azione, nomi di
I nomi d’azione (➔ nomi) sono nomi designanti processi: costruzione («l’azione di, il fatto di costruire»), risanamento («l’azione di, il fatto di risanare»), partenza («l’azione di, il fatto di partire») e vengono considerati una categoria intermedia tra nomi e frasi (vedi oltre).
I nomi d’azione, designando processi e non entità (persone, animali, cose), rientrano tipicamente nella categoria dei nomi astratti (➔ astratti, nomi) distinguendosi così dalla categoria dei nomi concreti (➔ concreti, nomi). Tuttavia talvolta possono essere usati per designare il risultato di un’azione, nel qual caso designano oggetti (1) piuttosto che processi (2):
(1) la dimostrazione del teorema di Pitagora si trova alla pagina 5 del libro di geometria
(2) la dimostrazione di affetto di Maria per Pietro mi ha commossa profondamente
In qualche caso i nomi d’azione hanno solo valore concreto: ad es., delegazione indica un gruppo di persone delegato a rappresentare qualcuno e non l’azione o il fatto di delegare.
La formazione dei nomi d’azione in italiano è altamente produttiva. Il processo in gioco è la nominalizzazione ➔ nominalizzazioni. Morfologicamente essi sono nomi deverbali (➔ deverbali, nomi), ossia derivati da verbi mediante un processo di derivazione che prevede l’aggiunta di un suffisso (➔ suffissi) (3) o, in qualche caso, un suffisso zero (4):
(3) [atterr-are] V + [-aggio] suff. nominale → atterraggio
(4) [ritorn-are] V + [-o] suff. nominale → ritorno
I suffissi che servono a derivare nomi da verbi sono vari e godono di varia produttività nella lingua. I più usati oggi sono: -zione, -mento, -tura, suffisso zero, -(a/e)nza, -(a/u/i)ta. Si vedano in (5) alcuni esempi di nomi d’azione formati a partire da ciascuno dei suffissi menzionati:
(5) a. interrogazione, deflagrazione
b. attraversamento, ripensamento
c. andatura, scrittura
d. inoltro, ritorno; delibera, verifica
e. partenza, tolleranza
f. mangiata, bevuta, dormita
In generale i tre suffissi -zione, -mento, -tura sono in distribuzione complementare, vale a dire che ciascun verbo o classe di verbi seleziona un solo suffisso. Ad es., -zione si aggiunge a verbi formati col suffisso -izzare e -ificare, mentre non altrettanto bene si aggiunge ai verbi formati col suffisso -eggiare, che invece selezionano -mento (Thornton 2005: 147-148):
(6) panificare → panificazione
(7) masterizzare → masterizzazione
(8) dardeggiare → *dardeggiazione, dardeggiamento
Lo stesso suffisso -mento, molto produttivo in italiano, è l’unico ad aggiungersi ai verbi parasintetici per formare nomi d’azione. I verbi ➔ parasintetici sono formazioni caratterizzate dall’aggiunta simultanea di almeno due componenti, tra prefissi e suffissi, e dall’inscindibilità dei due processi derivativi coinvolti (dall’aggettivo vecchio non si forma né l’aggettivo *invecchio né il verbo *vecchiare, ma solo il verbo invecchiare «diventare vecchio», derivato con l’aggiunta simultanea di prefisso e suffisso):
(9) invecchiare → invecchiamento; ingiallire → ingiallimento; inasprire → inasprimento
Il suffisso -aggio si incontra più comunemente nei linguaggi settoriali di tipo tecnico (montaggio, smontaggio, carotaggio).
In qualche caso è possibile che una stessa base verbale utilizzi due suffissi derivativi per formare i nomi d’azione: talvolta ciò implica una differenza d’uso, come nel caso di andamento (andamento dei mercati) e andatura (si capisce che è ubriaco dall’andatura), oppure i due derivati sono sinonimi e non si registra alcuna differenza semantica, come nel caso di rifornimento e rifornitura.
Si è già accennato che i nomi d’azione sono una categoria intermedia tra nomi e verbi: essi infatti sono dotati di struttura argomentale, possono cioè sviluppare gli ➔ argomenti che ammetterebbe il verbo da cui il nome d’azione deriva.
