NORVEGIA
(Norge, Noreg, Norig, Noregr, Norvegr "via del Nord"; A. T., 61-62; 63-64).
Sommario. - Geografia: Situazione, limiti, estensione (p. 944); Geologia e morfologia (p. 944); Coste (p. 945); Clima (p. 946); Idrografia (p. 946); Flora e vegetazione (p. 947); Fauna (p. 947); Suddivisioni naturali (p. 947); Popolazione (p. 947); Condizioni economiche (p. 947); Comunicazioni (p. 949). - Ordinamento: Ordinamento dello stato (p. 950); Forze armate (p. 950); Culti (p. 951); Finanze (p. 951); Istruzione pubblica (p. 952). - Storia (p. 952). - Lingua (p. 958). - Letteratura (p. 959). - Arti figurative (p. 962). - Musica (p. 965). - Diritto (p. 967). - Etnografia e folklore (p. 928).
Geografia.
Situazione, limiti, estensione. - Il regn0 di Norvegia è formato dalla parte nord-occidentale della penisola scandinava, dall'arcipelago delle Svalbard (arcipelago dello Spitsbergen, Isola degli Orsi e tutte le altre isole comprese tra 74° e 81° lat. N. e 10° e 35° long. E.), dall'isola Jan Mayen nell'Oceano Artico e dai possedimenti antartici (isola Bouvet, nell'Atlantico meridionale; isola Pietro I, nel Pacifico meridionale). La Norvegia propriamente detta si estende da 57°58′ lat. N. (il punto più meridionale è una piccola isola dirimpetto a Mandal) a 71°11′ lat. N. (un punto sull'isola Magerøy a O. del Capo Nord), e da 4°30′ long. E. (imboccatura del Sognefjord) a 31° 10′ long. E. (un'isola prossima a Vardø). Sulla terraferma l'estremità più settentrionale è rappresentata dal Capo Nordkyn; la più occidentale dal Capo Stad; la più meridionale dal Capo Lindesnes. A N., NO. e S. la Norvegia è circondata dall'Oceano Artico, dal Mare di Norvegia e dal Mare del Nord; a E. confina con la Svezia (per 1650 km.) e con la Finlandia (per 920 km.). Carattere peculiare della Norvegia è il suo sviluppo longitudinale (1800 km.; l'Italia ne ha 1135); il suo più lungo asse è orientato da SSO. a NNE. La parte meridionale è più larga (fino a 430 km.), la settentrionale è strettissima, tanto che al fondo dell'Ofotenfjord si riduce a 8 km. La superficie totale è di 386.371 kmq., distribuiti nel modo seguente: Norvegia propriamente detta: 322.681 kmq.; arcipelago delle Svalbard: 62.920 kmq.; isola Jan Mayen: 372 kmq.; isola Bouvet: circa 148 kmq.; isola Pietro I: circa 250 kmq.
Geologia e morfologia. - La superficie della Norvegia è quasi interamente occupata da terre alte; poche sono le zone basse e non vi sono pianure veramente ampie; dove non sono montagne il terreno è collinoso. A S. del 62° N. la montagne scandinava occupa la sola parte occidentale del paese; a N. di tale latitudine essa ne occupa tutta la larghezza. L'asse delle altezze maggiori corre, in pratica, parallelamente alla costa.
Geologicamente, la Norvegia appartiene alla Fennoscandia, ampio territorio di rocce primitive le quali furono più tardi coperte da rocce stratificate. Le rocce cristalline archeane, formate in gran parte di gneiss e granito, costituiscono l'imbasamento:1. nella maggior parte della Norvegia meridionale; 2. nella parte nordoccidentale della regione montuosa meridionale da Bergen a Namdalen (interrotta sulla costa occidentale e all'imboccatura del Trondheimfiord da piccole zone d'arenaria devonica); 3. nel Finnmark meridionale. Due specie di arenaria del pre-Cambrico, nel Finnmark e nella parte centro-orientale (sparagmiti), rappresentano probabili avanzi rispettivamente di un'antica glaciazione e d'un periodo di clima arido.
Il lavorio di demolizione spinto fino al livello di base determinò la formazione del penepiano pre-Cambrico, che fu sommerso dall'oceano cambrico-silurico e coperto con strati d'arenaria, di scisto e di calcare di spessore vario. All'infuori delle aree montuose, queste rocce paleozoiche sussistono solo in posizioni sufficientemente protette contro il denudamento, specie come blocchi sprofondati (es.: la regione di Oslo). Durante i periodi Silurico e Devonico, la catena delle montagne norvegesi si formò per il ripiegamento degli strati paleozoici, accompagnato da intrusioni, fratture sismiche, e sgorgo violento di masse eruttive che traversarono le rocce e produssero fenomeni di metamorfismo regionale. I pochi casi di sedimenti devonici (arenarie) sulla costa occidentale si possono considerare come prodotti da un'erosione successivamente intensificatasi.
La serie di rocce eruttive nella zona di sprofondamento di Oslo è il risultato di un'azione vulcanica e di giganteschi dislocamenti nell'epoca erciniana (Permico). In Norvegia le rocce mesozoiche si trovano solo in piccoli giacimenti sull'isola di Andoya e contengono qualche filone di carbone, sottile e privo di qualsiasi importanza economica.
Verso la fine del Terziario, la catena di montagne denudate con la sua superficie matura fu sollevata con un movimento che raggiunse il massimo lungo la costa occidentale. Questo processo, insieme con la formazione di fratture, spiega probabilmente l'intensità che la glaciazione raggiunse proprio in questa regione. È probabile che la massa dei ghiacci agisse sopra un sistema di valli che erano già state scavate dall'erosione fluviale prima del Quaternario. Durante questo periodo tutto il paese venne coperto da un enorme strato di ghiaccio.
Gli aspetti topografici sia delle regioni elevate sia di quelle basse sono plasmati dall'erosione glaciale; ma non è da svalutare l'importanza che l'erosione fluviale ebbe tanto prima del Quaternario, quanto durante i periodi più o meno liberi da ghiacci delle epoche interglaciali. L'intero massiccio montuoso è solcato da valli simili a gole, la cui sezione trasversale tende verso la forma di una U, mentre la sezione longitudinale presenta frequenti dislivelli dovuti a soglie e depressioni in forma di scalini.
Le valli secondarie sono di solito pensili sulle principali, nelle quali sboccano, talché, alla confluenza, si producono cascate. Alle testate delle valli si trovano spesso circhi soprelevati, detti in norvegese botner. Non di rado sistemi separati di valli comunicano tra loro mediante passi aperti che sono utilissimi come vie di comunicazioni. Un aspetto topografico assai frequente sono le cosiddette roches moutonnées.
Appena il 10% del paese è coperto da materiali detritici, poiché i maggiori depositi dei ghiacciai quaternari si trovano nel Mare del Nord e sulla pianura dell'Europa centrale, mentre la penisola scandinava fu soprattutto un campo d'erosione. I depositi al disopra dell'antico limite marino si possono classificare come segue: morene di fondo, che coprono le colline e perfino gli altipiani; strati d'argilla e sabbia con depositi di creta, che occupano il fondo delle valli, un tempo letti di fiumi; sabbie e brecce depositate nei laghi arginati da avanzi glaciali nei distretti meridionali del centro; torbiere nelle depressioni (le rocce frantumate sono rare: esse sono reperibili particolarmente in zone con scisti facilmente decomponibili).
I depositi glaciali di gran lunga più importanti, sotto l'aspetto economico, sono quelli al disotto dell'antico livello marino e che con uno spessore che giunge a 50 m. furono deposti sulla fronte dei ghiacciai durante quel periodo di grande accumulo dovuto al peso della crosta ghiacciata. Essi riempiono attualmente il fondo delle valli o formano terrazze di sabbia e argilla. Questi depositi e le antiche spiagge, oggi al disopra del livello del mare, aumentano di altezza procedendo dalla costa verso l'interno, indicando un forte accumulo di depositi della parte centrale della massa terrestre coperta dal ghiaccio.
Il più alto livello antico del mare è stato osservato a N. di Oslo a 221 m. sul livello attuale. Le oscillazioni della ghiaccia terrestre durante il periodo dello scioglimento sono segnate da successive serie di morene terminali.
Il sollevamento del terreno durante l'epoca postglaciale, fu interrotto da parecchie trasgressioni del mare: il deposito marino più netto è quello di Tapes, a N. di Oslo, che si trova a 70 m. sul livello marino attuale. L'esame di sezioni delle paludi ha rivelato una successione di diverse fasi a partire dall'era glaciale; di tali fasi, alcune appartengono al tipo asciutto "continentale", altre sono di tipo umido "atlantico" (1. boreale; 2. atlantica; 3. subboreale; 4. subatlantica).
Da una sezione trasversale della Norvegia risulta un profilo obliquo da O. a E.: il pendio occidentale rispetto all'asse delle massime altezze è estremamente ripido, in confronto di quello orientale. Questo fatto dà la chiave per comprendere importanti caratteri tanto storici quanto geografici. La Norvegia sud-orientale possiede le più estese regioni basse e pianeggianti, tra i 100 e i 500 m. d'altezza, regioni che per loro natura sono boscose. I limiti tra queste pianure e le regioni alte si possono distinguere facilmente per mezzo di un netto scalino segnato topograficamente dalla seguente serie di vette: Lifjell, Gausta, Norefjell, Storrusten, Synesfjell, Prestkampen, Høgtind, nell'ordine di successione da sud a nord.
A nord della depressione di Trondheim, appartiene alla Norvegia solo il versante occidentale, poiché in questa regione l'asse delle maggiori altezze coincide praticamente col confine politico. Immediatamente a O. della livellata pianura del Finnmarken, posta a 200-300 m. s. m., ha inizio la catena montuosa dei Lyngenfjellene, serie di vette torreggianti, che, con lo Jegge-Varre, raggiunge 1845 m. A SO. la catena di Lofoten si distende attraverso una serie d'isole. L'aspetto di questi monti è famoso per le forme selvagge e tormentate, con picchi di più di 1000 m. che sorgono direttamente dal livello del mare. L'area coperta da ghiacciai è più considerevole: la zona più estesa è lo Svartisen, in prossimità del circolo polare artico, con una superficie di 489 kmq. Si suole dividere la regione montuosa a S. di Trondheim in due parti: Dovre, la settentrionale, orientata da E. a O., e Langfjellene, (Monti Lunghi), la meridionale, orientata da N. a S. Si tratta però sempre di parti d'un medesimo rilievo. Nella regione piò vicina alla costa, i monti assumono forme alpine: i Romsdalsfjellene, col Romsdalshorn (1515 m.); i Sognefjellene, con i picchi Horungene e Skagastøl (2404 m.). Qui è situata l'area ghiacciata di Jostedal che si estende per 855 kmq. e culmina nel Lodalskåpa (2089 m.). A S. del Hardangerfiord si trova l'altro campo ghiacciato di Folgefomna; a S. del monte Hallingskarvet (1933 m.) e ad E. del Folgefomna si trova la Hardangervidda, che è il più esteso altipiano d'alta montagna che esista in Europa. Il versante orientale ha dappertutto questo carattere d'altipiano (vidde).
Su queste regioni desolate si ergono le più alte vette della Norvegia: lo Snehætta (2286 m.), i Rondane (2183 m.) e tutte le cime che appartengono allo Jotunheim, tra le quali le più elevate sono il Galdhøppigen (2469 m.) e il Glittertind (2451 m.): quest'ultimo con un'incappellatura di neve raggiunge attualmente 2481 m. ed è perciò la più alta cima della Norvegia. Per altre notizie riguardanti la geologia e la morfologia della Norvegia, v. alla voce scandinavia.
Coste. - Due aspetti nelle coste sono maggiormente caratteristici: il ramificato sistema di fiordi e la frangia di numerose isole nelle quali si continua la configurazione della terraferma. I fiordi, che spesso si prolungano nella scarpa sottomarina, sono valli sommerse, scavate dai ghiacciai nelle valli terziarie e hanno spesso una grande profondità dovuta a ringiovanimento del rilievo alla fine del Terziario. La profondità maggiore si trova, in genere, all'interno e non alla bocca, la quale è occupata da una soglia o da una serie di parecchie soglie.
La frangia d'isole, detta skjærgård, è formata da circa 150.000 tra isolette e scogli e da poche isole più grandi. Esse non sono che la parte esterna d'una piattaforma o banco di rocce che orla, per gran parte della sua lunghezza, la costa occidentale su una larghezza da i a 12 km., dal cui margine interno, per lo più, un ripido pendio sale alle terre più alte. Questa piattaforma costituisce una parte elevata della piattaforma continentale e fu probabilmente formata dall'erosione marina durante le fasi di lenta sommersione nei periodi interglaciali o prima dell'epoca glaciale, durante la quale questa terrazza risultante dall'abrasione fu levigata dai ghiacciai e tagliata in isole dalle correnti di ghiaccio. La costa artica manca d'isole dal Capo Nord al Varanger. I fiordi di questa costa sono insenature relativamente ampie 'e poco profonde, quali il Varanger, il Tana e il Porsanger.
Tra il Capo Nord e Stavanger lo skjærgård è pienamente sviluppato, salvo poche interruzioni. A S. del Lyngenfjord i grossi gruppi delle isole di Vesterålen e Lofoten sono separati dalla terraferma mediante il Vestfjord. Il Saltenfjord è famoso per le potenti rapide prodottevi dalle maree. Il Trondheimsfjord è circondato da fertili pianure argillose al disotto dell'antico limite marino. A S. di Trondheim s'incontrano i fiordi più famosi per la bellezza del paesaggio: Romsdalsfiord, Storfjord, Nordjord e Sognefjord che giungono allo Jostedalsbre rispettivamente nel lato settentrionale e nel lato meridionale. Il Sognefjord è anche il più profondo (1244 m., ma solo 250 m. all'imboccatura) e il più lungo, penetrando nella terraferma per circa 175 km. Il Hardangerfjord si trova a sud di Bergen; lo Stavangerfjord (con il Lysefjord) è il più meridionale, a sud di esso si trovano le vaste pianure costiere norvegesi di Jaeren e Lista. Oltrepassate queste pianure sempre verso sud ricomincia lo skjærgård che è tuttavia meno sviluppato di quello settentrionale.
Il fiord di Oslo ha un'origine geologica propria, essendo stato formato da parecchie dislocazioni, la maggiore delle quali si distingue facilmente lungo la sponda orientale dove la roccia si eleva a considerevole altezza a pochi metri di distanza dalle isolette formate di scisti paleozoici.
Clima. - La costa occidentale ha un clima più mite e più umido di quello delle regioni orientali e nord-orientali. La Norvegia gode di temperature medie molto elevate rispetto alle latitudini: le anomalie termiche raggiungono i 24° alle Lofoten (15° a Lindesnes) a causa dell'influsso dell'oceano e della Corrente del Golfo, le cui tepide acque di superficie penetrano nei fiordi e negli stretti, mantenendoli liberi da ghiacci. Le isoterme di luglio e anche quelle di gennaio tendono a seguire la costa, lungo la quale le temperature estive sono relativamente basse, con medie in luglio di 13°-14° (media di gennaio: 0°).
L'escursione annua è assai più forte nell'interno, dove le medie di gennaio e luglio sono rispettivamente di −8° a −10° e di +17°. Assai fredda è la valle del Glomma; Tynset ha un'escursione di 25° (Bergen, 13°). Ma il luogo più freddo di tutta la Norvegia si trova nel Finnmarken, a 69° lat. N.: quivi la media di gennaio è - 16° e il minimo assoluto −51°. Bergenha 73 giorni di gelo all'anno, Oslo ne ha 141. Le precipitazioni sono più abbondanti sulla costa occidentale, con una zona di precipitazione massima, situata a una certa distanza dalla costa medesima. La media delle precipitazioni sulla costa è 2000 mm. che si elevano a 3000 in vicinanza di Florø. Quantità anche maggiori si possono avere un poco più in alto, sui fianchi delle montagne. Le valli montane riparate dalla pioggia, a E. dei monti della Norvegia meridionale, presentano i minimi di precipitazioni annue che scendono a 254 mm. Medie inferiori a 400 mm. si trovano anche nel Finnmark. Il limite delle nevi, oltre che dalla latitudine, dipende dalla quantità delle precipitazioni, dall'esposizione al sole e specialmente al vento. Tentativi per precisare tale limite hanno dato cifre variabili da 100 m. nelle isole Lofoten a 1250 m. a N. di Bergen. La nebbia è frequentissima sulle coste sud-occidentali. I venti di SO. prevalgono, specie nell'inverno. In estate si forma nelle regioni interne un'area di bassa pressione. Sulla costa occidentale sono frequenti le tempeste. A nord di 66°5′ lat. N. il sole scompare interamente per una parte dell'inverno e al Capo Nord rimane invisibile per due mesi e mezzo. I mesi estivi godono del sole continuo, giorno e notte.
Idrografia. - I sistemi fluviali della Norvegia hanno caratteri d'immaturità; i laghi abbondano e le cascate sono frequenti. I numerosi laghi in genere corrispondono ai punti di maggiore depressione prodotti nel fondo delle valli dall'erosione glaciale. Di regola, essi sono lunghi, spesso molto profondi, ma di scarsa superficie; in maggioranza rassomigliano a semplici espansioni in larghezza dei fiumi. Il più profondo lago d'Europa è il Hornindalsvatn, presso il Nordfjord (52 m. s. m.) con la profondità massima di 514 m. Un gran numero, di laghi ha il letto al di sotto del livello del mare e anche molti dei laghi che si trovano a un livello più alto hanno grande profondiià, per es. il Bygdin nello Jotunheim. Il più esteso dei laghi norvegesi è il Mjøsa, che ha una superficie di 359 kmq., una profondità massima di 450 m. ed è situato a 124 m. s. m. La superficie complessiva occupata dai laghi è di 14.087 kmq., pari al 4,4% della superficie di tutta la Norvegia.
Le innumerevoli rapide e cascate rendono assai difficili i trasporti per via d'acqua. Anche i fiumi maggiori possono venire utilizzati solo per tratti brevissimi dalla foce, salvo dove sono state costruite delle chiuse. Ma i fiumi sono utilissimi per il trasporto del legname in primavera, quando il disgelo produce violente piene. Anche le cascate sono utilizzate per impianti idroelettrici.
I maggiori fiumi della Norvegia si trovano sul versante orientale della catena montuosa. Tra di essi il principale è il Glomma, che nasce a circa 762 m. s. m. e ha un corso di circa 600 km. con un bacino di 20 mila kmq. Esso emunge i distretti più ricchi di legname (Østerdalen) che hanno una superficie complessiva di 15.000 kmq. Il fiume Gudbrandsdalslågen (con un bacino di circa 17.000 kmq.) esce dal lago Lesiaskogvatn (625 m. s. m.) situato esattamente sullo spartiacque, poiché esso dà origine anche al fiume che attraversa il Romsdal. Il Dramselva è il corso inferiore d'un sistema fluviale che ha un considerevole bacino. Il Numedalslagen e i fiumi del Telemark smaltiscono le acque della Hardangervidda. La Norvegia meridionale è attraversata da numerosi fiumi che scorrono parallelamente tra loro in direzione N.-S. I fiumi della costa occidentale, più brevi e più rapidi, sono famosi per le loro grandi cascate (Vøringfoss, 163 m.; Vettisfoss, 260 m.; le Sette Sorelle). Il Namsen, a N. del Trondheimsfjord, attraversa i più settentrionali distretti del legname. I fiumi che sboccano nell'Oceano Artico sono maggiori; l'Altenelv e il Tanaelv hanno pendenze più dolci, ma non possiedono laghi che funzionino come regolatori nei periodi di piena (per altre notizie sul clima e l'idrografia v. scandinavia).
Flora e vegetazione. - In relazione con l'uniformità della costituzione geologica, la flora della Norvegia è poco variata. Nelle alte montagne scistose vi sono rappresentanti della flora artica: Dryas octopetala, Salix reticulata, Carex rupestris, Thalictrum alpinum, e le loro principali stazioni sono le montagne a E. di Folgefonn, il Hardanger, il massiccio di Dovrefjell e le cime del Finnmarken. La flora della Norvegia si può distinguere in tre gruppi: subartico, atlantico e subatlantico. Il primo occupa le vallate e gli altipiani umidi: angelica, Mulgedium alpinum, aconito, Valeriana sambucifolia, Struthiopteris germanica sono le principali specie caratteristiche, che si adattano bene al clima della regione. Il secondo gruppo si trova nei dintorni di Bergen, ed è caratterizzato da: agrifolio, digitale, Erica cinerea, Bunium flexuosum, Hymenophyllum Wilsoni, Hypericum pulchrum, Polystichum oreopteris, ecc. Le piante del terzo gruppo si trovano nei territorî bassi e meridionali della provincia di Oslo e le principali specie sono: Gentiana pneumonanthe, Sanguisorba officinalis, Petasites alba, Teucrium scorodonia, ecc.
Questi gruppi formano colonie disseminate sulla superficie del territorio: così la flora artica appare in piccole colonie separate da spazî vasti occupati da quella subartica. La flora subartica si estende nei dintorni del fiord di Oslo, del lago Miøsa, sui margini delle insenature riparate dei fiordi della costa occidentale e nella Norvegia settentrionale. La flora atlantica domina nelle coste basse inegualmente disseminata sul litorale del Mare del Nord: invece quella subboreale si trova isolata nei dintorni del fiord di Oslo e la subatlantica sulla costa della provincia di Kristiansand.
I boschi si estendono per una superficie di circa 64.000 kmq., la Norvegia occidentale è povera di boschi e le isole dello skjærgård sono sprovviste di vegetazione arborea, eccetto alcuni alberi nani e rachitici. Le principali essenze forestali sono Pinus silvestris e Abies excelsa, che possono raggiungere anche l'altezza di 27-28 m.
La Betula odorata si trova dovunque, l'Alnus incana si spinge fino al Finnmark, invece l'A. glutinosa non arriva al 64° lat. N. Il faggio giunge appena al 61° lat. N. formando piccoli boschi intorno a Tønsberg e ad Arendal; la rovere cresce nei dintorni di Arendal, di Bergen e di Romsdal, mentre il noce avanza fino a Stegen e l'olmo non sorpassa il 67° lat. N. Il frassino ha per limite il Moldefjord e il tiglio cresce sulla costa occidentale. Il sorbo degli uccelli, albero sacro dei Finlandesi, come la betulla, resiste ai più grandi freddi ed è diffusissimo. Il ginepro è raro e vive verso i 1500 m. d'altezza. Il ciliegio selvatico si trova nell'interno del Finnmark e il lampone e il rovo crescono nel SO; quest'ultimo non supera il 62° lat. N.
Fauna. - La fauna della Norvegia include elementi caratteristici della fauna dell'Europa settentrionale. Fra i Mammiferi citeremo, per i pipistrelli, il barbastello e la nottola nordica; fra gl'Insettivori, la talpa europea; fra i Carnivori, la lince, la volpe, il lupo, la martora, l'ermellino, la lontra comune. Tra gli Ungulati, il cervo e il daino; tra i Rosicanti, il moscardino, la lepre di Norvegia, varî topi, ecc. Gli Uccelli sono rappresentati da un discreto numero di specie tra le quali la gru, il beccaccino, la gallinella, la folaga, il francolino, il fagiano di monte, l'aquila di mare e varî altri rapaci, il colombaccio, il cuculo, il picchio minore, la ghiandaia, l'upupa, ecc. Scarsi i Rettili, con qualche specie di ofidio e sauro; anche gli Anfibî scarsi e fra questi la rana temporaria e qualche rospo. Varî pesci popolano le acque dolci. Numerosi gl'Insetti, specialmente i Coleotteri del gruppo dei carabi. Discretamente rappresentati i Molluschi terrestri.
Suddivisioni naturali. - La Norvegia può essere divisa in tre sezioni separate da barriere montuose: la Norvegia sud-orientale, occidentale e settentrionale. Sono anche possibili suddivisioni minori, basate sul rilievo superficiale e sulle condizioni climatiche:1. distretti intorno all'Oslofjord; 2. Oplandene; 3. Sørlandet, 4. Vestlandet, a O. dei Langfjellene; 5. Trøndelag; 6. Nordland; 7. Finnmark.
Popolazione. - Secondo il censimento decennale del 1° dicembre 1930, la popolazione residente della Norvegia era di 2.814.194 abitanti, con una densità media di solo 9, 1 per kmq. Ma la popolazione è distribuita sopra un'esigua area produttiva (colture e boschi) stimata a 92.257 kmq., sicché il 71,5% della superficie totale rimane disabitato. Le regioni abitate hanno la massima estensione intorno al fiord di Oslo (densità: 39,6 per kmq.) e a Miøsa. Fasce ben abitate si susseguono lungo le valli. Tuttavia la maggior parte della popolazione vive lungo le coste e nei fiordi allo sbocco di valli laterali. A N. del Trøndelag più densamente popolato, la zona costiera abitata si restringe e nel Finnmarken si riduce in località sparse (densità: 0,9 per kmq.) Complessivamente un milione e mezzo di abitanti è accentrato nelle sedi urbane presso il mare. Le abitazioni sono sparse, eccettuati alcuni luoghi della Norvegia occidentale.
Gli agglomerati rurali sono frequenti presso le stazioni ferroviarie, intorno ai centri industriali, in vicinanza delle località di pesca e dei porti
Oslo, la capitale, aveva nel 1930 una popolazione di 253.124 ab.; Bergen, 98.300; Trondheim, Stavanger, Drammen avevano ognuna più di 25.000 ab.; Haugesund, Ålesund, Kristiansand, Skien, Fredrikstad, Kristiansund N. contavano ciascuna più di 15.000 ab. La seguente tabella indica l'incremento della popolazione della Norvegia dal 1770 in poi:
L'aumento raggiunse il massimo tra il 1801 e il 1865, mentre da quell'epoca in poi l'emigrazione verso l'America assunse grandi proporzioni, culminando nel decennio 1880-90 con 28.804 persone emigrate nel 1882. Dopo una diminuzione, il movimento risale di nuovo fino al massimo di 26.784 emigrati nel 1903. Le cifre furono basse durante la guerra mondiale (1226 emigrati nel 1918) e la legge americana del 1924 sugl'immigrati ha ridotto ancora il numero: tra il 1924 e il 1931 gli emigrati furono in totale 8177, pari al 2,600 all'anno. Il numero totale degli emigrati fra il 1870 e il 1920 è di 628.500.
La popolazione urbana è il 28,4% del totale (28,02% nel 1900; 10,9% nel 1801). L'aumento si verifica soprattutto nei sobborghi, fuori dei confini amministrativi della città. Non pochi distretti rurali mostrano una diminuzione assoluta della popolazione. In Norvegia vi sono solo 63.000 stranieri, dei quali 42.000 sono Svedesi.
Condizioni economiche. - Agricoltura. - Della popolazione nel 1920, il 36,8% era dedito all'agricoltura, alla pesca e alla silvicoltura; il 27,4% della popolazione era occupato nelle industrie; l'11,1% era dedito al commercio; il 9,1% a lavori casalinghi; l'8,6% alla marina mercantile e ai trasporti.
L'area complessiva dei terreni coltivati è di 778.768 ettari (pari al 2,5% della superficie totale), messi a colture e a prati artificiali. A questa si devono aggiungere 22.036 ettari di prati naturali. La terra arabile, in gran parte acquitrinosa, è stimata a 613.295 ettari. Di questi, sono stati coltivati 73.257 ettari tra il 1918 e il 1929 (che sono i due ultimi anni per i quali si hanno dati), ma una gran parte di questi terreni era già a prato naturale.
La superficie coltivata e i prodotti principali risultano dalla tabella seguente (1931):
La coltura di verdure ed erbaggi commestibili e delle rape occupava 33.353 ettari; cereali e legumi erano coltivati su 176.114 ettari con una produzione di 263.208 tonn., cifre che, paragonate a quelle corrispondenti dei foraggi, dimostrano il predominio dell'allevamento del bestiame e dell'industria dei latticinî sulla coltivazione del grano. Questa è diminuita dal 1870, a causa dell'importazione di grano più a buon mercato dalla Russia e dall'America. Attualmente s'importa il 60% del grano consumato, mentre fino al 1850 se ne importava il 30%. L'orzo è il cereale più importante nelle valli montane e nelle regioni più settentrionali; se ne importa il 33% del consumo. La segala, che è il cereale più usato per la panificazione, è coltivata nel S. dove ha maturazione invernale; ma di essa s'importa il 98%. Il cereale più adatto al clima norvegese è l'avena, che occupa il 14,5% dell'area coltivata.
Le piante foraggere occupano il 60% dell'area coltivata e forniscono il raccolto principale. Il forte sbilancio nell'importazione dei foraggi, che è di circa 190.000 tonn., fornisce un altro indice sull'importanza dell'allevamento del bestiame, soprattutto per la produzione di latte e formaggi. S'importa anche una parte della carne consumata. I pascoli estivi nei boschi di betulle e nelle regioni alte sono stati utilizzati per malghe (sæter), ma questa pratica è in decrescenza. Il mercato è regolato dagli scambî di uova, latte e maiali. Gli agricoltori sono tutti liberi proprietarî, ma per la crisi incominciata verso la fine del 1929 si trovano piuttosto gravemente indebitati. Le fattorie sono generalmente piccole: il 12% sono tra 5 e 10 ettari; il 25%, da 2 a 5 ettari; il 42%, da 0,5 a 2 ettari. I proprietarî di quest'ultima categoria debbono, durante l'inverno, lavorare nei boschi.
