le endorfine possiedono proprietà caratteristiche dei morfinici, quali la capacità di generare la tolleranza, la dipendenza fisica e la catatonia (uno stato di rigidità nel quale l'animale si mantiene, per un lungo periodo, in qualsiasi posizione). La beta-endorfina possiede la più elevata attività sia in vivo sia in vitro; essa inoltre ha tra tutti i peptidi la più grande affinità per i recettori della morfina.
La β-endorfina è presente, in alta concentrazione, nell'ipofisi, oltre che negli elementi nervosi dell'ipotalamo e del mesencefalo. L'enkefalina si trova solo in piccole quantità nell'ipofisi.
Guillemin e altri (v., 1977) hanno dimostrato che la β-endorfina e l'ACTH sono liberate simultaneamente, a iniziare dall'ipofisi, durante lo stress. Inoltre, accurate osservazioni sembrano dimostrare che questi peptidi sono prodotti dalle stesse cellule dell'ipofisi. Non si conosce l'eventuale ruolo che la β-endorfina ipofisaria potrebbe svolgere durante lo stress, perchè le quantità liberate dall'ipofisi sono probabilmente troppo esigue per produrre una analgesia.
Per quanto riguarda l'enkefalina, i risultati degli studi di immunofluorescenza hanno dimostrato che i neuroni che la contengono si trovano in numerose regioni del cervello e del midollo spinale, in particolare nelle regioni associate alle vie sensoriali.
Le endorfine potrebbero anche essere implicate nel funzionamento del lobo ghiandolare, in particolare nella secrezione dell'ormone della crescita e della prolattina che, come è noto da lungo tempo, vengono liberati in seguito a un'iniezione di morfina. Questa secrezione di ormone si verifica anche dopo un'iniezione intracisternale di β-endorfina, effetto che è bloccato dal naloxone. La sua azione sembrerebbe tuttavia indiretta, perché essa non agisce sulle cellule ipofisarie in coltura (v. Rivier e altri, 1977). Sembrerebbe dunque che le endorfine agiscano su determinate strutture del sistema nervoso centrale, azione paragonabile a quella della morfina nel caso dell'escrezione degli ormoni postipofisari. Tuttavia nei Vertebrati inferiori - alcuni teleostei - le ricerche citoimmunologiche avrebbero dimostrato l'esistenza di neuroni caratterizzabili da un immunsiero anti-endorfina nel nucleo laterale del tuber (NLT); inoltre un contingente di fibre sembrerebbe anche terminare nell'ipofisi (v. Follenius e Dubois, 1978).
g) Controllo endocrino dell'‛attività nervosa
Se il SNC presiede innegabilmente alle funzioni delle ghiandole endocrine regolandone l'attività in modo da adattarla alle variazioni degli stimoli del mezzo, per converso gli ormoni secreti nel sistema circolatorio agiscono sul SNC.
Nell'animale adulto essi regolano la secrezione dell'ipofisi anteriore per mezzo di una retroazione (feedback) o con un meccanismo servoregolatore in funzione del tasso ematico degli ormoni secreti dalle ghiandole bersaglio. Così l'ipofisi anteriore e le secrezioni ghiandolari che ne dipendono formano un sistema autoregolatore nel quale il sistema nervoso sembra costituire l'anello intermedio. Allorché il tasso sanguigno degli ormoni ovarici, tiroidei o surrenali diminuisce in conseguenza della castrazione, della tiroidectomia o della surrenalectomia unilaterale, si constata che si produce un'ipertrofia compensatrice della ghiandola rimasta. Questa ipertrofia sembra, in parte, corrispondere a un'ipersecrezione della corrispondente stimolina ipofisaria che è liberata dall'ipotalamo, ove entra in gioco un meccanismo chemocettore sensibile alla diminuzione dell'ormone circolante. D'altra parte esistono aree ipotalamiche ed extraipotalamiche che fissano elettivamente certi ormoni. L'estradiolo, per esempio, si concentra in certi neuroni del cervello che sembrerebbero cellule bersaglio di questo ormone. Questi neuroni estrogeno-sensibili esistono tra l'altro nel nucleo periventricolare, nella parte parvocellulare del NPV, nel nucleo arcuato e in una piccola frazione della parte magnocellulare del NPV. Anche un gran numero di neuroni dei nuclei amigdaloidei capta l'estradiolo marcato (v. Stumpf, 1970). Questa fissazione può intervenire nella retroazione degli ormoni sessuali sull'ipofisi, o scatenare reazioni comportamentali. Allorché si registra l'attività unitaria spontanea di certe cellule ipotalamiche, si constata che gli estrogeni riducono le scariche elettriche spontanee dell'area preottica e dell'area laterale del setto e le aumentano nell'ipotalamo laterale. Le aree preottica e laterale del setto svolgono un ruolo nella liberazione di LH e la modificazione osservata è probabilmente il risultato di una retroazione esercitata a questo livello.
Gli estrogeni modificano anche la risposta dei neuroni agli stimoli periferici provocando inibizione. Sotto l'influenza degli estrogeni, la stimolazione vaginale provoca nell'ipotalamo laterale una diminuzione o la soppressione dell'attività spontanea di un gran numero di neuroni.
Gli ormoni agiscono sul SNC anche nel corso dello sviluppo embrionale e della differenziazione neurale. È così che l'ipertiroidismo o l'ipotiroidismo sperimentale influenzano la migrazione delle cellule dello strato dei granuli del cervelletto e la differenziazione dell'arborizzazione dendritica delle cellule del Purkinje (v. Rebière e Legrand, 1972).
Gli ormoni sessuali, in particolare il testosterone, imprimono al cervello in sviluppo il suo orientamento in senso maschile. In effetti, un cervello adulto funziona, dal punto di vista sessuale, in modo diverso nel maschio e nella femmina. Nella femmina, l'ipotalamo esercita una regolazione ritmica sulla secrezione delle gonadostimoline, che provoca un ciclo ovarico, cioè la maturazione dei follicoli (secrezione di FSH), l'ovulazione e la formazione dei corpi lutei (secrezione di LH). Nel maschio, il SNC mantiene uno stato permanente di secrezione delle gonadostimoline, che provoca un'attività sessuale costante.
