Neurotrasmissione e neurotrasmettitori
I neurotrasmettitori sono sostanze chimiche liberate dalle terminazioni nervose in risposta a un impulso nervoso. Una volta rilasciati, essi si diffondono nella giunzione sinaptica esistente fra la terminazione nervosa e la cellula bersaglio e, dopo essersi legati ai recettori specifici di quest'ultima, danno inizio alla cascata di eventi biochimici che portano alla stimolazione o all'inibizione cellulare. La trasmissione chimica dell'impulso nervoso, fra neurone e neurone e fra neurone e cellula non neuronale (per es., fibra muscolare e cellula ghiandolare), è largamente predominante sulla trasmissione elettrica diretta. La prima dimostrazione sperimentale della trasmissione chimica dell'impulso nervoso risale agli anni Venti del XX sec., quando si vide che stimolando elettricamente il nervo vago di una rana si liberava una sostanza che provocava sul cuore gli stessi effetti della stimolazione vagale; tale sostanza non era altro che l'acetilcolina. Altri studiosi nello stesso periodo, e con esperimenti simili, dimostrarono che anche il funzionamento del sistema nervoso simpatico avveniva per via umorale attraverso la liberazione di una sostanza, poi identificata nella noradrenalina.
Alla fine degli anni Novanta, i neurotrasmettitori conosciuti sono più di cinquanta e il loro numero è destinato a crescere ancora. Si tratta, oltre che dell'acetilcolina e della noradrenalina, di circa una dozzina di monoammine e amminoacidi, di alcuni derivati purinici e di numerosi peptidi. È stato chiarito che la funzione dei neurotrasmettitori non è solo quella di trasferire il segnale, eccitatorio oppure inibitorio, da una terminazione nervosa all'organo effettore postsinaptico, ma anche quella di regolare, attraverso sinapsi interassoniche o recettori presinaptici, la liberazione del trasmettitore dalla terminazione nervosa. Molti trasmettitori poi, soprattutto peptidici, sembrano modificare il livello di eccitabilità della cellula bersaglio mediante effetti postsinaptici di lunga durata, piuttosto che eccitandola direttamente. Si parla, in questo caso, di neuromodulatori e di neuromodulazione degli effetti del trasmettitore primario.
Neurotrasmettitori e neuromodulatori svolgono la loro funzione interagendo con recettori specifici sulla membrana della cellula bersaglio. In questo campo si è scoperto che tutte le molecole trasmettitrici possiedono più recettori distinti, il cui numero tende ad aumentare con il progredire delle ricerche sulla struttura molecolare e sulla farmacologia dei siti di legame. Si calcola, inoltre, che ognuno dei 15-20 miliardi di neuroni che compongono il sistema nervoso centrale possa entrare in contatto con 5000-10.000 altri neuroni. Questi contatti vengono stabiliti tipicamente per mezzo della trasmissione assodendritica, cioè fra l'assone di una cellula nervosa e i dendriti di un'altra; ma essi possono realizzarsi anche attraverso la trasmissione dendrodendritica, cioè fra i dendriti di più cellule vicine, o quella somatosomatica, cioè fra i corpi cellulari di neuroni vicini. Tutte le attività nervose hanno quindi come prerequisito la liberazione di neurotrasmettitori e di neuromodulatori e la conseguente attivazione dei relativi recettori, che possono essere recettori-canale ionico, i cui segnali sono trasdotti in correnti ioniche della durata di pochi millisecondi, oppure recettori accoppiati a proteine G, in cui il segnale viene a sua volta trasdotto da una modificazione biochimica relativamente lenta (talora di secondi). Se la liberazione sarà normale e normale sarà dunque la disponibilità recettoriale, si avrà l'equilibrio neurologico e psichico.
