NICCOLÒ di Ser Sozzo
Pittore e miniatore attivo a Siena e documentato dalla metà ca. del Trecento fino al 1363, anno della sua morte.N., ritenuto da Bichi (Risieduti) membro della nobile famiglia senese dei Tegliacci, è stato oggetto di una precisazione di notevole rilievo da parte di Moran e Fineschi (1976), i quali, dopo un attento esame dei documenti d'archivio, hanno rilevato che N. era invece figlio di un certo Stefano miniatore, noto soltanto dai documenti, ma probabilmente suo primo maestro. Questa precisazione convalida l'ipotesi secondo la quale non solo l'attività di N. nel campo della miniatura precedette la sua produzione pittorica, ma anche che l'artista espresse il massimo delle sue possibilità artistiche nella decorazione dei codici miniati, attività praticata lungo tutto il percorso della sua vita (Chelazzi Dini, 1982, pp. 229, 236-246). L'ipotesi fa decadere così anche le molte notizie documentarie relative alle cariche pubbliche di N., che invece furono rivestite dal suo omonimo, Niccolò figlio del notaio Francesco Tegliacci, salvo restando solo il documento che registra la data della morte, il 15 giugno 1363 (Milanesi, 1854, p. 50, nr. 2), lo stesso anno in cui l'artista si iscrisse nel ruolo dei pittori senesi.Il primo profilo della personalità artistica di N., noto soprattutto per la splendida miniatura del Caleffo Bianco con l'Assunta (Siena, Arch. di Stato, c. 7r), da lui firmata, venne tracciato da Brandi (1932, pp. 223-236). In quell'opera, dalla gamma cromatica smagliante e delicata, l'influenza dello stile di Simone Martini e di Lippo Memmi è caratterizzante al punto da rendere difficile cogliere l'accostamento di N. all'ultima fase di Pietro Lorenzetti, che in seguito divenne determinante, attenuando la componente martiniana iniziale (Chelazzi Dini, 1982). Brandi (1932, p. 223) rese nota la scoperta, a seguito di un restauro, delle firme congiunte dell'artista e di Luca di Tommè e della data 1362 in calce al polittico di Siena con la Madonna con il Bambino e i Ss. Giovanni Battista, Tommaso Apostolo, Benedetto e Stefano (Siena, Pinacoteca Naz., inv. nr. 51). Senza una ragione plausibile, Brandi (1932) pose immediatamente l'accento sul ruolo secondario della personalità di Luca di Tommè nel polittico, ritenendolo soltanto semplice esecutore delle rifiniture, graniture e pastiglie e forse autore solo del pannello con S. Giovanni Battista, facendo risalire tutte le idee compositive a Niccolò. Alla stessa conclusione giunse Zeri (1958), che ricostruì e riferì a Luca di Tommè la predella del polittico composta da quattro straordinarie Storie di s. Tommaso Apostolo, individuate a Crawford (Earl Crawford and Balcarresa Coll., in deposito a Edimburgo, Nat. Gall. of Scotland), e da una Crocifissione a Roma (Mus. Vaticani, Pinacoteca).I confronti stilistici con il polittico di Siena permisero a Brandi (1932) di attribuire a N. altre opere, tra cui: il polittico di San Gimignano (Mus. Civ.) con l'Assunzione della Vergine e i Ss. Caterina, Bartolomeo, Benedetto e Tommaso, proveniente dal convento benedettino di Monteoliveto a Barbiano presso San Gimignano, riferito dal critico al periodo giovanile dell'artista; la Madonna con il Bambino a Firenze (Uffizi), decurtata in alto, probabilmente centro di un trittico, proveniente dalla chiesa di S. Antonio in Bosco presso Poggibonsi (prov. Siena; Marcucci, 1965, pp. 168-169); il trittico con nel pannello centrale la Madonna con il Bambino, i ss. Antonio, Caterina e due angeli e nei laterali S. Pietro e S. Paolo (Siena, Mus. della Società degli Esecutori di Pie Disposizioni, già presso la Compagnia della Madonna dello Spedale di S. Maria della Scala). Queste due ultime opere rappresenterebbero, invece, la fase matura dell'artista.Meiss (1951; 1963), a seguito di un'analisi iconografica del tema relativo all'Assunzione della Vergine, attribuì a N. il dipinto con questo soggetto di Boston (Mus. of Fine Arts). Riguardo alla citata miniatura dell'Assunta - ritenuta precedentemente del 1334-1336 sulla base della data del manoscritto -, lo studioso, dopo avere effettuato un esame diretto del codice, accertò che la carta miniata fu aggiunta in tempi successivi e quindi stabilì per ragioni stilistiche una cronologia non anteriore al 1348. Inoltre è merito di Meiss (1963) avere capovolto in favore di Luca di Tommè i rapporti di dipendenza artistica nei confronti di N. ipotizzati da Brandi (1932) e confermati da Zeri (1958; 1973); secondo Meiss, Luca era già artisticamente formato prima di lavorare con N., la cui attività, secondo lo studioso, non poté iniziare anteriormente alla metà del Trecento. Successivamente Moran e Fineschi (1976) hanno pubblicato documenti che rafforzano le intuizioni di Meiss (1963).De Benedictis (1974; 1976a; 1976b; 1979), studiando soprattutto i codici miniati di N., dei quali ha pubblicato alcuni inediti, ha giustamente ritenuto che la sua iniziale formazione si sia svolta in ambito miniatorio. De Benedictis non ha accettato tuttavia le precisazioni cronologiche di Meiss (1963), accolte al contrario nel catalogo della mostra Il Gotico a Siena (1982), dove viene ridimensionata la supremazia artistica di N. su Luca di Tommè e su Lippo Vanni. Alcuni dei dipinti precedentemente ascritti a N., come il polittico di San Gimignano, l'Assunta di Boston e la Madonna con il Bambino a Firenze, sono stati infatti attribuiti a Bartolo di Fredi (Il Gotico a Siena, 1982).
Bibliografia:
Fonti inedite. - G. Bichi, Risieduti nell'ordine del Popol (ms. del 1713), Siena, Arch. di Stato, p. 484.
Letteratura critica. - G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854; C. Brandi, Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci, L'Arte 35, 1932, pp. 223-236; id., La Regia Pinacoteca di Siena, Roma 1933, p. 223; M. Meiss, Painting in Florence and Siena after the Black Death, Princeton 1951 (trad. it. Pittura a Firenze e a Siena dopo la Morte Nera, Torino 1982, pp. 28, 64, 267-268); F. Zeri, Sul problema di Nicolò Tegliacci e Luca di Tommè, Paragone 9, 1958, 105, pp. 3-16; M. Meiss, Notes on Three Linked Sienese Styles, ArtB 45, 1963, pp. 47-48; L. Marcucci, Gallerie Nazionali di Firenze, II, I dipinti del secolo XIV, Roma 1965, pp. 168-169; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, III, 1, Central and North Italian Schools, London 1968, pp. 425-426; F. Zeri, Sull'ipotesi pisana del Tegliacci, in Miscellanea, a cura di G. Bonsanti (Quaderni di emblema, 2), Bergamo 1973, pp. 9-12; C. De Benedictis, Sull'antichità giovanile di Niccolò Tegliacci, Paragone 25, 1974, 291, pp. 51-61; id., Per il catalogo di Niccolò Tegliacci, ivi, 27, 1976a, 311, pp. 74-76; id., I corali di San Gimignano, le miniature di Niccolò Tegliacci, ivi, 1976b, 313, pp. 103-120; G. Moran, S. Fineschi, Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci or di Stefano?, ivi, 321, pp. 58-63; C. De Benedictis, La pittura senese 1330-1370, Firenze 1979; Il Gotico a Siena: miniature, pitture, oreficerie, oggetti d'arte, cat. (Siena 1982), Firenze 1982; G. Chelazzi Dini, La crisi di metà secolo, ivi, pp. 220-289.