Se s'impianta tessuto ovarico in un animale maschio adulto, l'innesto non subisce che uno stato di maturazione follicolare, senza ovulazione e pertanto senza fase di luteinizzazione. Se si trapianta un frammento di tessuto ovarico nella camera anteriore dell'occhio di ratti maschi e femmine, si constata che l'ovaio impiantato nella femmina normale castrata all'età adulta presenta un ciclo, un'ovulazione e la formazione di un corpo luteo. L'impianto nel maschio adulto castrato provoca soltanto uno sviluppo follicolare marcato senza ovulazione. Se si effettua lo stesso trapianto nell'occhio di una femmina adulta che ha ricevuto una sola dose di testosterone 4 giorni dopo la sua nascita, si ottiene lo stesso risultato che si era ottenuto eseguendo il trapianto nel maschio adulto. Il cervello della femmina che ha ricevuto un'iniezione di testosterone in un momento critico dello sviluppo ha virato definitivamente verso un funzionamento costante maschile. Infine, se si esegue un trapianto di ovaio in un ratto maschio adulto che è stato castrato entro 2-5 ore dalla nascita, si constata che tutto avviene come se si fosse effettuato il trapianto nell'occhio di una femmina: si hanno ovulazione e luteinizzazione. La soppressione della secrezione di testosterone durante il periodo neonatale critico ha favorito lo sviluppo del suo encefalo in senso femminile (v. Harris, 1966). A queste modificazioni si accompagnano anche corrispondenti variazioni del comportamento sessuale; si può dunque dire che il SNC si sviluppa in senso maschile in presenza di testosterone e in senso femminile in assenza di questo ormone.
h) I riflessi neuroendocrini
Il complesso ipotalamico-ipofisario integra stimoli esterocettivi o enterocettivi e reagisce con la secrezione di ormoni ipofisari. Gli stimoli esterocettivi possono essere trasmessi dai diversi organi di senso e dai recettori somestesici. Gli stimoli enterocettivi possono essere di origine nervosa o umorale. Questi ultimi corrispondono sia a variazioni dell'osmolarità del mezzo interno, sia a variazioni della concentrazione degli ormoni periferici circolanti. In tutti questi casi, la composizione del mezzo interno reagisce con una retroazione positiva (stimolazione della secrezione ormonale) o al contrario con una retroazione negativa sul SNC e sui centri ipotalamici.
Effetti degli stimoli olfattivi. - Gli stimoli olfattivi possono intervenire con modalità diverse sulle funzioni sessuali e, tramite queste, nella limitazione spontanea di una popolazione di Roditori. Essi intervengono anche nelle relazioni sociali dei Roditori, relazioni che gli autori francesi designano con il nome di ‛effetto di gruppo'.
L'intervento di un riflesso olfattivo-ipofisario esiste anche nei fenomeni di riproduzione: particolarmente notevole è l'effetto ‛Bruce'. H. M. Bruce (v., 1959) constatò che se si presentava a un maschio estraneo, soprattutto se di ceppo diverso, una femmina che si era recentemente accoppiata, questa andava incontro a un blocco dell'annidamento dell'uovo, per cui la gestazione non aveva luogo. Perché ciò si verificasse, non era necessario alcun contatto con il maschio estraneo, ma era sufficiente la vicinanza del giaciglio sul quale era stato il maschio; il fenomeno era tuttavia soppresso nella femmina anosmica. Il primo anello della catena di reazioni neuroendocrine che porta al blocco della gestazione è un messaggio odoroso che proviene dal maschio estraneo. Questa sostanza odorosa è instabile e volatile. Tale fattore olfattivo agisce sull'asse ipotalamicoipofisario e inibisce la secrezione di prolattina. Femmine di ratto alle quali sia stata iniettata la prolattina continuano la gestazione normalmente, come le anosmiche, anche se messe in presenza di un ratto estraneo. Allo stesso modo le femmine che allattano non subiscono l'influenza del maschio estraneo per una ragione evidentemente analoga.
Effetti degli stimoli fotici. - Gli stimoli luminosi agiscono sulle diverse parti dell'ipofisi. Essi intervengono tra l'altro nella pigmentocinesi dei Vertebrati inferiori.
Azione della luce sulla pigmentocinesi. La pelle dei Vertebrati inferiori (Pesci, Anfibi) contiene cellule che sono ripiene di granuli di pigmento alcuni di questi sono costituiti da melanina e sono contenuti nei melanociti. A seconda della ripartizione del pigmento citoplasmatico, l'animale è verde o giallo pallido, o verde scuro quasi nero.
In realtà il problema è più complesso, in quanto altre cellule pigmentarie partecipano alla realizzazione del ‛colore' della pelle, che, per esempio nella rana, cambia a seconda del colore del fondo su cui vive. Questo fenomeno è noto da molto tempo: su fondo chiaro (bianco) la rana è chiara, su fondo nero è scura. Nel primo caso le cellule pigmentarie sono ‛contratte', nel secondo sono ‛dilatate'.
L'occhio interviene in questo fenomeno: infatti la sezione bilaterale dei nervi ottici lo abolisce. Si è forse in presenza di un riflesso ottico-pigmentario? Se si sezionano nervi e muscoli di una zampa di rana, lasciando i vasi intatti, la zampa così preparata cambia colore come il resto dell'animale. Siamo dunque in presenza di un fenomeno umorale.
Smith (v., 1919), Hogben e Winton (v., 1923), Houssay (v., 1917) e diversi altri ricercatori hanno dimostrato che l'ipofisectomia sopprime tutte le modificazioni del colore della pelle; l'animale ipofisectomizzato diventa chiaro (pallido) e rimane tale. Negli Anfibi si possono togliere separatamente il lobo anteriore e il lobo intermedio dell'ipofisi o i due lobi contemporaneamente; solo con l'ablazione del lobo intermedio si ottiene un impallidimento definitivo.
Nel 1932, Zondek e Krohn (v.) hanno estratto dal lobo intermedio un ormone: l'intermedina (α-MSH), che oscura la rana anche se questa si trova su di un fondo bianco.