Sia il funzionamento normale del sistema nervoso sia molti dei sintomi delle malattie del sistema nervoso centrale si possono ricondurre ad alterazioni quantitative o a squilibri nella disponibilità biologica dei neurotrasmettitori, oppure a un'alterata densità o reattività dei rispettivi recettori. Quasi tutti gli agenti terapeutici attualmente noti, attivi sul sistema nervoso centrale (gli psicofarmaci), sembrano agire attraverso interferenze positive o negative nella trasmissione nervosa, funzionando di volta in volta come agonisti o antagonisti per i diversi recettori. I disturbi della comunicazione nervosa possono essere primari (per es., distruzione autoimmune di recettori, alterazioni reversibili nella sintesi e nel trasporto dei trasmettitori o nell'espressione dei recettori) o secondari, dovuti a eventi degenerativi congeniti o acquisiti che sconvolgono irrimediabilmente gli aspetti biochimici e morfologici del neurone. Qui di seguito procederemo a una breve panoramica dei principali neurotrasmettitori classici.
Da un punto di vista quantitativo, gli amminoacidi sono i trasmettitori più diffusi nel sistema nervoso centrale dei Mammiferi ed entrano in gioco nella maggior parte dei circuiti neuronali rapidi. In base a studi neurofisiologici vengono divisi in due classi generali: i trasmettitori eccitatori, quali il glutammato e l'aspartato, e quelli inibitori, quali l', la glicina e la taurina. Gli amminoacidi bicarbossilici glutammato e aspartato vengono liberati dalle terminazioni nervose e successivamente inattivati, quindi resi inutilizzabili, da un sistema di (reuptake) ad alta affinità. La trasmissione da amminoacidi eccitatori è determinante per la sopravvivenza, la maturazione e la crescita dei neuriti e per lo sviluppo delle connessioni sinaptiche. Se liberati in eccesso, tuttavia, come nel caso dell'ischemia cerebrale, agiscono come neurotossine e provocano la morte della cellula nervosa, aggravando ed estendendo i danni dell'evento ischemico (eccitotossicità).
L'acido γ-amminobutirrico (GABA) è il più importante e diffuso neurotrasmettitore inibitore del sistema nervoso centrale dei Mammiferi. Si origina in massima parte per trasformazione enzimatica del glutammato e, dopo essere stato liberato dai neuroni GABAergici, viene riassorbito in larga misura dalle terminazioni nervose. Gli effetti del GABA sono mediati da due diversi recettori, indicati come GABAA, più diffuso e prevalentemente postsinaptico, e GABAB. L'attivazione del recettore GABAA induce un aumento della permeabilità della membrana agli ioni Cl−, generando un potenziale inibitorio rapido, mentre il GABAB è un recettore accoppiato a una proteina G che controlla l'apertura dei canali del K+. Il GABA influenza, in parte inibendo la liberazione di altri trasmettitori, l'attività locomotoria, i riflessi cardiovascolari, la funzione ipofisaria e la sfera dell'emotività. Si ritiene che il GABA sia implicato, direttamente o indirettamente, nella patogenesi di varie malattie, quali il morbo di Parkinson, l'epilessia, la e la demenza senile. Inoltre molti farmaci di uso comune come ansiolitici, ipnotici, antiepilettici e antispastici devono le loro proprietà all'interazione con il sitema GABAergico. Altri due trasmettitori amminoacidici, le cui proprietà non sono ancora ben definite, sono la glicina e la taurina, che esercitano entrambe un'azione prevalentemente inibitrice. La glicina, il più semplice degli amminoacidi, è considerata il principale trasmettitore spinale e si ritiene eserciti una marcata attività inibitrice fra i neuroni interspinali e i neuroni motori. Per la taurina (acido 2-amminoetansulfonico) sono stati postulati interventi inibitori sui neuroni della retina.
Il sistema delle fibre colinergiche, che liberano alle loro terminazioni acetilcolina (ACh), ha vastissima diffusione sia nel sistema nervoso periferico sia in quello centrale. Nel sistema nervoso periferico sono colinergiche tutte le fibre pregangliari, simpatiche e parasimpatiche, quelle postgangliari parasimpatiche e le fibre motorie somatiche, quelle cioè che innervano la muscolatura scheletrica volontaria. Nel sistema nervoso centrale il sistema colinergico, di tipo prevalentemente eccitatorio, ha estese ramificazioni nel midollo spinale, nel talamo, nel sistema limbico e nella corteccia. In tutte le terminazioni colinergiche, l'acetilcolina assicura una neurotrasmissione rapida, ma generalmente fugace per la pronta inattivazione del mediatore a opera della colinesterasi. Affinché l'acetilcolina esplichi in modo ottimale le sue essenziali funzioni negli organi viscerali e nel sistema nervoso centrale, è necessario che sintesi, liberazione, agganciamento recettoriale e inattivazione si svolgano in modo armonico. Eccessi o difetti nella disponibilità del mediatore e alterazioni nella densità dei recettori portano a gravi perturbazioni nella funzione dei visceri, della muscolatura striata e dell'attività nervosa centrale.
