PACIFICO, Nicola
PACIFICO, Nicola (Maria Niccolò Luigi). – Nacque a Napoli il 22 giugno 1734, quarto dei sette figli e secondo maschio, di Orazio e di Giovanna dei marchesi Bisogni.
Il padre fu noto negli ambienti letterari dell’Arcadia napoletana con lo pseudonimo di Criteo Chilonio, e l’elogio per la sua morte, avvenuta nel 1743, fu scritto da Paolo Mattia Doria.
Con la scomparsa del capofamiglia, fu il fratello maggiore Giuseppe ad avviare Nicola alla carriera ecclesiastica, usufruendo di un legato testamentario per la fondazione di una cappellania perpetua lasciato dallo zio Giovanni Antonio Pacifico nel 1741.
Pacifico svolse l’apprendistato al sacerdozio nella parrocchia dell’Avvocata tra il 1750 e il 1753; contemporaneamente frequentò i corsi di teologia di Bartolomeo Amoroso presso il seminario arcivescovile e le lezioni di geometria e filosofia di Mario Lama presso l’Università dei regi studi. Nel giugno 1753, ricevette la prima tonsura, nel 1756 il diaconato, infine il presbiterato nel dicembre 1757.
Cultore di matematica, astronomia, storia naturale, antiquaria, ma soprattutto botanica, gli è stata attribuita la redazione di un manuale intitolato Promptuarium plantarum horti proprii, terminato nel 1761 e rimasto in forma manoscritta, oltre a varie memorie di argomento simile scritte tra il 1765 e il 1787, ma delle quali già nell’Ottocento si era persa traccia. Antonio Genovesi lo elogiò nelle Lezioni di commercio definendolo un giovane valoroso e «gloria di tutta la Bottanica» (1767, p. 307 n.). Nonostante il prestigio di cui godeva negli ambienti intellettuali napoletani, non riuscì mai a ottenere una cattedra universitaria, benché avesse partecipato diverse volte ai concorsi, banditi ma mai svolti, per la successione a Genovesi, il cui insegnamento venne infine attribuito a Troiano Odazi per volontà sovrana nel 1781.
Alla metà degli anni Settanta, Pacifico divenne membro della loggia massonica L’Amicizia, aderente alla Gran loggia nazionale Lo Zelo. Nel 1775 fu incaricato dal primo gran sopravigilante di quest’ultima, Diego Naselli dei principi d’Aragona, di costituire la loggia L’Ardore a Catania insieme con il matematico e naturalista Domenico Tata. Fu probabilmente l’adesione alla massoneria a facilitare il suo accesso alla nuova Accademia reale di scienze e belle lettere di Napoli, istituita da Ferdinando IV nel 1778, nella quale è attestata la forte presenza di associati alle organizzazioni latomiche del Regno. All’inizio del 1779 il maggiordomo maggiore del re, Michele Imperiali dei principi di Francavilla, presidente dell’Accademia, propose Pacifico come pensionario nella classe delle scienze naturali, preferendo il medico Vincenzo Petagna, nominato da poco professore di botanica all’Università, per la carica di direttore del costituendo orto botanico. Nello stesso periodo Pacifico passò alla loggia massonica La Verità, distaccandosi dall’obbedienza della Gran loggia nazionale guidata da Naselli.
Fu tra i soci più attivi dell’Accademia napoletana, promuovendo numerose iniziative non solo nel proprio ambito ma anche in matematica e in geologia. In occasione del terribile terremoto che colpì la Calabria nel 1783 fece parte del comitato scientifico inviato dal sovrano sui luoghi della calamità sotto la guida del medico Michele Sarconi, segretario dell’Accademia per le classi delle scienze.
Al rientro della spedizione, Pacifico lesse all’Accademia tre memorie intitolate Della spiegazione fisica de’ fenomeni de’ tremuoti di Calabria del 1783, continuando a occuparsi della materia anche nel triennio successivo, come mostra l’intenso scambio epistolare avuto con il fisico e botanico calabrese Domenico Pignatari.
Nel 1786, conobbe il teologo luterano Friedrich Münter, eminente rappresentante del nuovo ordine massonico degli Illuminati di Baviera, giunto a Napoli nel corso di un viaggio di formazione finanziato dalla corte danese. Münter coinvolse Pacifico e molti altri intellettuali nella fondazione di una nuova loggia, detta La Philantropia, dove il sacerdote assunse il nome iniziatico di Franciscus Patricius, con riferimento al filosofo dalmata sostenitore del platonismo e del naturalismo presocratico. Fu nell’ambiente costituitosi intorno a Münter e all’organizzazione del nuovo sodalizio che Pacifico intensificò i rapporti con Gaetano Filangieri, Mario Pagano, Donato Tommasi, Giuseppe Zurlo e Antonio Jerocades, aderendo di fatto a posizioni politiche costituzionaliste e repubblicane. Non fu direttamente coinvolto nella congiura del 1794, ma nascose per tre mesi nella sua casa sita in strada dell’Infrascata il ‘fratello’ Francesco Saverio Salfi, ricercato dalla polizia giacché membro della Società patriottica napoletana, favorendone poi la fuga via mare alla volta di Genova.