Come interpretare l'azione della luce sull'ipofisi? La luce interviene sull'ipofisi attraverso il SNC. La sezione o la puntura dell'infundibolo, cioè della parte di cervello che collega l'ipofisi al resto del cervello, dà un oscuramento, sia definitivo (sezione), sia passeggero (puntura). Tutto avviene come se il sistema nervoso inibisse il funzionamento della pars intermedia, quando l'animale è su di un fondo bianco, e permettesse la secrezione di questa parte della ghiandola, allorché l'animale è su di un fondo nero.
Come può l'occhio differenziare fondi variabili in presenza di una stessa luce incidente? Su fondo bianco tutta la retina è illuminata, su fondo nero la parte superiore della retina lo è solo debolmente: è a questa differenza d'illuminazione che va attribuita l'origine del riflesso ottico-pituitario (v. Stutinsky, 1939).
Il fenomeno è indubbiamente meno semplice di quello proposto dallo schema: infatti al fenomeno d'espansione potrebbe opporsi l'adrenalina o l'epifisi e, in tutti i casi, sembra che, almeno nei Batraci, gli ormoni agiscano modificando alcune cellule che subiscono anche una regolazione tonica di origine simpatica.
Effetti degli stimoli tattili o somestesici. - In qualche specie l'ovulazione fa obbligatoriamente seguito all'accoppiamento sessuale; si tratta di animali a ovulazione provocata: gatto, furetto, coniglio.
1. Animali a ovulazione provocata. La femmina di coniglio è sempre in estro: infatti piccole quantità di estrogeni le fanno accettare il maschio in qualsiasi momento. L'accoppiamento sessuale provoca l'ovulazione con una latenza di 10 ore; altrettanto avviene in seguito a stimolazione meccanica o elettrica. L'ipofisi è indispensabile da 45′ a 60′ dopo il coito o la stimolazione. Si può poi rimuovere la ghiandola senza impedire l'ovulazione. L'effetto del coito può essere bloccato da diverse sostanze farmacologiche: simpaticolitici, anticolinergici o anche i barbiturici; il che indica che il sistema nervoso interviene nello svolgimento dei fenomeni ormonali. Tuttavia l'LH è secreto malgrado l'anestesia locale della vagina e della vulva e lesioni molto ampie del sistema nervoso centrale e periferico, purché il midollo lombare e le sue connessioni con l'ipotalamo rimangano intatte (v. Brooks, 1938).
Nella femmina di ratto, dopo ablazione della neocorteccia, Davis (v., 1939) ha osservato cicli regolari e una gestazione normale. Il fatto che porzioni considerevoli del sistema nervoso periferico e centrale possano essere eliminate sperimentalmente non significa affatto che queste strutture non svolgano un ruolo nell'animale normale.
La stimolazione elettrica della regione lombare, dell'area preottica mediana, della regione tuberale a contatto dei corpi mammillari dietro al nucleo arcuato, dell'amigdala (pars centralis) provoca l'ovulazione, dunque una secrezione di LH. La stimolazione della vagina provoca, d'altronde, una secrezione di prolattina, di ossitocina, di vasopressina e anche di ACTH (v. Desclin, 1953).
L'intervento del SNC è ulteriormente confermato dalle osservazioni di Barraclough (v., 1963) e di Porter e altri (v., 1957) nelle femmine di ratto e di gatto. La stimolazione vaginale provoca un'attività elettrica considerevole nell'area preottica laterale, nell'ipotalamo e nel fascio olfattivo basale. L'attività elettrica è modificata nell'area perifornicale e nell'ipotalamo laterale del ratto. A questo livello il 47% dei neuroni studiati potevano essere attivati, mentre altri erano inibiti da questa stimolazione. Tra i neuroni studiati, solamente 2 erano specificamente stimolati dagli influssi di origine vaginale, mentre 94 erano attivati sia dal dolore sia dal freddo. Anche nella femmina di gatto esistono fenomeni d'inibizione, di origine olfattiva o genitale, e di facilitazione. Brooks e altri (v., 1962) hanno dimostrato che il 10% dei neuroni del NSO è attivato dallo stimolo vaginale e il 2-3% è inibito. Inoltre altri centri superiori sono ugualmente interessati dalle stimolazioni vaginali e, durante l'ovulazione, l'attività unitaria aumenta nella regione premammillare e diminuisce nel complesso dorso-ventro-mediano (v. Faure, 1968).
Se, nelle altre specie, le ovulazioni si succedono a intervalli regolari e, in apparenza, senza il concorso del maschio, l'intervento di un riflesso vaginale-ipotalamico non può tuttavia essere completamente escluso.
2. Animali a ovulazione spontanea. L'accoppiamento può ugualmente provocare l'ovulazione nella femmina di ratto, animale detto a ovulazione spontanea, a condizione che essa sia sensibilizzata dagli estrogeni il secondo giorno del diestro (v. Aron, 1967); il numero dei follicoli luteinizzati è funzione del numero dei coiti.
In tale animale l'intervento del SNC nei fenomeni di riproduzione era già indicato dagli effetti che esercitano certi farmaci (membotal) sull'inibizione dell'estro e dell'ovulazione. Altri fatti, il funzionamento ritmico ipotalamico della femmina, il fenomeno della pseudogestazione (PG) conseguente a un coito sterile o simulato il giorno dell'estro, confermano questo intervento. La scomparsa del fattore inibitore della secrezione di prolattina si può ancora ottenere con altri mezzi che agiscono tutti intervenendo sul SNC: il passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello; uno stress violento il giorno dell'estro (v. Richter, 1958); una stimolazione dei capezzoli prolungata per più giorni; un'iniezione di un depressore del SNC (reserpina); infine l'iniezione di estrogeni il giorno dell'estro, che provoca una modificazione del funzionamento ipotalamico.
Anche se il coito produce in apparenza o l'ovulazione o la pseudogestazione, bisogna sottolineare che i due fenomeni sono del tutto diversi; nel primo caso l'ovulazione fa seguito a un brusco aumento della secrezione di LH (fenomeno passeggero), nel secondo caso si ha una secrezione persistente di LTH. In linea di principio, la secrezione di LTH non avviene se non quando ha avuto luogo l'ovulazione - spontanea o provocata - che modifica per un certo periodo di tempo il condizionamento ormonale e la soglia dei centri ipotalamici.