Un eccesso di acetilcolina può essere provocato da alcune tossine animali che facilitano la liberazione massiva della sostanza da tutte le fibre colinergiche. Tale fenomeno si verifica in seguito all'apporto esogeno di sostanze ACh-simili (per es., la muscarina di Amanita muscaria e di altri funghi), ma soprattutto per il blocco reversibile o irreversibile dell'acetilcolinesterasi operato dagli inibitori di questo enzima. Fra di essi vi sono la fisostigmina e alcaloidi similari, importanti da un punto di vista terapeutico, e gli esteri organofosforici, largamente usati in agricoltura come pesticidi e importanti da un punto di vista tossicologico. L'antidoto per eccellenza nell'avvelenamento da funghi muscarinici è l'atropina, mentre in caso di avvelenamento da esteri organofosforici la terapia atropinica deve essere integrata con farmaci in grado di ripristinare la normale attività della colinesterasi.
Altrettanto grave è il difetto nella disponibilità di acetilcolina imputabile a una carenza nella sua produzione e liberazione, al blocco dei recettori a opera dei suoi antagonisti e alla riduzione della popolazione recettoriale. Un deficit nella liberazione di acetilcolina può essere provocato da farmaci e tossine: un esempio classico è il blocco della produzione e della liberazione del mediatore in corrispondenza della placca motrice, provocato dalla , con conseguente paralisi flaccida. In caso di degenerazione e morte di neuroni colinergici centrali si verificano, inoltre, gravi difetti nella disponibilità del neurotrasmettitore, responsabili di malattie quali il morbo di Alzheimer e di forme degenerative senili dello stesso tipo. Il blocco dei recettori colinergici a opera di antagonisti può riguardare soltanto i recettori muscarinici ‒ che sono recettori accoppiati a proteine G e di cui esistono tre diversi sottotipi (bloccati, per es., dall'atropina) ‒, solo i recettori nicotinici ‒ che sono recettori-canale (i recettori della placca motrice bloccati dal curaro e quelli dei gangli autonomi dalla nicotina) ‒ oppure entrambi (bloccati da certe tossine animali). A livello periferico, tale blocco è causa di riduzione dell'attività motoria dei visceri, di aritmie cardiache, di paralisi flaccida del muscolo scheletrico, mentre a livello centrale provoca disordini psichici di varia natura. La paralisi flaccida indotta nel muscolo scheletrico dai derivati semisintetici del curaro e dei composti curarosimili viene ampiamente sfruttata in anestesia chirurgica e nel trattamento delle gravi sindromi spastiche.
Le tre catecolammine biogene, , e adrenalina, hanno una struttura chimica comune, consistente in un anello benzenico con due gruppi ossidrilici adiacenti e una catena laterale etilamminica. La dopammina è prevalentemente contenuta nei neuroni del sistema centrale, mentre la noradrenalina è localizzata soprattutto nelle terminazioni nervose simpatiche del sistema nervoso periferico e di quello centrale; l'adrenalina, infine, è presente soprattutto nella midollare del surrene, da dove viene massivamente liberata nel torrente circolatorio in seguito a paura, rabbia e stress, e risulta invece presente in misura assai limitata nei neuroni del sistema nervoso centrale. I neuroni contenenti catecolammine sono costituiti da un corpo cellulare e da un lungo assone con terminazioni molto ramificate, ricche di varicosità, così che ogni neurone può innervare migliaia di cellule bersaglio. Nelle terminazioni nervose le ammine sono immagazzinate in piccole vescicole a nucleo denso, mentre nella midollare del surrene sono presenti nei granuli cromaffini. In risposta a stimoli adeguati avviene un processo di esocitosi, che comporta un'iniziale adesione della vescicola alla membrana plasmatica, la sua successiva rottura e lo svuotamento di tutto il contenuto vescicolare, costituito non solo dalle catecolammine ma anche da altri costituenti solubili della vescicola, quali adenosintrifosfato e proteine enzimatiche.