Nonostante la difficile congiuntura politica, Pacifico continuò ad aspirare all’insegnamento universitario. Nel 1797, a tre anni dalla morte in carcere di Troiano Odazi, partecipò al concorso, ancora una volta mai svolto, per l’assegnazione della cattedra di economia, poi conferita dal sovrano al caporuota del tribunale di commercio Michele De Jorio con reale dispaccio del 14 ottobre 1798.
Durante la Repubblica napoletana, ricoprì diversi incarichi nella capitale. Fu commissario (sindaco) del cantone di Monte Libero e poi di Colle Giannone, due delle sei circoscrizioni in cui era stato suddiviso il dipartimento di Napoli, cioè il territorio circostante la città. L’Accademia reale venne abolita e sostituita con l’Istituto nazionale, nel quale Pacifico assunse l’insegnamento delle scienze matematiche. Infine, fu nominato capitano della guardia nazionale assumendo il comando del V battaglione ‘Affaitati’, e ciò nonostante la condizione sacerdotale, l’età avanzata e la mole poderosa.
Quest’ultima doveva essere di particolare imbarazzo se si tiene conto sia delle sarcastiche considerazioni del cronista Carlo De Nicola sia dei motteggi indirizzati in proposito a Pacifico da Emanuele Campolongo nel secondo volume del suo Sepulcretum amicabile, edito nel 1782.
Nel corso dell’attacco portato alla capitale dalle truppe sanfediste, Pacifico guidò il suo battaglione in diverse operazioni nei borghi di Pianura, Soccavo, Bagnoli, e infine al ponte della Maddalena. Fu arrestato nella sua casa di vico San Mandato e tradotto nelle carceri della Vicaria. Condannato a morte il 18 agosto dalla Giunta dei rei di Stato, la mattina del giorno seguente venne dissacrato insieme con il vescovo di Vico Equense Michele Natale.
Il 20 agosto 1799, tra le due e mezza e le quattro del pomeriggio, fu eseguita la sentenza nella piazza del mercato gremita di spettatori.
I primi due giustiziati furono Giuliano Colonna dei principi di Aliano e Gennaro Serra dei principi di Cassano, aristocratici e pertanto decapitati; seguì l’impiccagione di Pacifico e del vescovo Natale. Il corpo di Pacifico fu immediatamente tolto dal patibolo in quanto, come cittadino napoletano, godeva del privilegio di non rimanere esposto alle offese della folla e del tempo atmosferico. Infine, furono afforcati Vincenzo Lupo, Antonio Piatti ed Eleonora de Fonseca Pimentel. Il cadavere di Pacifico fu inumato, insieme con quelli di Colonna e Serra, nella sepoltura del capitolo della chiesa del Carmine maggiore a opera della Compagnia dei Bianchi della giustizia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Segreteria e ministero degli affari ecclesiastici, reg. 538, p. 231; Segreteria di Stato di Casa reale, b. 1553, n. 45; Giunta di Stato, vol. 110; Giunta di Stato, Processo, vol. I, c. 6, e vol. VI, c. 71; Napoli, Arch. storico diocesano, Sacra patrimonia, n. 7891, Compagnia dei Bianchi della giustizia, n. 240; P.M. Doria, Ultimi onori di letterati amici in morte del chiarissimo Orazio P. tra gli arcadi Criteo Chilonio, Napoli 1743; A. Genovesi, Lezioni di commercio o sia di Economia civile, II, Napoli 1767, pp. 274 n., 307 n.; Atti della r. Accademia delle scienze e belle lettere di Napoli, Napoli 1787, pp. XXV, XXXI s., LXXVI, LXXXVII, XCIV, 235 s., 276, 297; E. Campolongo, Sepulcretum amicabile, II, Napoli 1782, pp. 11 s.; F. Münter, Aus dem Tagebüchern F.M. - Wander und Lehrjahre eines dänischen Gelehrten (1780-1783), a cura di Ø. Andreasen, II, København-Leipzig 1937, pp. 80, 112, 114-116, 234, 236, 245; P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle Due Sicilie dalla venuta delle colonie straniere sino a’ nostri giorni, VIII, Napoli 1811, pp. 69, 149; C. De Nicola, Diario napoletano(1798-1825), a cura di R. De Lorenzo, I, Napoli 1999, pp. 107, 164, 189, 195, 207, 212, 285, 287; M. D’Ayala, Vite degl’Italiani benemeriti della liberta e della patria, uccisi dal carnefice, Roma 1883 [rist. anast., Napoli 1999], pp. 235, 357, 375, 459-463; C. Francovich, Storia della massoneria in Italia. Dalle origini alla Rivoluzione francese, Firenze 1975, pp. 411 s., 420-422; A.M. Rao, L’Istituto nazionale della Repubblica napoletana, in Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, t. 108, n. 2, 1996, pp. 765-798 (in partic. pp. 778 s.); R. Di Castiglione, La massoneria nelle Due Sicilie e i “fratelli” meridionali del ’700. Saggio di prosopografia latomica, II, Roma 2008, pp. 419-422.