Silvicoltura. - Della superficie totale di 76.288 kmq. coperta da boschi produttivi, l'abete occupa il 52%, il pino il 28%. Il volume totale è stimato a 322,6 milioni di mc. La silvicoltura è basata sul rinnovamento spontaneo. In passato ampie zone furono diboscate abbattendo inconsultamente gli alberi, ciò che ora è proibito. L'abbattimento e il trasporto hanno luogo da settembre ad aprile. Ogni anno sono fatti fluitare 2,37 milioni di dozzine di tronchi e nel 1929 furono fluitati 5,26 milioni di mc. Il prodotto annuo è di 1,34 mc. per ettaro.
L'80% dei boschi, e tra questi i più pregevoli, è proprietà di privati, tra i quali il 65% sono silvicoltori, il 15% appartengono a ditte commercianti di legname, ecc.
Pesca. - La pesca è la principale risorsa economica e il principale alimento nella Norvegia occidentale e settentrionale. In passato gli abitanti delle coste erano agricoltori e pescatori nel medesimo tempo, ma attualmente i pescatori stanno formando una classe separata, in conseguenza dell'introduzione di nuovi e più razionali metodi di pesca. Questa viene esercitata soprattutto lungo le coste e in gran parte per mezzo di battelli piccoli: vaporetti muniti di ponte e barche a motore senza ponte. Nel 1930 tali imbarcazioni erano in totale 72.377. La pesca più importante è quella del merluzzo e dell'aringa. Nel 1930 furono raggiunti i seguenti valori: merluzzo: 278.258 tonn. per un valore di 41 milioni di corone (il pesce viene salato e seccato sugli scogli, oppure viene lasciato seccare al vento; dal fegato si estrae l'olio e le uova sono usate come esca); aringa: hl. 6.420.767 per un valore di 30,8 milioni di corone. La pesca d'una specie di sardine (principale oggetto dell'industria del pesce in scatola), del maccarello, del salmone, del gambero, ecc., rappresentò nel medesimo anno un valore di 18 milioni di corone. Il risultato complessivo fu di tonn. 994.496 per 89,9 milioni di corone. La pesca della balena, che ha il suo centro nelle città del Vestfold, presso l'Oslofiord, e il suo campo di caccia nei mari antartici, produsse nel 1931 un valore di 153 milioni di corone; ma i prezzi dell'olio, della carne e del concime animale variano fortemente.
La caccia alle foche, all'orso bianco e alle volpi polari si effettua nel Mar Bianco ed anche lungo le coste della Groenlandia.
Minerali. - La Norvegia manca di carbone, ma una certa quantità se ne estrae nello Spitzbergen. Si stimano a circa 367 milioni di tonnellate i giacimenti di minerali di ferro abbastanza superficiali, contenenti circa il 35% di ferro; gl'impianti maggiori sono quelli del Sydvaranger. Ma il principale prodotto minerario è la pirite di ferro che si estrae a Sulitjelma e Løkken. Nel 1930 la produzione mineraria fu la seguente. Pirite di ferro: tonn. 730-951; minerale di ferro: tonn. 772.423; argento: tonn. 14.615. Si esportano solo il minerale di ferro e lo zolfo.
Industrie. - In pratica, tutte le industrie sono alimentate dall'energia idrica, che viene anche usata largamente (46% del totale) per la produzione dell'elettricità. Il totale dell'energia utilizzabile è stimato a 9,2 milioni di kW. Presentemente se ne utilizzano 1,2 milioni, di cui il 42% è assorbito dalle industrie elettrochimiche ed elettrometallurgiche. In alcune località della costa occidentale, i piroscafi oceanici da carico possono imbarcare direttamente dalle officine produttrici, perché l'acqua cade direttamente nel fiord: così a Sauda, Tysse, Fykanå, ecc. Dall'azoto atmosferico si ricavano nitrati a Rjukan e Eidanger (Società Norsk Hydro). Nel 1930 si ebbero le seguenti produzioni: nitrato di calcio, tonn. 450.881; cianamide, tonn. 49.796; carburo, tonn. 68.404. Altri prodotti rurono: superfosfato, acido nitrico, nitrato di soda.
L'industria elettrometallurgica produsse, sempre nel 1930, 27.357 tonn. d'alluminio, in gran parte lavorando materiale greggio (Heyanger, Tyssedal, Eydehavn); tonn. 122.686 di ferroleghe e zinco crudo. I boschi alimentano grandi industrie di polpa di legno, di cellulosa e di carta. Nel 1930 queste industrie produssero per 357,5 milioni di corone. La produzione della polpa meccanica umida fu di un milione di tonn.; quella del solfito secco e del solfato di cellulosa, complessivamente di 421.779 tonn. La maggiore cliente della Norvegia per questi prodotti è l'Inghilterra, seguita dagli Stati Uniti e dalla Francia. La carta da stampa e la carta da giornali (tonn. 224.800), la carta da scrivere, da imballaggio, il cartone (tonn. 159.403) si esportano in tutto il mondo. La maggiore cartiera è quella di Borregård (Sarpsborg, a E. dell'Oslofjord).
L'industria dei cibi conservati in scatola ha il suo centro a Stavanger; prodotti importanti sono anche le aringhe conservate, l'olio di pesce e di balena. Le industrie siderurgiche e i cantieri per costruzioni navali metalliche (in gran parte cantieri di raddobbo) lavorano soprattutto per il consumo interno. Le industrie tessili, le fabbriche di drappi e di calzature non bastano a sopperire al consumo interno, che, per quanto rigurda i tessuti, è coperto solo nella misura del 50%. Le fabbriche di birra, di margarina e di tabacchi sopperiscono al consumo, mentre i molini non hanno capacità di macinazione sufficiente al bisogno. Il 24% dell'industria molitoria è accentrato a Oslo. Nelle industrie norvegesi, specie in quelle minerarie, elettrochimiche ed elettrometallurgiche è investito molto capitale straniero. Nel 1920 il 28,9% della popolazione era impiegato nelle industrie, in contronto del 26,7% nel 1910 e del 15,6% nel 1865.
Commercio. - In proporzione alla popolazione, la Norvegia ha un commercio considerevole, perché molti dei principali rami d'industria, come la silvicoltura, le miniere, le industrie idroelettriche, sono basati sull'esportazione e la richiesta d'importazione per derrate alimentari, stoffe e materie prime è forte. Delle importazioni, il 41% è formato da articoli di consumo; il 59% circa, da materie prime per le industrie.
La tabella in basso mostra la distribuzione delle importazioni e delle esportazioni in alcuni importanti rami di attività nel 1930 (in milioni di corone).
Il 77% delle esportazioni è rappresentato da merci pronte per il consumo. Il legno e i suoi prodotti costituiscono l'articolo principale; altre esportazioni importanti sono quelle fornite dalle industrie elettrochimiche e metallurgiche, concime chimico, alluminio, ferroleghe, minerale di ferro, cemento, pietra da lastricati. Le esportazioni di prodotti agricoli sono costituite da latte condensato, formaggio, patate, bacche e pelli varie. Le derrate alimentari e gli oggetti di lusso occupano il primo posto tra i generi di consumo. Il secondo gruppo importante è formato da cereali, farina, frutta, copra, carne, lardo, formaggio, ecc., insieme agli abiti, scarpe, manufatti di lana, cotone e seta. L'importazione di merci destinate a successiva lavorazione, supera di poco il 50% delle importazioni totali. L'eccedenza delle importazioni sulle esportazioni è coperta dagl'introiti derivati da trasporti, dal movimento turistico, dal commercio di transito, dalla caccia alla balena e dall'aumento del debito estero.
Il commercio più attivo è quello con la Gran Bretagna (circa il 25%), con la Germania (circa il 20%) e con gli Stati Uniti (circa il 10%); seguono Svezia, Danimarca, Olanda, Francia e Russia; l'Italia figura solo per l'1,8%. Il centro commerciale senza confronto maggiore è Oslo, per il quale passano il 50% delle importazioni e circa il 20% delle esportazioni.
Comunicazioni. - Trasporti marittimi e porti. - Dallo scorcio del sec. XIX ai giorni nostri la marina norvegese ha fatto grandi progressi; la sua percentuale nel naviglio mondiale è aumentata dal 3% nel 1896 al 6,1% al 30 giugno 1933. Essa è stata l'unica, quasi, che abbia più a lungo onorato la vela; sino al 1890, difatti - malgrado l'avvento sempre più rapido del vapore nel mondo -, sulle 7432 unità che ne costituivano il naviglio, 6740 erano ancora velieri; la stazza lorda di questi era però ridotta a 685 mila tonnellate nel 1910 e a 1407 tonn. soltanto al 30 giugno 1933. Aumentava frattanto il naviglio a propulsione meccanica: dalle 810 mila tonnellate esistenti nel 1900 si è passati oggi a 2.323.000 tonnellate lorde di piroscafi e 1.754.000 di motonavi. La marina norvegese, quindi, con il suo complesso di 4.078.000 tonnellate, occupa oggi il quarto posto fra le marine mondiali, essendo soltanto preceduta da quelle dell'Inghilterra, degli Stati Uniti e del Giappone.
Caratteristiche notevoli di questo naviglio sono: a) la gioventù: 1.150.000 tonn. lorde hanno età inferiore a 5 anni (su un complesso mondiale, della stessa età, di 8.693.000 tonn. lorde); b) l'alta percentuale di navi a motore, che costituiscono il 43% di tutta la marina norvegese, mentre la percentuale delle motonavi mondiali su tutto il naviglio esistente nel mondo è pari al 15% soltanto; c) l'alta proporzione delle navi-cisterna: 1.508.000 tonn., ossia il 37% del naviglio nazionale, mentre la percentuale delle navi-cisterna nel complesso mondiale è 12,89%. Le navi petroliere hanno avuto un grande sviluppo a datare dal 1926, quando, con 344.000 tonn., rappresentavano solo il 12% del naviglio norvegese; esse navigano in servizio delle grandi società petroliere del mondo.
Tenuta presente la fisionomia impervia della maggior parte del territorio nazionale, fisionomia che ostacola i trasporti terrestri, il lungo e frastagliato litorale, la poca estensione coltivabile, ben s'intende quale importanza abbia il mare nell'economia del paese. L'Associazione armatori norvegesi ha calcolato che, nel 1929, la marina norvegese contava a un dipresso 1150 tonn. lorde per ogni mille abitanti; di cui 800 tonn. di piroscafi (la cifra, per l'Inghilterra, è di sole 375 tonn.) e 350 di motonavi (per la Danimarca, dove il naviglio a motore ha assunto il massimo sviluppo, 100 tonn.). Il 2,5% della popolazione esercita la professione di navigante, mentre il 17% (pesca inclusa) vive delle attività marittime a terra e a bordo. Quest'altra partecipazione degli abitanti alle imprese marittime non potrebbe essere giustificata, peraltro, con i soli traffici legati alle importazioni ed esportazioni nazionali. E, difatti, l'armamento norvegese non si prefigge il solo scopo di mantenere le comunicazioni del paese, ma anche d'intervenire nei traffici fra paesi esteri. Una larga quota della marina naviga dunque nei traffici indiretti, sia sotto forma di linee regolari, sia, e più, come tramps, di rado toccando i lidi patrî. Al riguardo è da ricordare che, mentre nel 1913 i servizî regolari dell'armamento norvegese impiegavano il 19,3% del naviglio nazionale, tale quota saliva al 32,1% nel 1929. Ora, nel 1913, lo 0,3% della flotta norvegese (4588 tonn.) manteneva linee regolari fra porti esteri, per conto di armatori norvegesi; nel 1929 la proporzione predetta era aumentata ottanta volte: 11,8% (tonn. 372.158), ciò che denota notevole vitalità e forza espansiva. Si aggiungano i servizî regolari fra porti esteri per conto di armatori stranieri (2%; tonn. lorde 62.234).
I noleggi preferiti sono a time-charter, per quanto l'importanza di questo tipo di contratto sia andata diminuendo a datare dal 1913. Gli introiti dell'armamento in genere si sono ridotti a datare dal 1929: 377 1/2 milioni soltanto nel 1932.
Si ebbe in Norvegia un esperimento di flotta di stato dal 1827 al 1860; si passò poi al sistema delle sovvenzioni per le quali erano stanziati, nel bilancio 1931-32, 6.206.000 corone per 17 linee di cabotaggio e 16 lacustri (tutte queste linee assorbono il 95% della spesa; si tratta di linee indispensabili) e per quelle (5% della spesa) Bergen-Newcastle, per la Spagna, per la Danimarca e per l'Italia. Nel 1928 venne stabilito un Fondo statale per mutui all'armamento (corone 6.700.000) che doveva cessare nel 1933; nel 1928 fu creata anche una banca per prestiti ipotecarî marittimi.
Il cabotaggio non è riservato alla bandiera come principio. Sono corrisposti compensi di costruzione ai cantieri, sotto forma di rimborso dei diritti pagati per l'importazione di materiali esteri.
Si aggiunga infine che una sezione molto attiva della marina norvegese è quella adibita alla caccia della balena (più di 100 navi addette alla pesca e 24 fattorie galleggianti). Nel 1929 sono stati prodotti 1.210.235 barrels di olio (su 1.882.000 in tutto il mondo), per un valore di 108 milioni di corone.
I porti commerciali più importanti sono Oslo, Bergen, Tansberg, Haugesund, Sandefjord. Nel 1930 l'ammontare lordo dei noli fu di 411, 1 milioni di corone. Il commercio marittimo dà lavoro a 35.300 persone.
Traffico turistico. - Data dalla metà del sec. XIX ed è in aumento promosso da parecchie organizzazioni. Nel 1929 la Norvegia fu visitata da 54-55 mila turisti, dei quali tuttavia il 50% rimase quasi sempre a bordo di grandi piroscafi da crociera.
Strade e ferrovie. - Le linee di comunicazione seguono generalmente le valli. La costruzione di strade e ferrovie fu resa estremamente difficile dalle plaghe montuose e disabitate. Nel 1931 la lunghezza totale delle strade pubbliche era di 38.002 km., quella delle ferrovie era di 3835 km. con una media di km. 1,36 per ogni 1000 ab. Le strade automobilistiche raggiungevano nel 1929 la lunghezza totale di 28.831 km. Nel 1931 erano registrate come circolanti 46.473 automobili. La rete ferroviaria non è molto ramificata: i tronchi principali sono il Dovrebanen (tra Oslo e Trondheim), il Raumabanen (tra Oslo e Åndalsnes), il Bergensbanen (tra Oslo e Bergen). Quest'ultimo costituisce uno dei maggiori successi tecnici del genere in Europa: sopra una lunghezza totale di 492 km. la linea raggiunge l'altezza massima di 1301 m.; un tratto di 200 km. è percorso attraverso montagne selvagge e la lunghezza totale delle 178 gallerie è di 36,9 km. Si trovano in costruzione altri due tronchi: uno da Trondheim a Narvik, l'altro da Oslo a Stavanger. Il confine con la Svezia è attraversato da quattro linee ferroviarie. In pratica, tutto il traffico dell'ovest e del nord si svolge per mare, perché il sistema dei fiordi rende costosissima la costruzione di strade. Neanche le due città principali, Oslo e Bergen, sono collegate da una strada maestra ininterrotta.
Aviazione civile, telegrafi e telefoni. - Tutta l'aviazione in Norvegia è sotto il controllo del Ministero della difesa; l'aviazione civile dipende direttamente dal Consiglio del traffico aereo di tale ministero. Esiste in Norvegia un Aero Club affiliato alla Federazione aeronautica internazionale. La più importante società di navigazione aerea è la Norske Luftruter A. S., Oslo, la quale rappresenta la Deutsche Luft Hansa per la gestione del servizio aereo da Oslo a Berlino, via Copenaghen, inaugurato nel 1927 e funzionante nei mesi estivi (idrovolanti Dornier Wal). Altre societa sono: la Nord Norges Aero (Narvik), la W. Omsted (Oslo), la Norsk Lufttransport (Oslo), la Rundflyning (Drammen). In Norvegia esistono aeroporti doganali a Kjeller (militare, a km. 20 a N-E. di Oslo, con hangar e officina riparazioni) e a Vernes (a km. 20 a E. di Trondheim); un idroscalo doganale e militare a Horten (a 2 km. a N. della stazione, con hangar e officina riparazioni); un idroscalo civile a Gressholmen (Oslo).
I canali navigabili sgombri da ghiaccio in acque riparate sono utilizzati durante tutto l'anno. Il viaggio da Trondheim a Vadsø dura cinque giorni. Linee regolari di navigazione uniscono Oslo con Amburgo, Newcastle e New York. Una rete completa di linee telegrafiche e telefoniche (in tutto 35.712 km.) unisce fra loro tutti i centri della Norvegia. Nel 1931 si ebbero 14,1 milioni di comunicazioni telefoniche a lunga distanza e 4,1 milioni di telegrammi. In 4388 uffici postali furono spediti 112 milioni di lettere e 154,4 milioni di giornali e periodici. Vi sono 12 stazioni radio.
Bibl.: O. Holtedahl, Hvordan Landet vårt blev til (Come si sono formate le nostre terre), Oslo 1931, p. 183; S. Foslie, Syd-Norges gruber og malmforekomster, in Norges Geol. Undersøkelse, 1926, pp. 1-89; K. O. Björlykke, Om Norges jordsmonn (I suoli della Norvegia), in Norsk. Geol. Ts., 1931, pp. 89-116; M. Zimmermann, États Scandinaves. Régions Polaires Boréales, in Géographie Universelle, III, Parigi 1933; C. F. Kolderup, Jordskjelv i Norge 1926-1929 (I terremoti in Norvegia dal 1926 al 1929), in Bergens Museums Årbok, 1930, Naturvidenskapelig rekke, 1931, n. 6, p. 40; id., per gli anni 1930-31, in Bergens Museums Årbok, Naturvidenskapelig rekke, 1932, n. 9, p. 20; W. C. Brogger, Über die Bildungsgeschichte des Kristianiafjords, in N. Mag. f. Naturvid., 1886; O. Holtedahl, Studier over israndterrassene syd for de østnorske sjøer, Cristiania 1924; F. Nansen, The Strandflat and Igostady, Oslo 1932; D. R. Bergsmark, The geography of Norway, in Bull. of the Geog. Society Philadelphia, ottobre 1929, pp. 283-299; S. C. Hammer, Norway, Londra 1928; J. Blache, Dans les ontagnes norvégiennes. Paysages et problèmes, in Revue de géographie alpine, 1930, fasc. 4°, pp. 695-730; B. J. Birkeland e G. Schou, Temperaturmidler 1861-1920, 60 år, in Norsk G. Ts., Oslo 1931, pp. 489-493; F. Spinnangr, Nedborstudier østenfields (Studî sulle precipitazioni nella Norvegia orientale), Handbuch der Klimatologie, III, in naturen, febb. 1926, pp. 38-57; B. J. Birkeland, Temperaturmidler, 1861-1920, 60 år, in Norsk G. Ts., 1928, pp. 55-60; M. A. Jolivet, La Norvège (Collection de l'Europe Moderne), Parigi 1832; A. Helland, Norges land og folk, Oslo 1885-1921; H. Reusch, Norges Geografi, Oslo 1927; Fr. Isachsen, De geografiske hoveddrag ved Oslos innenlandske distribusjonshandel, in Svensk Geografisk Årsbok, Lund 1928, pp. 91-112; P.G. Gade, Det utflyttede Norges Geografi (Ripartizione geografica degli emigranti norvegesi)), in Samtiden, Oslo 1930, pp. 315-327, 419-32; Söderlund, Befolkningens fordeling i Norge; A. Espeland, Tun og teig. Av den norske bosetnings historie (Sulla storia dell'habitat norvegese), Skien 1931, p. 96; K. Østberg, Finnskogene i Norge (La colonizzazione dei Finni in Norvegia), in Norsk G. Ts., 1931, pp. 438-488; 1932, pp. 121-163, 213-254; T. Bjanes, Norwegian Agriculture, Oslo 1932, p. 134; A. M. Hansen, Landnaam i Norge, Cristiania 1904; Ch. Elton, Notes on a traverse of Norwegian Lappland in 1930, in Geogr. Journal, gennaio 1932, pp. 44-48; N. A. Bengtson, The economic geography of Norway, in Journal of Geography, 1925, pp. 243-59; A. Arstel, Omrissene av næringslivet i Norge på geografisk bakgrund (Studio sull'economia norvegese su una base geografica), in Norsk G. Ts., 1927, pp. 226-241, 275-290; E. Bull, Jemtland og Norge, Oslo 1927; G. K. Gleditsch, Reisehåndbok over Norge, ivi 1925-27; R. Luzi, La Norvegia economica, Provved. generale dello stato, Roma 1927; Nissen, Ökonomisk-geografisk atlas over Norge, Oslo 1924; A. Baalsrud, Veivesenets og veibygningens utvikling i Norge (Sviluppo delle strade in Norvegia), in Norsk G. Ts., 1928, pp. 47-54; C. L. Paus, Report on the industrial and economic condition in Norway, 1925-26 (Department of overseas Trade), Londra 1927; M. Rudolph, Geographie der Landstrassen und Eisenbahnen in Norwegen, in Petermanns Mitteilungen, suppl. 206, Gotha 1929, p. 124; S. Steen, Ferd og Fest. Reiseliv i Norsk sagatid og middelalder (Viaggi e feste. Le comunicazioni in Norvegia nel Medioevo), Oslo 1929; A. Kildal, The Norway Year Book, ivi 1931, p. 408.
Si vedano inoltre le ottime pubblicazioni annuali della Statistiske Centralbyra, del Norske Meteorologiske Institut, del Norges Geogr. Opmåling e del Norges Geologiske Udnersökelse.
Per la marina mercantile v.: Hvalfangerregister, Sandefjord 1931; Sangstad, Shipping and Shipbuilding subsidies, Washington 1932; Statistik Årbok for Kongeriket Norge (1932), Oslo 1933.
Ordinamento.
Ordinamento dello stato. - La Norvegia è una monarchia costituzionale ereditaria. La successione è diretta, per discendenza maschile. Il re, che professa la religione luterana evangelica, rappresenta il potere esecutivo; egli è il comandante dell'esercito e possiede diritto di veto sospensivo in materia legislativa. L'assemblea legislativa si compone di una sola camera (Storting) eletta a suffragio proporzionale dai cittadini di ambo i sessi che abbiano compiuto il 23° anno di età. Dell'assemblea possono far parte tutti i cittadini che abbiano compiuto l'età di 30 anni. Due terzi dei membri rappresentano i distretti rurali. La camera elegge nel suo seno un quarto dei suoi membri, che formano il Lagting, il quale ha funzioni in materia di legge in senso stretto. Il re è irresponsabile, poiché la responsabilità è del suo consiglio, consistente di 9 persone nominate secondo i principî del parlamentarismo. I membri del governo sono a capo dei ministeri. L'amministrazione locale è divisa tra funzionarî statali ed eletti dalla popolazione. Il paese è ripartito in 20 fylker (provincie), 18 contee rurali e le due città di Oslo e Bergen. Le Svalbard e l'isola Jan Mayen costituiscono una provincia amministrata a parte. Le provincie sono rette da prefetti (fylkesmenn) assistiti da consigli provinciali costituiti dai sindaci dei comuni. I comuni (herreder) sono amministrati da un sindaco e da un consiglio comunale elettivo. Vi sono complessivamente 749 comuni tra rurali e urbani. L'amministrazione è decentralizzata, gli enti locali hanno un alto grado di autonomia: sono sottoposti a stretta sorveglianza solo in materia di tassazione. Qualora un municipio si trovi fortemente in dissesto, l'amministrazione viene assunta dallo stato.
Nell'amministrazione della giustizia, le cause civili seguono la legge procedurale del 1915. In ogni municipio esistono consigli di conciliazione (forliksraad). Da essi, le cause passano ai tribunali di provincia e di città. Contro le decisioni di tutti può essere interposto appello presso una delle tre corti d'appello superiori (overretten). I tribunali penali sono: tribunale di prima istanza, corte d'assise e corte di cassazione che decide in ultima istanza tanto le cause civili quanto quelle penali. I componenti della corte di cassazione, insieme con un quarto dei membri dello Storting, formano il tribunale costituzionale del regno (Riksretten) che può, eventualmente, giudicare i membri del governo. L'istituto della giuria fu introdotto nel 1887.
Forze armate. - Esercito. - La Norvegia ha il servizio militare obbligatorio, provvisto di un piccolo nucleo di personale permanente (ufficiali, sottufficiali e militari di carriera) per l'istruzione del personale e per la continuità di vita di determinati organi. I militari di leva prestano servizio alle armi: da 60 a 90 giorni, per la scuola di reclute; successivamente, da 48 a 120 giorni, in due a tre periodi di richiamo per istruzione. È ripartito in: esercito attivo, landevern, landstorm. La landevern non può essere impiegata fuori del territorio nazionale senza il consenso dello Storting; il landstorm può essere chiamato alle armi solo in caso di guerra nazionale. Comandante in capo delle forze armate è il re. Questi delega, in tempo di pace, le sue funzioni al ministro della Difesa, che è assistito da uno Stato maggiore generale (organo esecutivo tecnico) e da un consiglio dell'esercito (organo consultivo).
L'esercito comprende: truppe (armi di fanteria, cavalleria, artiglieria, genio, aviazione); servizî (intendenza, sanità, treno). È diviso in 6 divisioni (grandi unità) che hanno composizione varia (comando, 2 a 3 reggimenti di fanteria, artiglieria da campagna o da montagna, cavalleria, ciclisti, genio, servizî, scuole militari). Le armi comprendono: fanteria: 4 compagnie della guardia reale, 16 reggimenti, i battaglione autonomo; cavalleria: 3 reggimenti; artiglieria: 3 reggimenti da campagna, 2 gruppi e 1 batteria da montagna, 3 gruppi da fortezza; genio: 1 reggimento, 2 battaglioni autonomi; aviazione: i battaglione e 1 sezione.
Il servizio militare è obbligatorio, dal 20° anno d'età. La durata dell'obbligo militare è di 24 anni (12 nell'esercito attivo e 12 nella landevern); dal 44° anno di età al 55°, gli uomini appartengono al landstorm.
Marina militare. - La marina militare norvegese fu costituita anche prima che il regno di Norvegia si separasse dalla Svezia. Le concezioni e direttive politiche dei governi che da qualche anno si sono succeduti in Norvegia hanno fino ad ora fatto sì che le nuove costruzioni siano state, salvo i sommergibili, completamente trascurate; per cui questa marina, che pure ha belle tradizioni, è attualmente costituita di unità antiquate e di scarso valore bellico.
Esse sono le seguenti:
Corazzate costiere: Norge, Eidsvold, varate nel 1900 in Inghilterra, da 4200 tonn. e 17 nodi, armate con 2/210, 6/152, 8/76 e 2/47 antiaerei; Harald Haarfagre, Tordenskjold, varate nel 1897 in Inghilterra, da 3900 tonn. e 17 nodi, armate con 2/210, 6/120, 6/76 e 2/47 antiaerei; la Tordenskjold è utilizzata come nave-scuola.
Cacciatorpediniere: Garm, Troll, Draug, varati rispettivamente nel 1913, 1910 e 1908, da 550 tonn. e 27 nodi, armati con 6/7b e 3 tubi di lancio da 450.
Torpediniere: tre da 220 tonn. e 25 nodi, varate nel 1918 e armate con 2/76 e due tubi di lancio binati da 450. Undici da 90 tonn. e 20-25 nodi, varate dal 1896 al 1907, armate con pezzi da 76, 47, 37 e tubi di lancio da 450. Dodici da 45-70 tonn. e 19-20 nodi, varate dal 1896 al 1906, armate con 2/37 e due tubi di lancio da 450.
Sommergibili: sei distinti dalla caratteristica B, varati tra il 1922 e il 1930, da 420-545 tonn. e 14,5-10,5 nodi, armati con 4 tubi di lancio e 1/76. Tre distinti dalla caratteristica A, varati nel 1913 in Germania, da 260-340 tonn. e 14-9 nodi.
Posamine: ve n'è uno in allestimento (1934), l'Olav Tryggvason, da 1700 tonn. e 20 nodi, armato con 4/120, 1/76 e due tubi di lancio binati da 450, capace di portare 280 torpedini e destinato a servire anche come nave-scuola allievi; Frøya, varato nel 1916, da 760 tonn. e 22 nodi, armato con 4/102 e un tubo di lancio binato da 450, capace di portare 200 torpedini; Glommen e Laugen, varati nel 1916, da 350 tonn. e 9,5 nodi, armati con 2/76 e capaci di portare 50 torpedini. Sette varati tra il 1874 e il 1887, sulle 250 tonn. e gli 8-10 nodi.