È stato accertato che la liberazione delle catecolammine dalla terminazione nervosa è finemente regolata da recettori presinaptici posti sulla terminazione stessa, i cosiddetti 'autorecettori', sensibili alla concentrazione delle ammine nella fessura sinaptica. Le catecolammine vengono sintetizzate a partire dall'amminoacido tirosina nel corpo cellulare del neurone, da dove vengono convogliate alla terminazione nervosa mediante il flusso assoplasmatico. Tutti gli enzimi coinvolti nella sintesi delle catecolammine sono sotto il controllo neuroumorale e ormonale, che consentono di mantenere costante la concentrazione delle catecolammine sia nei neuroni simpatici sia nella midollare del surrene. Nel sistema nervoso centrale e in quello periferico sono localizzati recettori di membrana per le catecolammine, distinti in due popolazioni: α e β, costituite a loro volta da sottotipi recettoriali. Le catecolammine quindi vengono rimosse o inattivate attraverso vari processi: il riassorbimento da parte delle terminazioni nervose dei neuroni che le hanno liberate o di cellule non neuronali; l'attacco enzimatico operato dalla monoamminossidasi (MAO) e dalla catecol-O-metiltransferasi (COMT); la rimozione per diffusione nel circolo generale.
La dopammina (3,4-diidrossifenilalanina) è la prima ammina catecolica che si forma nel corso della biosintesi della noradrenalina. Trascurata per lungo tempo a causa della sua scarsa attività simpaticomimetica periferica, solo dopo il 1950 essa è stata riconosciuta come uno dei costituenti normali del cervello, dove fra le catecolammine occupa un posto preminente, e di alcuni nervi autonomi simpatici periferici. Nel cervello la maggior parte dei nuclei dopamminergici è localizzata nella substantia nigra e nel tegumento ventrale, con grosse proiezioni verso il neostriato, la corteccia limbica (proiezioni mesocorticali) e altre strutture limbiche (proiezioni mesolimbiche). Altra importante localizzazione di neuroni dopamminergici si ha nell'ipotalamo ventrale con irradiazioni verso numerosi nuclei della base. Il sistema dopamminergico nigrostriatale ha un ruolo importante nella regolazione dei riflessi posturali e nell'inibizione dell'attività motoria, quello mesolimbico interferisce nelle manifestazioni della vita emotiva, mentre quello mesocorticale sembra coinvolto nella funzione cognitiva. I neuroni dopamminergici tuberoinfundibolari, inoltre, giocano un ruolo di rilievo nell'inibizione della secrezione di prolattina da parte delle cellule mammotrope dell'adenoipofisi e nella secrezione dell'ormone luteinizzante. Infine, come varie altre sostanze attive amminiche e peptidiche, anche la dopammina interviene nell'assunzione di cibo e acqua.
A livello del sistema nervoso periferico il sistema dopamminergico sembra di particolare importanza nella regolazione del flusso ematico renale (vasodilatazione). Non fa meraviglia, date le molteplici e importanti funzioni della dopammina, che alterazioni in difetto o in eccesso della sua disponibilità e modificazioni nella densità dei suoi recettori, causate da patologie spontanee o indotte da farmaci, possano essere causa, rispettivamente, di gravi forme neurologiche o stare alla base di cospicui benefici terapeutici. Fra le malattie da deficit di dopammina la più nota è il morbo di Parkinson, attribuito a una carenza della trasmissione dopamminergica nell'ambito del sistema nigrostriatale, dovuta alla perdita di cellule nella substantia nigra. La schizofrenia, al contrario, è attribuita da alcuni studiosi a un eccesso di attività dopamminergica, forse imputabile a un aumento nella densità dei recettori dopamminergici.