Per la PG, l'integrità del sistema nervoso periferico sembra essere più importante di quanto non lo sia per l'ovulazione provocata, poiché questa sembra aver luogo senza intromissioni. La sezione dei nervi pelvici impedisce la PG dopo stimolazione della cervice e l'anestesia del midollo la impedisce dopo stimolazione vaginale. Inoltre la simpatectomia cervicale e addominale diminuisce la frequenza della PG dopo stimolazione meccanica o elettrica della cervice. La resezione parziale dell'utero (v. Ball, 1934) diminuisce la frequenza della PG; la percentuale dei casi positivi aumenta con la ripetizione degli accoppiamenti.
Nello stesso ordine di idee, Alloiteau (v., 1957) ha dimostrato che un'unica stimolazione del capezzolo è inefficace. Su 42 femmine di ratto in postparto, 14 iniziano una PG dopo 3-5 giorni di allattamento; ma, durante lo stesso periodo, una stimolazione vaginale quotidiana in femmine private dei loro piccoli dal momento della nascita è sufficiente a provocare una PG nel 100% dei casi. La via nervosa che parte dal capezzolo pare quindi avere una soglia superiore a quella che parte dagli organi genitali. La PG sopravviene ugualmente in maniera costante se femmine in postparto vivono in gruppo.
Benché l'ovulazione e la PG possano essere provocate da stimoli periferici molto simili, sembra poco probabile che lo stesso stimolo nervoso possa nello stesso tempo inibire le gonadotropine e provocare la PG, e viceversa. L'una o l'altra reazione è condizionata dall'equilibrio endocrino al momento del coito. I due effetti possono in tutti i casi essere separati: sempre nel ratto, l'ipersecrezione delle gonadotropine della femmina castrata non è arrestata dalla suzione del capezzolo, sebbene questo stimolo provochi la PG.
Il riflesso di elezione del latte. - Un'altra stimolazione tattile, quella del capezzolo, provoca l'eiezione del latte per suzione o nel corso della mungitura.
Nel corso della mungitura, si constata anzitutto un aumento della pressione intramammaria e, se si fanno più mungiture successive, questa pressione aumenta da una mungitura all'altra. È dunque successo qualcosa tra due mungiture successive. Il fenomeno è riflesso e l'assunzione del latte, rilevabile dall'aumento di peso dei neonati nel corso della poppata, può essere bloccata anestetizzando la madre. In questo caso un'iniezione di ormone postipofisario rende normale la quantità di latte.
La separazione dell'ipofisi dall'ipotalamo con un trapianto permette la lattogenesi (prolattina), ma l'eiezione è sospesa come dopo postipofisectomia. La suzione del capezzolo provoca la secrezione di ossitocina; a questa si possono accompagnare antidiuresi (vasopressina) e coliche uterine. Nella femmina di ratto che allatta, la liberazione di ossitocina è un fenomeno periodico (v. Wakerley e Lincoln, 1971). È stato possibile effettuare simultaneamente le registrazioni della pressione intramammaria e dell'attività elettrica degli ormoni endocrini del NSO e del NPV. Si verifica un aumento della pressione intramammaria ogni 4-8 minuti; una brusca scarica di potenziali d'azione la precede di 10-18 secondi. Questa attivazione è seguita da un periodo di silenzio. La suzione mette in gioco soprattutto i neuroni che hanno un'attività aleatoria; il grado di attività dipende soprattutto dal numero dei piccoli attaccati alle mammelle. Inoltre la stimolazione elettrica dei nuclei neurosecretori ipotalamici o del peduncolo ipofisario provoca, nell'animale che allatta, l'eiezione del latte. Le vie di questo riflesso sono abbastanza ben note alla periferia, meno bene per quel che riguarda il SNC.
Le vie afferenti sono state studiate da Eayrs e Baddeley (v., 1956) nel ratto e sembra che gli stimoli che partono dal capezzolo arrivino ai centri superiori attraverso i cordoni antero-laterali del midollo spinale. Tuttavia l'eiezione del latte può essere ottenuta con la stimolazione di tutta una serie di nervi periferici: sciatici, ottici, vaghi, nervi del tratto genitale. Anche stress di varia origine provocano la liberazione di ossitocina.
Il coito, il parto e la dilatazione vaginale (riflesso di Ferguson) danno origine a una liberazione d'ossitocina, la cui importanza varia secondo le specie. Qui anche l'attività elettrica dei neuroni aumenta e precede tale liberazione, ma non vi sono bruschi sbalzi di secrezione come quello che si verifica in occasione dell'eiezione del latte. La dilatazione della vagina determina una liberazione d'ossitocina che è funzione della pressione intrauterina esercitata (v. Moss e Richard, 1975).
L'antidiuresi riflessa. - La secrezione dell'ormone antidiuretico (ADH o vasopressina), che controlla il riassorbimento tubulare facoltativo dell'acqua, è regolata da due tipi di stimoli, uno umorale, l'altro corrispondente a variazioni della volemia: le variazioni della pressione osmotica nel territorio della carotide interna, provocate dall'iniezione rapida intracarotidea di piccole quantità di siero ipertonico, provocano una ritenzione idrica misurabile dalla diminuzione dell'emissione di urina, conseguenza di una escrezione di ADH. I fenomeni sono invertiti dall'iniezione di una soluzione ipotonica.
L'aumento della volemia provoca la diuresi, cioè una inibizione della neuroipofisi, e la sua diminuzione la riduce. I recettori che mettono in gioco questi riflessi stimolatori o inibitori della secrezione di ADH sono localizzati a livello di zone vascolari a bassa pressione, in particolare a livello dell'orecchietta sinistra del cuore; i messaggi afferenti sono trasportati dai nervi vaghi (pneumogastrici o X paio dei nervi cranici) e raggiungono l'ipotalamo anteriore.