Inoltre vi sono alcune unità minori (cannoniera, nave-appoggio sommergibili, nave per la protezione della pesca, nave-trasporto). Gli effettivi della marina sono di 2200 uomini circa, di cui la metà volontarî e il resto di leva.
Aviazione militare. - È sotto il controllo del Ministero della difesa. Le forze aeree terrestri sono raggruppate in squadroni; esse comprendono 4 squadriglie da caccia con 24 apparecchi, 1 squadriglia da bombardamento notturno con 6 apparecchi, 4 squadriglie da esplorazione e ricognizione con 47 apparecchi. Comprese le riserve, la forza aerea norvegese è di circa 150 apparecchi terrestri e di circa 40 idrovolanti. Esistono due scuole di aviazione (terrestre e navale, a Lillestrøm e a Horten rispettivamente). Le sole fabbriche di velivoli sono quelle militari.
Culti. - Circa l'evangelizzazione della Norvegia, l'organizzazione delle diocesi medievali, l'introduzione della riforma, v. sotto: Storia.
Basti qui aggiungere che, poiché l'introduzione della riforma fu in sostanza opera del potere regio, questo fatto, stante l'unione con la Danimarca, contribuì largamente a dare un'impronta danese a tutta la vita ecclesiastica della Norvegia: tanto che solo nel 1607 la chiesa norvegese ebbe un ordinamento proprio (anch'esso in gran parte foggiato su quello danese), e una vera chiesa nazionale si può dire che sia cominciata a esistere solo col sec. XIX. Dalla fine del sec. XVII, il luteranesimo norvegese attraversò del resto, in genere, le stesse vicende spirituali di quello tedesco, risentendo anch'esso l'influsso di tre grandi tendenze che, all'ingrosso, si possono considerare come succedutesi l'una all'altra: ortodossia, pietismo, illuminismo. Così sec. XIX si è accentuata invece la formazione di partiti nella chiesa nazionale, e anche di sette indipendenti, mentre d'altra parte sono stati riconosciuti maggiori diritti ai laici, e vennero organizzate missioni, società bibliche, ecc.
La chiesa norvegese è una chiesa nazionale, sovvenzionata dallo stato; il re nomina alle cariche ecclesiastiche e deve appartenere ad essa, come pure una metà dei membri del governo. Vi sono 7 vescovati (Bispedömmer): Oslo, Nidaros (Trondheim), Biørgvin (Bergen), Hålogaland (Tromsø), Agder (Kristiansand), Hamar, Stavanger: quest'ultimo fondato nel 1924.
Il vescovo di Oslo ha un primato d'onore. La chiesa nazionale norvegese di confessione evangelica accetta la Confessio augustana e il Piccolo catechismo di Lutero.
Le leggi sui culti dissenzienti del 1845 e del 1891 e quella sugli ebrei del 1851 hanno riconosciuto la libertà di culto e l'eguaglianza dei diritti civili. Col sec. XIX è rientrato in Norvegia anche il cattolicismo, compresi gli ordini religiosi (con esclusione dei gesuiti); si sono avute anche conversioni che hanno fatto rumore (p. es., la scrittrice Sigrid Undset nel 1925). Fino al 1869, la Chiesa cattolica era organizzata come semplice missione; con provvedimenti successivi è stata eretta in prefettura apostolica, in vicariato apostolico di Norvegia e Spitzberg e finalmente vicariato apostolico della Norvegia (1925), da cui si sono successivamente (1931) distaccati i distretti ecclesiastici della Norvegia centrale e Norvegia settentrionale.
Secondo il censimento del 1920, si avevano:
Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - I principali cespiti di entrata sono dati dai dazî doganali, dalle imposte di consumo e dall'imposta sul reddito; tra le spese hanno maggiore rilievo quelle erogate per l'istruzione pubblica e per la difesa nazionale.
Il debito pubblico, contratto soprattutto per finanziare lavori di pubblica utilità (costruzioni di ferrovie e di linee telegrafiche, impianti per la produzione dell'energia elettrica, ecc.), al 30 giugno 1933 ammontava a 1496 milioni, di cui 726 di debito estero e 770 di debito interno.
Moneta e credito. - Il sistema monetario della Norvegia è, per effetto del trattato del 16 ottobre 1875 (modificato dalla convenzione del 5 aprile 1924), identico a quello della Svezia e della Danimarca. L'unità monetaria è la corona oro, divisa in 100 øre equivalenti a 0,2680 dollari degli Stati Uniti d'America. La circolazione è composta quasi esclusivamente di biglietti, emessi dalla Norges Bank, la quale (per effetto della legge 23 aprile 1892 e successive modificazioni, specie legge 26 novembre 1920) ha il monopolio dell'emissione e l'obbligo di coprire integralmente in oro ogni emissione che ecceda il limite (attualmente di 250 milioni) posto alla circolazione fiduciaria. Soltanto col 10 maggio 1928, ultima tra i paesi scandinavi, la Norvegia ristabilì la convertibilità in oro al valore prebellico dei suoi biglietti, che era stata sospesa durante la guerra mondiale, e tolse il divieto all'esportazione dell'oro, con la sola condizione della reciprocità.
Il 27 settembre 1931 in seguito alla crisi della lira sterlina il gold standard è stato però nuovamente sospeso ed è di nuovo entrato in vigore l'embargo sull'oro.
Al 22 febbraio 1934 i biglietti in circolazione ammontavano a 305 milioni e la riserva in oro era di 118 milioni all'interno e 16 all'estero.
Oltre la banca d'emissione Norges Bank, esistono la Kongeriget Norges Hypothekbank (istituita nel 1851), l'Arbeiderbruk og Boligbank (istituita nel 1903 per concedere prestiti ipotecari a piccoli proprietarî e artigiani), la Norske Stats Fiskerbank (istituita nel 1919 per finanziare l'industria della pesca) e la Norges Kommunalbank (istituita nel 1926 per finanziare gli enti locali).
Istruzione pubblica. - L'istruzione primaria è molto perfezionata: la durata dell'istruzione obbligatoria è di 7 anni e i libri scolastici vengono concessi gratuitamente. Nel 1930-31 le scuole elementari erano 5828. Le scuole secondarie, in tutto 135 (tra statali, comunali, pareggiate e private), sono per lo più miste e divise in una sezione inferiore e una superiore.
Vi sono 10 scuole normali, per gl'insegnanti, 310 scuole, dette di continuazione, per i ragazzi tra i 15 e i 18 anni e 327 scuole professionali. Vi è una sola università, a Oslo, che nel 1932 aveva 3734 studenti. La Norvegia ha inoltre: un politecnico a Trondheim, una scuola superiore di agricoltura ad Aas, un istituto per la preparazione degl'insegnanti a Lade, una scuola superiore militare una scuola superiore di odontoiatria e un'accademia di belle arti. Lo stato sovvenziona 1270 biblioteche popolari.
Storia.
Inizî - Dalle ultime ricerche pare che l'uomo abbia abitato la Norvegia fin dall'ultimo periodo interglaciale, e abbia trascorso l'ultima epoca glaciale sopra piccole strisce di terra libere dai ghiacci lungo la costa del Finnmarken e di Møre. Ma ancora per millennî non si può parlare di formazioni statali.
Già fin dall'età del bronzo devono essere esistiti piccoli stati in embrione, poiché gli uomini che in quell'epoca costruirono gli enormi tumuli tombali lungo la costa debbono essere stati capi che governavano numerosi sudditi e ne sapevano sfruttare il lavoro; poi a mano a mano che si cominciò a coltivare la terra, specialmente dopo che s'iniziò l'uso del ferro, sorsero unità statali con chiara struttura politica.
Con l'aiuto delle scoperte archeologiche e della toponomastica, si può seguire il cammino degli uomini e delle bonifiche dalla costa fino tra le valli montane: i nomi non composti (come Haug, Voll) appartengono al periodo più antico; seguono i nomi composti in -vin, -heim, -stad, e al periodo delle bonifiche specialmente dei secoli XI e XII d. C. appartengono i nomi in -rud. Nei primi secoli d. C., al più tardi, si trovano in Norvegia numerosi piccoli raggruppamenti politici, regni, che abbracciano una tribù; nello Østland i Heidner, Raumer, Ranrikinger e altri. Il territorio intorno al fjord di Trondheim era forse già intorno al 300-500 d. C. riunito in un regno: Horder e Ryger emigrati nel Vestnorge al tempo delle grandi migrazioni, vi avevano formato aggruppamenti politici. Poco conosciuta è l'organizzazione delle tribù. Ragione fondamentale dei raggruppamenti sono stati il culto comune nei templi (hov) e una legislazione primitiva esercitata in un'assemblea (ting). Queste tribù, che evidentemente devono essere appartenute a un'unica grande stirpe, ebbero, da quanto, almeno, si può arguire dalle fonti, tutte la stessa lingua. Dal principio del sec. VIII d. C. questi piccoli stati ebbero un grande sviluppo. La popolazione aumentò sensibilmente, la coltivazione della terra si estese lungo i fiumi fino all'interno e verso N. lungo la costa fino a Karlsø Tromsø (71° lat. N.).
Le migrazioni. - Nello stesso tempo avvenne la grande espansione all'estero (circa 750-1000 d. C.). Norvegesi partirono per predare e commerciare, dirigendosi a E. fino ai paesi baltici, a N. e a NE. fino al Mar Bianco, ma soprattutto a O. fino alla Scozia e alle isole scozzesi, all'Inghilterra, all'Irlanda, e a S. fino alla Francia e in parte anche al Mediterraneo, all'Italia (v. normanni). Essi popolarono le isole Færeør e l'Islanda, alcuni territorî sulla costa occidentale della Groenlandia e scoprirono, a quanto pare, l'America Settentrionale che chiamarono Vinland (v. america, II, pp. 838-839). Nelle terre prima deserte fondarono regni norvegesi e così pure in Scozia e in Irlanda, mantenendo sempre intimi rapporti con la madre patria. In Inghilterra e in Francia (Normandia) presero parte alle contese dei principi locali sia soli, sia insieme coi Danesi (Daner). Essi si stabilirono numerosi in mezzo agli stranieri, e nella maggior parte dei luoghi si mescolarono ben presto alla popolazione del luogo. Sotto l'influenza delle spedizioni vichinghe, e di ciò che i Vichinghi impararono all'estero, si ebbe in Norvegia un consolidamento dei piccoli stati, e in alcuni luoghi un raggruppamento di parecchi di essi, con una legislazione comune: come, p. es., Eidsivatingslagen nell'Opland (Norvegia orientale). Da quel tempo data anche la riunione degli staterelli in un regno unico, riunione che può caratterizzarsi come una specie di "spedizione vichinga all'interno". L'unificazione ebbe principio a Vestfold, territorio a O. del fiord di Oslo, dove la schiatta degli Ynglinger, il cui primo personaggio storico sicuro è Halvdan Svarte, fondò un forte regno verso la metà del sec. IX d. C. Il figlio Harald I Haarfagre (v.) proseguì fino all'anno 900 la conquista dei territorî a S. di Hålogaland (ora provincia di Nordland) e si attribuì diritti reali sopra gli abitanti. Intorno all'organizzazione di questo stato, le fonti dànno pochi ragguagli sicuri: è certo però che discendenti della stirpe di Harald reclamarono più tardi il diritto di signoria sopra tutta la Norvegia, e che le popolazioni riconobbero in un certo qual modo tale imposizione. Dopo la morte di Harald (circa il 940), l'unione dei varî regni cessò, poiché i suoi numerosi figli regnarono ciascuno nel loro territorio, spezzando l'unità complessiva. Ma dopo un breve periodo di supremazia del figlio maggiore Erik Blodøks e dopo che questi fu scacciata (circa il 945), il figlio minore di Harald, Haakon I Adalsteinsfostre (circa 945-961), impose con maggior fortuna la sua supremazia. Egli aveva la base del suo potere nei distretti della costa della Norvegia occidentale; ma sembra che abbia regnato su tutto il paese eccezion fatta delle regioni dell'interno, Opland. Egli organizzò le forze marittime del regno, dividendo i distretti delle coste in compartimenti marittimi (Skipreder) ciascuno dei quali aveva l'obbligo di fornire un bastimento armato di tutto punto all'avvicinarsi del nemico. Quest'obbligo di leidang valeva pure per le guerre all'estero. Al tempo di Haakon fu creata anche l'organizzazione delle tre grandi assemblee legislative (ting) della Norvegia, Frostatingslagen a N. (Trøndelag), Gulatingslag a O. ed Eidsivatingslag a E. Da quel momento queste assemblee cessarono di essere alting, dove ogni uomo libero aveva il diritto d'intervenire, e divennero lagting legislativi, parlamenti rappresentativi, i cui membri (nefndarmenn) erano nominati dagli uomini di corte del re.
Haakon visse in continua guerra con i figli del fratello scacciato, i quali avevano trovato appoggio in Danimarca, e cadde in una battaglia contro di essi a Fitjar. Gli successe allora Harald Eriksson Graafell, che ben presto venne a contesa con i potenti conti (jarl) di Lade. Il conte Haakon trovò appoggi in Danimarca e vinse (Harald fu assassinato prima del 974) mentre Harald II, re di Danimarca, pose direttamente sotto la sua signoria il territorio costiero a E. del fiord di Oslo. Haakon riuscì più tardi a liberarsi dalla sovranità di quel re, ma pochi anni dopo fu ucciso in una rivolta di contadini a Trøndelag (995).
Il cristianesimo. - Contemporaneo a questa rivolta fu l'arrivo, da una spedizione vichinga, di un discendente di Harald Haarfagre, Olav Tryggvason, che ben presto conquistò il potere sopra tutta la Norvegia a eccezione degli Oplandene. Olav, che professava la fede cristiana, tentò d'introdurre il cristianesimo in Norvegia. I Norvegesi, che per mezzo delle spedizioni vichinghe erano già venuti in contatto con la nuova fede, non opposero che una debole resistenza al tentativo del re; ma essendo l'antica religione intimamente legata all'autorità politica nelle contrade, i capi acconsentirono ad abbracciare la nuova fede soltanto dopo una vera costrizione da parte del re. Olav riuscì a far accettare per legge il cristianesimo nel Trendelag e nel Vestland e anche in Islanda e nei nuovi possedimenti della Groenlandia. Quando volle sottomettere Viken (cioè il fiord di Oslo), Olav venne a contesa col re danese Sven e con i figli del conte Haakon che avevano cercato riparo in Danimarca, ma cadde alla battaglia di Svolder (1000). I conti Erik e Svein, figli del conte Haakon, ebbero allora il Trøndelag e il Vestland come feudo del re danese, il quale sottopose Viken al suo diretto dominio. Quando nel 1014 Erik si recò in Inghilterra per prestare aiuto al suo signore Sven, che in seguito all'invasione danese era stato riconosciuto re d'Inghilterra, Olav Haraldsson venne in Norvegia e pretese il regno. Olav era figlio di un piccolo re dell'Oplandet e pronipote di Harald Haarfagre, così che il suo diritto ereditario al trono era fondato. Nello spazio di pochi anni Olav vinse ogni opposizione e riunì tutta la Norvegia dal fiume Geta fino al Finnmarken, e questa volta anche gli Oplandene entrarono a far parte dell'unione. Tutti i piccoli re furono soppressi, i capi del paese furono costretti a riconoscere Olav per loro signore - i più potenti fra di loro divennero suoi vassalli (lendmenn), con una certa autorità politica e l'obbligo di seguire il re in guerra; però il nome di lendmenn indica piuttosto una posizione sociale che una precisa autorità politica. Gli årmenn del re, spesso di basso ceto, governavano le proprietà regie sparse per il paese e fungevano da ricevitori delle imposte. Con il soggiogamento dei capi del paese, il cristianesimo si diffuse in tutta la Norvegia. Nel corso delle ultime generazioni, il cristianesimo aveva messo radici tanto profonde nel paese che più nessuno pensò a sradicarlo; tuttavia rimasero ancora per secoli fra il popolo resti della vecchia fede e del vecchio culto. La Norvegia fu annessa alla sede metropolitana di Brema: di qui l'influenza della chiesa tedesca, che si fece avvertire accanto alla più antica influenza della chiesa inglese. La potenza di Olav suscitò una forte opposizione da due parti: il re danese Canuto il Grande che era anche re d'Inghilterra, il quale vedeva minacciato il suo potere su Viken, e i conti di Lade che erano stati scacciati dal loro regno del Trøndelag. I capi malcontenti di altre parti del paese si unirono a loro, e quando nel 1028 Canuto arrivò in Norvegia con una flotta, fu proclamato re e Olav fu costretto a cercare riparo in Russia. Ritornò due anni dopo per riconquistare il suo regno, ma cadde in una battaglia contro l'esercito del Trøndelag a Stiklestad (29 luglio oppure 31 agosto 1030). Ben presto però i capi e il clero furono malcontenti del governo danese di Sven Alfivasson (1030-35), succeduto al padre Canuto il Grande, ed essendosi manifestati prodigi a Nidaros sulla tomba di Olav, questi fu considerato santo. Il partito malcontento delle imposizioni del governo danese cercò di entrare in rapporti con il figlio di re Olav, Magnus il Buono, che si trovava ancora in Russia, e riuscì a farlo proclamare re di Norvegia, mentre Sven e la madre Alfiva erano costretti a fuggire dal paese.
La Norvegia riuscì a essere lasciata in pace da ogni assalto danese durante la guerra che nel medesimo tempo combatterono fra di loro i figli di Canuto il Grande. Nella pace conclusa nel 1038 fra Magnus e il terzo figlio di Canuto, Harthacnut, fu stabilito che quello dei due che avesse vissuto più a lungo avrebbe ereditato il paese dell'altro. In tal modo Magnus divenne re di Danimarca (1042), e riuscì a scongiurare un pericoloso attacco dei Vendi contro lo Jütland (battaglia di Lyrskog). Più tardi venne a contesa con Svend Estridssøn, nipote di Canuto il Grande, che pretendeva di avere la Danimarca. Magnus morì prima che fosse finita la guerra, la quale fu continuata dal suo successore sul trono norvegese Harald Hårdråde (1047-66). Harald rinunciò alla Danimarca e rivolse le sue forze contro l'Inghilterra, ma cadde in una spedizione. Suo figlio Olav Kyrre (1066-93) fece una politica pacifica, mentre Magnus Berrføtt, figlio e successore di Olav (1093-1103), fu un grande vichingo che conquistò alla Norvegia le isole orcadi, le isole Ebridi, l'isola di Man. Magnus ebbe tre figli che divennero tutti insieme re dopo di lui. Olav (1103-15), Øystein (1103-23) e Sigurd (1103-30): Øystein fu, come il nonno, uomo pacifico, Sigurd viene soprattutto ricordato per la sua crociata nei paesi mediterranei dove combatté (Sicilia e Terrasanta). Fu soprannominato Jorsalfarer ("paladino di Terrasanta").
Nel secolo dopo la morte di Olav il Santo, il potere dei re divenne più forte, e nessun capo osò più ribellarsi contro il re riconosciuto che fondava la sua sovranità sull'adesione della classe superiore. La differenza di classe si fece più sensibile. Dopo un esiguo numero di signorotti, venivano gli allodiali (haulder), poi un numero più grande di fittavoli e finalmente i servi in numero imprecisabile. Il numero dei fittavoli era aumentato in parte dall'essere il re grande proprietario, in parte dall'avere la Chiesa aumentato i suoi beni terrieri con doni e acquisti.
La Chiesa era diventata un fattore religioso importante e aveva inoltre acquistato importanza politica. Nei più alti strati sociali gli usi cristiani avevano soppiantato quelli pagani, e la Chiesa come istituzione aveva un'organizzazione solida come quella dello stato.
Prima del 1100 i vescovi erano stati vescovi missionarî senza diocesi definite, ma, sotto Olav Kyrre, il paese fu diviso in diocesi con confini definiti e i vescovi ebbero la loro sede in città, se la città esisteva, e, dove non c'erano, le diocesi servirono a crearla come a Oslo e Stavanger. Così nei secoli XI e XII sorsero molte nuove città, e le vecchie, soprattutto Bergen, aumentarono di popolazione. La chiesa norvegese continuava a dipendere dall'arcivescovato di Brema e il re nominava i vescovi, però i membri del clero parteggiavano chi per una supremazia regia, chi per quella papale.
Guerre civili (1130 - circa 1240). - La vecchia usanza che ogni figlio di re, e non soltanto il primogenito, aveva diritto al trono, provocò dopo la morte di Sigurd Jorsalfarer interminabili contese. L'uno dopo l'altro si fecero avanti i pretendenti al trono che a torto o a ragione si fecero passare per figli di re, dimostrandolo con il giudizio di Dio e con la prova del fuoco.
In queste guerre si possono scorgere contrasti regionali - perché di regola il Trøndelag sta contro il Vestland - e anche un contrasto politico ecclesiastico fra gli aderenti alle due opposte tendenze, nazionale e romana. I partigiani di quest'ultima ebbero il sopravvento e fecero della Norvegia una provincia metropolitana indipendente con sede arcivescovile a Nidaros (Trøndheim) accanto al sepolcro di Olav il Santo. L'arcivescovo aveva sotto di sé quattro vescovi suffraganei (lydbisper) in Norvegia e sei nelle isole del mare occidentale (Atlantico). Questo partito sostenuto dai signorotti del Vestland fece proclamare re Magnus Erfingsson, nipote in linea femminile di Sigurd Jorsalfarer, il quale fu incoronato nel 1164 (la prima incoronazione in Norvegia). Il clero, che in tal modo aveva ottenuto maggiori diritti e maggiore libertà di acquistare proprietà terriere, fece stabilire che solo erede del trono dopo la morte del padre fosse il primogenito tra i figli legittimi. Ma parecchi nuovi pretendenti si ribellarono a Magnus. Il più pericoloso fu Sverre Sigurdsson che si vantava pronipote di Magnus Berrføtt. Nel 1177 egli fu fatto capo della fazione dei Birkebeiner che aveva la sua principale base nel Trøndelag; nel 1184 uccise Magnus Erlingsson e fu riconosciuto re in ogni parte del paese. Negli anni intorno al 1190 il re Sverre venne a seria contesa col clero: l'arcivescovo (Erik) e il vescovo di Oslo (Nicolaus) gl'incitarono contro i gruppi ribelli (i Bagler), e solo dopo aspre guerre egli vinse, l'anno prima della sua morte (1202). Il suo figlio e successore Haakon III (1202-1204) si riconciliò con il clero, ma dopo la sua morte prematura scoppiarono nuove contese fra i Birkebeiner e i Bagler che finirono con l'avvento al trono del tredicenne Haakon IV Haakonsson (1217-63). Il suo parente Skule Baardsson, che ebbe il titolo di duca, fu nominato suo tutore, e reggente di una terza parte del paese. Haakon sposò la figlia di Skule, ma sorsero fra di loro contese per il potere, contese che finirono con la morte di Skule nel 1240. Da questo momento le guerre civili si considerano finite.
Durante i pacifici anni che seguirono, Haakon strinse rapporti più intimi con le case regnanti straniere, presso cui egli godeva di molta stima. Pattui un trattato di commercio con Lubecca e con l'Inghilterra, riordinò al N. il confine con la Russia (1252), si amicò la Svezia e la Danimarca. Il re di Francia volle averlo a capo di una crociata. Durante il suo regno, l'Islanda e la Groenlandia si sottomisero alla corona norvegese. Haakon fu incoronato (1247) durante un'assemblea a Bergen, alla quale assisteva il cardinale Guglielmo di Sabina, e i privilegi del clero furono assicurati con una serie di leggi.
La divisione fra le classi sociali s'era fatta in complesso più profonda. La corte del re (hird) era diventata il centro dell'aristocrazia la quale dipendeva per ciò grandemente dal potere reale, pur senza essere asservita al re. La gran massa del popolo viveva pacificamente nelle fattorie senza prendere parte alle contese politiche. Sotto il re Sverre l'amministrazione migliorò assai con l'istituzione di funzionarî reali (sysselmenn), e la divisione del paese in distretti amministrativi (fylke). Il paese fu pure diviso in 9 circoscrizioni giudiziarie (lagdømmer), con a capo un lagmann; gradatamente la corte diventò un consiglio di "boni viri" che circondavano il re, e più tardi un riksråd, o consiglio del regno.
Nel 1263 Haakon fece una spedizione alle isole Ebridi per sostenervi la sua sovranità, ma morì prima del Natale dello stesso anno, e il figlio e successore Magnus VI Lagabøter (Legislatore) cedette nel 1266 le isole alla Scozia. Questo re ebbe il suo appellativo dal grande codice che portò a termine nel 1274, anno in cui fu approvata una legge comune per tutta la Norvegia e una per i territorî sottomessi; qualche anno più tardi fu approvata una legge comune per le città e una per la corte (hirdsskrå). Il potere legislativo stava nelle mani del re e dei suoi "boni viri", giacché il diritto di partecipazione del popolo alla legislazione nei ting, sparito già da tempo di fatto, ora cessava formalmente.
Il riconoscimento dei diritti del clero fu costantemente causa di grandi difficoltà; la Norvegia non riuscì più degli altri stati a sottomettere la Chiesa all'autorità dello Stato, né il clero a conquistare un potere temporale prevalente. Il re cercò contro la Chiesa l'appoggio dei signorotti laici che dopo il 1260 erano diventati un fattore politico più importante di prima. I signorotti trovarono una buona occasione per l'incremento del loro potere, quando il figlio minorenne di Magnus, Erik Magnusson, divenne re (1280-99) e vi fu un periodo di reggenza. L'arcivescovo e due vescovi furono costretti a fuggire dal paese, ma quando Erik divenne maggiorenne, la Chiesa riebbe la sua vecchia libertà.
Il periodo che va dall'anno 800 circa al 1270 si chiama periodo delle saghe, dalle saghe scritte intorno ai re, le quali sono la fonte principale della storia di quel periodo.
Nel tredicesimo secolo la Norvegia raggiunse il suo maggiore sviluppo nella letteratura e nell'arte fu in intimo contatto con i paesi più progrediti d'Europa. Nello stesso tempo la Norvegia attraversò un florido periodo economico con un aumento di popolazione e l'accrescimento della coltura delle terre. Le città divennero più grandi e più ricche ed ebbero un governo ordinato (borgomastri e consiglieri). Le città furono il centro del commercio con l'estero, fatto da commercianti propriamente detti. Il concetto base della politica commerciale fu di facilitare l'importazione delle merci di prima necessità, e di ostacolare nello stesso tempo l'importazione delle merci e di lusso e l'esportazione di commestibili, essendo la carestia una costante minaccia. Durante il secolo XIII vi fu in Norvegia una richiesta di grano maggiore della produzione interna. La Norvegia poteva soddisfare a questo fabbisogno crescente soltanto con l'importazione dai paesi baltici, dove il commercio era tutto nelle mani delle città anseatiche. Il re, per conseguenza, dovette concedere privilegi agli anseatici, stabiliti nelle città norvegesi, per assicurarsi l'importazione del grano, e ben presto gli anseatici s'impadronirono di tutto il commercio con l'estero. Essi si stabilirono nelle città dapprima come ospiti (gjæster) per passare l'estate, poi vi presero fissa dimora, e fondarono a Bergen un fondaco.
Essendosi nel sec. XIII il commercio norvegese orientato sempre più verso il sud, naturalmente anche i re orientarono la loro politica in quella direzione. Ciò appare manifesto durante il regno del fratello di Erik, Haakon V Magnusson (1299-1319). Egli aveva fin dal 1285 governato la parte orientale del paese come duca indipendente, e ne aveva fatto il suo quartier generale con residenza a Oslo, dove poi venne incoronato. Sposò una principessa tedesca, e fece costruire una serie di fortezze secondo il sistema tedesco. Un cambiamento nella tecnica militare era stato la causa di quelle costruzioni: la flotta di leidang avendo perso la sua importanza, la difesa venne concentrata intorno a castelli fortificati con piccole guarnigioni di milizia professionale.
Dissoluzione del feudalismo (1319-1536). - Haakon V ebbe una sola figlia che sposò il duca svedese Erik. Il loro figlio Magnus fu nel 1319 a soli tre anni eletto re di Svezia, e quando nello stesso anno Haakon morì, egli ereditò anche il regno di Norvegia.
Svezia e Norvegia, pur avendo il medesimo re, non costituirono un regno unito, poiché in ciascun regno v'era una reggenza nazionale. Ma, diventato maggiorenne, Magnus non volle continuare a tenere i regni separati e allora i Norvegesi lo costrinsero a nominare re il figliolo di tre anni Haakon VI (1344-80), con a fianco un consiglio norvegese di reggenza. Durante il suo regno scoppiò in Norvegia la peste, svartedauden (1349-50), che ebbe grandi conseguenze politiche ed economiche. La mortalità fu grande e la classe elevata, già prima indebolita, ne ricevette una scossa dalla quale non si riebbe mai. Moltissime fattorie rimasero abbandonate, il rendimento dei canoni agricoli (landskylden) diminuì fortemente. Ne venne di conseguenza un'enorme diminuzione degl'introiti della Corona costituiti principalmente dalle imposte sulla terra, e una grande scossa all'autorità reale.