Si consideri la frase (F) nell’esempio (10), la cui testa è il verbo eseguire, e la si confronti col sintagma nominale (SN) dell’es. (11), la cui testa è il nome d’azione esecuzione. Come si può verificare, sia il soggetto della frase sia tutti i complementi – in questo caso il complemento oggetto (un argomento) e il complemento di luogo (un circostanziale) – vengono riproposti come dipendenze del nome d’azione nel sintagma in (11):
(10) [Pollini ha eseguito magnificamente] F i concerti per piano di Beethoven a New York
(11) [la magnifica esecuzione] SN dei concerti per piano di Beethoven a New York da parte di Pollini
La proprietà di proiettare una struttura argomentale è tipica dei nomi d’azione e più in generale astratti (ad es., un nome come opinione ha struttura argomentale pur non essendo un nome deverbale: la mia opinione su di te), mentre non è condivisa dai nomi concreti.
Le modalità di realizzazione dei singoli argomenti dei nomi d’azione dipendono dalla classe cui il nome appartiene. I nomi d’azione possono essere distinti in intransitivi e transitivi, e questi ultimi possono manifestare una ➔ diatesi attiva o passiva. La classificazione si basa su criteri analoghi a quelli usati per i verbi: sarà transitivo un nome che abbia un secondo argomento corrispondente al complemento oggetto della frase verbale corrispondente:
(12) degustare vino → la degustazione di vino
mentre sarà intransitivo un nome con un solo argomento soggetto:
(13) camminare → la camminata di Piero nei boschi è stata salutare
o con un secondo argomento che non sia il complemento oggetto:
(14) telefonare a qualcuno → la telefonata di Mario a Paolo
In genere il soggetto è realizzato come un sintagma preposizionale introdotto da di (la caduta dell’impero romano): se però il nome d’azione ha senso passivo l’agente è di norma realizzato come sintagma preposizionale introdotto dalla locuzione preposizionale da parte di, come nella frase già esaminata in (11). Il soggetto di nome d’azione intransitivo invece non può essere introdotto da questa locuzione: la crescita di Luigi / * la crescita da parte di Luigi.
Quando il nome d’azione ha per base un verbo transitivo, sia il soggetto sia l’oggetto possono essere introdotti da di (la descrizione di Maria del Pantheon), oppure il soggetto può essere reso col possessivo (la sua descrizione del Pantheon). Quando il verbo (➔ verbi) è trivalente si preferisce introdurre l’oggetto mediante di, mentre si ricorre alla locuzione da parte di o al possessivo per il soggetto:
(15) * la restituzione del ladro del denaro alla vittima
(16) a. la restituzione del denaro alla vittima da parte del ladro
b. la sua restituzione del denaro alla vittima
Quanto alla passivizzazione, i nomi d’azione derivati da transitivi configurano tre possibilità:
(a) ammettere il senso passivo:
(17) Mario descrive casa sua → la descrizione di Mario (soggetto) di casa sua [valore attivo]
(18) Mario è descritto da sua madre → la descrizione di Mario (oggetto) da parte di sua madre [valore passivo]
(b) non ammetterlo e dunque presentare solo una diatesi attiva:
(19) Maria desidera Paolo → desiderio: il desiderio di Maria per Paolo [attivo]
(20) Paolo è desiderato da Maria → * il desiderio di Paolo da parte di Maria [passivo]
(c) avere solo una diatesi passiva:
(21) cattura → la cattura di Mario da parte dei nemici [passivo]
(22) * la cattura di Mario dei nemici [attivo]
I nomi derivati da verbi psicologici (➔ psicologici, verbi) o comunque aventi per soggetto un esperiente (cioè un essere animato in cui avviene il processo indicato dal verbo) e non un soggetto agente, non sono passivizzabili (desiderio, paura, timore). Con questi nomi il soggetto esperiente è introdotto da di e ciò che suscita il processo indicato dal verbo viene realizzato come un sintagma preposizionale introdotto da un’altra preposizione:
(23) l’interesse di Anna per questo film
Con questi verbi solo il soggetto, e non l’oggetto, può essere reso con il possessivo, sicché espressioni come il mio desiderio, la mia paura, il mio timore hanno solo il significato io desidero, io ho paura, io ho timore e non il desiderio di me, la paura di me, il timore di me.