Nella maggior parte dei casi l'iniezione di soluzioni saline ipertoniche aumenta la frequenza dei potenziali d'azione, che talvolta divengono fasici. In caso di disidratazione prolungata, l'attività può divenire continua; la reidratazione determina un progressivo ritorno alla norma.
Il prelevamento di sangue, l'occlusione bilaterale delle carotidi determinano nel ratto un'attivazione dei neuroni fasici dei NSO, quindi una scarica di ormoni neuroipofisari.
Numerosi altri stimoli interessano la secrezione di ADH: la temperatura esterna, la luce, qualsiasi tipo di aggressione. Si è potuto dimostrare che nel corso di un'aggressione neurogena (suono) la liberazione di ADH avviene contemporaneamente a quella di ACTH e che nel corso di un'aggressione sistemica la secrezione di ADH precede quella di ACTH.
Effetti degli stimoli aspecifici: stress o aggressione. - L'aggressione mette in gioco l'asse ipofisario-surrenale. La secrezione di ACTH provoca quella dei corticoidi del surrene. Fortier (v., 1951) ha diviso le aggressioni in aggressioni neurogene e aggressioni sistemiche. Affinché un agente aggressivo neurotropo agisca, bisogna che i collegamenti tra l'ipofisi e il SNC (ipotalamo) siano intatti. Per esempio, un'ipofisi trapiantata non reagisce più al rumore; reagirà ancora all'istamina.
Le strutture centrali extraipotalamiche implicate nella risposta corticotropa sono: il rinencefalo, il tronco dell'encefalo e, accessoriamente, la corteccia cerebrale. In effetti, la scarica di ACTH non è mai una reazione isolata, ma è associata alle risposte vegetative e somatiche provocate da ogni tipo di aggressione: la scarica di adrenalina che ha come conseguenza una dilatazione pupillare e un'erezione dei peli, reazioni somatiche, motorie, emozionali o di difesa. Le strutture nervose che sottendono queste reazioni sono ben note : il rinencefalo e il tronco dell'encefalo.
Gli esperimenti di stimolazione o di ablazione hanno dimostrato che il rinencefalo svolge un ruolo importante in tutta una serie di comportamenti con una forte tonalità affettiva: comportamenti aggressivi o legati ad attività orali, anali e sessuali. La stimolazione dell'amigdala per 90' provoca un aumento dei 17-idrossicorticosteroidi, mentre la stimolazione prolungata dell'ippocampo provoca, dopo 24 ore, la diminuzione dei corticosteroidi. Durante questa fase tardiva è aumentata la soglia di stimolazione dei centri ipotalamici, che normalmente provocano la liberazione di ACTH. Vi è dunque inibizione attiva e di lunga durata dei meccanismi nervosi che regolano la liberazione di CRF e di ACTH. Le lesioni bilaterali dell'ippocampo o la sezione bilaterale del fornice hanno come conseguenza la soppressione del ritmo nictemerale della secrezione degli steroidi surrenali.
Le strutture situate sul davanti del tronco dell'encefalo non sono necessarie alla scarica di ACTH, ma sono necessarie le connessioni tra la parte caudale del tronco dell'encefalo e l'ipotalamo. Sono indispensabili alcune aree localizzate del tronco cerebrale. Le lesioni del mesencefalo diminuiscono la secrezione di base e la scarica critica. Malgrado la conservazione di vie somestesiche che proiettano sull'ipotalamo, il solo ipotalamo non è in grado di rispondere. Dopo lesioni sopramammillari aumenta la secrezione di ACTH; dunque questa regione è normalmente inibitrice. Questi territori intervengono anche nella secrezione di ACTH.
Esistono ancora molti altri riflessi neuroendocrini, cioè stimoli dell'ambiente esterno che agiscono sul sistema nervoso centrale, che trasmette le sue informazioni attraverso il sistema portale all'ipofisi anteriore o, per mezzo del peduncolo, all'ipofisi posteriore, per far aumentare o diminuire alcune secrezioni ipofisarie. In tal modo il sistema endocrino è costantemente regolato al fine di conservare da un lato l'equilibrio dell'ambiente interno e, dall'altro, il coordinamento dei meccanismi fisiologici necessari alla perpetuazione della specie.
3. Considerazioni generali
I riflessi neuroendocrini si comportano in generale come riflessi vegetativi aventi come substrato anatomico un arco riflesso comprendente un recettore, una fibra afferente, articolazioni sinaptiche e una via efferente motrice o secretoria. Nel caso di un riflesso neuroendocrino, l'efferenza è nella maggior parte dei casi secretoria e ipofisaria. Al pari dei riflessi ordinari, il riflesso neuroendocrino presenta una soglia di eccitamento, un'affaticabilità, un periodo refrattario. Al pari del riflesso vegetativo, gli archi riflessi neuroendocrini possiedono terminazioni recettrici specifiche: organi di senso, del tatto, ecc., ma in certi casi lo stimolo (luce) può agire direttamente sull'ipotalamo, in altri (coito) la soppressione degli stimoli locali mediante anestesia della vagina e della vulva o per impedimento della penetrazione non inibisce il riflesso. Sembra soprattutto che, in questo caso particolare, sarebbero preponderanti alcune stimolazioni propriocettive di origine muscolare o articolare. Ancora, quali che siano le terminazioni recettrici eccitate, tutte le afferenze, dopo tragitti più o meno complessi, terminano nel medesimo territorio del SNC: l'ipotalamo. Inoltre, uno stesso stimolo (la luce) può implicare, attraverso vie diverse, parecchi effettori, l'ipofisi e l'epifisi.
Viceversa, stimoli molto vari - l'eccitazione dei nervi periferici, la suzione del capezzolo, il coito o la dilatazione vaginale - provocano la secrezione dello stesso ormone, l'ossitocina, e stimoli ancora più vari provocano la secreztone dell'ACTH. Se il condizionamento ormonale dell'ipotalamo è favorevole, il coito provoca l'ovulazione con la secrezione di LH. Dopo l'accoppiamento questo ormone è secreto anche dal maschio (v. Taleisnik e altri, 1966), senza che gli si possa attribuire, per il momento, un particolare ruolo fisiologico. Se il condizionamento ormonale è lievemente diverso, la suzione del capezzolo o il coito determinano la secrezione di prolattina e, di conseguenza, la pseudogestazione. Questo condizionamento ormonale del SNC svolge un ruolo considerevole. Esso sottolinea il fatto che un riflesso neuroendocrino s'iscrive sempre in un ‛circuito regolatore': questo è perfettamente chiaro nell'esperimento di Kordon e Gogan (v., 1964), i quali hanno dimostrato che la luce non esercita più alcuna azione sullo sviluppo delle gonadi dell'anatra, allorché si pratichino su quest'animale impianti di testosterone nella regione periventricolare dell'ipotalamo.
