NIMBO
. Disco o cerchio (questo come abbreviazione di quello), che l'arte classica, soprattutto a partire dal sec. IV a. C., applica largamente intorno al capo di figure rappresentanti divinità o esseri umani superiori, o comunque divinizzati. Nell'arte greca esso è applicato come attributo delle divinità della luce, di Apollo-Helios (il Sole), e di Artemide-Selene (la Luna), nonché di personificazioni celesti minori, come Eos (Aurora), e Phosphoros (Lucifero): soluzione pratica e convenzionale che i pittori classici riescono a dare all'arduo problema di rappresentare tali divinità luminose come effettive sorgenti di luce. Nella pittura greca anteriore al sec. IV il disco sormonta il capo della divinità, restandone perfettamente distinto. Il disco luminoso originario, nel cui campo si proietta la sagoma di una testa, è complicato poi di elementi varî, al solo scopo di accentuarne la vistosità. Così esso si scompone in una serie di cerchi concentrici, oppure si arricchisce di una raggiera, pure luminosa, emanante dal disco centrale. A volte sono insieme riuniti i cerchi concentrici e la raggiera. È frequente l'applicazione di queste varianti nella pittura vascolare italo-greca.
Una minore varietà si riscontra naturalmente nel campo della scultura, dove tuttavia non mancano esempî di divinità raggiate: come la figura di Helios su quadriga, scolpita in rilievo nella nota metopa del tempio ellenistico di Ilio, nonché su monete rodiesi. Figure raggiate di Apollo-Helios si usavano anche nel campo della scultura a pieno tondo. Dallo stesso nimbo raggiato trae origine, a partire dall'arte romana, la corona a più punte o raggi, usata come simbolo del potere sovrano. Il nimbo a disco, non complicato da raggiera, è più proprio della scultura a rilievo: come si vede sui medaglioni adrianei dell'arco di Costantino in Roma. Nella medesima forma, e in altre, esso si trova applicato come attributo dì Helios-Apollo su pitture pompeiane.
Il nimbo verso gl'inizî del sec. IV comincia ad apparire nei monumenti cristiani d'Oriente e d'Occidente. L'attributo acquista nell'arte cristiana un più preciso carattere di santità. Prima del sec. VI il nimbo non ebbe un'applicazione costante; riservato in origine alla figura di Cristo (vetri dorati alla Biblioteca Vaticana, catacombe di S. Callisto, catacombe d'Alessandria d'Egitto), fu successivamente adoperato per la Vergine, gli angeli, gli apostoli, i santi ed i personaggi dell'Antico Testamento.
Quale simbolo di dignità e di potenza appare anche nelle figure degl'imperatori (monete di Costantino e Valentiniano II, copia del Cronografo del 354 alla Vaticana, musaico di S. Vitale a Ravenna), e, come nell'arte classica, in rappresentazioni ideali e allegoriche. Già nei secoli IV e V il nimbo di Cristo è distinto dal monogramma divino o dalla croce, che, inserita nel mezzo del cerchio, vi fu iscritta dapprima anche in modi caduti poi in disuso (catacombe di S. Callisto, sarcofago di Sulusaray al Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino, musaico di S. Maria Maggiore in Roma, musaico di S. Aquilino a Milano). Il nimbo crucifero si ritrova anche in rappresentazioni del mistico agnello (cappella di S. Ilario al Battistero Lateranense a Roma, musaico in S. Pudenziana a Roma).
Durante il sec. VIII, sin quasi agl'inizî del XIII, prevale nei monumenti dell'arte occidentale (raramente in quelli d'Oriente) l'uso di distinguere i personaggi viventi mediante un nimbo quadrato (cappella dei Ss. Quirico e Giulitta in S. Maria Antiqua a Roma, musaico di S. Marco a Roma, basilica sotterranea di S. Clemente a Roma, ecc.). Varie sono le ipotesi circa la sua origine, che il Wilpert (Le nimbe carré, in Mélanges d'archéol. et d'hist., 1906, p. 2 segg.) fa risalire a un'antica consuetudine romana, secondo la quale le teste dei personaggi ritratti dal vero erano eseguite separatamente su tela, e, circoscritte poi da una cornice di legno, applicate al resto dell'opera; il De Grüneisen (Arch. Soc. romana di storia patria, XXIX, 1906, p. 229 segg.) pensa invece che il nimbo quadrato sia derivato da usi funerarî d'Egitto, donde, non prima del secolo VI si sarebbe diffuso in Occidente. Varie altre forme (radiato, a volumen, cioè quadrato con i margini accartocciati, poligonale, triangolare) assunse nelle figurazioni cristiane il nimbo, che l'arte moderna spesso ha tralasciato o ha sostituito con una vaga irradiazione di luce intorno alle figure venerate. Una variante del nimbo è l'aureola, o mandorla, che noi) si limita a circonfondere di luce la sola testa, ma include tutta la persona entro una curva elissoidale, a volte raggiata. Essa è simbolo d'apoteosi e di gloria. L'attributo, da ricollegarsi con ogni probabilità a ricordi biblici, è riservato alla Vergine, sola o col figlio, e alla figura di Dio. Si ritrova sempre nelle scene che maggiormente esaltano la natura divina di Cristo (Trasfigurazione), ma eccezionalmente compare anche nei musaici di S. Maria Maggiore intorno alla figura d'un angelo.
Nimbo e aureola furono comune attributo del Buddha nell'arte dell'Estremo Oriente; è incerto se derivati dall'arte alessandrina o dal culto solare iranico.
Bibl.: M. Didron, Iconographie chrét., Parigi 1844, pp. 1-146; L. Stephani, Nimbus und Strahlenbranz in den Werken der alten Kunst, Pietroburgo 1859; G. Lafaye, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant. gr. et rom., IV, i, p. 84 segg.; Roscher, Lexikon Mith., s. v. Helios e Phosphoros; S. Reinach, Répertoires, ecc., s. v. Apollo-Helios; A. K. Coomaraswamy, History of Indian Art, Londra 1927, p. 57; G. Wilpert, Le pitture delle catacombe romane, Roma 1903; A. Strong, Apotheosis and after life, Londra 1915; Martigny, Dict. des ant. chrét., Parigi 1889, p. 498; A. Krücke, Der Nimbus und werwandte Attribute in d. frühchristl. Kunst, Strasburgo 1905; K. Künstle, Ikonographie d. christl. Kunst, I, Friburgo in B. 1928, p. 27 segg.