La struttura argomentale proiettata da un nome d’azione può essere rappresentata anche da una frase completiva (➔ completive, frasi):
(24) Giulia suggerì che partissimo al più presto → il suggerimento di Giulia che partissimo al più presto.
I nomi d’azione possono essere caratterizzati da altre proprietà più simili a quelle della classe dei verbi che alle proprietà canoniche dei nomi. Per es. un sintagma preposizionale complesso contenente un nome d’azione può rimpiazzare una frase come in (25) o più spesso una subordinata, con la differenza che mentre la frase ha come testa il verbo e dunque deve necessariamente selezionare tutti i tratti connessi a questa categoria (tempo, modo, diatesi, aspetto, ecc.), il nome d’azione li esprime in modo opzionale oppure li lascia indeterminati. In tal modo il nome d’azione consente di mettere sullo sfondo o di non esplicitare affatto alcune categorie.
Come i verbi, i nomi d’azione possono esprimere la persona. Per far ciò utilizzano gli aggettivi possessivi, come in (25) e (26):
(25) al mio arrivo, al tuo arrivo, al suo arrivo, al nostro arrivo
(26) Carlo di Borbone, al suo arrivo nella capitale, fu accolto dal popolo
A differenza di frasi subordinate implicite (come le frasi al gerundio, all’infinito o participiali), il nome d’azione può ammettere un soggetto diverso da quello della frase in cui è inserito. Si osservino al proposito la subordinata avverbiale esplicita in (27) e l’equivalente sintagma preposizionale complesso di (28) che ha come testa un nome d’azione, e le si confronti con le frasi implicite in (29), (30) e (31) che risultano, se non scorrette, almeno di tono molto formale:
(27) quando ritornerà gli organizzeremo una festa
(28) al suo ritorno gli organizzeremo una festa
(29) * ritornando lui gli organizzeremo una festa
(30) * ritornato gli organizzeremo una festa
(31) * nel ritornare lui gli organizzeremo una festa
L’aggettivo possessivo può avere interpretazione sia soggettiva che oggettiva. La possibile ambiguità interpretativa viene però risolta nel contesto:
(32) la mia [sogg.] condanna dell’imputato [paziente]
(33) la mia [ogg.] condanna da parte del tribunale [agente]
In particolare, mio, se ha valore soggettivo, tende a non essere espresso o comunque è seguito dall’oggetto realizzato come sintagma preposizionale introdotto da di; se invece ha valore oggettivo è seguito dall’agente espresso col sintagma preposizionale da parte di.
I nomi d’azione non esprimono il tempo: sebbene siano compatibili con qualunque espressione temporale in cui si trovino inseriti, generalmente l’evento da essi espresso è interpretato come simultaneo a quello espresso dal verbo della clausola principale:
(34) alla mia partenza saluto / saluterò / ho salutato / salutai tutti
(35) quando parto / saluto; partirò / saluterò; sono partito / ho salutato; partii / salutai tutti
Ma i nomi d’azione possono anche localizzare un evento sull’asse temporale (vale a dire che possono avere valore deittico) o segnalare relazioni anaforiche di antecedenza, posteriorità e simultaneità. Per l’uso deittico essi ricorrono a diverse strategie: aggettivi come passato, presente, futuro, corrente, attuale, precedente (35) o avverbi temporali come ieri, oggi, domani (36) o sintagmi con valore temporale (37):
(36) il precedente / passato, attuale / presente / corrente, futuro esercizio del potere
(37) la partenza di Gianni ieri mi ha molto sorpreso
(38) il suo arrivo tre giorni fa ha sconvolto i miei progetti
Per realizzare il valore anaforico (➔ anafora) invece i nomi d’azione utilizzano varie preposizioni; grazie alla loro natura nominale infatti si adattano bene a ricorrere insieme a tutte le espressioni temporali che sono al tempo stesso congiunzioni e preposizioni (dopo, prima) e trovano facilmente in una preposizione il corrispettivo semantico di varie congiunzioni temporali (per es., mentre corrisponde a durante). Si vedano gli esempi (39), (40) e (41): in (39) la preposizione segnala che l’evento rappresentato nel nome d’azione è antecedente all’evento della clausola principale; in (40) l’evento rappresentato nel nome d’azione è successivo a quello della clausola principale; in (41) la preposizione segnala che il nome d’azione indica un contesto temporale durativo in cui si colloca un evento puntuale, in questo caso espresso dalla clausola principale:
(39) dopo la stesura dell’articolo
(40) prima della realizzazione dell’abito
(41) durante il rifornimento di benzina
Se dunque la dimensione temporale non è codificata nei nomi d’azione è però possibile esprimere in modo piuttosto preciso varie relazioni temporali mediante il ricorso a preposizioni: questo tratto è condiviso con l’infinito sostantivato (➔ sostantivato, infinito), anche se l’infinito seleziona preposizioni articolate più polisemiche: al, nel, ecc. e non ricorre con alcune preposizioni compatibili con i nomi d’azione (ad es., durante: * durante il viaggiare / durante il viaggio).