4. Conclusioni
Si può oggi affermare che tutte le regolazioni endocrine classiche sono in realtà regolazioni neuroendocrine. Con Guillemin (v., 1977) ci si può chiedere se l'endocrinologia non sia una branca della neuroendocrinologia, e non l'inverso, come vorrebbe lo sviluppo storico di questa recente disciplina della scienza fisiologica.
La neuroendocrinologia si è rapidamente estesa. La sua importanza è in continuo aumento e i più recenti risultati mostrano che alcuni neuropeptidi ormonali esercitano una azione extraipofisaria e anche extraipotalamica che suggerisce come queste sostanze, o frammenti più o meno legati a certe molecole di natura ormonale, potrebbero avere uno spettro d'azione molto più ampio di quello inizialmente loro attribuito. Considerando i più recenti risultati, sembra ancor più evidente che le scoperte compiute in neuroendocrinologia e quelle che seguiranno siano destinate a modificare completamente le nostre idee sulla fisiologia e sulla patologia del sistema nervoso.
Le correlazioni del sistema neuroendocrino si esprimono secondo un ordine gerarchico che comporta diversi livelli. I rapporti che intercorrono tra questi rappresentano le maglie di un sistema regolatore in grado di integrare informazioni diverse, esterocettive ed enterocettive, che producono modificazioni a cascata; determinati livelli agiscono per retroazione su quelli che li precedono e l'ultimo contiene il circuito regolatore.
Schematicamente si possono distinguere: 1) uno stadio ipotalamico d'integrazione delle informazioni nervose e umorali, composto per la maggior parte dai nuclei ipotalamici, ai quali si aggiungono le strutture rinencefaliche e mesencefaliche associate. È a questo livello che si esercitano i più importanti effetti di retroazione; 2) uno stadio ipotalamico neurosecretorio, comprendente i nuclei anteriori, mediani e ventrali che elaborano gli ormoni postipofisari e i releasing factors; 3) uno stadio ipofisario che reagisce agli ormoni ipotalamici ipofisistimolanti liberando un ormone specifico per ciascuna ghiandola periferica; 4) uno stadio composto dall'insieme delle ghiandole endocrine, le cui secrezioni da una parte agiscono su organi e tessuti bersaglio e, dall'altra, esercitano una retroazione sul SNC o sull'ipotalamo.
bibliografia
Allotteau, J. J., A propos de la pseudogestation consécutive à une injection unique d'oestradiol chez la ratte, in ‟Comptes rendus de la Société de Biologie", 1957, CLI, pp. 290-292.
‟Annual review of physiology" (a cura di J. H. Comroe, J. S. Edelman e R. R. Sonnenschein), vol. XXXV, 1973.
Arimura, A., Sato, H., Coy, D. H., Schally, A. V., Radioimmunoassay for GH-release inhibiting hormone, in ‟Proceedings of the Society for Experimental Biology and Medicine", 1975, CXLVIII, pp. 784-789.
Aron, Cl., Facteurs neurohormnaux de la ponte ovulaire chez les Mammifères. Ovulation provoquée chez la ratte, in ‟Revue européenne d'endocrinologie", 1967, IV, pp. 67-90.
Ball, J., Demonstration of quantitative relation between stimulus and response in pseudopregnancy in rat, in ‟American journal of physiology", 1934, CVII, pp. 698-703.
Bargmann, W., Über die neurosekretorische Verknüpfung von Hypothalamus und Hypophyse, in ‟Zeitschrift für Zellforschung und mikroskopische Anatomie", 1949, XXXIV, pp. 610-634.
Barraclough, C. A., Secretion and release of LH and FSH: discussion, in Advances in neuroendocrinology, Urbana 1963, pp. 224-233.
Barry, J., Septo-epithala-habenular LRF-reactive neurons in monkeys, in ‟Brain research", 1978, CLI, pp. 183-187.
Benoît, J., Stimulation du développement testiculaire par l'éclairement artificiel (avec démonstrations), in ‟Comptes rendus de la Société de Biologie", 1935, XCVIII, pp. 664-668.
Benoît, J., Facteurs externes et internes de l'activité sexuelle. I. Stimulation par la lumière de l'activité sexuelle chez le canard et la cane domestiques, in ‟Bulletin biologique de la France et de la Belgique", 1936, LXX, pp. 487-533.
Benoît, J., Facteurs externes et internes de l'activité sexuelle. II. Étude du mécanisme de la stimulatin par la lumière de l'activité testiculaire chez le canard domestique. Rôle de l'hypophyse, in ‟Bulletin biologique de la France et de la Belgique", 1936, LXXI, pp. 394-437.
Benoît, J., Assenmacher, I., Action des facteurs externes et plus particulièrement du facteu lumineux sur l'activité sexuelle des Oiseaux, in Endocrinologie sexuelle. Rapports de la IIe réunion des endocrinologistes de langue française, Pais 1953, p. 54.
Benoît, J., Assenmacher, I., Le contrôle hypothalamique de l'activité préhypophysaire gonadotrope in ‟Journal de physiologie", 1955, XLVII, pp. 427-567.
Benoît, J., Kordon, Cl. (a cura di), Neuroendocrinologie, Paris 1970.
Berthold, A. A., Transplantation der Hoden, in ‟Archiv für Anatomie und Physiologie", 1849, pp. 42-46.
Blakwell, R. E., Guillemin, R., Hypothalamic control of adenohypophysial secretions, in ‟Annual review of physiology", 1973, XXXV, pp. 357-390.