La noradrenalina, o norepinefrina o levarterenolo, si forma per idrossilazione della catena laterale della molecola della dopammina, mediata dalla dopammina β-idrossilasi. L'ipotesi iniziale che l'adrenalina demetilata fosse il principale mediatore coinvolto nella trasmissione nervosa, da parte delle fibre postgangliari simpatiche, è stata definitivamente convalidata da Hans von Euler-Chelpin nel 1946. La noradrenalina è localizzata soprattutto nelle terminazioni simpatiche periferiche e centrali. A livello periferico essa rappresenta il mediatore di gran lunga preponderante fra quelli liberati dalle fibre postgangliari simpatiche: nella midollare del surrene costituisce il 10-20% delle catecolammine totali, in certi feocromocitomi il 97%. Nel sistema nervoso centrale le fibre noradrenergiche prendono origine dai corpi cellulari situati prevalentemente nel locus coeruleus, nel ponte e in certe zone della formazione reticolare, dai quali si proiettano a lunga distanza verso svariate zone cerebrali.
Le funzioni dei neuroni noradrenergici centrali sono solo in parte definite. È noto che essi interferiscono nell'assunzione del cibo, nell'attenzione e nella vigilanza, nel sonno e nella veglia, nel controllo dell'emotività e nella regolazione della pressione del sangue. In periferia l'azione delle fibre noradrenergiche si identifica in pratica con quella provocata dalla stimolazione simpatica e interessa vasi, cuore, muscolatura liscia gastrointestinale, fegato e tessuto adiposo. Da queste proprietà scaturiscono le azioni farmacologiche periferiche predominanti della noradrenalina, che consistono in una potente azione vasocostrittrice, estesa anche alla muscolatura scheletrica, con conseguente innalzamento della pressione sistolica e diastolica, e nell'azione stimolante sulle fibre miocardiche con aumento della forza e della frequenza del battito. Parecchi importanti neuro- e psicofarmaci agiscono nel sistema nervoso centrale interferendo con l'attività dei neuroni noradrenergici.
La serotonina, o enterammina o 5-idrossitriptammina (5-HT), è un'ammina biogena diffusamente distribuita nell'organismo, soprattutto a livello periferico. Le sue localizzazioni più rilevanti si trovano nelle cellule enterocromaffini del tratto gastrointestinale (da qui il nome di enterammina) e nelle piastrine, da cui viene massivamente liberata nel siero durante la coagulazione del sangue (da qui il nome di serotonina). Essa è inoltre presente nei neuroni periferici e in particolari gruppi di neuroni cerebrali, che sono situati prevalentemente nei nuclei del rafe dell'asse encefalico, da cui partono proiezioni di diversa densità dirette praticamente verso tutte le aree del sistema nervoso centrale (corteccia, regioni limbiche, gangli della base, midollo spinale). Nell'uomo circa il 95% della serotonina presente nell'organismo, inclusa tutta l'ammina piastrinica, prende origine dalle cellule enterocromaffini. Per la serotonina si è suggerito un ampio spettro di funzioni sia nel sistema nervoso centrale sia in quello periferico, derivanti dalla sua capacità di agire simultaneamente da enterormone e da neurotrasmettitore.
Si ritiene che, a livello periferico, l'ammina liberata dalle cellule enterocromaffini intervenga nella regolazione della motilità del tubo digerente. Per la serotonina piastrinica, anch'essa di origine intestinale, si ipotizza un'interferenza nella regolazione della pressione sistemica del sangue e in tutte le molteplici funzioni svolte dalle piastrine, quali la stimolazione dell'aggregazione e l'adesività delle piastrine, la facilitazione della coagulazione del sangue e il controllo locale del tono dei piccoli vasi. Particolare attenzione suscita, per le sue molteplici implicazioni funzionali, la localizzazione di serotonina nei neuroni serotoninergici. In generale, vengono attribuiti alla serotonina centrale un effetto inibitore sui raccordi neuronali sensori e un'azione stimolante sui motoneuroni. Ne risulta una coordinazione dei complessi meccanismi sensori e motori che si attivano in differenti stati comportamentali: l'attività della serotonina è massima durante la veglia e la vigilanza, e minima durante il sonno. La mediazione serotoninergica avrebbe grande importanza anche nel controllo dell'assunzione del cibo, o meglio nella regolazione dell'appetibilità dei vari costituenti del cibo, soprattutto carboidrati e proteine: un'eccessiva disponibilità di serotonina porterebbe cioè a una riduzione selettiva nell'assunzione degli zuccheri.