Quanto all’espressione dei modi verbali, i nomi d’azione non esprimono morfologicamente le opposizioni di modo ma sono compatibili con diversi modi e tempi verbali. Tutte le frasi da (42) a (45) vengono parafrasate in (46) con il sintagma preposizionale complesso con l’invio della domanda:
(42) se inviassi la domanda parteciperesti al concorso
(43) se avessi inviato la domanda avresti partecipato al concorso
(44) se invierai la domanda parteciperai al concorso
(45) se invii la domanda parteciperai al concorso
(46) con l’invio della domanda avresti partecipato / parteciperesti / parteciperai al concorso
I nomi d’azione si prestano ad esprimere forme di ➔ modalità, come quella epistemica, attraverso aggettivi epistemici probabile, possibile, presunto, ipotetico, sicuro, certo, ecc.:
(47) il probabile omicidio, il presunto rapimento, ecc.
Normalmente i nomi d’azione utilizzano modificatori aggettivali laddove un verbo ricorre ad avverbi di modo o maniera, come si può ricavare dall’esempio (37):
(48) Mario si comporta educatamente → il comportamento educato di Mario
Però sono compatibili con avverbi di luogo (ma solo nella lingua informale) così come con avverbiali di luogo:
(49) Piero verrà qui → la venuta qui di Piero
(50) Piero ritornerà da Londra → il ritorno di Piero da Londra
Infine anche l’avverbio di negazione è sostituito in qualche caso dall’aggettivo mancato, dalla semantica analoga:
(51) la mancata partenza di Mario è dovuta a ragioni familiari
(52) la mancata dichiarazione del premier è stata giudicata negativamente.
I nomi d’azione ereditano dai verbi di base alcune proprietà dell’azione descritta (Gaeta 2002). Le proprietà sono la duratività (un evento prende del tempo, in opposizione all’azione puntuale), la telicità (un evento ha conclusione, in opposizione alla non telicità), la dinamicità (un evento comporta cambiamento, in opposizione alla staticità) (➔ aspetto). Questi criteri individuano le classi dei verbi stativi, continuativi, risultativi e trasformativi e alla stessa stregua determinano il significato dei nomi d’azione.