Brazeau, P., Vale, W., Burgus, R., Ling, N., Butcher, M., Rivier, J., Guillemin, R., Hypothalamic polypeptide that inhibits the secretion of immunoreactive pituitary growth hormone, in ‟Science", 1973, CLXXIX, pp. 77-79.
Brodish, A., Delayed secretion of ACTH in rats with hypothalamic lesions, in ‟Endocrinology", 1964, LXXIV, pp. 28-34.
Brolin, S. E., A study of the structural and hormonal reactions of the pituitary body of rats exposed to cold, in ‟Acta anatomica", 1945, II, suppl. 3, pp. 1-165.
Brolin, S. E., The importance of the stalk connexion for the power of the anterior pituitary of the rat to react structurally upon ceasing thyroid function, in ‟Acta physiologica scandinavica", 1947, XIV, pp. 233-244.
Brooks, C. McC., A study of the mechanism whereby coitus excites the ovulation producing activity of the rabbit's pituitary, in ‟American journal of physiology", 1938, CXXI, pp. 157-177.
Brooks, C. McC., Ushiyama, J., Lange, G., Reactions of neurones in or near the supraoptic nuclei, in ‟American journal of physiology", 1962, CCII, pp. 489-490.
Brown-Grant, K., Harris, G. W., Reichlion, S., The effect of pituitary stalk section on thyroid function in the rabbit, in ‟Journal of physiology", 1957, CXXXVI, pp. 364-379.
Bruce, H. M., An exteroceptive block to pregnancy in the mouse, in ‟Nature", 1959, CLXXXIV, p. 105.
Celis, M. E., Taleisnik, S., Walter, R., Regulation of formation and proposed sturcture of the factor inhibiting the release of melanocyte stimulating hormone, in ‟Proceedings of the National Academy of Sciences", 1971, LXVIII, pp. 1428-1433.
Curri, S. B., Martini, L. (a cura di), Pathophysiologia diencephalica, Wien 1956.
D'Angelo, S. A., Snyder, J., Grodin, J. M., Electrical stimulation of the hypothalamus: simultaneous effects on the pituitary-adrenal and thyroid systems of the rat, in ‟Endocrinology", 1964, LXXV, pp. 417-427.
Davis, C. D., The effect of ablations of neocortex on mating, matenal behavior and the production of pseudopregnancy in the female rat and on copulatory activity in the male, in ‟American journal of physiology", 1939, CXXVII, pp. 374-380.
Desclin, L., Les facteurs qui déterminent la longueur de vie des corps jaunes et conditionnent leur activité fonctionnelle, in Endocrinologie sexuelle. Rapports de la IIe réunion des endocrinologistes de langue française, Paris 1953, pp. 1-32.
Doerr-Schott, J., Stoeckel, M. E., Porte, A., Reville, Ph., Sur les modifications ultrastructurales des cellules à prolactine de l'hypophyse du rat hypothyroidien, in ‟Comptes rendus de l'Académie des Sciences" (Série D), 1972, CCLXXIV, pp. 2995-2997.
Eayrs, J.J., Baddeley, R. M., Neural pathways in lactation, in ‟Journal of anatomy", 1956, XC, pp. 161-171.
Faure, J.M.A., Rôle du système nerveux central extrahypothalamique dans la physiologie ovarienne. Perspectives physiopathologiques, in Actualités endocrinologiques, Paris 1968, pp. 19-32.
Follenius, E., Dubois, M. P., Distribution of fibres reacting with an α-endorphin antiserum in the neurophypophysis of Carassius auratus and Cyprinus carpio, in ‟Cellular tissue research", 1978, CLXXXIX, pp. 251-256.
Fortier, C., Dual control of adrenocorticotropin release, in ‟Endocrinology", 1951, XLIX, pp. 782-790.
Green, J. D., Harris, G. W., Neurovascular link between neurohypophysis and adenohypophysis, in ‟Endocrinology", 1947, V, pp. 136-146.
Guillemin, R., The expanding significance of hypothalamic peptides, or, is endocrinology a branch of neuroendocrinology?, in Recent progress in hormone research (a cura di R. O. Greep), vol. XXXIII, New York 1977, pp. 1-28.
Guillemin, R., Ling, N., Burgus, R., Endorphines, peptides d'origine hypothalamique et neurohypophysaire à activité morphinomimétique. Isolement et structure moléculaire de l'α-endorphine, in ‟Compte rendu hebdomadaire des séances de l'Académie des Sciences", 1976, CCLXXXII, pp. 783-785.
Guillemin, R., Vargo, T., Rossier, J., Minick, S., Ling, N., Rivier, C., Vale, W., Bloch, F., β-endorphin and adrenocorticotropin are secreted concomitantly by the pituitary gland, in ‟Science", 1977, CXCVII, pp. 1367-1369.
Halász, B., Pupp, L., Uhlarik, S., Hypophysiotrophic area in the hypothalamus, in ‟Journal of endocrinology", 1962, XXV, pp. 147-154.
Harris, G. W., Le système nerveux central et les glandes endocrines, in ‟Triangle", 1966, VI, 7, pp. 238-247.
Harris, G. W., Donovan, B. T. (a cura di), The pituitary gland, voll. I, II e III, London 1966.
Hoffman, R. A., Reiter, R. J., Pineal gland: influence on gonads of male hamsters, in ‟Science", 1965, CXLVIII, pp. 1609-1610.
Hogben, L., Winton, R., The pigmentary effectory system. III. Colour response in the hypophysectomized frog, in ‟Proceedings of the Royal Society of London", 1923, XCV, p. 15.
Hökfelt, T., Elde, E., Fuxe, K., Johansson, O., Ljungdahl, Å., Goldstein, M., Luft, R., Efendic, S., Nilsson, G., Terenius, L., Ganten, D., Jeffcoate, S. L., Rehfeld, J., Said, S., Perez de la Mora, M., Possani, L., Tapia, R., Teran, L., Palacios, R., Aminergic and peptidergic pathways in the nervous system with special reference to the hypothalamus, in The hypothalamus (a cura di S. Reichlin, R. J. Baldessarini e J. B. Martin), New York 1978, pp. 69-135.