I due secoli XIV e XV furono contrassegnati dalla dissoluzione dell'unità nazionale. I signorotti cercarono di assicurarsi il maggior numero di terre, in parte come proprietà privata, in parte come feudi della corona, e questa riunione di beni fu fatta senza riguardo alle frontiere nazionali dei paesi nordici. Essendo la classe aristocratica norvegese poco numerosa e debole, fu facile ai signorotti svedesi e danesi d'impadronirsi dei beni e del potere in Norvegia. Il carattere della politica feudale nordica divenne evidente quando Haakon VI sposò nel 1363 Margherita, figlia del re Valdemaro di Danimarca. Alla morte di questo (1375), il figlio di Haakon e Margherita, Olav, fu eletto re di Danimarca, e alla morte del padre, cinque anni dopo, ereditò anche il regno di Norvegia (1380-1387). Da quel momento la Danimarca e la Norvegia furono unite sotto un solo re: unione che durò fino al 1814.
Con Olav si estinse la discendenza di Harald Haarfagre. La regina Margherita fu eletta regina dei due paesi, sovranità ch'ella aveva già avuto di fatto fino dalla morte del marito nel 1380. L'erede più prossimo di Margherita era un pronipote dalla parte di sua sorella, il tedesco Erik di Pomerania (reggente con lei dal 1387, re assoluto dal 1412 al'42). Essendo il re svedese stato scacciato nel 1389, anche gli Svedesi elessero a loro re Erik, e quindi tutti e tre i paesi nordici si trovarono riuniti sotto una stessa corona. In un'assemblea a Kalmar nel 1396 fu concluso il patto d'unione fra i tre paesi (v. kalmar: Unione di Kalmar). Dopo la morte della regina Margherita, sorsero in Svezia e in Norvegia opposizioni contro Erik, ma gl'insorti in Norvegia furono facilmente domati, poiché si erano sollevati anche contro l'aristocrazia. Quando Erik fu scacciato dalla Svezia e dalla Danimarca, anche i Norvegesi rifiutarono di prestargli fedeltà e, come i paesi vicini, elessero a re il nipote di lui, Cristoforo di Baviera (1442-48). Alla morte di questo la Svezia si staccò dall'unione, e la Norvegia fu campo di lotte fra un partito che sosteneva l'unione con la Danimarca, e un altro che sosteneva invece quella con la Svezia. Il primo ebbe la vittoria e Cristiano I di Oldenburgo, che già era stato eletto re di Danimarca, divenne anche re di Norvegia (1449-81). Egli fu incoronato nel 1450. Nello stesso anno fu concluso un trattato di alleanza fra i consiglieri dei regni norvegesi e danesi: la Norvegia doveva diventare monarchia elettiva, i due regni essere riuniti in perpetuo eleggendo il re in comune. Ma gli accordi non furono mai mantenuti.
Nel 1469 la Norvegia perdette gli ultimi possedimenti nel mare occidentale, perché il re diede le isole Orcadi e Shetland come pegno per la dote della figlia che aveva sposato Giac0mo III di Scozia.
Dopo la morte di Cristiano fallì il tentativo di un governo norvegese indipendente, e il figlio di Cristiano, Hans, divenne re anche di Norvegia (1483-1513). Egli intraprese una lotta contro gli anseatici che avevano nelle loro mani tutto il commercio estero norvegese e fu fedelmente appoggiato dagli Olandesi, che erano diventati i più pericolosi concorrenti degli anseatici. Questa politica contraria agli anseatici fu continuata con maggior vigore dal figlio e successore Cristiano II (viceré nel 1506, re nel 1513-23), il quale, assecondando le tendenze generali del tempo, tentò come suo padre di aumentare il potere regio, prendendo un energico atteggiamento contro il potere della Chiesa e dei funzionarî nobili e cercando il suo appoggio nella borghesia. Ma essendo venuto a conflitto sia con gli Svedesi, che per un certo tempo aveva assoggettati, sia con i Danesi, dovette abbandonare i regni nel 1523. Parecchie volte il "partito svedese", al quale di regola apparteneva l'arcivescovo, aveva provato a staccare la Norvegia dalla Danimarca, sia avvicinandosi alla Svezia, sia seguendo una politica norvegese indipendente, ma con esito negativo a causa della debolezza del regno. Un nuovo tentativo in questo senso, fatto dopo la cacciata del re Cristiano II, fallì, e suo zio Federico I fu eletto re di Norvegia (1523-33). Lo stesso tentativo si ripeté alla morte di Federico I, quando l'arcivescovo cercò di sollevare il paese contro la Riforma luterana che era già penetrata in Danimarca e vi aveva un fervente propugnatore nel nuovo re danese Cristiano III, che nel 1536 i Norvegesi furono costretti a eleggere re di Norvegia: l'anno dopo incominciò l'introduzione della Riforma.
Regno dipendente (1536-1814; per tutto questo periodo v. anche danimarca: Storia). - I re di questo periodo furono: Cristiano III (1536-59), Federico II (1559-88), Cristiano IV (1588-1648), Federico III (1648-70), Cristiano V (1670-99), Federico IV (1699-1730), Cristiano VI (1730-46), Federico V (1746-66), Cristiano VII (1766-1808), Federico VI (1808-14).
Nella sua "capitolazione danese" Cristiano III aveva dovuto promettere che da quel momento la Norvegia avrebbe cessato di essere chiamata regno indipendente e sarebbe venuta a far parte integrante del regno di Danimarca come regione danese. Ma egli non poteva e non voleva mantenere questo impegno, e la denominazione di regno di Norvegia non sparì mai nei documenti ufficiali e nella lingua parlata. In realtà però i due regni furono governati come un unico stato con le stesse istituzioni statali, gli stessi alti funzionarî e lo stesso sistema politico. I due paesi avevano una politica estera in comune, ma con la conseguenza che, essendo la Danimarca il più forte dei due regni, i suoi interessi ebbero la prevalenza. Così pure nella politica interna, malgrado gl'impegni delle capitolazioni, secondo le quali ciascun regno doveva essere governato da uomini appartenenti al paese, nobili stranieri, specialmente danesi, s'erano impadroniti dei principali feudi norvegesi, e con ciò del potere politico.
I Danesi ebbero anche i seggi vescovili, e in conseguenza sedevano nel consiglio del regno. Le entrate dello stato norvegese, assai piccole del resto, andavano alla Danimarca dove generalmente il re risiedeva e, senza il concorso del consiglio del regno, governava il paese.
Il problema capitale della politica estera norvegese e danese fu costituito dalle lotte con la Svezia. La prima grande guerra contro la Svezia (la guerra dei Sette anni, 1563-70) ebbe per scopo il possesso della Norvegia che gli Svedesi pretendevano di conquistare, e la signoria del Mar Baltico, dove gli Svedesi contestavano il primato alla Danimarca. Alla pace nessuno dei due partiti ebbe vantaggi territoriali. La guerra seguente con la Svezia (guerra di Kalmar, 1611-13) ebbe per scopo, in certo modo, la signoria del Finnmarken. Le due guerre furono combattute principalmente con truppe mercenarie, le quali però dimostrarono la necessità di una nuova organizzazione della difesa e portarono alla costituzione di un esercito nazionale norvegese, nel 1641, dopo uno sfortunato tentativo del 1620. Il nuovo esercito ebbe il battesimo del fuoco nella guerra contro la nuova grande potenza svedese (1641-43), conosciuta sotto il nome di guerra di Hannibal. Malgrado le vittorie norvegesi, il re Cristiano IV fu costretto al momento della pace a cedere le provincie norvegesi di Jemtland e di Herjedalen; e gli Svedesi continuarono i loro progressi anche in una nuova guerra (1657-60) che finì con la pace di Copenaghen, nella quale il re dovette cedere un altro territorio della Norvegia meridionale, Bohuslän. E poiché pure i territorî danesi confinanti furono ceduti alla Svezia, i regni gemelli divennero geograficamente lontani l'uno dall'altro, cosa che con l'andare del tempo ebbe conseguenze politiche. Cristiano V tentò con una nuova guerra di riprendere i territorî perduti (1675-79), e l'esercito norvegese riconquistò quasi tutta la regione del Bohuslän, ma, al momento della pace, nessun cambiamento ebbe luogo. Durante la grande guerra nordica (v. nordica, guerra) gli Svedesi sotto Carlo XII cercarono di conquistare la Norvegia: nel 1716 la capitale Cristiania fu occupata per alcuni mesi dalle truppe svedesi; ma una nuova invasione svedese nel 1718 finì con la morte di Carlo XII. Nemmeno questa guerra portò cambiamento di confini.
Durante tutto il sec. XVIII la politica estera danese-norvegese fu orientata verso la Russia, sia per causa della comune nemica, la Svezia, sia per la questione del ducato di Holstein, questione a cui la Norvegia era estranea.
Durante le grandi guerre europee dalla metà del sec. XVIII in poi, i paesi nordici conclusero ripetute volte alleanza di neutralità armata per difendere il loro commercio e la loro flotta. La Danimarca e la Norvegia conclusero pure trattati con gli stati barbareschi del Mediterraneo, dai quali conseguirono maggior sicurezza per la loro navigazione in quel mare. Durante le guerre della rivoluzione francese e quelle napoleoniche, gli uomini di stato danesi riuscirono a condurre una fortunata politica di neutralità fino al 1807. Nel 1807 la situazione politica divenne tale che il governo danese-norvegese fu costretto a scegliere fra un'alleanza inglese e un'alleanza francese. Gl'interessi della Norvegia erano orientati in modo assoluto verso la Gran Bretagna, e quando la scelta fosse diventata necessaria il governo era preparato a seguire quella via, pur volendo temporeggiare più a lungo possibile. Frattanto il governo inglese credette di sapere che Napoleone concepiva piani di occupazione della Danimarca per assicurarsi la flotta norvegese-danese e la signoria sul Mar Baltico; e così pretese che le fosse consegnata la flotta norvegese-danese come pegno di fedeltà. Essendo la pretesa stata respinta, la flotta britannica assediò e bombardò Copenaghen (settembre 1807): per conseguenza Norvegesi e Danesi entrarono in guerra a fianco della Francia, cosa conforme agl'interessi della Danimarca, ma rovinosa per il commercio norvegese.
Un tentativo di rifare una nuova unione nordica negli anni seguenti fallì, e quando il maresciallo di Francia J.-B.-J. Bernadotte, eletto successore al trono svedese (col nome di Carlo Giovanni) rinunciò alla Finlandia ed entrò in guerra dalla parte russobritannica contro Napoleone per avere la Norvegia, la guerra finì con la pace di Kiel (14 gennaio 1814), con la quale la Norvegia fu ceduta alla Svezia, mentre la Danimarca continuò a tenere i vecchi possedimenti già norvegesi: Islanda, isole Færeør e Groenlandia.
Nel periodo che va dal 1536 al 1814 fu edificato in Norvegia lo stato moderno. Un po' alla volta il re trasformò il governo feudale in amministrazione reale, imponendo ai feudatarî condizioni vantaggiose per lo stato; molti piccoli feudi furono riuniti in grandi dominî feudali (più tardi distretti amministrativi), e i feudi liberi furono trasformati in feudi che dovevano pagare tasse e imposte oppure che dovevano rendere i conti. Con l'istituzione della monarchia ereditaria, la trasformazione trovò il suo compimento assoluto in Danimarca e in Norvegia, nel 1660. I feudi furono trasformati in provincie, amter, e i signori feudali divennero prefetti (amtmenn) con uno stipendio fisso, senza autorità militare nei distretti. Il consiglio del regno danese, che, fino dal 1536, s'era ingerite anche negli affari norvegesi, fu sciolto: il re ebbe soltanto intorno a sé potenti ministri di gabinetto, esercitando egli stesso un potere assoluto. Con la Riforma tutte le proprietà ecclesiastiche furono incamerate dalla corona, ciò che servì a dare allo stato quella sicura base economica che prima era mancata; durante il sec. XVII, e in parte anche durante il XVIII, quell'enorme quantità di beni andò a finire per mezzo di vendite nelle mani di privati e procurò allo stato un capitale liquido. Nello stesso tempo le entrate ordinarie dello stato si accrebbero con una serie di nuove imposte, e le entrate doganali aumentarono con gli scambi commerciali sempre crescenti. La potenza dello stato si fece molto maggiore e si estese sempre più in nuovi campi. Lo stato ricostituito si difendeva all'esterno con un forte esercito e una forte flotta, formati dal reclutamento di contadini e di cittadini appartenenti alle classi basse, e mantenuti con le rendite del regno.
L'amministrazione centrale, ordinata collegialmente, era comune alla Danimarca e alla Norvegia, poiché principio ammesso del governo era che i due regni dovessero formare uno stato unitario, ed essere governati come tale. Il consiglio della corona norvegese sparì nel 1536 senza essere formalmente sciolto e senza che alcun Norvegese prendesse posto in quello danese. Dopo il 1660 i collegi di governo divennero comuni per ambedue gli stati e così pure la Corte suprema, l'università, la banca di emissione e tutte le altre istituzioni statali che un po' alla volta furono stabilite. I più alti funzionarî in Norvegia erano di regola danesi e generalmente il corpo dei funzionarî in Norvegia contava un gran numero di Danesi, mentre numerosi Norvegesi avevano cariche in Danimarca. Il più alto funzionario in Norvegia dal 1572 fu un governatore (statholder) danese, sebbene generalmente con poca autorità personale. Quando le comunicazioni fra la Norvegia e la Danimarca erano interrotte in tempo di guerra, s'istituivano organi governativi norvegesi temporanei, giacché la Norvegia fu sempre considerata come un'unità costituita, un regno. Quando nel 1807 scoppiò la guerra, la Norvegia ebbe una Commissione di governo propria, e una serie di altri organi centrali norvegesi. Tutti furono liquidati durante il 1810, ma poiché nel 1813 la situazione si fece nuovamente critica, fu conferito al governatore principe Cristiano Federico potere personale di governo.
Sempre in questo periodo dei secoli XVI-XVIII, l'economia nazionale norvegese venne ricostruita sopra una nuova base ed ebbe un grande sviluppo. I boschi furono meglio sfruttati con l'uso della sega idraulica (circa 1520) e l'esportazione del legname divenne una delle maggiori fonti dei proventi norvegesi. Fu aperta una serie di miniere e di fonderie di ferro dal principio del sec. XVI, di argento e di rame circa dal 1620 (Kongsberg, Røros). Con l'uso di nuovi arnesi la pesca d'alto mare portò ricchi proventi. Anche la coltivazione della terra progredì, benché più lentamente. Il sistema di coltivazione si mantenne quasi lo stesso, con coltura estensiva, malgrado l'introduzione di nuove piante (la patata da circa il 1750, erbaggi e frutta), ma si accrebbe la colonizzazione di nuove terre, specialmente in seguito all'aumento della popolazione.
La popolazione nel 1570 era di circa 400.000, nel 1769 di circa 730.000, nel 1801 di circa 900.000 abitanti. Lo sviluppo di nuove industrie e dei commerci aumentò notevolmente gli scambî interni e eon l'estero. La navigazione norvegese fu riorganizzata in modo che navi battenti bandiera nazionale divenissero padrone dapprima delle importazioni ed esportazioni nazionali in continuo aumento (1600-1750) e in seguito che fossero adibite su larga scala anche al traffico marittimo fra nazioni straniere. Dal 1793 al 1807 la Norvegia godette di una straordinaria prosperità. Quasi tutta la nuova economia era basata sulla concentrazione di capitali, e i borghesi delle città ricavavano il profitto maggiore. Città e borghesi furono favoriti dalle autorità dello stato con privilegi e monopolî. Tutta la legislazione commerciale fu fino al 1770 improntata al mercantilismo, finché l'idea liberale cominciò lentamente a farsi strada. Un cambiamento evidente nella politica economica è segnalato dalle leggi doganali del 1796.
Dopo il 1660 la nobiltà cessa di esistere, e al dominio sale la borghesia in conseguenza delle sue ricchezze e delle sue relazioni con l'estero. La borghesia rappresentava in Norvegia la cultura europea, e dalla borghesia proveniva la maggior parte dei funzionarî. I contadini furono molto sfruttati: essi erano costretti, per esempio, a prestar l'opera loro nelle miniere a una mercede imposta dal governo; inoltre la libertà delle industrie e dei commerci era in molti modi ristretta a favore delle città e dei borghesi. Molti contadini, essendo debitori dei borghesi, si venivano a trovare in uno stato di dipendenza. Ciò malgrado, i contadini in Norvegia godevano di molto maggiore libertà in confronto alla borghesia ed ai funzionarî che in ogni altro paese, poiché per la maggior parte erano proprietarî delle fattorie che coltivavano. Anche lo stato ebbe assai maggiori riguardi per i contadini norvegesi e i loro diritti che, per esempio, per quelli danesi.
La posizione economica relativamente sicura dei contadini diede loro un bisogno d'indipendenza ehe più tardi costituì una forza nella storia del paese. Questo periodo segna anche per i contadini della Norvegia un grande progresso.
A mano a mano che i Norvegesi acquistarono maggiore ricchezza e indipendenza, crebbe il malcontento per la posizione subordinata della Norvegia in confronto alla Danimarca. La borghesia, nella quale il movimento nazionale aveva le sue più forti radici, domandava per la Norvegia collegi proprî di governo, propria università, propria banca d'emissione, propria flotta; i contadini domandavano funzionarî norvegesi che conoscessero le condizioni del paese. Tra la Danimarca e la Norvegia esisteva anche un contrasto economico, poiché il commercio estero della Norvegia era essenzialmente legato all'Inghilterra, quello della Danimarca invece alla Germania, alla Francia e all'America Settentrionale.
Nel 1807 questo contrasto, fatale per il commercio della Norvegia, fece sorgere il bisogno di una politica estera norvegese separata.
Il governo resistette alle aspirazioni norvegesi, pensando che fossero contrarie allo stato unitario. Fu tuttavia abolita una serie di restrizioni per le industrie e il commercio, fu tolto il monopolio danese dell'importazione del grano nella Norvegia meridionale; la Norvegia ebbe finalmente un'università (Cristiania, 1811), ma, tutto sommato, il governo continuò la politica unitaria fino al 1814. Una vera azione contro questa politica, con lo scopo di provocare la fine dell'unione, fu fatta dopo il 1807 sotto la guida del conte Herman Wedel Jalsberg. Il governo, per conciliarsi i Norvegesi, fece una politica tributaria in complesso più mite per il popolo che non fosse quella seguita in Danimarca. Specialmente dopo il 1770 le imposte furono generalmente poco gravose in confronto con le possibilità di pagamento.
L'Unione norvegese-svedese (1814-1905). - Con la pace di Kiel (14 gennaio 1814) l'unione norvegese-danese fu sciolta. Quando la notizia della pace giunse a Cristiania, il principe Cristiano Federico, che era l'erede al trono danese, volle dapprima assumere il potere come re assoluto in virtù della legge monarchica di successione. Ma il popolo era contrario a tale politica, e dopo che il principe ebbe discusso la cosa con alcuni dirigenti in Norvegia (convegno dei notabili a Eidsvoll, 16 febbraio 1814), dovette riconoscere il principio della sovranità del popolo, e convocare un'assemblea costituente che si riunì a Eidsvoll il 10 aprile 1814. L'assemblea era composta di 59 funzionarî di stato, 16 commercianti e 37 contadini. L'assemblea si divise ben presto in due partiti, una maggioranza che sosteneva l'indipendenza assoluta, pur lasciando aperta la possibilità di una nuova unione con la Danimarca, e una minoranza, "il partito unionista" (25-30 membri), che sosteneva essere impossibile per la Norvegia stare da sola, e che perciò desiderava l'indipendenza norvegese, ma entro il quadro dell'unione con la Svezia. Quanto alla costituzione dello stato, i due partiti erano in massima d'accordo: la Norvegia doveva costituire una monarchia ereditaria costituzionale; il potere legislativo e quello di controllo finanziario dovevano essere attribuiti a uno Storting eletto dalle classi possidenti (funzionarî, borghesi, contadini); il potere esecutivo doveva appartenere al re assistito da un consiglio dei ministri, responsabile davanti allo Storting; il re doveva avere il veto sospensivo in materia legislativa; il potere giudiziario doveva essere affidato a tribunali composti di magistrati. Tutti i funzionarî dello stato dovevano essere inamovibili. Alle circoscrizioni rurali dovevono essere assegnati i 2/3 dei rappresentanti dello Storting; alle città 1/3, benché la popolazione fosse in proporzione di circa 9 a 1.
Il 17 maggio 1814 la costituzione era pronta e Cristiano Federico fu eletto re di Norvegia. Lo statuto era stato accettato senza alcun esteriore perturbamento. Ma la campagna contro Napoleone era intanto terminata e il principe ereditario di Svezia, Carlo Giovanni (il vero capo della Svezia, v. carlo XIV), reclamava dalle grandi potenze l'adempimento dell'impegno preso di cedere alla Svezia la Norvegia. Quattro commissarî delle grandi potenze si recarono in giugno a Cristiania per far pressione sul re neoeletto e ottenere il suo consenso a un'unione pacifica, mentre specialmente l'Inghilterra sosteneva l'indipendenza della Norvegia, sempre però sotto forma di un'unione norvegese-svedese. I due partiti non erano molto lontani l'uno dall'altro, ma lo stato d'animo, specialmente svedese, era assai battagliero, e quando il 27 luglio le trattative furono interrotte, Carlo Giovanni arrivò in Norvegia con un esercito svedese per imporre l'unione con la forza. La guerra fu breve e senza battaglia decisiva. Per riguardo alla sua posizione nel congresso di Vienna, Carlo Giovanni desiderava che l'affare fosse definito nel più breve tempo possibile, e per riguardo alla sua posizione come futuro re di Norvegia desiderava che l'unione si stabilisse senza troppo spargimento di sangue. Dopo nuove trattative, il 14 agosto fu concluso l'armistizio e una convenzione a Moss: uno Storting straordinario doveva riunirsi al più tardi al principio di ottobre, l'armistizio doveva durare fino a due settimane dopo questa riunione; il re di Svezia s'impegnava a riconoscere lo statuto di Eidsvoll, con le sole modifiche rese necessarie per l'unione della Norvegia con la Svezia. Cristiano Federico promise subito di rassegnare il potere nelle mani del governo e di lasciare il paese, non appena lo Storting si fosse riunito. Lo Storting straordinario si riunì il 7 ottobre, e dopo l'approvazione delle necessarie modifiche dello statuto, il re di Svezia Carlo XIII fu eletto anche re di Norvegia il 4 novembre 1814, e con ciò la Norvegia entrò in una nuova unione. Le condizioni dell'unione furono confermate nello statuto (Atto dei regni) che fu approvato dallo Storting e dal parlamento svedese nel 1815.
Nel periodo dal 1814 al 1829 il governo della Norvegia fu presieduto da un governatore (statholder) di nazionalità svedese senza autorità costituzionale. Alla testa del governo erano gli stessi che nella costituente di Eidsvoll erano stati partigiani dell'unione. Lo Storting, nel quale i funzionarî di stato costituivano in quel periodo la maggioranza, stava in opposizione al potere reale rappresentato da Carlo XIV (1818-44). Contro il desiderio del re, lo Storting approvò l'abolizione dei titoli nobiliari (1821), e soltanto per la pressione delle dimostrazioni militari da parte del re accettò una liquidazione finanziaria con la Danimarca. Tutti i tentativi fatti dal re per accrescere il suo potere furono rigettati e i Norvegesi, per dimostrare il loro attaccamento allo statuto, stabilirono che il 17 maggio fosse festa nazionale.
Già fino dal 1807 aveva avuto inizio una crisi economica, la quale era andata man mano aumentando e aveva condotto alla rovina molte grandi case commerciali. Oltre a ciò grosse somme di denaro furono necessarie per la costituzione e il mantenimento di parecchie nuove istituzioni statali; e con ragione i contadini si lagnavano delle gravose imposte e chiedevano un'amministrazione più economica. Le finanze vennero ristabilite con l'istituzione di una banca norvegese di emissione nel 1816, resa possibile con un gravoso contributo d'argento. Però soltanto nel 1842 fu raggiunta la parità aurea.
Sotto l'influenza della rivoluzione di luglio sorse una più forte coscienza politica nei contadini, che cominciarono a fare uso delle possibilità date loro dallo statuto per guadagnare un'influenza politica. Nel 1833 furono eletti allo Storting 45 contadini contro 34 funzionarî; e ben presto i contadini formarono un gruppo a parte sotto la guida di Ole Gabriel Ueland, appoggiati da un piccolo gruppo radicale borghese. I contadini domandavano economie nell'amministrazione dello stato, restrizione dei funzionarî e autonomia comunale. Quest'ultima venne introdotta nel 1837. Frattanto le richieste di carattere finanziario erano divenute meno urgenti per il progresso economico del paese nel decennio dopo il 1830. I conti consuntivi si chiudevano con un avanzo e le imposte diminuivano. Una politica economica liberale incominciò a farsi strada con Anton Martin Schweigaard che ne fu il più energico assertore. La libertà economica per l'artigianato fu introdotta nel 1839, per i commercianti nel 1842. Una legge sui diritti dei dissidenti religiosi fu votata nel 1845, e il divieto costituzionale contro l'ammissione degli ebrei nel regno fu abolito nel 1851. Grande importanza fu data allo sviluppo delle comunicazioni. Nel 1827 lo stato aveva per proprio conto incominciato la navigazione a vapore; più tardi la navigazione a vapore privata crebbe a tal punto che, intorno al 1850, quella dello stato divenne quasi superflua. La prima ferrovia norvegese (Cristiania-Eidsvoll) fu inaugurata nel 1854, e nello stesso anno il primo telegrafo elettrico. Le poste ampliarono la loro attività, furono introdotti una tariffa postale interna unica e i francobolli. Furono istituite una banca di credito ipotecario e una scuola superiore di agricoltura.
Ma la rapida espansione economica approfondì i contrasti sociali. Nel 1848, sotto l'influenza della rivoluzione di febbraio, si ebbe un movimento politico operaio sotto la guida di Marcus Thrane, movimento che guadagnò aderenti specialmente nelle campagne, dove fittavoli e servi vivevano in condizioni disagiate ed erano privi di diritti politici. La richiesta del suffragio universale fu respinta dallo Storting; però nel 1854 fu introdotta una riforma democratica con la legge del servizio militare obbligatorio.
Verso la fine del regno di Carlo XIV la situazione fra il re e lo Storting si era migliorata e durante il regno del suo successore Oscar I (1844-59) furono accettate in favore della Norvegia parecchie richieste di parità nell'Unione. Verso la fine del 1850, agli antichi contrasti fra il re e lo Storting subentrò invece un contrasto nazionale politico fra la Norvegia e la Svezia. In Norvegia i radicali reclamavano una politica interna più democratica e una più libera posizione della Norvegia nell'Unione, i conservatori desideravano una forte autorità reale e un certo miglioramento della posizione della Norvegia nell'Unione; ma in altri problemi dell'Unione tutti i Norvegesi erano d'accordo contro la Svezia. Tutti, p. es., consideravano la carica di governatore come un segno di dipendenza, e nel 1854 lo Storting decise di abolirla, ma il re negò la sanzione. Il figlio di Oscar I, Carlo XV (1859-72), promise di sanzionare quella decisione che fu nuovamente approvata nel 1859 contro due soli voti. Essendo però lo stato d'animo in Svezia molto contrario alla Norvegia su questo punto, ed essendo stata esercitata sul re una forte pressione in patria, la promessa non fu mantenuta. Da quel momento fino al 1905 fra Svezia e Norvegia vi furono continue contese per la posizione predominante della Svezia nella Unione; la Norvegia esigeva una parità effettiva. In quegli stessi anni si determinava intanto in Norvegia un profondo rivolgimento nella politica interna. Nello Storting si formarono due partiti politici, uno conservatore con a capo K.H. Schweigaard che sosteneva il governo in carica, e uno radicale con a capo Johan Sverdrup. Con la deliberazione del 1868 che lo Storting si dovesse riunire ogni anno e non ogni tre anni, l'influenza dello Storting sul potere esecutivo crebbe moltissimo. Anche la posizione dei contadini nello Storting divenne più forte con una nuova distribuzione dei mandati parlamentari. Nel 1860 il contadino Søren Jæbåk aveva organizzato nel paese le Associazioni degli amici dei contadini, e nello Storting i contadini formarono con lo Sverdrup un forte partito di sinistra (solidamente organizzato dal 1884). Nel 1872 il partito attaccò il sistema di governo, il quale, essendo costituito da ministri funzionarî era relativamente indipendente dallo Storting; e il parlamento approvò a maggioranza assoluta che i ministri dovessero prendere parte alle discussioni dello Storting. Lo scopo preciso era di dare maggiore influenza al parlamento sul governo e d'introdurre il regime parlamentare. Il governo che voleva allontanare quest'eventualità propose al re di fare uso del veto, e il re accettò. Una lunga e aspra lotta fra governo e Storting ne fu la conseguenza. Tre Storting uno dopo l'altro votarono la modifica dello statuto per la partecipazione dei membri del governo al parlamento, e tre volte il re negò la sanzione. Sorse allora il problema se veramente il re avesse diritto di veto in questioni costituzionali. Il partito di sinistra sosteneva che la decisione relativa ai ministri era valida, e chiedeva al governo di promulgarla nella maniera consueta. Il governo (primo ministro Fredrik Stang) negò di aderire alla richiesta, e rifiutò la sanzione anche per altre decisioni, mentre a sua volta lo Storting s'ingeri nelle competenze del potere esecutivo.
