GAMBINO, Niccolò (Nicola)
Nacque a Barletta agli inizi del sec. XVI da Antonio, sindaco di quella città nel 1516 e consigliere per otto anni dell'università (Municipio) dal 1° sett. 1514. Risulta che il G. ben presto andò a Napoli per compiere i suoi studi: in un suo carme ricorda il dolore del padre al momento del distacco. Addottoratosi in diritto nel 1538, si fregiava del titolo di professor legum. A Barletta godeva della stima di un notaio piuttosto famoso, Giacomo de Geraldinis. Nel 1552, in un atto relativo a una vertenza tra Bona Sforza, regina madre di Polonia e duchessa di Bari, e un arrendatore delle saline, l'avvocato G. risulta uditore del tribunale del Portulanato.
Dovette essere in rapporti amichevoli con i massimi esponenti della cultura partenopea, come dimostra la sua unica opera pervenutaci, una piccola raccolta di poesie latine, di cui si conoscono due esemplari: uno nella Biblioteca nazionale di Napoli (per anni considerato unico), il secondo nella Biblioteca Vallicelliana di Roma. Si tratta di un fascicolo in 8º, composto di trentasei carte, che reca nel frontespizio il titolo Nicolai Gambini Barolitani legum professoris Poemata, mentre nell'ultima carta, oltre al luogo e alla data di edizione (Napoli, 7 nov. 1537), compare la sigla circolare del vecchio naufrago che agita la bandiera su una conchiglia con il motto Non semper sic appartenente all'officina dello stampatore tedesco G. Sultzbach. Dopo una prima dedica al funzionario catalano Girolamo de Colle, la raccolta è aperta da alcune brevi composizioni ad lectorem (tetrastici, faleci, epigrammi), nelle quali, tra gli altri, tessono le lodi dell'autore Leonardo Schipano (c. 3r), Fabrizio Luna (c. 3rv) e Ludovico Pariseti (c. 4v). Il primo libro dei carmi del G. comincia a c. 5, con un falecio gratulatorio al de Colle e alla sua famiglia, proseguendo con composizioni (per lo più epigrammi) rivolte a vari personaggi, tra cui: Giacomo Tufo (cc. 6 s.); Scipione Capece (c. 9r); Scipione d'Afflitto (c. 10r) e sua moglie Isabella Scorziati (c. 10); Giambattista Ravaschieri (c. 10); (Giano?) Anisio (c. 14); Carlo Apice (cc. 17v-18r); e un amico liberato dal carcere (Pro amico e carcere in auras evolante sylva, cc. 15v-17). Segue (c. 18r) il già ricordato carme del G. al padre in occasione della partenza per Napoli. Chiudono il primo libro i distici di Antonio Epicuro e Paride Carafa (c. 18v) all'autore e ai lettori. Apre il II libro un poemetto dedicatorio in lode del viceré don Pedro de Toledo con ampi riferimenti mitologici e astrologici; seguono brevi composizioni (epigrammi e faleci) dedicate a uomini di cultura o personaggi illustri (tra cui alcune donne), indirizzate, tra gli altri, al de Colle (c. 21v), a Dorotea Gonzaga (c. 22r), Giambattista Tufo (c. 22v), Giovanni Filocalo (cc. 24v-25r), Fabrizio Luna (c. 25) e Agostino Nifo (cc. 26v-27). Si hanno poi un tetrastico in lode della fonte Partenope (c. 30r) e vari epitaffi, tra cui quelli per l'amico Apice (c. 31r), per Beatrice Cardona e Aulo Pirro (cc. 31v-32r). Completa la raccolta un'Ecloga, in cui un corteo di pastori e ninfe accompagna i protagonisti, Aminta e Sylvia. In questa galleria di personaggi illustri figurano molti tra gli esponenti della seconda scuola pontaniana che, pur essendo dedicatari di alcuni dei carmi del G., non risulta lo abbiano ricambiato nei loro scritti. In realtà, l'urgenza della finalità encomiastica sembra essere prevalente in queste brevi composizioni.
Non si conoscono luogo e data di morte del Gambino.
Fonti e Bibl.: S. Santeramo, Il R. Secreto e il R. Maestro portulano di Puglia in Barletta, in Iapigia, XII (1941), pp. 225-239; A. Altamura, L'ignota raccolta poetica di un umanista barlettano, in Arch. storico pugliese, II (1949), pp. 283-285; S. Santeramo, Ancora di N. G. e dell'influenza umanistica durante il sec. XVI, ibid., III (1950), pp. 130-138; Biblioteca di bibliogr. ital., LVIII, P. Manzi, Annali di G. Sultzbach, Firenze 1970, pp. 76 s.