È stato postulato il possibile intervento della serotonina nella patogenesi dell'ipertensione, nonché in quella di svariate patologie centrali, quali sindromi emicraniche, nausea e vomito, bulimia nervosa, schizofrenia, stati iperaggressivi e soprattutto forme depressive. L'azione della serotonina, come avviene per tutti i neurotrasmettitori, è modulata da alcuni agenti attivi, quali noradrenalina, acido γ-amminobutirrico, sostanza P, e da sé stessa, attraverso gli autorecettori presenti sulla membrana delle terminazioni delle fibre serotoninergiche. Come per le altre ammine biogene, anche per la serotonina esiste, nel sistema nervoso centrale e in quello periferico, una vasta gamma di recettori di membrana. Alla fine degli anni Novanta del XX sec., su basi essenzialmente farmacologiche, cioè mediante lo studio di agonisti e antagonisti selettivi, ne sono stati individuati cinque, mentre l'approccio di tipo biologico molecolare ha finora portato all'identificazione di almeno quattordici diversi sottotipi di recettore della serotonina nei Mammiferi, raggruppati in sette diverse classi il cui significato è ancora in parte oscuro.
La funzione dell'istamina come neurotrasmettitore nel sistema nervoso centrale è ancora discussa e presuntiva. Presente in basse concentrazioni nelle proiezioni neuronali che partono dall'ipotalamo posteriore e dal mesencefalo, l'istamina è anche contenuta nei mastociti perivascolari. L'istamina centrale sembra essere coinvolta nel controllo dello stato di sonno e di veglia (si pensi al potente effetto sedativo e alla sonnolenza provocati dagli antistaminici), della temperatura corporea, dell'assunzione di liquidi e della dinamica vascolare. Nei Vertebrati sono stati per ora identificati tre tipi di recettori dell'istamina, denominati H1, H2 e H3. Nel sistema nervoso centrale i recettori H3 mediano azioni inibitrici indotte da neurotrasmettitori in varie aree del cervello e l'autoinibizione presinaptica indotta dalla stessa istamina.
L'adenosina (9-b-D-ribofuranosil-adenina) è un nucleoside purinico contenuto, insieme con il suo derivato fosforilato adenosintrifosfato (ATP), in molte cellule, fra cui quelle nervose e quelle gliali, dove entrambi vengono anche sintetizzati. L'ATP è presente in tutte le parti del neurone ed è racchiuso nelle vescicole sinaptiche delle terminazioni nervose insieme ai trasmettitori amminici e peptidici. L'impulso nervoso libera il nucleotide che viene defosforilato enzimaticamente e trasformato in adenosina, la quale a sua volta viene prontamente riassorbita dalle terminazioni nervose, rifosforilata ad ATP e immagazzinata. L'adenosina e l'ATP sono considerati autentici neurotrasmettitori dominanti nei cosiddetti 'nervi purinergici' (per es., i nervi non adrenergici e non colinergici che innervano la muscolatura liscia gastrointestinale e genitourinaria) e svolgono la funzione di cotrasmettitori, insieme alle ammine e ai peptidi liberati simultaneamente, in varie terminazioni neuronali nel sistema nervoso centrale e periferico.
È stato dimostrato che l'ATP e l'acetilcolina possono coesistere ed essere liberati simultaneamente. In questo caso, l'adenosina fungerebbe, più che da trasmettitore primario, da modulatore dell'effetto del vero mediatore, agendo sia su specifici recettori di membrana postsinaptici sia su recettori presinaptici che regolano la liberazione dell'ammina. Lo spettro delle azioni attribuite all'adenosina nell'ambito del sistema nervoso centrale è ampio. Fra queste, presumibilmente dovute a un'interferenza della purina nel flusso di ioni Ca++, vanno ricordate la regolazione del flusso ematico cerebrale locale (vasodilatazione) e l'azione anticonvulsivante (ostacolo alla generazione di scariche multiple). In periferia, ai nucleosidi e nucleotidi purinici è stato attribuito un ruolo di rilievo nel controllo della motilità del tratto gastrointestinale e delle vie urinarie, nonché del tono della muscolatura di certi vasi. Si è anche ipotizzato che l'adenosina possa, insieme all'angiotensina, contribuire alla regolazione del flusso ematico renale e, quindi, della filtrazione glomerulare. In realtà il problema della trasmissione nervosa purinergica è tutt'altro che risolto, soprattutto dopo che accanto ai supposti nervi purinergici hanno fatto la loro comparsa numerosi 'nervi peptidergici'. È possibile, infatti, che i peptidi da essi liberati siano responsabili di almeno una parte delle azioni che in precedenza erano attribuite all'adenosina e all'ATP.