Dopo un'accanita lotta elettorale, la sinistra ebbe nel 1882 una forte maggioranza, e il governo (primo ministro in Norvegia, C. A. Selmer) fu portato davanti l'alta corte di giustizia, composta dal Lagting - sottosezione dello Storting - e dalla corte suprema. Nei mesi di febbraio-marzo uscì la sentenza: malgrado i voti contrarî degli assessori della corte suprema, il Selmer e i suoi colleghi furono condannati alla perdita delle loro cariche, e al pagamento di multe. Il re dovette accettare la sentenza dell'alta corte, ma nominò un nuovo ministero conservatore (ministero di aprile) il quale però già il 23 giugno 1884 dovette far posto a un ministero di sinistra capeggiato da Johan Sverdrup. In tal modo il partito di sinistra aveva vinto. La questione Selmer fu liquidata con un compromesso accettato dal re. Il radicalismo politico in Norvegia aveva destato in Svezia inquietudine e timore di un indebolimento dell'Unione. Gli Svedesi cercarono quindi di assicurare la loro posizione con una più forte rappresentanza nel consiglio dei ministri misto che trattava gli affari comuni ai due paesi, e con la nomina del ministro degli Esteri svedese a presidente di diritto del consiglio stesso. Poiché il governo norvegese non riusciva a trovare il modo di risolvere la situazione in maniera soddisfacente per la Norvegia, e poiché una parte del partito del governo era malcontenta della politica troppo prudente del governo stesso, il partito di sinistra si divise nel 1887 in due rami, moderato e puro; il ministero Sverdrup dovette dare le dimissioni e lasciare il potere a Emil Stang, organizzatore del partito di destra. Negli anni seguenti la destra e la sinistra (J. Steen primo ministro, 1891-93) si successero al potere, essendo la politica unionista continua questione di discordia. Ma poiché frattanto gli Svedesi avevano incominciato a tenere un contegno minaccioso armandosi seriamente e mostrando di volere mantenere l'Unione con la forza, nel giugno 1895 lo Storting decise d'intavolare trattative con la Svezia su tutta la politica estera, partendo dalla richiesta di un corpo consolare prettamente norvegese, richiesta che ripetutamente era stata votata dallo Storting senza avere ottenuto mai la sanzione regia. La commissione svedese-norvegese a ciò nominata non si trovò d'accordo in nessun punto, e poiché il partito di sinistra puro ebbe nelle elezioni del 1897 una fortissima maggioranza, J. Steen fu nominato primo ministro per la seconda volta (1898-1902). Durante quegli anni le contese dell'Unione si assopirono, mentre la Norvegia si armava per potere in caso di necessità far valere con la forza le sue richieste di parità di posizione nell'Unione. Esercito e flotta furono rinforzati con la votazione di fondi straordinarî e ai confini svedesi furono costruite fortezze. Lo Storting approvò pure l'uso di una bandiera prettamente norvegese senza lo stemma dell'Unione, sebbene soltanto come bandiera commerciale e non come bandiera militare.
Nel 1902 nuove trattative furono aperte fra la Norvegia e la Svezia per un corpo consolare separato con un ministro degli esteri comune. Una parte del partito di sinistra era contraria a tali trattative, ma le elezioni del 1903 portarono al potere i partiti favorevoli alle trattative stesse, cioè quello di destra e quello moderato di sinistra. G. F. Hagerup, appartenente al partito di destra, che formò il nuovo gabinetto (ottobre 1903) presentò poco tempo dopo la sua proposta sulla questione consolare. La proposta svedese, fatta soltanto nell'autunno avanzato del 1904, conteneva sei punti inaccettabili per uno stato indipendente (i cosiddetti "punti d'inferiorità"). Le trattative erano così fallite e una crisi era inevitabile. Il gabinetto Hagerup lasciò il posto a un ministero di concentrazione con Christian Michelsen (1° marzo 1905), il cui programma avrebbe dovuto essere quello di definire la questione consolare in maniera soddisfacente per la Norvegia senza ricorrere a trattative ulteriori. Su proposta di un comitato speciale, lo Storting votava all'unanimità una legge con la quale un corpo consolare norvegese veniva senz'altro costituito: il 27 maggio il re rifiutò la sanzione; ma tutto il governo aveva già in precedenza dichiarato che non avrebbe controfirmato il rifiuto di sanzione, e che del resto nessun Norvegese avrebbe voluto farlo. Il governo diede quindi istantaneamente le dimissioni; il re le respinse: e i ministri rassegnarono allora le loro cariche nelle mani dello Storting (7 giugno 1905). Lo Storting votò all'unanimità che il governo continuasse a governare in conformità dello statuto con quelle modifiche che si rendevano necessarie dal momento che "l'Unione con la Svezia sotto un unico re era ormai sciolta, avendo il re cessato di agire come re norvegese". Con tale atto lo Storting dichiarava "sciolta l'Unione" da parte norvegese; e la nazione approvò con un plebiscito il 13 agosto, con 368.329 voti favorevoli contro solo 184 voti. Fra il 31 agosto e il 23 settembre gli uomini di governo norvegesi e svedesi discussero insieme le condizioni per uno scioglimento pacifico dell'Unione mentre le due parti si armavano per il timore di una guerra. Frattanto le trattative condussero a risultati abbastanza soddisfacenti per le due parti: il 26 ottobre 1905 la Norvegia fu riconosciuta dalla Svezia come stato indipendente, e subito dopo seguì il riconoscimento delle grandi potenze. Dopo le trattative, il cui svolgimento non è ancora pubblicamente conosciuto nei particolari, e dopo che la nazione con un nuovo plebiscito si fu dichiarata in favore della monarchia contro la repubblica, il principe Carlo di Danimarca fu eletto dallo Storting re di Norvegia il 18 novembre. Egli assunse il nome di Håkon VII (Haakon) (1905).
Nell'ultima metà del see. XIX parallelamente alle contese dell'Unione, s'era compiuta in Norvegia un'evoluzione sociale che aveva accresciuto l'importanza delle classi più basse. Tra il 1815 e il 1900 la popolazione aumentò quasi del doppio. Una grande massa di popolo fu occupata nelle industrie che presero un grande sviluppo, e nella pesca che, verso la fine del secolo, ebbe un più forte carattere capitalista. Nelle campagne aumentò il numero dei possidenti, mentre la classe dei fittavoli diminuiva in parte a cagione dell'emigrazione negli Stati Uniti d'America, in parte per il fenomeno dell'urbanesimo e in parte anche perché i fittavoli stessi divennero piccoli proprietarî. Tuttavia in molti luoghi la posizione dei contadini s'era fatta sempre più difficile per l'aumentare dei debiti. Nelle città e nelle campagne il popolo rimase per luogo tempo senza organizzazioni politiche proprie.
La maggior parte degli operai aderiva politicamente al partito di sinistra che era favorevole alla estensione del diritto di voto. Una parte di essi si costituì nel 1887 in partito politico (il partito dei lavoratori norvegesi, i quali già prima si erano riuniti in sindacati); tuttavia soltanto dopo il 1905 il partito ebbe una certa importanza nello Storting. Con l'aiuto della sinistra fu introdotto nel 1898 il suffragio universale per gli uomini; poi gradualmente il diritto di voto fu esteso alle donne, finché nel 1913 si giunse al diritto di voto uguale per tutti, uomini e donne sopra i 25 anni, tanto nelle elezioni politiche, quanto nelle elezioni comunali; nel 1921 il limite di età fu abbassato a 23 anni.
Indipendenza assoluta dopo il 1905. - Lo scioglimento dall'Unione, riconosciuto necessario, era stato compiuto con l'appoggio di tutti i partiti politici: tuttavia vi fu disaccordo nella scelta fra la monarchia o la repubblica. La destra e la maggior parte della sinistra si dichiararono in favore della monarchia. La collaborazione fra questi gruppi continuò ancora per qualche anno, anche dopo il 1905; ma ben presto sorsero nuovi contrasti. Dopo il consolidamento della sinistra (1907-08) gli elementi più moderati si staccarono, riunendosi in un proprio partito, la sinistra liberale (1909), che restò in intima collaborazione con la destra fino al 1927. La estrema sinistra è costituita ora dal partito operaio norvegese che dal 1905 in poi è cresciuto al punto da diventare il più forte partito politico del paese. Un partito comunista aderente alla terza internazionale aveva rappresentanti nello Storting dal 1923 al 1930, ma li perdette nelle elezioni del 1933. Il partito dei contadini costituito nel 1920 è invece diventato il quarto grande partito politico. Nel 1910-12 la destra e la sinistra liberale unite ebbero la maggioranza dello Storting. Nel 1913-18 la. sinistra ebbe di quando in quando una forte maggioranza, ma in seguito nessun singolo partito ebbe più per sé la metà dei seggi, cosicché il governo dovette sempre cercare appoggio presso uno o più altri partiti per la risoluzione di qualche particolare questione. Tentativi di formazione di un governo di unione dei partiti (1919-26) restarono senza risultato. La sinistra ha tenuto più a lungo il potere dopo il 1912, con brevi interruzioni di ministeri di destra (1920-21, 1923-24, 1926-27) e un ministero di contadini (1931-33); ma anche questi hanno dovuto in complesso seguire la politica stabilita dalla maggioranza radicale dello Storting. Un governo del partito operaio (gennaio 1928) fu subito rovesciato. Sotto i ministeri di sinistra di Gunnar Knudsen e di Johan Ludvig Mowinckel, lo Storting ha introdotto una serie di riforme sociali ed economiche di carattere radicale moderato. Con la rigorosa legislazione delle concessioni, si è cercato d'impedire che società estere con forti capitali sfruttassero le ricchezze naturali norvegesi, cascate, miniere, boschi. Con la proibizione dell'importazione e della vendita di bibite alcooliche (poi abolita) si è cercato d'imporre un regime di sobrietà. Sono state istituite assicurazioni contro le malattie, gl'infortunî, l'invalidità e la disoccupazione. Lo sviluppo economico fu molto intenso dopo il 1905, enorme specialmente durante la guerra mondiale. Le grandi industrie ebbero grandissimo incremento (produzione di azotati, alluminio, cellulosa, carta, ecc.); la flotta commerciale s'ingrandì e si modernizzò; i noli incassati nel dopoguerra superarono 1500 milioni di corone. Questo enorme e rapido progresso industriale allontanò grandi masse di lavoratori dall'agricoltura e affrettò il radicalismo della classe bassa in misura assai più forte che negli altri paesi nordici. Negli anni prosperi durante e subito dopo la guerra mondiale, gli operai, con l'aiut.o delle loro forti organizzazioni sindacali, riuscirono a far aumentare i salarî e a far diminuire le ore lavorative, migliorando notevolmente il tenore di vita. Quando nel 1921 si arrestò la prosperità, la difesa dei vantaggi già ottenuti portò a vasti conflitti operai. L'ultima crisi economica, cominciata nell'autunno 1929, ha travolto anche la Norvegia, però meno duramente che i grandi paesi industriali, poiché l'economia norvegese è molto varia e i bisogni relativamente piccoli. La posizione finanziaria dei comuni è tuttavia molto difficile a cagione dei debiti fatti durante l'inflazione, e per la deficienza dei beni imponibili, benché le imposte siano molto alte.
Dopo il 1905 la giovane nazione seguì una prudente politica estera. D'accordo con la Svezia e la Danimarca, la Norvegia si tenne fuori della guerra mondiale; ne fu tuttavia in molti modi danneggiata, soprattutto dal 1917 in poi, per la guerra dei sottomarini. Durante un paio d'anni ebbe anche a soffrire difficoltà di approvvigionamento, e fu costretta a subire rigorosi razionamenti di combustibili e commestibili. Nel 1925 le Svalbard, dove la Norvegia aveva forti interessi di miniere, furono unite alla Norvegia, e così pure l'isola degli Orsi, nel 1928 l'isola Bouvet, e l'isola di Pietro I nell'Oceano Antartico (base degl'interessi norvegesi per la pesca delle balene in quella regione) e Jan Mayen nel 1929. La crescente attività norvegese nel Mare Glaciale portò all'occupazione norvegese di una parte della Groenlandia orientale, con conseguente ricorso della Danimarca davanti alla corte dell'Aia. Con la sentenza del 1933 l'occupazione norvegese non fu riconosciuta
Nelle elezioni dello Storting dell'autunno 1933, il partito operaio ebbe 69 rappresentanti, la destra 30, la sinistra 24, il partito degli agricoltori 23, e quattro altri piccoli partiti 4 rappresentanti in tutto. Il ministero in carica (novembre 1934) proviene dal partito di sinistra: primo ministro J. L. Mowinckel.
Fonti: Oluf Rygh e altri, Norske Gaardnavne, voll. 18, 1897-1924; Snorre Sturlason, Heimskringla (saghe reali norvegesi comprendenti il periodo da circa l'800 al 1177, ed. fra gli altri da Finnur Jonsson, Copenaghen 1911); Saghe reali posteriori fino a Magnus Lagabøter (1270 circa) in varie edizioni in norvegese antico e in traduzioni; Norges gamle love, serie più recente fino al 1604 (usciti 2 volumi, 1912-18); Diplomatarium Norvegicum, a cura di G. Lange ed altri, voll. 20, 1849-1919, raccolta completa di tutti i documenti conosciuti anteriori al 1550 riguardanti la Norvegia e cose norvegesi; Norske Rigsregistranter, 1523-1660, voll. 12, 1861-91, comprendenti lettere reali alla Norvegia o riguardanti speciali argomenti di storia norvegese; Wessel Berg (e altri), Reskriptsamling, 1660-1814, 1821-1934. - Dopo il 1814: Lovsamlinger in molte edizioni; Stortingets Forhandlinger med propositioner og dokumenter, 1814-1934; Stortingsej-terretninger (verbali parlamentari, 1841-47); Norges officielle statistik, 1827-1924.
Bibl.: J. E. Sars, Udsigt over den norske historie, voll. 4, Cristiania 1873 segg.; Alex. Bugge e collaboratori, Norges historie fremstillet for det norske folk, Cristiania 1910 segg.; voll. 13, ivi 1910 segg.; Edv. Bull, Wilh. Keilhau e altri, Det norske folks liv og historie gjennem tiderne, voll. 10 (fino alla primavera del 1934 sono usciti 8 volumi); P. A. Munch, Det norske folks historie (fino al 1397), ivi 1852-59, voll. 6; E. Holm, Danmark-Norges indre historie 1660-1720, Copenaghen 1885-86, voll. 2; id., Danmark-Norges historie 1720-1814, ivi 1891-94; T. H. Aschehoug, Statsforfatningen i Norge og Danmark indtil 1814; H. Koht, Norsk Bondereising; O. A. Johnsen, Norges Bønder; M. Olsen, Hedenske kulturminder i norske stedsnavn; id., Ættegaard or helligdom; J. S. Worm-Müller, Norge gjennem nødsaarene, 1807-10; Y. Nielsen, Bidrag til Norges historie i 1814, Cristiana 1882-86, voll. 2; id., Lensgreve J. C. H. Wedel-Jarlsberg 1779-1840, voll. 3; H. Koht, 1814; A. Bergsgård, Ole Gabriel Ueland, voll. 2; W. Keilhau, Norge under verdenskrigen; S. Hasund, Vårt landbruks historie; Worm-Müller e altri: Den norske sjøfarts historie, usciti 3 voll; R. Keyser, Der norske kirkes historie under katholicismen; C. C. A. Lange, Norges klostre, 2ª ed., 1856; A. C. Bang, Den norske kirkes historie, Cristiana 1883-97; T. Hoverstad, Norsk Skulesoga (fino a circa il 1840), voll. 2; A. Taranger, Udsigt over den Norske rets historie, voll. 2; A. Steinnes, Gamal skatteskipnad i Noreg, voll. 2 (fino a circa il 1600, in Avhandlinger fra Videnskapsakademiet i Oslo); S. Steen, Ferd og fest. Reiseliv i norsk sagatid og middelalder; H. Berrum, Norsk posthistorie, voll. 2 (fino al 1814); F. Bull e F. Paasche, Norsk litteraturhistorie, voll. 5 (usciti 3); H. Fett e altri, Norsk Kunsthistorie, voll. 2. Cfr. ancora: K. Gierset, History of the Norwegian People, voll. 2, 1915, e in particolare: A. C. Bang, Staat und Kirche in Norwegen bis zum Schlusse des 13. Jahrh., Monaco 1875; T. B. Willson, History of Church and State in Norway, Londra 1903; Fr. Nansen, Norway and the union with Sweden, trad. ingl., Cristiania 1905; A. Elviken, Die Entwicklung des norweg. Nationalismus, Berlino 1930; A.W. Brögger, Kulturgeschichte des norwegischen Altertums, Oslo 1926; M. Olsen, Farms and Fanes of Ancient Norway; G. G. Hardy, Norway, Londra 1925; K. Gjerset, History of the Norwegian People, New York 1915; H. Koht, Les luttes des paysans en Norvège du XVIe au XIXe siècle, Parigi 1929; id., The Scandinavian Kingdoms until the end of the XIIIth century, in Cambridge Medieval History, VI, pp. 362-392, Cambridge 1929.
Riviste storiche: Historisk Tidsskrift (dal 1878); Heimen (dal 1922); Norsk Slektshistorisk Tidsskrift (dal 1927).
Lingua.
La lingua parlata dagli abitanti dell'odierno regno di Norvegia - a prescindere da un'esigua minoranza composta di Lapponi e di Finni - appartiene al ramo germanico della famiglia linguistica indoeuropea e con le lingue d'Islanda, Svezia e Danimarca forma il gruppo germanico-settentrionale o nordico. Nella storia del norvegese, come in quella delle altre lingue nordiche, si distinguono anzitutto due epoche, antica e moderna, delle quali si prende come limite di separazione il momento in cui fu introdotta nella Scandinavia la riforma luterana (verso il 1530). Nell'epoca antica si distinguono poi tre periodi, cioè: l'età delle origini (fino verso il 1150) in cui il norvegese acquista e sviluppa quei caratteri che lo differenziano dalle lingue sorelle; l'età dei testi letterarî (circa 1150-1350); infine l'età che segna il trapasso dall'epoca antica alla moderna e perciò si dice medio-norvegese (circa 1350-1530).
I più antichi monumemi linguistici trovati in territorio norvegese consistono in una sessantina d'iscrizioni in caratteri runici, quasi tutte brevi, la cui data si riporta ai secoli III-VIII d. C. Però la lingua in cui sono redatte quelle iscrizioni non è il norvegese, ma la lingua comune in quel tempo a tutta la Scandinavia, il "nordico primitivo", da cui, per un processo svoltosi nei secoli seguenti, tutte le lingue nordiche sono derivate. Le iscrizioni runiche propriamente norvegesi ascendono a qualche centinaio; ma per la massima parte sono contemporanee o di poco anteriori ai più antichi testi manoscritti e quindi sono di scarso interesse per la storia della lingua. Notevole, sia per l'antichità (circa il 1000) sia per la non comune ampiezza (210 caratteri), è l'iscrizione dettata da uno scaldo norvegese per la tomba d'un principe danese a Karlevi (Öland, Svezia). Tra le più antiche documentazioni norvegesi sono da ricordare parecchi nomi personali che occorrono, insieme con nomi islandesi e danesi, nel Necrologio di Reichenau (secoli X-XI), nel Liber vitae di Durham (a datare dall'800) e in un manoscritto anglosassone di York (poco dopo il 1000). Dei manoscritti norvegesi a noi pervenuti, pochissimi risalgono alla seconda metà del sec. XII; la massima parte spetta al periodo 1200-1350. I diplomi, di cui s'inizia col sec. XIII una ricca serie, nel sec. XV restano quasi unico documento della lingua norvegese. In conseguenza dei legami politici che la Norvegia contrasse con la Svezia e più tardi con la Danimarca, il norvegese nei secoli XIV e XV subì notevoli influssi svedesi e soprattutto danesi. Dopo che l'unione con la Danimarca divenne stabile, e specialmente dopo la riforma religiosa, il danese in Norvegia sostituì il norvegese come lingua degli atti pubblici (della giustizia soltanto verso il 1600), della letteratura e delle persone colte e tale posizione conservò fino al sec. XIX.
Nell'odierna Norvegia, mentre nell'uso popolare sopravvivono gli antichi dialetti, due forme linguistiche si contendono il dominio nella letteratura e nella vita pubblica. Il dano-norvegese, consacrato dall'uso dei grandi scrittori del sec. XIX e considerato tuttora come lingua ufficiale (Riksmål) della Norvegia, ha per fondamento il danese, ma in certe peculiarità grammaticali, soprattutto nella pronunzia e nella grafia, si attiene all'uso norvegese e accetta dalla lingua parlata dal popolo alcune migliaia di vocaboli. Esso è un prodotto dell'orientamento spirituale verificatosi in Norvegia dopo la liberazione dal dominio danese (1814). Poco dopo il 1850, per opera di Ivar Aasen, botanico e linguista ad un tempo, si formò sulla base del norvegese antico e dei moderni dialetti occidentali il cosiddetto norvego-norvegese, o lingua paesana (Landsmål), che trovò relativamente pochi aderenti nel mondo letterario, ma fu nel 1885 equiparato legalmente al dano-norvegese e in seguito adottato nell'insegnamento in numerose scuole. I vantaggi conseguiti dal Landsmål indussero gli avversarî a creare una rete di associazioni, che si fusero (1910) in una lega nazionale (Riksmålsforbundet), per la difesa del dano-norvegese e a istituire (1919) un'accademia (Riksmålsvern) per promuoverne l'uso nella letteratura e nella scienza. La lotta continua, e non si può prevederne la fine.
A prescindere dal lessico, che si calcola abbia accolto già oltre 7000 voci norvegesi, il dano-norvegese si distingue dal danese principalmente nella fonetica (p. es., conservazione di k, t, p là dove il danese mostra g, d, b; spirantizzazione di g e k davanti vocale palatale; pronunzia apicale e non faucale della liquida r, ecc.). Però gran parte di tali differenze restò a lungo velata dalla grafia comune alle due lingue e solo dopo le riforme ortografiche norvegesi del 1907 e del 1917 ha trovato espressione anche nella scrittura. Meno rilevanti sono le divergenze nella flessione (per es., hester "cavalli", dan. heste; elsket "amava", dan. elskede; trodde "credeva", dan. troede) e nella costruzione (p. es., il doppio articolo ammesso in dano-norvegese e non ammesso in danese: den store mannen per den store mann "l'uomo grande", dan. den store Mand).
Le differenze tra Riksmål e Landsmål investono tutta la grammatica. Ne diamo un saggio indicando tra parentesi le forme in cui il Landsmål diverge dal Riksmål. Nomi: hest "cavallo" con l'articolo hesten, plur. hester (hestar) con art. hestene (hestane); bygd "comunità" c. art. bygden (bygdi, bygda), plur. bygder c. a. bygdane, ord "parola" c. a. ordet, plurale ord c. a. ordene (ordi, orda). Da notare che il Landsmål distingue nel nome i tre generi grammaticali mentre il Riksmål, d'accordo col danese, fonde nel genere "comune" il maschile e il femminile. Pronome di prima persona singolare soggetto jeg (eg), oggetto mig (meg), plur. sogg. vi (me, vi), ogg. oss; seconda persona singolare sogg. du, ogg. dig (deg), plur. sogg. dere (de), ogg. dere (dykk).
Forme principali (infinito, imperfetto e participio passato) del verbo forte (1-8) e del verbo debole (9-11):
Anticamente il norvegese si parlava anche in alcune parti dell'odierna Svezia occidentale (Bohuslän, Dalarna in parte, Jämtland e Härjedalen). Fuori della penisola scandinava si parlò per lungo tempo in alcuni tratti d'Irlanda (fino verso il 1250), nella Scozia settentrionale (fino al sec. XVII), nell'isola di Man (fino al sec. XV o XVI) e nelle isole Ebridi (fino al 1400 o poco dopo), Orcadi (fino all'inizio del sec. XVIII) e Shetland (fino a poco dopo il 1750). Nell'isola di Man e nelle Orcadi rimane a testimoniare l'antica presenza del norvegese un buon numero di iscrizioni, nelle Orcadi anche qualche carta d'archivio; in Irlanda appena qualche iscrizione. Circa 10000 vocaboli derivati dal norvegese sopravvivono nell'odierno dialetto inglese (scozzese) delle isole Shetland (questo nome stesso deriva, attraverso Hiatland, dall'antico norvegese Hialtland). Si può considerare come un dialetto norvegese anche il faeringio (v. danimarca: Lingua). Le relazioni fra norvegese e islandese (v. islanda: Lingua) chiariscono la posizione del norvegese nel quadro delle lingue nordiche.
Bibl.: Storia della lingua: A. Noreen, Geschichte der nordischen Sprachen, 3ª ed., Strasburgo 1913; D. A. Seip, Norsk sproghistorie, Cristiania 1920; id., Norsk språkhistorie til omkring 1370, Oslo 1931; A. Burgun, Le développement linguistique en Norvège depuis 1814, Cristiania 1919; F. Meyen, "Riksmålsforbundet" und sein Kampf gegen das Landsmal, Lipsia 1932.
Grammatiche e lessici del "Riksmål"; A. Western, Norsk Riksmals-grammatikk, Cristiania 1921 (fondamentale); O. Naes, Norwegische Grammatik, Oslo 1932 (comoda per gli stranieri); T. Knudsen e A. Sommerfelt, Norsk Riksmalsordbok, Oslo 1930 segg.; J. Brynildsen, Norsk-Tysk ordbog, Oslo 1926; H. S. Falk e A. Torp, Norwegisch-dänischens etymologisches Wörterbuch, Heidelberg 1910 (comparativo, per glottologi e filologi). Gramm. e lessici del "Landsmal": L. Heggestad, Norsk grammatikk, Oslo 1931; S. Schjött, Norsk ordbok, Oslo 1914; A. Torp, Nynorsk etymologisk ordbok, Cristiania 1919. - Norvegese antico: A. Noreen, Altisländ u. altnorwegische Grammatik, 4ª ed., Halle 1923; J. Fritzner, Ordbog over det gamle norske sprog, 2ª ed., Cristiania 1886-90; L. Heggstad, Gamalnorsk ordbok med nynorsk tyding, Oslo 1930. - Norvegese nelle Isole Britanniche: C. Marstrander, Bidrag til det norske sprogs historie i Irland, Cristiania 1915; J. Jakobsen, An Etymological Dictionary of the Norn Language in Shetland, Londra 1928-1932.
Letteratura.
I più antichi monumenti letterarî norvegesi conservati fino ai nostri giorni risalgono probabilmente al sec. VIII d. C. Già molto tempo prima di quest'epoca, nel sec. II o III d. C., si cominciò nei paesi nordici a incidere su pietra, con i caratteri runici, iscrizioni funebri, formulari magici, ecc. Le iscrizioni runiche sono generalmente molto brevi: alcune hanno forma metrica, e le più antiche di esse vengono generalmente assegnate ai secoli IV e V. L'iscrizione runica di Eggjum (scoperta nel 1917) che conta 200 rune e risale probabilmente a circa il 700 d. C., deve essere tuttavia considerata la prima che riunisca in sé una mentalità magica e una fantnsia poetica. Dai versi oscuri e ricchi d'immagini dell'iscrizione di Eggium alla poesia dell'Edda e a quella degli scaldi il passo non è grande.
L'Edda comprende più di 30 componimenti poetici, taluni di considerevole lunghezza, dei quali quasi la metà di contenuto mitico, gli altri di argomento eroico e leggendario. Questi componimenti sono stati redatti in scritto da Islandesi e ci sono essenzialmente noti da una vasta raccolta contenuta in un manoscritto del sec. XIII. Non è dubbio peraltro che la maggior parte dei poemi dell'Edda siano molto più antichi. La datazione più comune ne assegna la maggior parte al 900-1050; alcuni possono risalire ai secoli VIII e IX. I più antichi sono certamente di origine norvegese; tra i più recenti è per lo più difficile il distinguere l'elemento puramente norvegese da quanto può esser prodotto dalla fantasia poetica dei coloni norvegesi dell'Islanda o delle isole del Mare del Nord. Soltanto nel corso dei secoli XI e XII i Norvegesi d'Islanda sono giunti al pieno sviluppo di una individualità nazionale islandese. Nel corso del sec. XII la letteratura islandese comincia a rivelare i suoi tratti caratteristici; tuttavia fino al sec. XIV le letterature norvegese e islandese possono fino a un certo punto esser considerate un'unità, la quale, a ogni modo, al tempo della composizione dell'Edda è praticamente inscindibile.