Il nome d’azione è telico se risponde al test della compatibilità col complemento di tempo in x tempo. Nel caso di verbi come apprendere e studiare, in cui solo il primo è telico, anche i nomi d’azione corrispondenti manifestano questa opposizione:
(53) l’apprendimento dell’inglese a scuola in 2 anni [telico]
(54) lo studio dell’inglese a scuola * in 2 anni [atelico] / per due anni [durativo]
Il complemento per x tempo – che in (53) è compatibile col verbo studiare – è a sua volta un rivelatore di duratività. Anche la possibilità di modificare questi nomi mediante aggettivi di durata rivela il valore durativo di un nome, mentre l’incompatibilità in genere rivela un’azionalità di tipo puntuale (tipica dei verbi trasformativi):
(55) dormire → dormita → lunga dormita
(56) agonizzare → agonia → lenta agonia
(57) dondolare → dondolio → lungo dondolio
(58) addormentarsi → addormentamento → * lungo addormentamento
(59) uccidere → uccisione → * lunga uccisione
Il valore di durata infine può essere espresso con aggettivi di tipo processuale come frequente, costante, continuo (59) (ma non con l’avverbio) e con locuzioni (60) che indicano durata:
(60) a. lo sbattimento continuo
b. * lo sbattere continuamente delle mani
(61) a. nel corso della caduta
b. * nel corso dell’addormentamento
Un’altra strategia per nominalizzare verbi sono gli infiniti sostantivati: confrontando un nome col verbo corrispondente si osserva che il primo presenta la situazione come puntuale e chiusa, mentre l’infinito la presenta come aperta e non include il punto di fine:
(62) a. l’insegnamento dell’uso del computer si è concluso
b. * l’insegnare l’uso del computer si è concluso
I suffissi derivativi utilizzati per formare nomi d’azione spesso si riferiscono a una particolare classe azionale nella base verbale, sicché anche la semantica del derivato finisce col costituire una classe particolare. Ad es., il suffisso -(a/e)nza si aggiunge perlopiù a verbi stativi (sia pure con qualche eccezione, come nel caso di partire → partenza). I derivati con questo suffisso sono desueti (consolanza, ritornanza, perdonanza) o hanno perso il valore di nome di processo e conservano quello concreto, di risultato (udienza, ordinanza, usanza). Come i verbi stativi da cui principalmente derivano, i derivati in -(a/e)nza designano il processo come aperto, dunque imperfettivo: conoscenza, accoglienza, ubbidienza.
I nomi d’azione in -(a/u/i)ta, derivanti dal participio passato del verbo di base, si formano da basi verbali indicanti processi durativi, con la caratteristica che il relativo nome d’azione indica una singola ricorrenza di quel processo, un singolo ‘atto di V’: bevuta, mangiata, dormita, cantata, ecc. Molti di questi derivati sono arcaici e desueti (sguardata, guadagnata, fuggita) o sono utilizzati solo con valore concreto (ferita, trovata, condotta), o sono lessicalizzati (salita, fermata, entrata, discesa). Dal momento che designano eventi singoli, i nomi di questo sottogruppo non possono essere usati con valore generico o assoluto:
(63) a. il nuoto fa bene al fisico
b. * la nuotata fa bene al fisico
e non ricorrono con articolo nullo:
(64) a. lezioni di nuoto, gare di nuoto
b. * lezioni di nuotata, gare di nuotata
I nomi d’azione di questo gruppo entrano spesso a far parte di perifrasi con verbi supporto come dare e fare. Nel caso di dare si presenta l’azione come rapida e sommaria: dare una scorsa al libro, dare un’ordinata alla stanza.
I nomi d’azione a semantica semelfattiva e perfettiva, ricavati da verbi durativi e compatibili con costruzioni perifrastiche, sono molto produttivi in italiano e si formano anche da prestiti (sniffata, cliccata, chattata). Spesso sono affiancati da altri deverbali formati sulla stessa base ma che hanno semantiche diverse: smontata / smontaggio, rotolata / rotolamento, scazzottata / scazzottatura.
Castelli, Margherita (1988), La nominalizzazione, in Renzi, Salvi & Cardinaletti, 1988-1995, pp. 333-356.
Gaeta, Livio (2002), Quando i verbi compaiono come nomi. Un saggio di morfologia naturale, Milano, Franco Angeli.
Giorgi, Alessandra (1988), La struttura interna dei sintagmi nominali, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1988-1995, pp. 273-314.
Renzi, Lorenzo, Salvi, Giampaolo & Cardinaletti, Anna (a cura di) (1988-1995), Grande grammatica italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1° (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), 1988.
Simone, Raffaele (2003), Maṣdar, ’ismu al-marrati et la frontière verbe/nom, in Estudios ofrecidos al profesor José Jesus de Bustos Tovar, ed. J.L. Girón Alconchel, et. al., Universidad Complutense de Madrid, 2 voll., vol. 1°, pp. 901-918.
Thornton, Anna M. (2005), Morfologia, Roma, Carocci.