Uno straordinario arricchimento nelle conoscenze sulla neurotrasmissione si è avuto con le ricerche eseguite su un folto gruppo, destinato a crescere, di molecole peptidiche, in parte note come componenti del sistema endocrino e neuroendocrino. Tali molecole si originano nel corpo della cellula nervosa come precursori a elevato peso molecolare, migrano lungo l'assone, per poi depositarsi nella terminazione nervosa in vescicole di norma più grosse e più chiare di quelle di deposito delle ammine. Qui hanno luogo la frammentazione enzimatica del precursore e la liberazione delle sequenze attive, che spesso rivelano uno spiccato polimorfismo, presentandosi in forme di grandezza molecolare diversa. Immessi nella fessura giunzionale, i peptidi attivi possono comportarsi da veri neurotrasmettitori, interagendo con specifici recettori posti nella membrana postsinaptica, oppure, rilasciati dall'assone, possono diffondere e controllare a distanza più neuroni, sia nel sistema nervoso centrale sia in quello periferico, comportandosi da veri e propri ormoni (neurosecrezione), o condizionare la neurotrasmissione modulando la liberazione di trasmettitori di tipo rapido (neuromodulazione). Successivamente i peptidi sono attaccati da varie endopeptidasi, più o meno specifiche, e inattivati. Non è finora noto un efficiente processo di ricaptazione da parte della terminazione nervosa.
In generale, si attribuisce ai peptidi il ruolo di modulatori lenti, più che di trasmettitori rapidi, ma questa distinzione non è priva di eccezioni: esperienze in vivo e in vitro dimostrano, infatti, che certe molecole neuropeptidiche agiscono in modo sorprendentemente rapido e selettivo. Il dosaggio radioimmunologico e l'immunoistochimica hanno permesso di disegnare esatte mappe di distribuzione dei singoli neuropeptidi e dei loro recettori nel sistema nervoso centrale e periferico. La (Gastrin-releasing factor, GRF) appartiene a una famiglia di peptidi che agiscono in periferia come potenti liberatori di gastrina, e quindi stimolatori della secrezione acida gastrica, e come potenti liberatori di e di somatostatina, inibitori cioè della motilità intestinale. Nel sistema nervoso centrale essi sono coinvolti nella termoregolazione e nella glucoregolazione, nel controllo della sete e della secrezione di prolattina e dell'ormone della crescita. Inoltre, inibiscono la secrezione gastrica e l'assunzione del cibo.
La colecistochinina (CCK) è un ormone intestinale attivo in periferia, che nel sistema nervoso centrale (corteccia e altre aree) funge da neurotrasmettitore. In risposta all'attivazione dei recettori CCK, essa esplica un'azione depressiva sull'appetito, nonché una cospicua azione anticonvulsivante, sedativa e analgesica, in parte tramite la liberazione di catecolammine e di encefaline. Nel sistema nervoso periferico il neuropeptide Y (NPY) è spesso liberato insieme alla noradrenalina e all'ATP dalle terminazioni simpatiche dei vasi e di numerosi organi a muscolatura liscia. La sua funzione principale è quella di modulare l'azione del trasmettitore principale. Nel sistema nervoso centrale, dove agisce da potente vasocostrittore, è in genere largamente diffuso nei neuroni non adrenergici. La , isolata inizialmente dall'ipotalamo come un fattore stimolante la secrezione salivare, è largamente presente in varie aree cerebrali e in nervi periferici, soprattutto gastrointestinali. In periferia, il peptide sembra inibire la secrezione di gastrina e la motilità gastrica e interferire nella regolazione della pressione del sangue provocando ipotensione. A livello di sistema nervoso centrale, la neurotensina sembra essere un importante modulatore della nocicezione, della temperatura, del comportamento alimentare e dello stress.