Il primo poema della raccolta dell'Edda, il Voluspå, è anche il più importante. È messo in bocca a un'antica veggente a tipo di sibilla, la quale con parole pittoresche e in strofe sonanti traccia l'immagine dell'intero mondo del paganesimo norvegese: come il mondo fu creato, l'incombente crepuscolo degli dei, finalmente la nuova terra beata che sorgerà dalla grande catastrofe. Un capolavoro della poesia dell'Edda è anche il Håvåmal, dove la filosofia pratica degli antichi Norvegesi è esposta dal dio Odino in strofe avvincenti. Tra gli altri componimenti mitici dell'Edda sono particolarmente notevoli i racconti, di un umorismo alquanto scabroso, delle gesta e dei detti del dio Tor: Hårbardsljod, Trymskvida, Hymiskvida. Molto interessante per la storia dei costumi è la Rigstula, mentre lo Skirnismål e tutta una serie di poemi eroici, nei quali motivi dominanti sono spesso l'amore e la vendetta, presentano grandi pregi di lirismo. Parecchi di questi canti eroici trattano la stessa materia che è argomento del ciclo germanico dei Nibelungi. La storia di Attila re degli Unni ha dato origine al poema monumentale e tragico dell'Atlakvida.
La poesia dell'Edda è anonima e certamente si è tramandata a lungo sulla bocca del popolo finché la conversione al cristianesimo nel sec. XI distrusse l'antica religione e le tradizioni pagane. L'energia drammatica e la concentrazione epigrammatica di questa poesia la rendevano facile a comprendere e a rammentare. La poesia degli scaldi, invece, è opera di poeti aulici, i cui nomi sono noti; elaborata in ritmi artistici, essa è ripiena d'immagini concettose, sforzate, di difficile comprensione. Il più antico scaldo finora noto, Brage il vecchio, visse intorno all'800, e sino alla fine del sec. XIII alla corte dei re di Norvegia si trovavano sempre parecchi scaldi incaricati di comporre poesie encomiastiche in onore dei sovrani. Gli scaldi più antichi sono per lo più norvegesi, i più recenti islandesi. Le più famose composizioni degli scaldi sono la Håraldskvadi di Torbiörn Hornklove, il Håkonarmål di Eyvind Skaldaspiller, il Sonatorrek, composto da Egil Skallagrimsson per la morte del figlio prediletto, le Bersoglisvisur di argomento politico di Sigvat Tordsson, le poesie amorose di Kormak e Tormod Kolbrunarskald, la Geisli, composta da Einar Skulason in onore del santo re martire Olaf.
Dopo la cristianizzazione, i Norvegesi e gl'Islandesi nel corso del sec. XI presero contatto più intimo con la civiltà del resto d'Europa, e nel sec. XII comincia la letteratura scritta, di contenuto prevalentemente storico. Le prime opere storiche norvegesi sono composte in latino, ma ben presto gl'Islandesi si assunsero il compito di registrare la storia della madrepatria, usando per lo più la propria lingua norvego-islandese. Specialità dell'Islanda sono le saghe gentilizie, in parte storia e in parte romanzo, parecchie delle quali appartengono ai capolavori della letteratura mondiale. Intimamente connesse con la letteratura norvegese sono invece le saghe islandesi dei re di Norvegia, p. es. la Sverres Saga di Karl Jonsson, e soprattutto la Heimskringla, opera meravigliosamente ricca e magistralmente composta dal punto di vista della psicologia e dello stile, che tratta della storia della Norvegia dai tempi più antichí al 1177; ne è autore Snorri Sturluson (1179-1241), la figura più imponente dell'antica letteratura norvego-islandese, insigne non solo come storico, ma anche come poeta, critico e uomo politico.
Ogni islandese fornito di ambizione doveva di solito trascorrere nella madrepatria una parte della propria gioventù, e la via più sicura per ottenere successo in Norvegia gli veniva offerta dall'esercizio della poesia e della saga. Alle corti dei re e dei capi norvegesi dei secoli XI e XII i trattenimenti letterarî sono principalmente procurati da Islandesi, e scarsa è l'attività letteraria dei Norvegesi proprî: accanto alla storiografia in latino si possono rammentare alcuni inni e leggende, anche in latino, una raccolta di sermoni in norvegese e l'ottima formulazione e codificazione delle leggi norvegesi. Intorno al 1200 fu composta l'opera di polemica politica intitolata Discorso contro i vescovi, ispirata dallo stesso re Sverre, che costituisce un interessante contributo della Norvegia al conflitto allora ardente in Europa tra Stato e Chiesa.
Nel sec. XIII si manifesta in Norvegia una nuova attività letteraria: una serie di traduzioni libere in prosa dei più celebri poemi cavallereschi francesi e di altre saghe e leggende; soprattutto poi l'interessantissima opera originale Kongespeilet (Speculum regale), circa del 1260. Un po' più tardi comincia la poesia dei folkeviser, il cui pieno fiore appartiene ai secoli XIV e XV. Molti folkeviser sono giunti alla Norvegia dalla Danimarca (v. danimarca: Letteratura), ma è verosimile che un gruppo particolare e numeroso di folkeviser sia sorto nella stessa Norvegia, e cioè le poesie che trattano specialmente delle lotte contro i giganti e i troll, ma talvolta anche rappresentano in altro modo le relazioni di uomini con potenze soprannaturali. Ivi si trova spesso traccia di tradizioni norvegesi tratte dall'Edda, da saghe e da storie che costituiscono le fonti di queste poesie, il cui sfondo naturistico reca talvolta l'impronta dei monti norvegesi. Accanto ai robusti e fantasiosi trollviser e ai canti mitico-eroici (p. es., Roland og Magnus kongjen) spicca particolarmente la mirabile poesia del tragico amore di Bendik e Aarolilja. Alla poesia dei folkeviser è spesso assegnata la grandiosa visione Draumkvædet (composta probabilmente un po' dopo il 1300), la quale per vivacità di rappresentazione può stare a fronte a molta parte del resto della letteratura apocalittica europea.
Nella letteratura dell'Edda e della poesia scaldica il ritmo è determinato dall'alternarsi di sillabe brevi e lunghe e la forma usuale di rima è l'allitterazione. I folkeviser, composti non per la declamazione ma per il canto, hanno forma melodica-musicale, con rima finale e con accento ritmico. I folkeviser norvegesi si cantavano ancora, per accompagnamento di ballo e per diletto, nel sec. XIX tra i contadini del distretto di Telemark, e sono stati fissati per scritto soltanto tra il 1840 e il 1860, dopo una tradizione orale di oltre cinque secoli. Nel tardo Medioevo e al principio dell'età moderna, per influsso della poesia epico-lirica dei folkeviser, si sviluppa una forma poetica più breve e più puramente lirica, che spesso reca un'impronta erotica, la poesia degli stev, la quale sopravvive ancora in parte nelle campagne norvegesi.
Il periodo del fiorire della poesia dei folkeviser fu povero per la letteratura scritta, come del resto fu un'epoca torbida anche dal punto di vista economico, politico e nazionale. Gli avvenimenti del 1536-37 segnano il punto di maggior decadenza nella storia della Norvegia; ma a partire dalla metà del sec. XVI ricomincia il progresso del paese e del popolo. Questa svolta della storia norvegese è contrassegnata tra l'altro dalla progressiva scomparsa del predominio degli anseatici di Bergen, la maggior città della Norvegia, mentre la borghesia norvegese comincia a esercitare direttamente il commercio col resto dell'Europa; ma anche dal sorgere di una nuova letteratura scritta norvegese, la quale nel suo inizio è strettamente connessa con la situazione nazionale. L'antica lingua letteraria norvegese era andata decadendo a partire dalla metà del sec. XIV, le differenze dialettali tra le singole regioni erano rapidamente aumentate, sicché gli autori norvegesi che allora cominciavano la loro attività trovarono ovvio il servirsi del danese letterario come di lingua normale, sia pure con una quantità di peculiarità linguistiche norvegesi.
Benché la nuova letteratura norvegese del sec. XVI sia composta in un danese con colorito norvegese, il suo contenuto e la sua ispirazione fondamentale possono essere considerati senz'altro come nazionali: l'ira contro la prepotenza anseatica e l'afflizione per il dominio danese le dànno lo spunto, e suo tema preferito è la storia anteriore della Norvegia, con la sua antica grandezza. È facile riconoscere il parallelismo con gli storiografi umanisti dell'Italia; e in realtà i Norvegesi subirono l'influsso dell'umanesimo, in parte attraverso lo studio nelle università tedesche, in parte anche attraverso la lettura degli scrittori italiani, tra i quali un'importanza speciale ebbe Flavio Biondo con le sue opere storico-topografiche. Il capo del movimento umanistico a Bergen fu Absalon Pederssøn Beyer (1528-1575), autore del capolavoro di questo periodo, commovente per sentimento di patria, Om Norges Rige (Intorno al regno di Norvegia), nonché di un pregevole diario, nel quale si rispecchia con freschezza e vivacità la vita della Bergen di quel tempo. Tra gli altri umanisti, traduttori di saghe e storiografi della Norvegia occidentale, si segnala il parroco Peder Claussøn Friis (1545-1614), autore di una Descrizione della Norvegia, il quale tradusse la Heimskringla di Snorre Sturlason in maniera così eccellente che le saghe reali norvegesi divennero a poco a poco, attraverso la sua traduzione, il libro nazionale dei Norvegesi. Nella parte orientale del paese, a Oslo e nei suoi dintorni, l'ambiente umanistico era più erudito e si serviva del latino come lingua letteraria. Tipico per le tendenze di questo ambiente è il nome di "Firenze" dato da uno degli umanisti di Oslo alla propria villa. Hallvard Gunnarsön (circa 1545-1608) stampò a Rostock un Chronicon Regum Norvegiae in versi latini, il primo libro per mezzo del quale l'Europa erudita poté fare la conoscenza della storia della Norvegia.
La letteratura norvegese del sec. XVII consiste in sermoni e salmi, in poesie profane nello stile del tardo Rinascimento e barocco, ricordi di viaggio, opere storiche, versi latini, dissertazioni. Ha assunto colorito europeo, e mostra che la cultura borghese della Norvegia era sulla via di mettersi a livello della cultura degli altri paesi germanici. Solo verso la fine del secolo sorge in Norvegia un grande poeta originale, Petter Dass (1647-1707), pastore nel Nordland, che nelle sue poesie bibliche e profane, di versificazione perfetta, e specie nel capolavoro Nordlands Trompet, manifesta un sano connubio di pietà e di umorismo, di sentimento della natura poeticamente religiosa e di senno pratico ed esperienza umana.
Un nuovo periodo comincia con Ludvig Holberg (1684-1754), il "padre della letteratura norvegese e danese". Nato a Bergen, grande città commerciale che lo poneva in stretta relazione con l'Europa occidentale, avendo nel sangue la passione dei viaggi, tra il 1706 e il 1716 viaggiò ripetutamente in Olanda, Inghilterra, Germania, Francia e Italia. Tornato in patria, fu nominato professore a Copenaghen, la capitale dei "regni gemelli" di Danimarca e Norvegia, e ivi furono scritte le sue commedie e le sue opere storiche e di filosofia morale, le quali peraltro sono rimaste patrimonio comune dei due popoli: per i Norvegesi del sec. XVIII il Holberg, in quanto il maggior figlio della loro patria, ha avuto, accanto all'importanza nel campo estetico, scientifico e filosofico, un valore specificamente nazionale. Egli stesso era leale cittadino dello stato dano-norvegese e non inclinava affatto a un separatismo norvegese; tuttavia mise in rilievo la differenza di. carattere dei due popoli con chiarezza e con una critica bonaria che si esercita sull'uno e sull'altro di essi. I successori norvegesi del Holberg si spinsero molto più oltre nell'affermare l'autonomia nazionale, e anzitutto chiesero un'università norvegese, il che tuttavia non fu ottenuto che nel 1811. Fin dal 1760, peraltro, era stata fondata a Trondheim una "Società scientifica norvegese". Uno dei suoi promotori fu lo storico Gerhard Schøning (1722-1780), il cui patriottismo entusiastico ebbe un'azione ispiratrice sulla vita spirituale norvegese.
Tra il 1750 e il 1770 risorge la lirica norvegese con Peter Christopher Stenerson (1723-1776) e specialmente con Christian Braumann Tullin (1728-1765), il quale con la sua poesia Maidagen, che il Lessing apprezzava, ha creato il tipico paesaggio dell'intatta natura norvegese. Tra il 1770 e il 1790 segue un periodo di fioritura letteraria e specialmente lirica. La maggior parte dei poeti di questo tempo avevano appartenuto da studenti alla "Società norvegese" sorta a Copenhagen nel 1772, in cui dominava lo spirito umanistico, elegantemente epigrammatico nei versi e negli articoli critici, del volteriano Claus Fasting (1746-1791) dal limpido ingegno, nella parola e negli scritti di Johan Herman Wessel (1742-1785), geniale tipo di bohémien, la cui tragedia parodistica Kierlighed uden Strømper (Amore senza calze), rivolta contro le imitazioni della tragedia francese e del melodramma italiano, è rimasta una satira di valore permanente di ogni arte insincera e mantiene tuttora integra la sua efficacia comica. Nelle raccolte poetiche pubblicate dalla Società norvegese dominano peraltro altri spiriti: un patriottismo sentimentale, un'aspirazione preromantica ai boschi e alle solitudini della natura norvegese, una rievocazione entusiastica dei tempi degli antichi re della saga. La maggior personalità tra i poeti della Società norvegese è Johan Nordahl Brun (1745-1816), che poi divenne vescovo, ma anche Jens Zetlitz, i fratelli Peter e Claus Frimann e altri hanno approfondito e arricchito l'immagine della loro patria. Fuori di quel circolo rimase il poeta Edvard Storm (1749-1794), che scrisse le sue migliori poesie nel dialetto di Gudbrandsdalen con schiettezza popolare.
Verso la fine del sec. XVIII gl'interessi nazionali e democratici fecero quasi scomparire presso la maggior parte dei poeti norvegesi l'ispirazione puramente estetica, sicché in Norvegia il primo prodotto del romanticismo non è una produzione poetica, bensì una azione politica: la costituzione liberale e l'indipendenza del paese, giurate il 17 maggio 1814 in un'assemblea nella quale ebbero parte importante molti ex-membri della Società norvegese.
Nei primi anni trascorsi dopo il 1814 la difesa della libertà contro il re di Svezia e Norvegia occupa a tal punto le forze migliori del paese che l'attività letteraria diviene scarsa. Le novelle di Mauritz Hansen e il melodramma Fjeldeventyret di Henrik Anker Bjerregaard sono le produzioni più importanti del decennio 1820-1830. Intorno al 1830 comincia peraltro il massimo splendore della letteratura norvegese, della quale il giovane precursore è Henrik Wergeland (1808-1845), il più originale tra i poeti norvegesi, che spiegò un'azione di uomo politico, di storico, di oratote e di educatore, ma fu soprattutto poeta, e di tale talento lirico che, se avesse scritto in una lingua più diffusa, sarebbe salito a fama mondiale. La sua imponente opera di contenuto universalistico, Skabelsen, Mennesket og Messias (La creazione, l'uomo e il Messia, 1830), è ricca di fantasia e di pensiero, ma le sue migliori creazioni sono le brevi e numerosissime liriche e i cicli poetici Jan van Huysums Blomsterstykke, Den engelske Lods, Jeden e Jødinden. L'apogeo della sua produzione è segnato dalle poesie che per un anno intero compose per il popolo sul suo letto di morte, rimanendo fino all'ultimo un campione della vita, della libertà, della poesia.
Le geniali, ma in parte informi improvvisazioni del Wergeland trovarono presto un critico e un avversario in Johan Sebastian Welhaven (1807-1873), il quale portò nella poesia l'esigenza di una forma impeccabilmente armoniosa, di un'elaborazione completa della materia e dell'esperienza intima. La sua prima opera fu una piccola raccolta quasi interamente di sonetti, Norges Dæmring (1834), costituente un attacco contro la rmzezza che egli ravvisava negli scritti del Wergeland e nella vita norvegese. Nelle raccolte posteriori il Welhaven seppe esprimere in versi melodiosi un delicato sentimento della natura, una commozione intima, un simbolismo e una concettosità profondi, e con le sue romanze nazionali si acquistò larga popolarità.
Tra il 1840 e il 1850 tutta una schiera di scrittori e poeti s'immerse nello studio delle tradizioni popolari nazionali: Peter Christian Asbjørnsen e Jørgen Moe raccolsero le fiabe norvegesi in una silloge che segna una data fondamentale per lo sviluppo dello stile prosastico norvegese e che fu giudicata da Jacob Grimm la migliore raccolta di fiabe del mondo; l'Asbjørnsen pubblicò inoltre una raccolta di saghe, incorniciata da delicate descrizioni di natura e di vita popolare, e il Moe, che compose anche poesie liriche, iniziò una raccolta di canti popolari, proseguita poi su più vasta scala dal pastore e poeta religioso M.B. Landstad, mentre L.M. Lindemann raccolse melodie popolari. I dialetti dei contadini vennero studiati dal geniale linguista Ivar Aasen, che fu anche poeta lirico, e su di essi egli formò una lingua letteraria puramente norvegese, il Landsmål, da lui contrapposta alla lingua ufficiale (Riksmål), di colorito danese. Il grande storico, linguista e mitologo P. A. Munch studiò la storia medievale della Norvegia, e riuscì, primo tra gli studiosi protestanti, ad avere accesso ai tesori dell'archivio vaticano.
Tra il 1850 e il 1860 appaiono quattro delle più importanti personalità della letteratura norvegese. Camilla Collett (1813-1895) sorella di Henrik Wergeland, rimase segnata per tutta la vita dal suo amore infelice per il Welhaven, l'avversario del fratello, e fino dalla gioventù, in lettera e in diarî, aveva dato una commovente espressione artistica ai proprî dolori. Tuttavia apparve in pubblico come autrice soltanto nel 1855 col romanzo Amtmandens Døtre, nel quale pone la questione della posizione della donna nel matrimonio e nella vita sociale, inaugurando in arte il realismo problematico.
A. O. Vinje (1818-70), ironista e lirico pieno di sorprese e di contrasti, innalzò, in una serie di poesie di gran merito e di prose piene di spirito, come Ferdaminne fraa Sumaren (1800), il Landsmål a lingua letteraria vivace, flessibile, e personale. Fu amico di gioventù del Vinje Henrik Ibsen (1828-1906), il quale nel 1849 scrisse il suo primo dramma, Catilina, inaugurando cosi un'attività di autore drammatico durata mezzo secolo, che gli procurò fama mondiale. Il suo periodo di tirocinio durò tuttavia ancora a lungo: il suo primo capolavoro, Kongsemnerne (I pretendenti alla Corona), è del 1863, e soltanto durante il soggiorno a Roma il suo genio giunse a pieno sviluppo, coi poemi drammatici Brand (1866) e Peer Gynt (1867). In Italia l'Ibsen ebbe la concezione del suo doppio dramma storico universale Keiser og Galilæer (Imperatore e Galileo, 1873), e frutto di un secondo viaggio in Italia furono i due drammi moderni Et dukkehjem (Casa di bambola, 1879) e Gengangere (Spettri, 1881), coi quali il suo nome ebbe risonanza anche fuori della Norvegia. Dopo gli Spettri vennero i tre capolavori En folkefiende (Il nemico del popolo), Vildanden (L'anitra selvatica) e Rosmersholm; dei drammi posteriori meritano particolare menzione Hedda Gabler, Bygmester Solness (Il costruttore S.), e l'ultimo di tutti, Nar vi døde vågner (Quando noi morti ci destiamo, 1899).
Mentre Ibsen ha concentrato le sue forze nella produzione drammatica, il suo grande rivale Biørnstjerne Bjørnson (1832-1910) fu perpetuamente attivo in molte e diverse direzioni, come drammaturgo, lirico, romanziere, novelliere, direttore di teatro, uomo politico, giornalista, oratore ecc. Ibsen, i cui rapporti con Bjørnson oscillarono tra l'amicizia e l'ostilità, riconobbe, dopo una riconciliazione avvenuta, che egli aveva "un gran cuore veramente regale" e ha anche creato una formula lapidaria, che potrebbe essere apposta al monumento del Biørnson: "La sua vita è stata la sua migliore opera".
Il Biørnson non ebbe sempre tempo e agio di dare forma compiutamente artistica alle proprie idee; tuttavia la sua produzione poetica è tutta pervasa da un fresco alito vitale e rimane come mirabile rivelazione della più potente e più ricca personalità che la Norvegia abbia mai prodotta. Il suo stesso primo lavoro, la novella campestre Synnøve Solbakkeṇ (1857) è rimasto uno dei libri preferiti del popolo norvegese. Dopo una serie di novelle dello stesso genere apparve l'opera maggiore della sua giovinezza, la trilogia drammatica Sigurd Slembe (1862), scritta nell'atmosfera ispiratrice di Roma intorno a un tema della saga dei re. Dei suoi drammi posteriori sono da segnalarsi Eṇ fallit (1875), frutto di un nuovo viaggio in Italia e introduzione in Norvegia del dramma di problemi sociali, inoltre Over ævne, første stykke (Al di là delle nostre forze; prima parte, 1883), che segna l'apogeo della sua produzione e poi Paul Lange og Tora Parsberg (1898), bella e profonda tragedia dei pericoli dell'intolleranza politica, e la graziosa e attraente commedia Når den ny vin blomstrer (Quando la nuova vigna fiorisce, 1909), ultima sua produzione teatrale. Tra un dramma e l'altro compose romanzi e racconti (il libro Kaptejn Mansana, col sottotitolo "bozzetto italiano", uscì nel 1879) e soprattutto liriche di svariata ispirazione. Ancora sul letto di morte mezzo paralizzato dall'apoplessia, scrisse una delle sue più belle poesie, un inno alla pioggia primaverile e alle forze della vita.
Alla medesima generazione di Ibsen e Biørnson appartengono lo storico Ernst Sars, autore di una Udsigt over den norske Historie (Sguardo d'insieme sulla storia norvegese), che ebbe grande influenza sullo sviluppo nazionale e politico, e il romanziere Jonas Lie (1833-1908), che con le sue descrizioni sincere e profonde di vita borghese familiare e degli afflari (Familien paa Gilje, Kommanderens døtre, ecc.) si acquistò il favore di un vasto pubblico internazionale, ma che seppe anche all'occasione dare, con fantasia fiabesca e leggendaria, evidenza e sostanza al misticismo della natura e alle forze oscure, inconscie e malvage che operano nell'uomo (Den Fremsynte, Trold).
Il celebre critico danese Georg Brandes aveva formulato nel 1871 il programma di un'arte che trattasse realisticamente i problemi della vita moderna, e benché tanto Ibsen e Bjørnson quanto Jonas Lie fossero individualità troppo mature e indipendenti per seguire ciecamente quella parola d'ordine, tuttavia nelle loro opere dei successivi dieci o quindici anni può scorgersi qua e là qualche traccia dell'influsso del Brandes. La generazione sorta verso il 1880 cominciò col considerare il Brandes come proprio capo legittimo. Ciò è da dirsi particolarmente di Alexander Kielland (1849-1906), il quale volle essere di proposito poeta di tendenza, ma, grazie alla sua brillante padronanza dello stile, al suo sicuro istinto artistico, alla sua fredda ironia, al suo limpido umorismo, produsse opere, come i suoi romanzi, p. es. Garmann og Worse, Skipper Worse, che rimangono tuttora tra i libri più letti in Norvegia.
Per sentieri più tranquilli si avviò il novelliere Kristian Elster (1841-1881), che ha avuto pieno riconoscimento soltanto dopo morte. Ma la stessa azione del Kielland è da considerarsi discreta, elegante e non troppo rivoluzionaria in confronto con gli appassionati veristi degli anni tra il 1880 e il 1890. La sincerità radicale e l'amore spregiudicato del vero di questi scrittori non si accompagna sempre al talento artistico; tuttavia si possono menzionare alcune opere veristiche di prim'ordine, quali i romanzi della grande scrittrice Amalie Skram (1847-1905), specialmente la serie in quattro volumi Hellemyrsfolket, nella quale l'implacebilità dell'eredità fisica e psichica e l'influsso dell'ambiente sono rappresentati con forza intensa e con realismo ossessionante.
Al realismo aderì per qualche tempo Arne Garborg (1851-1923), l'autore più versatile del Landsmål e uno dei più infaticabili ricercatori e pensatori che conti la letteratura norvegese. Accanto ai romanzi Bondestudentar e Fred, l'apogeo della sua produzione è da porsi nell'ispirato ciclo poetico Haugtussa.
Parecchio tempo prima di questo ciclo, negli anni 1880-90 così poveri di lirismo, esordì il giovane poeta lirico Nils Vogt Collett (nato nel 1864), che è ancora oggi il più virile tra i poeti norvegesi viventi. Gunnar Heiberg (1857-1929), formatosi in gran parte prima del 1880, ma caratteristico anche della transizione al periodo successivo, è il più notevole drammaturgo posteriore a Ibsen. Tipici rappresentanti delle tendenze neoromantiche di dopo il 1890 sono il lirico Vilhelm Krag e Sigbjørn Obstfelder (1866-1900), dallo spirito sognatore e dubbioso. Due maestri di stile, l'intelligente e reazionario Nils Kiær, autore di saggi e di drammi, e il novelliere Tryggve Andersen, possono essere ambedue considerati, benché ciascuno in maniera molto diversa, come rappresentanti del periodo di transizione.
I due maggiori scrittori di questo periodo sono tuttavia Hamsun e Kinck. Hans E. Kinck (v.) è un poeta e psicologo sapiente, difficile a tradursi, che nel poema drammatico Driftekaren e nelle sue migliori novelle sa, con geniale subitaneità, affondare lo sguardo nell'abisso primigenio dell'anima individuale e popolare. Prodotto dei suoi frequenti viaggi in Italia è una serie di drammi e di saggi di tema italiano, del tempo dei Longobardi e del Rinascimento; ha anche trattato in forma di saggi la letteratura italiana, interessandosi particolarmente al Machiavelli e all'Aretino.
Knut Hamsun (v.) insignito del premio Nobel, ha pubblicato anche commedie e un volumetto di liriche. Alcune delle sue poesie appartengono a quanto di più bello ha prodotto l'intera letteratura norvegese, e quasi tutti i suoi romanzi contengono motivi di natura di bellezza indimenticabile, sopra tutti Pan. L'eroe tipico dei romanzi di Hamsun è una figura lirica, unu spirito errante, straniero all'esistenza attuale, a un tempo primitivo e raffinato, che si abbandona ai proprî impulsi, che schernisce la vita cittadina, l'industrialismo, la burocrazia e tutta la generazione dei parvenus, e che leva nuovamente l'appello al ritorno alla natura, al lavoro dei campi, all'autentica civiltà originaria e al lavoro letteralmente produttivo (Segelfoss by, La città di S.; Markens grøde Germogli della terra). L'incantevole virtuosismo stilistico di Hamsun ha trovato numerosi imitatori, ma nessuno che possa essergli paragonato.
Tra i romanzieri più anziani del nostro secolo tre sono da ricordarsi particolarmente: Johan Bojer (nato nel 1872), molto letto anche all'estero per i suoi romanzi a tesi molto ben congegnati, quali Troens magt (La forza delle menzogne) e per le sue descrizioni vivaci e schiette della vita dei contadini e dei pescatori, come Den siste viking (L'ultimo Vichingo). Olav Duun (nato nel 1876), nel suo romanzo in cinque volumi Juvikingarne e in altri romanzi e novelle, tutti scritti in Landsmål a colorito dialettale, rivela un profondo senso psicologico e uno straordinario talento narrativo. La scrittrice Sigrid Undset (nata nel 1882), convertita al cattolicesimo, ha meritato il premio Nobel non solo per i suoi romanzi strettamente realistici, come Jenny, ma anche più per i suoi vasti racconti storici Kristin Lavransdatter e Olav Audunssøn, nei quali, rivoltasi al tardo Medioevo norvegese, ha creato con spirito realistico di osservazione, con acume psicologico, fantasia poetica ed erudizione storica, una unità artistica mirabilmente vivace.
Accanto a questi tre notevoli artisti, si ha una serie di novellieri e di romanzieri, che per la maggior parte rappresentano una specie di arte locale: dall'estremo settentrione fino al lembo più meridionale della Norvegia quasi ogni valle del paese ha il suo autore. Degni di nota sono specialmente Gabriel Scott e Peter Egge, autore di Hansine Solstad, il novelliere Hans Aanrud, le scrittrici Barbra Ring, Nini Roll Anker, Regine Normann, inoltre Johan Falkberget, Hjalmar Christensen, e, scriventi in Landsmål, K. Uppdal, Jens Tvedt, V. Vislie. Alla generazione più giovane appartengono, oltre a Johan Ellefsen e J. Thrap Meyer, morti prematuramente, in prima linea i Sigurd Christiansen e Sigurd Hoel, inoltre Kristian Elster iunior e Ronald Fangen.