Houssay, B. A., Recherches expérimentales sur l'hypophyse de la grenouille, Leptodactylus ocellatus, in ‟Journal de physiologie et de pathologie générales", 1917, XVII, pp. 406-419.
Hughes, J., Smith, T. W., Kosterlitz, H. W., Forthergill, L. A., Morgan, B. A., Morris, H. R., Identification of two related pentapeptides from the brain with potent opiate agonist activity, in ‟Nature", 1975, CCLVIII, pp. 577-579.
Kastin, A.J., Nair, R. M. G., Viosca, S., Hypothalamic-pinealpituitary interactions, in Progress in endocrinology. Proceedings of the 4th international congress of endocrinology, Washington 1972, p. 229.
Knigge, K. M., Joseph, S. A., Neural regulation of TSH secretion: sites of thyroxine feed-back, in ‟Neuroendocrinology", 1971, VIII, pp. 273-288.
Kordon, Cl., Gogan, F., Localisation par une technique de microimplantation de structures hypothalamiques responsables du feed-back par la testostérone chez le canard, in ‟Comptes rendus de la Société de Biologie", 1964, CLVIII, pp. 1795-1798.
Li, C.H., Barnafi, L., Chretien, M., Chung, D., Isolation and aminoacid sequence of β-LPH from sheep pituitary glands, in ‟Nature", 1965, CCVIII, pp. 1093-1094.
Martini, L., Ganong, W. F. (a cura di), Neuroendocrinology, 2 voll., New York-London 1966-1967.
Martini, L., Motta, M., Fraschini, F. (a cura di), The hypotalamus, New York-London 1970.
Meites, J., Hopkins, T. F., Deuben, R., Growth hormone production by rat pituitary in vitro, in ‟Federation proceedings", 1962, XXI, p. 196.
Moss, F., Richard, Ph., Importance de la libération d'ocytocine induite par la dilatation vaginale (réflexe de Ferguson) et la stimulation vagale (réflexe vago-pituitaire) chez la ratte, in ‟Journal de physiologie", 1975, LXX, pp. 307-314.
Porter, J. C., Secretion of corticosterone in rats with anterior hypothalamic lesions, in ‟American journal of physiology", 1963, CCIV, pp. 715-718.
Porter, R. W., Cavanaugh, E. B., Critchlow, B. V., Sawyer, C. W., Localized changes in electrical activity of the hypothalamus in estrous cats following vaginal stimulation, in ‟American journal of physiology", 1957, CLXXXIX, pp. 145-151.
Raisman, G., Neural connexions of hypothalamus, in Recent studies on the hypothalamus, in ‟British medical bulletin", 1966, XXII, 3, pp. 197-201.
Rebière, A., Legrand, J., Effets comparés de la sous-alimentation, de l'hypothyroidisme et de l'hyperthyroidisme sur la maturation histologique de la zone moléculaire du cortex cérébelleux chez le jeune rat, in ‟Archives'anatomie microscopique et de morphologie expérimentale", 1972, LXI, pp. 105-126.
Richard, Ph., Freund-Mercier, M. J., Moss, F., Les neurones hypothalamiques ayant une fonction endocrine. Identification, localisation, caractéristiques électrophysiologiques et contrôle hormonal, in ‟Journal de physiologie", 1978, LXXIV, pp. 61-112.
Richter, C. P., Neurological basis of responses to stress, in Neurological basis of behaviour. Ciba Foundation Symposium, London 1958, pp. 204-221.
Rivier, C., Vale, W., Ling, N., Brown, M., Guillemin, R., Stimulation in vivo of the secretion of prolactin and growth hormone by β-endorphin, in ‟Endocrinology", 1977, C, pp. 238-241.
Schally, A.V., Sawano, S., Arimura, A., Barret, J. F., Wakabayashi, I., Bowers, C. Y., Isolation of growth hormone-releasing hormone (GRH) from porcine hypothalami, in ‟Endocrinology", 1969, LXXXIV, pp. 1493-1506.
Scharrer, E., Die Lichtempfindlichkeit blinder Elritzen (Untersuchungen über das Zwischenhirn der Fische. I.), in ‟Zeitschrift für vergleichende Physiologie", 1928, VII, pp. 1-38.
Slusher, M. A., Effects of chronic hypothalamic lesions on diurnal and stress corticosteroid levels, in ‟American journal of physiology", 1964, CCVI, pp. 1161-1164.
Smith, P. E., The pigment changes in frog larvae deprived of the epithelial hypophysis, in ‟Proceedings of the Society for Experimental Biology", 1919, XVI, p. 74.
Stoeckel, M. E., Dellmann, H. D., Porte, A., Klein, M. J., Stutinsky, Fr., Corticotrophic cells in the rostral zone of the pars intermedia and in the adjacent neurohypophysis of the rat and mouse, in ‟Zeitschrift für Zellforschung und mikroskopische Anatomie", 1973, CXXXVI, pp. 97-110.
Stumpf, W., Estrogen-neurons and estrogen-neuron systems in the periventricular brain, in ‟American journal of anatomy", 1970, CXXIX, 2, pp. 207-218.
Stutinsky, Fr., Contribution à la physiologie hypophysaire des Batraciens. Les corrélations opto-pituito-mélanocytiques chez la grenouille, Paris 1939, pp. 1-228.
Szentágothal, J., Flerkó, B., Mess, B., Halász, B., Hypothalamic control of the anterior pituitary, Budapest 1962.
Taleisnik, S., Caligaris, L., Astrada, J. J., Effect of copulation on the release of pituitary gonadotropins in male and female rats, in ‟Endocrinology", 1966, LXXIX, pp. 49-54.
Wakerley, J. B., Lincoln, D. W., Phasic discharge of antidromically identified units in the paraventricular nucleus of the hypothalamus, in ‟Brain research", 1971, XXV, pp. 192-194.
Weiss, P., Hiscoe, H. B., Experiment on the mechanism of nerve growth, in ‟Journal of experimental zoology", 1948, CVII, pp. 315-395.
Zondek, B., Krohn, H., Ein Hormon der Hypophyse, Zwischenlappen-Hormon (Intermedin), in ‟Naturwissenschaften", 1932, XX, pp. 134-136.