FARNESI, Nicola
Figlio di Pietro e di Elisabetta Del Greco, nacque a Lucca il 21 sett. 1836.
Suo padre era un piccolo artigiano, probabilmente liutaio (cfr. Giorgi, 1971, p. 19); il cognome della madre ci porta subito nell'ambiente degli orafi lucchesi dal momento che un Giovanni Del Greco risulta titolare di una bottega di argentiere sin dal 1840 ed un Domenico Del Greco eseguiva nel 1856 l'ex-voto offerto dalla Società ferroviaria al Volto Santo di Lucca.
A soli otto anni il F. fu messo a bottega presso Pietro Casali, l'orafo lucchese più prestigioso dell'epoca, contitolare con Sebastiano Del Bianco di un laboratorio artigiano in cui si formarono gli argentieri Vincenzo Stefani, Raimondo Tadini e Adolfo Pieroni. A parte una breve parentesi di lavoro a Livorno, dove per alcuni mesi collaborò con un orefice Baccicalupi, il F. rimase legato all'attività del Casali fino alla morte di questo, avvenuta prematuramente nel 1857. In seguito alla quasi contemporanea scomparsa del Del Bianco, il F., in società col Pieroni, dette anzi continuità alla bottega per i successivi due anni, portandone a termine le commissioni incompiute. Nel 1859, grazie ad un'opportunità di lavoro offertagli come incisore della zecca fiorentina, si trasferì da Lucca a Firenze, dove poté avviare anche un'attività indipendente aprendo un laboratorio in via Por Santa Maria, tradizionale zona di insediamento delle botteghe orafe. Con l'Unità d'Italia il F. seppe prontamente sfruttare la dilagante moda delle onorificenze, creando in società con un tale Benvenuti una fabbrica di decorazioni cavalleresche. Alla morte del socio, pensò di trasferirsi a Roma, attratto dalle possibilità che la nuova capitale poteva offrire. Ma tornato a Lucca nel 1872 finì col rimanervi per sempre. Aprì un piccolo laboratorio nella centralissima via Fillungo, dove, aiutato dal figlio Adolfò, continuò ad operare per una clientela nazionale di rilievo; quest'attività gli procurò un certo prestigio, tanto che fu eletto professore onorario nelle accademie di belle arti di Firenze e di Urbino (cfr. necr. in L'Illustr. ital., 1904).
La prima opera interamente di mano del F. è un calice per le monache di S. Domenico, convento lucchese oggi soppresso (Santini, 1961, p. 49). Si ricorda un altro calice per la baffia di Volterra, la corona per un sacro simulacro della chiesa di Tofori (Lucca), una croce episcopale per l'allora arcivescovo di Lucca Nicola Ghilardi (ripr. in Giorgi, 1971, tav. 2) e una croce astile commissionatagli dall'Arciconfraternita della Misericordia di Pisa. Tuttavia i lavori noti del F. sono essenzialmente di destinazione profana e quasi sempre di sfarzosa eleganza: prestigiosa opera, esemplificativa della sua produzione, è il calamaio donato nel 1888 dalla contessa vicentina Lucrezia Orgian a papa Leone XIII in occasione del giubileo sacerdotale (ripr. in Santini, 1961, p. 50).
II programma iconografico dell'oggetto fu ideato dal padre agostiniano Carlo Ferri, incentrato sul tema della Chiesa come "navicella": l'imbarcazione, realizzata con minuzioso intento realistico, ospita una folla di figure, comprendente il papa regnante, la Trinità, la Madonna, gli apostoli, le immagini simboliche degli evangelisti e le allegorie delle quattro parti del mondo.
Lo stesso gusto costruttivo, basato su un ampio impegno scultoreo, si ritrova in un cofanetto in argento, acciaio e oro, dedicato alle figure di G. Verdi, V. Bellini, G. Rossini e G. Donizetti, ma intrecciato anche ad altri temi allegorici legati al trionfo delle arti (ripr. in Santini, 1961, p. 48).