I (encefaline, endorfine e dinorfine) vengono raggruppati in tre distinte sottofamiglie, a seconda della preferenza per i tre fondamentali tipi di recettori, μ, δ e κ. Gli effetti dell'attivazione dei μ-recettori sono gli unici sufficientemente noti, sovrapponendosi in larga misura a quelli della morfina. In periferia, i μ-agonisti provocano essenzialmente costipazione intestinale, dovuta alla riduzione della secrezione gastrica, spasmo degli sfinteri e riduzione della motilità propulsiva; a livello centrale l'attivazione dei μ-recettori causa analgesia e sedazione, catatonia e stimolazione della secrezione di prolattina. Per i δ-agonisti sono stati dimostrati una potente stimolazione dell'attività locomotoria, marcati effetti comportamentali e un possibile intervento nei processi immunitari. Sono state messe a punto dettagliate mappe di distribuzione dei vari peptidi oppioidi nel sistema nervoso centrale e periferico, mediante antisieri specifici, e dei loro recettori, tramite ligandi marcati.
La vastissima famiglia delle , presenti in tutti i Vertebrati e in numerose specie di invertebrati, è rappresentata nei Mammiferi dalla sostanza P e dalle due neurochinine A e B. In periferia, le tachichinine intervengono nel controllo dell'attività motoria del tratto gastrointestinale, nella coagulazione del sangue e nella risposta infiammatoria della pelle e di altri tessuti. Oltre che in numerosi neuroni del sistema nervoso autonomo, la sostanza P è presente anche nelle cellule enterocromaffini. A livello centrale, le tachichinine esplicano una potente azione antidipsogena (inibizione della sete) e sono coinvolte nell'attivazione di vari riflessi, come il vomito e la minzione, e nella nocicezione, attraverso un intervento sulla trasmissione del dolore a livello del midollo spinale. Il peptide intestinale vasoattivo (VIP) è ampiamente distribuito in numerosi nervi autonomi periferici e in vaste aree del sistema nervoso centrale, importanti per la funzione cognitiva (corteccia, ippocampo). In periferia, ha un'accentuata azione vasodilatatrice e rilassante sulla muscolatura liscia gastrointestinale, compresa quella delle vie biliari; a livello centrale, sembra svolgere un'azione protettiva verso svariate sostanze neurotossiche e si ritiene ricopra un importante ruolo nell'appredimento e nella memoria, forse attraverso un'esaltazione della funzione colinergica.
L'ipotesi di Henry H. Dale, secondo la quale tutti i neuroni libererebbero un unico e ben definito trasmettitore, è stata largamente superata dopo che le ricerche di H. Hökfeld hanno dimostrato che molti neuroni sintetizzano e depositano nelle vescicole sinaptiche più sostanze biologicamente attive, che possono essere liberate simultaneamente. Si possono infatti verificare la cosintesi e la cosecrezione di più ammine, di ammine e polipeptidi o di più polipeptidi. Nel sistema nervoso periferico si può osservare la coesistenza di noradrenalina con il neuropeptide Y, l'ATP, la somatostatina e le encefaline, di acetilcolina e peptide intestinale vasoattivo e, nella midollare del surrene, di adrenalina e vari peptidi oppioidi. Nel sistema nervoso centrale possono coesistere, per esempio, la serotonina e la sostanza P, la colecistochinina e l'acetilcolina. È probabile che la cosintesi e la cosecrezione di diversi neurotrasmettitori e neuromodulatori rappresentino, se non la regola, un'evenienza frequente. Non è ancora chiaro il significato di questa simultanea molteplicità di segnali chimici, ma è evidente che essa eleva la potenzialità e la perfezione del messaggio trasmesso alla cellula bersaglio. Nell'interpretazione degli interventi terapeutici diretti a indurre modificazioni quantitative di un singolo trasmettitore è necessario tener conto se esso è in realtà cosecreto con altri trasmettitori o modulatori che non vengono modificati, ma piuttosto sregolati, dall'intervento terapeutico. Questo fenomeno potrebbe spiegare la parzialità e la temporaneità del successo terapeutico e la comparsa di effetti collaterali.
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