Una nuova fioritura lirica ha avuto inizio verso il 1910 con Olaf Bull (1883-1933) e Herman Wildenvey, e accanto a loro con Arnulf Øverland, G. Reiss-Andersen, Nordahl Grieg, Ingeborg Refling Hagen, e i poeti in Landsmål Henrik Rytter, Tore Ørjasæter e il defunto Olav Aukrust. Alquanti di questi si sono anche provati nel dramma; uno solo, Helge Krog, è stato esclusivamente autore (e critico) drammatico.
I nomi citati qui sopra costituiscono naturalmente una scelta. Vi sotto altri numerosi autori, alcuni dei quali posseggono un effettivo talento, pur senza aver conquistato un posto di prim'ordine tra i più noti scrittori della Norvegia contemporanea. Nel corso di una generazione ben tre Norvegesi (Bjørnson, Hamsun e la signora Undset) hanno ricevuto il premio Nobel per la letteratura, e può affermarsi con sicurezza che da Ibsen in poi la Norvegia ha avuto una parte straordinariamente grande nella letteratura mondiale. Il fiorire della letteratura norvegese non ha mostrato finora alcun segno di stanchezza, benché l'influenza politica degli scrittori non sia più ora così grande come ai tempi di Wergeland e di Bisrnson.
Bibl.: J. B. Halvorsen, Norsk Forfatter-Lexikon 1814-80, Cristiania 1881 segg.; H. Pettersen, Biblioteca Norvegica, voll. 4, Cristiania 1899-1924; H. Jaeger, Illustr. norsk Literaturhistorie, voll. 3, Cristiania 1892-96, con continuazione di C. Naerup per gli anni 1890-1904, Cristiania 1905; Ph. Schweitzer, Geschichte der skandinavischen Literatur, voll. 3, Lipsia 1885-89; J. Bing, Geschichte der norwegischen Literatur, Lipsia 1912; K. Elster, Illustreret norsk litteraturhistorie, voll. 2, Oslo 1923-24; F. Bull e F. Paasche, Norsk litteraturhistorie, finora volumi 3 fino al 1850, Oslo 1924-32 (il volume 4° sarà finito nel 1935). Cr. inoltre, per il Medioevo, F. Jónsson, Den oldnorske og oldislandske Litteraturs Historie, voll. 3, Copenaghen 1894-1902; per l'età moderna, G. Gran, Norsk Aandsliv i hundrede aar, voll. 3, Oslo 1915-19; e per la letteratura contemporanea, K. Elster, Modern norsk Litteratur, Stoccolma 1926; H. G. Topsøe-Jensen, Den skandinaviske Litter. fra 1870 til vore Dage, Copenaghen 1928.
Arti figurative.
Dell'età della pietra sono conservate dipinte o incise sulle rocce riproduzioni eccezionalmente vive e naturalistiche di animali, specialmente di renna.
I monili di metallo del periodo delle migrazioni (circa 400-800) si distinguono per gli ornamenti di animali, pieni di fantasia e lussuosi, che caratterizzano anche il periodo seguente, quello dei Vichinghi (circa 800-1050), come si vede dalle navi dov'erano sepolti i capi di quel tempo. In modo speciale la nave di Oseberg, e le differenti slitte, i carri, e altri oggetti in essa trovati sono adorni di meravigliosi intagli. Ornamenti di animali, pressoché uguali, furono usati anche nei primi tempi dopo l'introduzione del cristianesimo, come nella chiesa di Urnes e altri edifici sacri fabbricati in legno, con una assai originale costruzione di tronchi disposti entro cornici (cosiddette stavkirker). Le più antiche fra queste chiese sono imitazioni delle chiese anglosassoni di pietra, con la navata rettangolare e un coro piccolo anch'esso rettangolare. ll primo esempio di architettura in pietra fu probabilmente la chiesa di S. Olav (ora in rovine) a Trondheim, costruita circa il 1050, probabilmente ad opera di Normanni. Poi, nella prima metà del sec. XII, furono edificate moltissime chiese in pietra in uno stile romanico pesante, ma molto caratteristico (chiesa di Maria a Bergen). Fu iniziata allora anche la costruzione della maggior parte delle cattedrali norvegesi, poi terminate o ricostruite nel periodo gotico, come la Chiesa di S. Magnus a Kirkwall nelle isole Orcadi, la chiesa di S. Svithun a Stavanger, e a Trondheim la chiesa edificata in onore del patrono nazionale norvegese S. Olav.
Dalla fine del sec. XII in poi, i vescovi preferirono far costruire i loro palazzi in pietra; invece i re continuarono a preferire l'architettura nazionale in legno, finché il possente Haakon Haakonsson non fece costruire il grande palazzo in pietra (Haakonshàllen) a Bergen. Lo stesso re fece costruire grandi fortificazioni non più come prima in legno o di terra, ma in pietra (presso Bergen, presso Tønsberg, sullo scoglio di Ragnhild a Bohuslen, ecc.). Ancor più complesse furono le fortezze che fece innalzare suo nipote Haakon V (1299-1319) ad Akershus presso Oslo e Båhus presso Kongehelle.
Delle costruzioni profane medievali principalmente in legno, non rimane che poco, ma basta per dare un'idea della loro originalità: si usavano ambienti spaziosi, sul tipo della Raulandstuen che si vede al Museo folkloristico di Oslo, con banchi e tavole lungo le pareti, il focolare in mezzo alla stanza, e nel soffitto un'apertura che serviva allo stesso tempo da camino e da lucernario.
Nel primo periodo del Medioevo l'architettura in pietra, la scultura e la pittura risentirono l'influenza dell'arte e della civiltà dei paesi dell'Europa occidentale, in modo speciale dell'Inghilterra, in parte della Francia. A partire dalla metà del secolo XII la scultura in legno ha carattere bizantineggiante; mentre intorno al 1200 si sviluppa un'importante scultura gotica. Nello stesso tempo fiorì la pittura, principalmente rappresentata da paliotti con figure dipinte a tempera non senza somiglianze con l'arte dei Catalani.
Dalla metà del secolo XIV l'influenza tedesca crebbe col crescere della dipendenza del paese dagli anseatici, e segnò un regresso nell'attività artistica. Il bisogno assai limitato di ornamenti venne principalmente soddisfatto con l'importazione di oggetti sacri dalla Germania settentrionale e dai Paesi Bassi, mentre l'attività dell'architettura si riduceva al minimo.
Il Rinascimento portò anche in Norvegia un processo di rinnovamento, con un senso d'ordine e di simmetria, di cui è un saggio la facciata della torre di Rosenkrantz (1560) a Bergen. Nel Cinquecento e nel Seicento, come nel Medioevo, si costruirono pochi edifici in pietra. Fra i più notevoli sono da menzionare i due castelli nobiliari di Østraat (1654-56) e di Rosendal (1661-65). Cosi pure si costruirono case di pietra a Cristiania (così fu chiamata Oslo dopo la sua riedificazione nel 1624).
Nelle altre città la popolazione continuò a costruire case di legno in una maniera che non si allontanava molto da quella delle case dei contadini. E col diffondersi dell'uso dei camini in muratura sulla parete (peis), in città come in campagna si cominciò a fabbricare case a due piani, provviste di finestre alle pareti; e quasi sempre con gallerie esterne (svalganger).
Contemporaneamente nel secolo XVII si costruirono molte cittadelle (Fredriksten, Fredrikstad, Kongsvinger, Christiansten, Munkholmen presso Trondheim, ecc.) di buona architettura militare.
La scultura barocca produsse molte opere in legno, di figura e di decorazioni per altari, per pulpiti e per altri mobili da chiesa. Fra gli artisti in questo campo merita di essere specialmente menzionato Anders Smith di Stavanger (morto nel 1695).
Anche la pittura ornò le tavole d'altare e gli altri oggetti delle chiese, spesso ricorrendo a riprodurre stampe straniere. Non mancarono tuttavia opere originali, specialmente nel ritratto, di cui il più notevole rappresentante fu Elias Fiigenschoug (circa 1640-60) di Bergen.
Col Settecento sopraggiunse un periodo di prosperità economica che giovò molto all'architettura. Accanto alle miniere di argento di Kongsberg fu costruita nel 1740-61 la grande chiesa di mattoni, riccamente decorata, su progetto del direttore delle miniere von Stuckenbrock. Si continuò tuttavia ancora a costruire soprattutto in legno, spesso imitando generalmente l'architettura straniera in pietra. L'opera principale di quest'epoca è lo Stiftsgården a Trondheim (1774-78), dove accanto a un robusto rococò apparisce precocemente e con finezza lo stile Luigi XVI. In relazione con la fiorente industria del ferro sono i rilievi figurati di cui furono decorate le lastre delle stufe. Molto degna di nota è anche la scultura ornamentale in legno cara all'arte popolare, specialmente nel Gudbrandsdalen.
Nel campo della pittura l'arte del ritratto seguitò a occupare un grande posto, mentre anche la pittura decorativa murale acquistava grande importanza. Fra gli artisti meritano speciale menzione Mathias Blumenthal (1719-63), H.C.F. Hosenfeller (circa 1722-1801), Peder Aadnes (1739-92), contadino di gran talento. La fantasiosa pittura di fiori ebbe gran voga nell'arte popolare, alla quale si devono pure magnifici tessuti con figure stilizzate e disegni ornamentali. Anche i prodotti della fabbrica di maioliche di Herreboe e delle vetrerie mostrano alte qualità artistiche.
Quando la Norvegia, dopo il 1814, ebbe dall'unione con la Svezia una maggiore indipendenza che nella sua precedente unione con la Danimarca, fu il momento dell'architettura ufficiale. I nuovi edifici rappresentativi necessarî allo stato furono costruiti in stile neoclassico soprattutto nella capitale, dove il palazzo reale, edificato fra il 1824 e il 1848 dall'architetto H.D.F. Linstow (1787-1851), dà, insieme con la via Carl Johan, una fisionomia caratteristica alla città. Il maggiore architetto norvegese di quel tempo fu Chr. H. Grosch il cui capolavoro è l'università di Oslo (1841-53). Il Grosch costruì anche il mercato presso la chiesa del Salvatore, in stile romanico, iniziando un orientamento romantico che ebbe il massimo rappresentante in H.E. Schirmer, tedesco di nascita, mentre altre due fra le più importanti opere dell'epoca, il campanile della chiesa del Salvatore e la chiesa della Santissima Trinità a Oslo, erano anch'esse dovute ad un architetto tedesco, Alexis de Châteauneuf (morto nel 1853).
La scultura non ebbe che pochi seguaci. Fra questi i più importanti furono l'allievo di Thorvaldsen, Hans Michelsen, Julius Middelthon (1820-86), e Brynjulf Bergslien (1830-98) il cui capolavoro è la statua equestre di Carlo XIV a Oslo.
Le tradizioni dell'arte del ritratto, furono continuate fra l'altro dal neoclassico Jacob Munch (1776-1839) e da Mathias Stoltenberg (1799-1871), colorista di originale personalità. Già fin dal 1700 artisti danesi avevano volta la loro attenzione alla natura e alla vita del popolo norvegese, e fu appunto il pittore danese Johannes Flintoe (1786-1870), vissuto in Norvegia, che con quei due motivi diede alla pittura norvegese un programma essenzialmente nazionale.
Grande impulso all'arte del paesaggio fu dato da J. C. Dahl che in gioventù visse all'estero, anche in Italia, e dopo un viaggio in patria nel 1826, divenne il pittore classico della natura norvegese. Furono suoi allievi Thomas Fearnley e Peder Balke mentre Hans Gude, grazie alla sua educazione e più tardi al suo insegnamento all'Accademia di Düsseldorf, introdusse in Norvegia i principî artistici della nuova scuola sorta in quella città. Subendo più o meno la sua influenza, numerosi altri paesisti seguirono la scuola di Düsseldorf", come August Cappelen, Johan Fredrik Eckersberg, Ludwig Munthe (1841-1896) e Amaldus Nielsen (1838-1932) che diede ai suoi quadri una impronta più naturalistica, avvicinandosi al nuovo indirizzo della pittura di paesaggio che ebbe il più puro esponente in Fredrik Collet (1839-1914) il primo pittore norvegese all'aria aperta.
Alla cerchia dei pittori della "scuola di Düsseldorf" appartenne pure Lars Hertervig (1830-1902), che nei suoi paesaggi pieni di sentimento e dal colorito originale, manifesta una concezione tutta personale. Il primo viaggio di studio in patria nel 1843 ebbe invece per il pittore Adolph Tidemand stabilito a Düsseldorf, la stessa importanza che per Dahl, giacché egli divenne il pioniere della pittura della vita del popolo. I suoi seguaci più diretti furono Carl Sundt-Hansen (1841-1907), che si distinse per pitture d'intimità realistica, e il colorista Olaf Isachsen.
Intorno al 1875 i pittori norvegesi non andarono più come prima a formarsi a Düsseldorf, ma a Monaco di Baviera e dal 1880 in poi a Parigi. La pittura all'aria aperta e l'impressionismo divennero la caratteristica della loro arte, che pur trovò un indirizzo nettamente nazionale specie con l'opera dei pittori che, lasciata la dimora all'estero, si stabilirono in Norvegia. Ricordiamo fra questi i più importanti: Eilif Petersen, che si recò in Italia invece che a Parigi, Hans Heyerdahl, Erik Werenskiold, Christian Krohg, Fritz Thaulow, Gerhard Munthe e Harriet Backer, Chr. Skredsvig, e, un po' a parte, Theodor Kittelsen.
Anche nella scultura il naturalismo francese ebbe una grande influenza, p. es. su Stephan Sinding.
Intorno al 1890 come reazione al naturalismo, sorse un'arte nella quale il sentimento e l'idea divennero più importanti d'ogni esterna realtà. Gli artisti di questo movimento presentano sorprendente diversità. Primeggia Edvard Munch (v.). Anche Gerhard Munthe ebbe una parte importante; si possono pure menzionare Harald Sohlberg (nato nel 1869), Halfdan Egedius (1877-99), Oluf Wold-Thorne (1867-1919), Thorvald Erichsen, notevole per le sue pitture di paesaggio, A.C. Svartstad (nato nel 1869).
In Ludvig Karsten, Bernhard Folkestad (1879-1932) e Henrik Lund si nota un impressionismo coloristico che risente fortemente del Munch, mentre Nicolai Astrup e Rudolf Thygesen (nato nel 1880) hanno ciascuno una loro particolare maniera. Henrik Serensen e Jean Heiberg, allievi di Matisse, manifestano due maniere assai differenti di espressionismo, in uno plurilaterale ed impulsivo, nell'altro classicamente equilibrato. I dipinti monumentali decorativi spesso ad affresco dovuti ad Axel Revold, Per Krohg, e Alf Rolfsen (nato nel 1895), recano l'impronta dei principî costruttivi del cubismo.
Nel campo della pittura su vetro si possono menzionare come i maggiori esponenti Emmanuel Vigeland e Frøydis Håvardsholm.
Nella scultura la figura più importante è quella di Gustav Vigeland, con la sua produzione possente e piena di fantasia; accanto a lui si possono inoltre menzionare Ingebrigt Vik (nato nel 1867), Wilhelm Rasmussen (nato nel 1879), Dyre Vaa (nato nel 1903), ed altri.
Nella seconda metà del sec. XIX l'architettura seguì soprattutto l'evoluzione stilistica della Germania. Tuttavia, il carattere nazionale si fece valere nel cosiddetto "Stile dei draghi", in parte con motivi medievali, creato da Holm Munthe (1848-1898), che si trasformò poco dopo il 1900 in una architettura basata sopra una conoscenza più intima dell'architettura norvegese antica, rappresentata da Arnstein Arneberg (v.), Magnus Poulsson e Ole Landmark (nato nel 1886).
Dopo il 1920 ha fatto una breve apparizione una tendenza neoclassica. Attualmente il funzionalismo guadagna sempre più terreno con numerosi artisti come Herman Munthe-Käs (nato nel 1890), Finn Brynn (nato nel 1890), ecc. (V. tavv. CXLV-CLII).
Bibl.: L. Dietrichson, De norske stavkirker, Cristiania 1891-92; Harry Fett, Billedhuggerkunsten i Norge under Sverreætten, Cristiania 1908; Norges kirker i middelalderen, Cristiania 1909; Norges kirker i 16. og 17. aarh., Cristiania 1911; Norges malerkunst i middelalderen, Cristiania 1917; Johan Meyer, Fortids kunst i Norges bygder, Cristiania 1908 segg.; C. W. Schnitler, Malerkunsten i Norge i 18. aarhundrede, Cristiania 1920; H. Grevenor, Norsk billedkunst gjennem 1000 aar, Oslo 1925; Norsk malerkunst under Renessanse of Barokk, Oslo 1928; J. Thiis, Norske malere og billedhuggere, Cristiania 1904-07; A. Nygaard-Nilssen, Moderne norsk veggmaleri, Oslo 1928; A. Bugge, Norsk bygnings-kunst fra Urnes til Universitet, Oslo 1927; E. Lexow, Norges kunst, Oslo 1926 e Norsk kunsthistoire, Oslo 1925-27.
Musica.
Fattori etnici, geografici, linguistici e politici fanno sì che in Norvegia anche la musica abbia durante secoli molti punti, più che di contatto, di fusione con quella degli altri popoli del nord europeo. Con ragione la musica dell'uno e dell'altro di tali popoli è stata riassunta e osservata sotto l'aspetto generico di musica scandinava. Pure diversità e caratteristiche intime e profonde esistono già nel germe di questa vita musicale, che in tale stato germinale durò a lungo: nel canto popolare. Diversità che emergeranno a sottolineare le fisionomie musicali dei singoli popoli solo molto tardi: nel sec. XIX, quando, a contatto con il romanticismo musicale tedesco, quei popoli entreranno anch'essi definitivamente nella corrente della civiltà musicale europea.
Nei primi secoli, la musica della Norvegia si riduce a quella dei canti di guerra, delle canzoni, delle danze del popolo, dei canti chiesastici. E resterà a lungo inscindibile dallo spirito della poesia. Al canto guerresco, consistente in frasi esclamative cadenzate in coro, soleva andare unita una specie di danza mimica, alla quale il cantar cadenzato finiva col servire di accompagnamento, in seguito sostituito dagli strumenti musicali. Le spiccate tendenze didattiche, moraleggianti originarono presto una poesia gnomica popolare, di cui si cercò di facilitare l'apprendimento con l'allitterazione, la declamazione e, in ricorrenze festive, col canto in coro. Perfino fra i poemi in lingua nordica alcuni erano destinati a essere cantati e una parola: liod (canzone), aggiunta al titolo denunziava subito tale proprietà e quella dell'accompagnamento di strumenti. Fra i canti del popolo: Folkeviser, si distinguono gli Stev improvvisati a gara fra due persone, e cantati senza accompagnamento di strumenti. I quali, nel periodo remoto, sono gli strumenti primitivi comuni a molti popoli e specialmente ai nordici: corni di bronzo, fideln ad arco, il langleik, a corda, con cassa di risonanza piatta e allungata, strumento per l'abilità del quale s'indicono annue gare popolari; il violino di Hardanger, con corde simpatiche, la lira a ruota, pifferi, zampogne pastorali; tutti strumenti che non esciranno dall'ambito popolaresco e del folklore. Delle danze nazionali, specie due: l'indiavolata springer, a due, in ritmo ternario, nervoso e secco: e il halling, a solo, in ritmo binario, sono caratteristiche. Ne trarranno molto partito i compositori futuri.
La Norvegia, nazione di naviganti, quindi di gente esposta al rischio, e per secoli vissuta in sottomissione o comunione costrittiva con gli altri popoli, crea un canto popolare intenso e vigoroso, nella sua intonazione nostalgica, ben distinguibile da quello degli altri popoli vicini, di solito più elegiaco, vago e di minor rilievo. Il carattere grave lo avrà corroborato con l'elemento chiesastico presto accolto; poiché il cristianesimo, dopo qualche sporadica apparizione, penetrava definitivamente sotto Olaf il santo (detronizzato nel 1028) in Norvegia. I modi del canto liturgico s'imprimono indelebilmente nel canto popolare, il quale ne ritrae una certa andatura libera e densità espressiva. Tale influenza continuerà ad informare l'arte norvegese pur attraverso ogni sviluppo di tecniche. Infatti la musica d'arte si trova in principio coltivata prevalentemente dagli organisti; e la prima produzione sara ad un tempo, oltre che di elaborate raccolte o invenzioni di canti corali (il canto corale è una caratteristica di questo popolo), di composizioni per organo o comunque religiose.
Nei secoli XVII e XVIII è avvertibile l'influenza del polifonismo vocale italiano cinque-seicentesco, e del melodramma, conosciuti attraverso la Danimarca. Mediocre importanza hanno i musici comunali delle città che, del resto, nel Settecento vengono sostituiti da quelli della Cappella reale di Danimarca. Gl'inizî di una pratica musicale come arte elaborata si riscontrano solo sul declino del sec. XVIII. Ed è da questo momento che, a rigore, si può parlare di musica norvegese. L'elenco dei musicisti s'inizia coi nomi di F.C. Groth (1795) e di Flintenberg (1735), organista e compositore di musica religiosa. Maggior importanza ha la famiglia dei Lindemann, eminenti organisti, con Ole Andreas a capostipite (1769-1859); e dei quali Louis Mathias (1812-1887), notevole teorico e compositore, molto contribuì allo svolgimento dell'arte nazionale con la raccolta da lui fatta di 540 danze e canti popolari norvegesi. Segue una assai folta falange di musicisti, che apprestarono il terreno alla fioritura di un'autentica arte norvegese, rafforzando la tecnica e studiando il canto popolare per giungere a rintracciare la polla del genuino spirito nazionale. Essi sono: Waldemar Thrane (1790-1828), fondatore in Cristiania di un quartetto a corda e autore di cantate, ouvertures e musica da camera, intese a color popolare; Carl Arnold (1794-1873), che sarà maestro di H. Kjerulf (1815-1868), uno dei primi compositori norvegesi per freschezza inventiva e di sentimento popolare, e poi primo alleato di E. Grieg nella lotta per un'arte nazionale; e di S. Svendsen, anch'egli valido aiuto in questa lotta. F. Reissiger (1809-1883), organista e direttore di orchestra; Otto Winter-Hjelm (1837), oltre che organista e direttore d'orchestra, scrittore; Edmond Neupert (1842-1888), fanciullo prodigio, che nel 1880 andava a occupare la cattedra di pianoforte al Conservatorio di Mosca chiamatovi da Nicola Rubinstein, per concludere la vita artistica come concertista, in America; J. Selmer (1844), compositore orchestrale, introduttore delle tendenze programmatiche già avviate da Hector Berlioz.
A questi maestri vanno aggiunti: Catharinus Elling (1858); Christian Capellen (1845) virtuoso d'organo; Agathe (1847) e Olaf (1847) Grøndahl; Johannes Hårklou (1847) organista, autore di sinfonie, oratorî, musica strumentale, e musicologo; Peter Lindemanna (1858).
Al disopra dei quali tutti emergono i più decisi esponenti dell'anima musicale norvegese, che ricevono impulso dal generale orientamento della vita civile. È questo infatti il momento del norsk norsk, l'estremo norvegianismo. I letterati si dànno alla raccolta delle canzoni popolari; le arti figurative trattano scene di vita popolare, contadinesca; si fanno sforzi per fondare un teatro nazionale, si allontanano le compagnie danesi e si portano sulla scena soggetti di vita nazionale; si tende a sostituire la lingua letteraria, formatasi sotto il predominio danese, con quella del popolo; i musicisti, dal canto loro, raccolgono le melodie del popolo e si ispirano, nel comporre, alle danze e alle canzoni popolari. I più rappresentativi sono: l'eccentrico violinista Ole Bull (1810-80), Richard Nordråk (1842-66), Edvard Grieg (1843-1907), Johan S. Svendsen (1840), Ole Olsen (v.; 1850-1927), C. Sinding (v.; 1856); musicisti e compositori nei quali si assomma la maggiore potenza musicale della Norvegia, non solo, ma di tutta la regione scandinava. Se infatti la Norvegia si mostrò più tardiva a iniziare uno sviluppo professionale dell'arte dei suoni essa diede peraltro i frutti più succosi e rappresentativi della Scandinavia. L'importanza di Ole Bull, un Paganini scandinavo, più che nelle composizioni, per altro pervase di sentimento popolare e talune deliziose, risiede nell'ardore patriottico animatore che lo indusse a spronare il Grieg all'arte; e quella del Nordråk, oltre che nella propria produzione (non cospicua come quantità, a causa della breve vita, ma come qualità, ché la anima il più genuino senso popolaresco) nell'aver saputo rivelare Grieg a sé stesso quando questi, di ritorno dagli studî a Lipsia, si mostrava incerto sotto l'effetto dell'insegnamento tedesco. Se il risveglio dell'anima musicale norvegese, avvenuto in coincidenza con il periodo romantico musicale tedesco, si giovò di tale coincidenza che lo spingeva, anch'essa, verso l'anima del popolo, nello stesso tempo però quasi ne fu inceppato: e per l'influenza dell'arte dei maestri tedeschi e a causa della precettistica e del formalismo scolastico. Infatti anche i musicisti norvegesi, come gli altri del nord, formarono, o almeno completarono la propria educazione quasi tutti all'estero: alcuni pochi, a Parigi; la massima parte però in Germania, segnatamente al Conservatorio musicale di Lipsia. Non potevano perciò non rimaner soggiogati dallo spirito dei maggiori esponenti del romanticismo tedesco, e come impastoiati a confessione di taluni di loro dalla rigidezza scolastica. (È stato così possibile definire la musica scandinava un ramo staccato del tronco romantico tedesco). Quando avvertono il disagio dell'influsso subito o sono presi dallo sconforto e dall'inerzia (come accadrà in principio al Grieg), dovranno compiere sforzi supremi per liberarsene, o, altrimenti, rimarranno più o meno sotto l'influenza del carattere tedesco (come accadrà a J.S. Svendsen che, compositore di assai forte e robusta lena, resta peraltro il meno norvegese dei musicisti del suo gruppo). Nella reazione, questi musicisti debbono superare, oltre a quelli interni loro proprî, anche ostacoli esterni. La soggezione (o anche l'unione politica forzata con l'uno o l'altro dei popoli scandinavi), a cui per secoli fu costretta la Norvegia, le impedì di mantenersi un'ininterrotta tradizione musicale, sicché v'era da reagire perfino a certe tendenze apparentemente etniche - Grieg deve insorgere perfino contro l'influenza della musica del Gade (danese) "scandinavismo effeminato" a parer suo. La raggiunta indipendenza politica procura nella Norvegia un disagio interno, ostacolante l'appassionarsi del popolo all'arte musicale. La quale è considerata, nelle circostanze, come un lusso gravoso. Di qui sforzi e tentativi faticosi, non sempre efficaci, che conviene rinnovare per lunghi periodi di tempo. Il ritorno alla polla del canto popolare è del resto causa di nuove limitazioni, così che la fisionomia musicale norvegese risulta come attenuata, circoscritta, o quasi, ai suoi caratteri più delicati, intimi, folkloristici. Il contrario cioè di ciò che, contemporaneamente, avviene in letteratura con il teatro di Ibsen e di Bjørnson. La forma d'arte che avrebbe potuto agevolare una piena manifestazione dell'anima norvegese: l'opera in musica, se non difetta totalmente, è assai scarsa e resta di pretto carattere internazionale. Il non esser giunto a realizzarla fu il cruccio di tutta la vita per il Grieg. La composizione in cui meglio si affermano i norvegesi, dopo i Lieder, i piccoli pezzi strumentali, specie pianistici, e anche la sonata, il concerto, il quartetto, è il poema sinfonico; che sembra vi sostituisca l'opera teatrale, riallacciandosi idealmente allo spirito iniziale e nazionale poetico delle saghe.
La successione del gruppo sovrastato dal Grieg parve da prima accolta da Gerard Schielderup (1859), autore del potente dramma sinfonico Brand (da Ibsen); e da Hjalmar Borgstrøm, di lui maggiore nel poema sinfonico e musicista più fine, ardito, e ricco strumentatore (poema sinfonico Tanken [Il pensiero]); ma, per quanto la musica di questi due artisti possa recare l'impronta norvegese nella ritmica e nella melodia, risente troppo, nondimeno, delle tendenze europee, specialmente della postwagneriana. Più attenuata ancora è l'impronta nazionale nelle musiche del Kleven e di Fartein Valen (1887), delicato armonista, quest'ultimo, e dotato di un vivo senso della forma; autore di molte composizioni per pianoforte solo, pianoforte e violino, per orchestra. Più fiduciose speranze destano fra i giovani: David Monrad Johansen (1888), rivelatosi musicista di potente fantasia con un'imponente composizione per cori e voci virili: Draumkvee (canto del sogno) e con la quale sembra, per la tecnica, orientato verso l'impressionismo francese: Arvid Kleven, che tratta l'orchestra in modo audace con fantasia bizzarra; ma con sicuro talento e assoluta padronanza tecnica (poema sinfonico Skogen - la foresta) e, più giovane di tutti, Ludvig Irgens Jensen, temperamento poetico, dalla tecnica ardita in molte composizioni per canto e pianoforte, per le quali ama scrivere da sé il testo poetico. Ma nonostante i molti pregi riconoscibili alla giovane scuola musicale norvegese è certo che, dopo Grieg, lo sviluppo di tendenze originali non è stato grande.