Inviato all'Esposizione universale di Parigi del 1900, l'oggetto fu acquistato dal tenore E. De Marchi, lo stesso per cui il F. eseguì un pomo da bastone con i ritratti di G. Puccini e P. Mascagni. Il mondo delle scene, soprattutto musicali, fu in effetti privilegiata fonte di commissioni per il F.: si ricordano una medaglia per A. Catalani, uno spadino d'acciaio per la cantante lirica Medea Borelli (ripr. in Santini, 1961, p. 49), un anello per T. Salvini, un fermaglio donato da E. Novelli a Olga Giannini. Anche i Savoia possedettero opere del F., a cominciare da una coppa commissionata dall'allora direttore delle Gallerie fiorentine marchese Paolo Ferroni, che fu poi il dono della cittadinanza alla principessa Maria Pia di Savoia per le sue nozze (1862) con Luigi del Portogallo (ibid.). Si può inoltre ricordare un Rothschild, che commissionò la copia di un'anfica chiave (cfr. Bini, 1970).
Altrettanto note furono le medaglie incise dal F.: si ricordano in particolare quelle realizzate per la I Esposizione nazionale italiana, tenutasi a Firenze nel 1861 (cfr. D. P. Rizzini, Illustraz. dei Civici Musei di Brescia, Medaglie, II, Brescia 1893, p. 152, n. 73; M. T. Gulinelli, Il Museo civico di Ferrara..., Firenze 1985, p. 46, erroneam. attribuita ad Adolfo), per il giurista Francesco Carrara, per la morte di Vittorio Emanuele II, per Benedetto Cairoli, nonché per varie manifestazioni artistiche ed industriali.
Come orafo il F., e attraverso di lui il figlio Adolfo, incarna un'interessante testimonianza di quell'intreccio culturale che nacque nell'Ottocento dall'incontro della vecchia tradizione artigiana con l'aspirazione tutta recente ad una dotta riqualificazione. Sebbene fosse stato a bottega fin da bambino, secondo le usanze tradizionali, il F. non si limitò semplicemente al sapere pratico, ma studiò ad esempio le tavole di G. Albertolli, vero e proprio manuale di ornamentistica; inoltre le stampe rivestirono un grande ruolo nella determinazione del suo gusto, come testimonia la particolare ammirazione che nutriva per R. Morghen e per L. Calamatta. Uomo del proprio tempo si dimostrò anche per l'iterata partecipazione alle grandi esposizioni dell'epoca: fu presente ad esempio, come già ricordato, nel 1861 a Firenze alla I Esposizione nazionale italiana, a quella di Torino del 1880, in cui fu premiato col gran diploma d'onore, all'Esposizione mondiale vaticana del 1888, oltre che all'Esposizione universale di Parigi nel 1900.
Curioso delle tecniche e contrario alla tradizione invalsa da più di un secolo di privilegiare la superficie attraverso l'uso di gemme e pietre anche false a scapito della creazione plastica (Bini, 1970, p. 57), il F. si specializzò nella lavorazione dell'acciaio in gioielleria. Reinventò una tipologia di anello classicheggiante, caratterizzata essenzialmente dalla presenza di mascheroni in rilievo e da fregi realizzati con un effetto di agemina; elementi che riportano alle descrizioni contenute ne La vita del Cellini. Ad un gusto archeologico rinascimentale conducono, del resto, anche le coppe in pietre dure da lui preziosamente montate. Il F. non utilizzò solo lo stile neorinascimentale, ma opero in perfetta linea con l'eclettismo dell'epoca: emblematico, a questo proposito, risulta il cofanetto neogotico eseguito, in collaborazione con il figlio Adolfo, su disegno di M. Coppedè (cfr. Cronaca d'arte, in La Rassegna lucchese, I [1904], p. 48).
Il F. morì a Lucca l'8 febbr. 1904.
