NOMOFILACIA (da νόμος "legge" e ϕύλαξ "custode")
Magistratura greca, avente non solo la funzione, implicita nel nome, di custodire il testo ufficiale delle leggi, ma anche quella di assicurare in qualche modo la stabilità della legislazione contro la tendenza delle assemblee popolari e dei demagoghi a mutamenti continui e capricciosi. Perciò varie costituzioni cittadine disponevano che ogni disegno di legge dovesse essere preventivamente esibito ai nomofilaci, e che questi potessero vietarne la presentazione all'assemblea sia per incostituzionalità sia per evidente inopportunità; negli stessi o in altri regimi, spettava ai nomofilaci di denunciare al tribunale penale, o addirittura di giudicare, i magistrati o capiparte che avessero preso l'iniziativa di leggi incostituzionali o inopportune. È perciò una magistratura più frequente nei regimi aristocratici che nei democratici. Il nome abituale è talvolta sostituito da quello di tesmofilaci (custodi dei θεσμοί, cioè, propriamente, di quelle leggi primordiali che si consideravano ispirate dalla divinità); e sembra che in certe città cretesi una magistratura analoga abbia portato il nome astratto di eunomia.
Ad Atene i nomofilaci sarebbero stati istituiti, secondo un passo di Filocoro, su proposta di Efialte (462 a. C.), togliendo all'Areopago la funzione della custodia delle leggi nello stesso momento in cui con l'istituzione dell'Eliea lo si privava di gran parte della giurisdizione: sennonché, mentre Aristotele non li nomina affatto nella Costituzione degli Ateniesi, le fonti più tardive li ricordano soltanto a partire dal 317, come elemento della costituzione aristocratica data alla città da Demetrio di Falero: o Filocoro ha sbagliato, oppure per un secolo e mezzo i nomofilaci ateniesi hanno avuto la sola funzione subalterna di custodire i testi legislativi. I nomofilaci si trovano inoltre ricordati per Sparta (5 magistrati annuali, e forse un segretario), Corcira, Calcedonia, Milasa, Abdera, Andania, Cirene; i tesmofilaci per Elide, Tespia, Alessandria.
Bibl.: A. Boeckh, Ges. Kleine Schriften, Lipsia 1858-74, V, p. 424 segg.; G. De Sanctis, Ι νομοϕύλακες di Atene, in Entaphia, Torino 1913; W.S. Ferguson, The laws of Demetrius of Phalerum and their guardians, in Klio, XI (1911), p. 271 segg.; M. Guarducci, Eunomia, in Historia, VII (1933), p. 199 segg.; A. Krebs, Nomophylakes, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités gr. et rom., IV, i, p. 102 segg.; P.M. Meyer, in Zeitschr. Savigny-Stift. (Roman. Abt.) XLIV (1924), p. 585 segg.; G. Oliverio, Iscrizioni di Cirene, in Rivista di filologia classica, n. s., VI (1928), p. 183 segg.; E. Spangenberg, De Atheniensium publicis institutis aetate Macedonum, comm., Halle 1884; J. Starker, De nomophylacibus Atheniensium, Neisse 1880.