Bibl.: W. Niemann, Die Musik Skandinaviens, Lipsia 1906; A. Soubies, Histoire de la musique: Norvège, Parigi 1903; id., La musique scandinave avant le XIXe siècle, in Rivista musicale italiana, 1901; id., La musique scandinave pendant le XIXe siècle, ibid., 1902; E. d'Harcourt, La musique actuelle dans les états scandinaves, Parigi 1910; Rejdar Mjøn, Le développement de la musique norvégienne, in Revue musicale, VII.
Diritto.
L'antico diritto norvegese è essenzialmente nazionale, creato dalle condizioni di vita del popolo, dai suoi bisogni naturali ed economici, dalla struttura del paese, senza influenze straniere.
Da quanto si può arguire, il diritto norvegese deve essersi formato nel periodo cosiddetto dei Vichinghi, circa il 700 d. C., ed è perciò, in un certo grado, il prodotto di una comunità guerriera. Altra caratteristica dell'antico diritto norvegese è quella di essere un diritto rurale: al tempo dei Vichinghi la Norvegia non possedeva città e aveva solo pochi villaggi; la popolazione era sparsa lungo le coste e nelle valli, ogni famiglia viveva nella sua fattoria coltivando la terra per conto suo, per quanto fosse conosciuto, almeno in una certa misura, il godimento collettivo della terra.
La Norvegia antica era divisa in una serie di piccole regioni o provineie, governate ciascuna dai suoi capi, nelle quali però il contadino possidente godeva della più grande libertà politica. A queste provincie è legato il più antico ordinamento giuridico. In ogni provincia, a periodi determinati, gli uomini liberi si riunivano nei cosiddetti ting (parlamenti) che avevano potere legislativo e giudiziario; tutte le deliberazioni erano prese dalla loro assemblea e approvate a suon d'armi.
Quando la Norvegia fu riunita in un regno (nell'872 circa d. C.) dal re Harald I Haarfagre, il diritto locale sembra essere rimasto immutato nei suoi principî: l'unica innovazione rilevante fu quella di una tassa imposta dal re Harald su tutto il paese - sotto forma di tributo agricolo, dovuto come rendita per il re e per il regno - e che pare suscitasse malcontento, perché considerata come una violazione della libera proprietà dei contadini, e determinasse una notevole corrente di emigrazione verso le isole scozzesi, le Færøer e l'Islanda.
Tuttavia già prima dell'unificazione del paese, maggiori unità giuridiche s'erano venute formando, con la riunione di parecchie provincie in una più grande comunità. Così l'Eidsivating (l'attuale Eidsvoll, che nel 1814 diede la nuova costituzione al paese) è conosciuto fin dal secolo IX per essere stato parlamento comune a tutta la Norvegia centrale e orientale; e rimonta pure a un'età antica, della quale però non è possibile fissare la data, il Gulating, parlamento per la Norvegia occidentale, l'Øreting presso Trondheim per la Norvegia settentrionale: quest'ultimo parlamento fu in seguito denominato anche Frostating, dall'isola di Frosta nel fjord di Trondheim, dove ebbe la nuova sede. Più tardi, dopo l'unificazione del regno sorse il Borgarting presso l'attuale Sarpsborg, parlamento per la parte sud-orientale del paese. Tutti questi parlamenti si denominarono Lagting, cioè raggruppamenti maggiori dei precedenti ting provinciali (fylkesting): i lagting, come i fylkesting, ebbero potere legislativo e giudiziario. Con l'introduzione della monarchia, mantenutasi per diverse generazioni, crebbe naturalmente l'autorità dei re sui lagting.
Il cristianesimo fu introdotto in Norvegia abbastanza tardi. Esso acquistò soltanto con re Olav il Santo solide basi, specialmente dopo la morte di lui nel 1030, quando un po' alla volta egli venne in fama di martire e di santo. Nel tardo Medioevo tutta la legislazione norvegese ebbe la denominazione generale di "leggi di S. Olav". L'introduzione del cristianesimo portò naturalmente modificazioni nella struttura dell'antico diritto nazionale pagano; però lo stato, così com'era giuridicamente costituito, e il suo ordinamento poterono senza difficoltà essere adottati dalla nuova società cristiana. E così i lagting continuarono a funzionare. Degna di rilievo è, nella storia del diritto, l'organizzazione dei lagting.
Essa è fondata sul principio rappresentativo: i rappresentanti si chiamavano nevndermenn, e per ogni provincia il loro numero era stabilito per legge. Erano nominati dai funzionarî del re, però essi rappresentavano il popolo. Il re era rappresentato dai suoi funzionarî (lendermenn e årmenn), e la chiesa dai vescovi e dai preti.
Questi antichi lagting avevano i seguenti codici:1. il codice di Gulating, probabilmente scritto intorno al 1100, chiamato "legge di S. Olav". Ne rimangono però soltanto pochi frammenti provenienti da una più tarda redazione del 1164, nei quali fra l'altro si trova la legge di successione al trono, il diritto ecclesiastico, il diritto penale e il diritto familiare; 2. il codice di Frostating: ciò che si conosce del suo testo è pubblicato nelle Norges gamle love (antiche leggi della Norvegia) in una redazione del sec. XIII, 3. i codici m Borgarting e di Eidsivating, dei quali è conservata soltanto la parte concernente il diritto ecclesiastico.
Appartiene al sec. XIII, quando già un certo numero di città era sorto in Norvegia, la prima redazione di una legislazione cittadina (il cosiddetto Bjarkeyarrettr), che comprendeva gli usi del diritto marittimo e commerciale, e costituisce quindi il più antico diritto privato internazionale norvegese. Il Bjarkeyiarrettr nella forma pervenutaci è anche la legge cittadina per Nidaros (Trondheim); il diritto marittimo ne costituisce un titolo a sé.
L'influenza del cristianesimo sull'antico diritto si fece sentire in modo speciale in due campi: nello sforzo di abolire quella caratteristica e più mite forma di schiavitù che la vecchia Norvegia aveva conoseiuto nel servaggio detto trællevesen, e nella tendenza di combattere l'antica usanza della vendetta e di sostituirla col pagamento di ammende.
La più notevole innovazione medievale nel campo del diritto è la grandiosa unificazione e codificazione delle antiche leggi dei lagting che ebbe luogo sotto il re Magnus IV (1263-1280; v. sopra: Storia). Questo re, uomo di alta cultura, amicissimo della pace e senza dubbio anche abile giurista, chiese ed ebbe dal popolo formale mandato di rinnovare la legislazione del paese. Accanto a questa legislazione comune a tutto il paese si ebbe anche una legge cittadina, ben presto accettata da tutte le città del paese, e finalmente una legge di corte, che costituì una legislazione speciale per la corte del re, l'esercito e i funzionari. Tutta questa grande legislazione, che da Konrad Maurer fu detta la prima legislazione medievale in Europa, rimase in vigore più di 400 anni, e in molti campi ha esercitato la sua influenza sul diritto norvegese fino ai nostri giorni.
Come spiegazione della creazione di questo codice si può dire che non pochi Norvegesi, laici ed ecclesiastici, erano andati in gioventù a compiere i loro studî di diritto nelle università straniere, specialmente a Parigi e a Bologna, e avevano quindi portato in patria la conoscenza del diritto romano e di quello canonico. Tuttavia il diritto romano non esercitò una particolare influenza sul diritto norvegese che fu e rimase nella sua formazione essenzialmente nazionale.
Naturalmente ben altrimenti fu per il diritto canonico. Dopo l'introduzione del cristianesimo, il diritto canonico, importato dall'Inghilterra e dall'Irlanda, era un po' alla volta penetrato nell'antico diritto nazionale, e lo troviamo già nei codici dei lagting surriferiti, che avevano dei capitoli speciali sul diritto ecclesiastico.
Nel tardo Medioevo la Chiesa divenne in Norvegia molto potente; subito dopo il re, la persona più augusta del regno era l'arcivescovo di Trondheim. E contese sorsero anche fra il clero e la corona, e fra il clero e i grandi signori laici per questioni di decime e altre imposte. Il pacifico re Magnus conciliò tutte le contestazioni col cosiddetto concordato di Tønsberg del 9 agosto 1277. Nello stesso tempo il re e l'arcivescovo si accordarono su un nuovo diritto ecclesiastico, e cosi sparirono gli ultimi resti di una chiesa di stato, e la chiesa norvegese divenne una potenza indipendente accanto allo stato.
Con la legislazione del re Magnus fu completamente abolita l'antica vendetta in seguito a omicidio. Le pene per omicidio divennero da quel momento reati perseguibili dallo stato, il quale sostituì così la persecuzione pubblica del reato alla vendetta dei parenti.
Quando l'antica stirpe reale si estinse nella linea maschile, la Norvegia, per la sua legge di successione al trono, entrò in una serie di unioni personali sia con la Svezia sia con la Danimarca, sia con tutti e due i paesi, e infine con la sola Danimarca e un po' alla volta il potere centrale del regno, cioè la monarchia, si trasferì fuori del paese. L'ordinamento legislativo rimase però inalterato. Da quel momento esso ebbe indubbiamente il suo più saldo punto d'appoggio nell'episcopato cattolico, con a capo l'arcivescovo, duce eletto e naturale.
Ma quando fu introdotta la riforma e l'arcivescovo e i vescovi furono scacciati dal paese e sostituiti con soprintendenti protestanti (1536-37) anche la vita del diritto nazionale cominciò a vacillare; avendo la nuova classe di funzionarî fatto la sua educazione nell'università di Copenaghen - e parte anche nelle università tedesche, specialmente a Rostock - ed essendo Copenaghen la capitale comune ai due regni (Norvegia e Danimarca), l'antica legge del re Magnus Lagabøter divenne poco comprensibile per i funzionarî e anche per lo stesso popolo, cosicché nel 1604 si ebbe un nuovo codice, che in realtà non è che una traduzione, però meno buona, delle leggi del re Magnus nel nuovo linguaggio dei funzionarî danesi-norvegesi. Furono tolti i vecchi capitoli sul diritto ecclesiastico "giacché non erano di utilità o uso alcuno" dopo l'introduzione della riforma. Furono anche omessi l'ordinamento cittadino, la legge marittima e la legge di corte della vecchia legislazione. Però la legislazione rurale rimase.
La tappa seguente nell'evoluzione del diritto norvegese è segnata dalla legge norvegese di Cristiano V, resa necessaria dall'introduzione della monarchia assoluta nel 1660. Dopo lunga preparazione il nuovo codice fu promulgato nel 1688: in complesso esso si può considerare un buon codice; soprattutto la libera posizione del contadino viene mantenuta. Il sistema feudale comune in Europa non si estese alla Norvegia. La libera proprietà della terra del contadino fu mantenuta col cosiddetto diritto allodiale (odelsrett) che, sotto forme alquanto mutate, era stato conservato fin dal Medioevo, e assicurava alla famiglia il diritto di riscattare le proprietà ereditate. La posizione del contadino norvegese dal 1660 fino al sec. XIX fu senza dubbio più libera che in nessun altro paese d'Europa.
A lode della monarchia assoluta danese-norvegese, bisogna dire che la sicurezza giuridica del cittadino fu generalmente maggiore che altrove in Europa nel sec. XVIII. La magistratura giudiziaria e amministrativa fu migliorata con l'introduzione di una laurea obbligatoria in diritto come condizione necessaria per aspirarvi.
Nel paragrafo 94 del nuovo statuto liberale norvegese del 1814 c'era la seguente disposizione: "Si provvederà a promulgare un nuovo codice civile e penale, nella prima, o se ciò non fosse possibile, nella seconda legislatura ordinaria dello Storting". Naturalmente l'assemblea nazionale era sotto l'influenza delle molteplici modificazioni fatte in parecchi paesi dopo il codice Napoleone. Si vide però ben presto l'impossibilità di addivenire a una codificazione in tal senso nella Norvegia, e fino a oggi non fu fatto un codice civile unificato. La Norvegia ebbe il nuovo codice penale previsto dallo statuto, solo nel 1842; esso fu più tardi alquanto modificato, e alla fine sostituito con il nuovo codice penale del 22 maggio 1902. È stato inoltre promulgato il 1° luglio 1887 un testo unico di procedura penale, con il quale furono introdotte le corti di assise.
Con legge dei 1° agosto 1821 fu abolita in Norvegia la nobiltà ereditaria, cosicché tutti i discendenti da famiglie nobili, nati dopo quella data, perdettero il diritto a tutti i titoli, privilegi e prerogative. Nel secolo XIX e nel principio del XX secolo, senza avere, come già abbiamo detto, un nuovo codice civile unificato, la legislazione civile è stata del tutto o in parte riformata e modernizzata, e sono state emanate leggi speciali sulle differenti materie. Tra le più importanti ricordiamo: la legge di successione del 31 luglio 1854, che deve considerarsi un'eminente opera legislativa, ispirata al diritto austriaco; la legge marittima del 24 marzo 1860, più tardi sostituita dalla legge del 20 luglio 1893, e la legge sulla gente di mare del 16 febbraio 1923; la legge sui fallimenti e sulla procedura fallimentare del 6 giugno 1863, con nuove leggi supplementari del 6 maggio 1899. Il 7 maggio 1880 è stata emanata un'ottima legge cambiaria in collaborazione con la Danimarca e con la Svezia. Tutte queste ultime leggi furono leggermente modificate nel 1932 per uniformarle alla nuova convenzione internazionale. Il 13 agosto 1915 è stato inoltre promulgato un testo unico di procedura civile. Bisogna infine ricordare la legge del 31 maggio 1918 sulle obbligazioni, sul mandato e sugli atti di volontà viziati: la legge norvegese più importante in materia di diritto delle obbligazioni e dei contratti in genere.
Il sec. XIX è stato per la Norvegia un secolo d'oro sia nel campo della scienza del diritto sia in quello della storia e della poesia. Tra i maggiori nomi nella scienza del diritto stanno in prima linea A.M. Schweigaard, le cui opere maggiori sono: Kommentar over den norske kriminallov (Commento della legge penale norvegese; 1842) e Den norske proces (voll. 3, 1849-1871); inoltre Fredrik Stang, con l'opera Norges Konstitutionelle Ret (Diritto costituzionale norvegese), 1833, Th. Aschehoug con l'opera Norges nuværende Statsforfatning (La costituzione norvegese), voll. 3, 1875-1885; Fr. Brandt, con l'opera Forelæsninger over den norske Rets Historie (Lezioni sulla storia del diritto norvegese), 1880 e 1883; G.F. Hallager e L.M.B. Aubert, che scrissero opere importanti sul diritto delle obbligazioni; Ebbe Hertzberg col suo Glossarium til Norges Gamle Love (Glossario delle antiche leggi norvegesi), 1895. Una serie di opere riguarda la storia del diritto: così quelle di G. F. Hæigrup, la cui grande attività ha lasciato tracce in quasi tutti i campi della scienza giuridica, e quella infine di B. Getz, specialmente conosciuto per le sue opere sulla procedura, sul diritto penale e sulla procedura penale. Questi due ultimi scrittori hanno fatto profondi studî sul diritto penale italiano moderno. Da ricordare: B. Morgenstjerne, Lærebok i den norske forfatningsret (Corso sul diritto costituzionale norvegese), 1900; 2ª ed., 1909; e O.L.S. Platou, Norsk Arveret (Diritto norvegese di successione), Norsk Sjøret (Diritto marittimo norvegese), e altri.
Bibl.: Norges gamle Love, a cura di R. Keyser e P.A. Munch, Cristiania 1895; Paulsen, Norsk Lovsamling 1672-1692, Oslo 1908. Oltre le opere summenzionate è da ricordare quella tedesca di C. v. Maurer, Vorlesungen über altnordische Rechtsgeschichte, Lipsia 1907. Tra la letteratura norvegese recente le opere di: A. Taranger, Udsigt over den norske rets historie, Cristiania 1898 e 1904; H. Scheel, Forelæsninger over norsk tingsret, Cristiania 1905-12; F. Stang, Norsk Formueret I., Cristiania 1911; N. Gjelsvik, Lærebok i Folkerett, Oslo; J. Skeie, Den norske civilprosess, I-III, Oslo 1929 segg.; R. Knoph, Norsk sjørett, 2ª ed., Oslo 1931; id., Norsk arverett, Oslo 1930.
Etnografia e folklore.
Occupazione principale della popolazione, oltre all'allevamento del bestiame, si può considerare anche la pesca, esercitata sul mare e nei numerosi corsi d'acqua. Si pescano soprattutto salmoni, trote e anguille seguendo ancora antichi sistemi, con nasse e sbarramenti intrecciati, o con fiocine.
Sui pendii erbosi d'alta montagna, ai villaggi subentrano fattorie isolate e malghe. La coltivazione del grano è generalmente scarsa. Le fattorie isolate, disseminate a grande distanza l'una dall'altra, sono per lo più possedute da tempo immemorabile dalle famiglie che vi abitano. Spesso sul terreno medesimo della fattoria, o in vicinanza di tumuli funerarî di tempi antichi, sorgono alberi che la credenza popolare ritiene protettori: si tratta per solito di betulle, larici o querce. In molti luoghi è durata a lungo l'usanza di offrire in sacrificio, alla base di tali alberi, un poco di cibo e di bevande, in occasione della fabbricazione del burro e della birra. Questi sacrifici erano dedicati agli spiriti domestici, ossia alle anime degli antenati.
Sebbene l'industria e le comunicazioni abbiano fino a un certo segno modernizzato la vita della popolazione, si possono ancor oggi trovare nelle valli d'alta montagna forme d'esistenza molto arcaiche. Le più semplici capanne alpine sono costruite, come nelle Alpi, con tronchi connessi; nel centro sorge il focolare e lungo le pareti sono disposte le panche per dormire. Questo era, nella parte meridionale del paese, il tipo più antico di abitazione, nella quale gli abitanti sedevano intorno al fuoco su panche di legno massiccio. Nel più rigido settentrione, s'impiantava una stufa di pietra col tubo per il fumo. In epoca più recente questo ambiente, o una specie di nicchia situata nella parte opposta all'avancasa, fu dotato di un caminetto incastrato in un angolo. Questa costruzione, composta di tre elementi, viene integrata dai granai o magazzini. Quelli di tipo più antico sorgono ancora sopra bassi pali di legno forniti, secondo un sistema tipicamente preistorico, di piastre di protezione contro i topi. Il granaio di tipo medievale è invece a due piani: in quello inferiore si conservano farina e carne; in quello superiore, invece, vestiti e oggetti di valore. Vi si trovano anche due letti, in modo da poter usare questa parte dell'edificio come abitazione per ospiti. In epoca recente, le abitazioni vennero perfezionate con l'aggiunta di un primo piano. Parallelamente a questo vi è un altro tipo di abitazioni, con granai, stalle, fucina, bagno a vapore separato, ecc. La vecchia camera riscaldata a fumo, è divenuta quasi sempre officina. I mulini sorgono separati dal resto del fabbricato. In alcune regioni, analogamente a quanto avviene in Piemonte, gli abitanti soggiornano per un certo tempo nelle stalle, in cui è sistemato un focolare. Da tempi recenti, stalle e granai si costruiscono spesso uniti. Le abitudini di vita delle popolazioni sono conformi alle loro attività. Si nutrono di latte crudo o inacidito e ne ricavano burro e formaggio.
I prodotti della pesca vengono seccati e affumicati e così pure la carne che però talvolta viene marinata e conservata con siero di latte inacidito. Antichissimo è l'uso dell'avena e dell'orzo c0tti nel latte. Nelle fattorie si fabbrica anche la birra per uso domestico, consumata nelle festività nuziali e natalizie per le bevute in comune. Il grano macinato viene confezionato solo a lunghi intervalli in focacce sottili e senza lievito. Il paese è ricco di bacche e altri frutti.
È noto che fin dall'antichità gli sci costituiscono un popolare mezzo di comunicazione invernale, e tradizionale è anche la lavorazione del legno. Si possono ancora vedere antiche sedie a braccioli scavate in un sol tronco massiccio, panche di forme medievali, enormi tavoli con grossi piani. I letti sono per lo più nicchie di legno in guisa di alcova, nelle quali i posti per distendersi sono sistemati uno sull'altro come nelle cabine delle navi. Una ricca arte popolare seppe creare cassapanche e armadî assai belli. Fino all'apparire dei prodotti dell'industria moderna, scodelle, piatti, bricchi e vasi per cibi e per birra, erano di legno, perché le terraglie costituivano oggetto d'importazione. La carne e il burro venivano serviti a ogni singolo ospite su piccoli taglieri a gambo in forma di piatti, tipo che si trova anche presso i contadini piemontesi; così anche i recipienti a forma di uccello per attingere e bere la birra. Tra le industrie domestiche tradizionali merita speciale rilievo quella tessile e la tessitura di arazzi da parte delle donne. In giorni di festa, in occasione di matrimonî, ecc., si ornavano le pareti delle stanze, solitamente tetre, con arazzi che rappresentavano con ricchezza scene tratte dalla Bibbia, ecc. I costumi del paese sono influenzati, come altrove, dalla moda. Nel costume tradizionale, i pantaloni degli uomini, di lana greve, arrivavano oltre la cintura, congiungendosi col corpetto; il tutto era completato da una giacca corta. Tanto i pantaloni quanto la giacca sono ornati con ricami multicolori e così pure il costume femminile. Le donne indossano spesso ancor oggi varie gonne, una sopra all'altra. Fin da tempi antichi si conservano nei ripostigli delle famiglie di contadini, ricchi e caratteristici monili d'oro e d'argento per i matrimonî e le domeniche. Si tratta di magnifiche corone nuziali, spesso ancora di gusto gotico, cinture, fermagli, ganci e bottoni eseguiti in tecniche arcaiche, filigrana, ecc., e che fanno pensare ai tesori della preistoria germanica. I legami di parentela sono assai forti.
Il folklore della Norvegia è quello di un paese montagnoso e pertanto contrassegnato da una forte tendenza conservatrice locale. Presso le dimore dei montanari si trovano molti tumuli di epoca preistorica. Nei tumuli i fondatori e antenati erano concepiti come dimoranti sotterranei, ai quali venivano offerti sacrifici; e anche gli alberi lì appresso erano sacri a loro. Innumerevoli saghe raccontano di tesori sepolti in tali tumuli, ove ai cercatori di tesori sono apparsi anche spiriti dall'aspetto di uomini armati e di cavalieri in arnese sfarzoso. Anche in casa si custodivano immagini degli spiriti domestici. Nel Sæterdalen viene descritta una figura umana di legno, della statura d'un ragazzo dodicenne, con barba e capelli lunghi, i piedi terminanti in corpo di serpente. Si potrebbe pensare a una figura di tritone del Rinascimento. La notte di Natale gli si fa una libazione di birra presso il posto del padron di casa, e un po' di birra viene versata sulla testa. Tali spiriti assumono spesso caratteri di spiriti della foresta. Le donne selvagge, belle dal lato anteriore e che hanno invece la schiena incavata come un tronco infracidito o una madia, possono, come motivi, discendere da immagini preistoriche rozzamente scolpite. La novellistica popolare nel sec. XIX, come altrove, ha subito l'influsso della letteratura colta, pure ancor oggi si apprezzano le favole e i cantastorie. Nelle adunanze festive, nelle fiere, nelle cerimonie nuziali essi gareggiano nel declamare antiche narrazioni, nelle quali ricorrono ancora, come personaggi principali, Sigurd e Fritjof, ma che per lo più si riferiscono alle vicende di eroi e figli di re medievali. È tipico il riferire le fondazioni di chiese al re Olaf il Santo: a lui i giganti e demoni locali ne avrebbero permesso la costruzione solo in un determinato lasso di tempo, durante il quale egli avrebbe dovuto conoscere i loro nomi; altrimenti sarebbe toccata loro la sua testa. Dei giganti d'altronde si racconta ancora, che essi hanno lanciato o fatto rotolare questo o quello dei molti giganteschi massi erratici del paese. Le canzoni a ballo hanno ancora un'impronta molto antica: la forma di ballata è, qui come altrove, usuale. Si ritrovano anche qui, come nelle Alpi, quartine, per i simposî degli uomini vi sono strofe antiche, per le danze e generalmente per i corteggiatori notturni vi sono poesie improvvisate di offesa e di scherno.
Le fanciulle ricevono le dichiarazioni dei loro corteggiatori e accompagnatori spesso ancora nel granaio, costume che risale a tempi molto antichi; per la Svizzera è tramandato fin dal Medioevo. Il granaio è anche il ripostiglio del corredo nuziale. Si racconta in molti luoghi che la corona della sposa, conservata di generazione in generazione, e che spesso è ornata con pendagli, sarebbe l'eredità dello spettro di una sposa, che in pieno apparato nuziale sarebbe stato smascherato per il fatto che un giovine durante la cerimonia gli scagliò contro un coltello. Il corpetto e la cintura sono per lo più decorati con emblemi simbolici di carattere medievale, quali ruote raggiate, spirali e rosette. Prima che si formi il corteo, avviene ancora in molti luoghi una lotta scherzosa fra il corteggio della sposa e lo sposo con i suoi testimoni, per i doni nuziali. Così anche la sera, quando il corteggio della sposa vigila il letto. È diventato anche costume popolare che il seguito della sposa e p. es. le compagne di essa, tolgano allo sposo il mantello. La sposa spesso viene nascosta sotto un mucchio di fieno, ecc. Il seguito della sposa è ancora spesso a cavallo; quando lo sposo incontra la sposa e il suo seguito, vengono scambiati discorsi che consacrano l'amicizia; l'unione viene festeggiata in maniera tradizionale con bevute di birra.
La membrana che avvolge talvolta il neonato è ritenuta segno di buon augurio e si crede che questi fanciulli abbiano una fylgia (spirito protettore), che viene raffigurato come una figura luminosa o come un'ombra bianca che segue l'uomo dovunque. Anche qui, come altrove, si crede alle streghe che affatturano il latte e s'indicano nelle montagne i luoghi dov'esse si radunano. I luoghi dove l'erba cresce in cerchio sono additati come quelli dove danzano gli elfi. Nel nord, dove è ancora attività importantissima la caccia, si racconta che gli orsi sono spesso uomini trasformati, e questa capacità di trasformarsi è attribuita in particolare agli abitanti della Lapponia. Quando viene ucciso un orso particolarmente cattivo, si deve trovare sul suo corpo una cintura, mediante la quale si può compiere questo atto di magia. È segno di cattivo augurio incontrare al mattino una lepre, del contrario, un lupo o un orso. Gli uomini malvagi e sleali dopo la morte fanno parte della cavalcata selvaggia degli spettri, sulla terra e sul mare, che nel tempo natalizio avanza su ronzini neri come il carbone, guidata dalla donna selvaggia; il viandante deve gettarsi a terra, per evitare di essere trascinato in aperta campagna. Le porte delle stalle devono essere munite di una croce, perché allora le cavalle non sono rubate, poiché stanno lì fino al mattino, coperte di sudore e col ventre turgido. Dove è in corso una rissa o un omicidio, gli spiriti si affollano alla porta e ridono, quando questo è compiuto. Se gettano una sella sopra il tetto di una casa, in essa un uomo deve morire.
Racconti tragici e fiabe, spesso con caratteri mitici ed eroici, vengono narrati dalle filatrici e tessitrici, come anche nelle veglie funebri che riuniscono l'intero villaggio nella casa del morto. I cacciatori raccontano la leggenda di Peer Gynt, che in un'alpe solitaria incontra un troll, dal corpo immenso di serpente; egli lo uccide nella capanna, poi uccide un branco di lupi; accompagnato da voci misteriose nei monti, vede una capanna circondata da fiamme, vi libera delle mietitrici che erano minacciate dal troll, vede il troll-serpente caricato su un carro, trascinato da un orso, ecc. I marinai narrano della terra miracolosa di Udrøst, alla quale volano i corvi marini, dove il grano cresce superbo, vive una capra incantata con le mammelle d'oro e in una precipitosa corsa i pesci si gettano nelle reti l'uno dopo l'altro in quantità infinita. Nei miti si manifestano anche elementi di origine orientale: la principessa che il fratello minore prende con l'aiuto dei nani, sta argentea come la luna sull'albero presso lo stagno e, inseguita dalla cuoca che l'odia, si trasforma in pesce e questo, quando viene fritto, in massa d'argento; la massa, interrata, a sua volta in tiglio, dalle cui schegge, quando viene abbattuto, sorge una bambina che ritorna ad essere la principessa.
Bibl.: Gammel Norsk Kultur i Tekst og Billeder. Udgivet af Norsk Folkemuseum, Cristiania 1906 segg.; Norske Bygder, Cristiania 1921 segg.; R. Berge, Norkst Bondesylv, River 1925; Kl. Stroebe, Nordische Volksmärchen (Die Märchen d. Weltliteratur); J. Grimm, Deutsche Mythologie, 4ª ed., XII e XIII.