La sua attività fu continuata dal figlio Adolfo, nato il 26 apr. 1866 dal matrimonio con Emestina Buonaccorsi. Sotto la guida patema si affermò precocemente nell'arte della medaglia, ma seguì anche gli insegnamenti dell'istituto di belle arti di Lucca, del quale frequentò, dal 1881 al 1884, il corso d'incisione e, dal 1885 al 1887, quello di scultura. Della sua produzione plastica si conserva, ad esempio, il ritratto del padre posto sulla tomba di lui nel cimitero di Lucca. Appena ventenne, Adolfo ricevette un pubblico elogio dall'istituto di belle arti per l'esecuzione di una medaglia in onore del marchese Antonio Mazzarosa, già presidente dello stesso istituto (Mazzarosa, 1891).
Dopo il 1888, prestato il servizio militare come volontario nel 23º reggimento di cavalleria, Adolfo si specializzò nella medaglistica e svolse la sua attività essenzialmente a Firenze. Qui morì il 30 genn.1909.
La produzione di Adolfo comprende, tra l'altro, le medaglie realizzate in occasione dell'inaugurazione del monumento di Garibaldi a Lucca nel 1889 e, più tardi, per quello di Pisa. Nel 1890 le medaglie eseguite per le statue equestri di Vittorio Emanuele II erette a Firenze e a Livorno, quella con l'effigie del padre predicatore Agostino da Montefeltro, coniata per raccogliere fondi a favore di una pia istituzione lucchese, e le medaglie per la morte di Amedeo di Savoia duca d'Aosta (ripr. in Comandini, 1892, tav. V; 1893, p. 488); la medaglia per l'ottantesimo compleanno di F. Crispi (ripr. in L'Illustrazione ital., 8 ott. 1899, p. 234) e, attribuita, la medaglia con l'immagine di Vittorio Amedeo II di Savoia, eseguita nel 1903 per il bicentenario della formazione del 23º reggimento di fanteria (cfr. Umberto II, 1980, tav. 73).
Fonti e Bibl.: Necr. in L'Illustrazione ital., 21febbr. 1904, p. 159; E. Ridolfi, Di Adolfo Pieroni, in La Provincia di Lucca, 28 apr. 1875; E. Del Carlo, Non son morti, Lucca 1876, p. 88; E. Ridolfi, L'arte di Lucca studiata nella sua cattedrale, Lucca 1862, p. 256; Catalogo della collezione di medaglie del cav. Giancarlo Rossi di Roma, Roma 1883, p. 10, n. 95; Album dell'Esposizione vaticana con descriz. e illustraz. dei doni offerti... a Leone XIII nel suo giubileo sacerdotale, Roma 1890, pp. 79 s.; A. Mazzarosa, Lucca, in Arte e storia, X (1891), p. 101 (per Adolfo); A. Comandini, Medaglie italiane del 1890, in Riv. ital. di numismatica, V (1892), pp. 220 s., 226, tav. V; VI (1893), pp. 488 s. (per Adolfo); P. Campetti, N. F. orafo, in La Rassegna Lucchese, I (1904), pp. 122 s., 135-139, 153-157, 183-188; C. Paladini, Il Cellini moderno N. F., in Italia moderna, 1904, 2, pp. 3-13; L. Forrer, Biographical Dict. of medallists, II, New York 1904, p. 73; VII, ibid. 1923, p. 292 (per Adolfo); F. Santini, N. F. il Cellini lucchese, in Lucca-Rassegna del Comune, V (1961), 2, pp. 47-51; I. Belli Barsali, Guida di Lucca, Lucca 1970, p. 228; B. Bini, L'orafo N. F. e il gioiello di acciaio, in Antichità viva, IX (1970), 6, pp. 57-64; G. Giorgi, Incisori lucchesi (catal.), Lucca 1971, ad Indicem (per Nicola e per Adolfo); Umberto II [di Savoia]…, Le medaglie della casa di Savoia, Roma 1980, p. 157n. 20, tav. 73 (per Adolfo); A. Capitanio, Orafi e marchi lucchesi dal XIV al XIX sec., Firenze 1986, pp. 219 s., 255; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 276.