Norvegia
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geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Europa settentrionale. La popolazione (4.520.947 ab. al censimento del 2001) cresce a ritmi sempre più contenuti a causa di un abbassamento del tasso di natalità che coinvolge essenzialmente le donne norvegesi e rappresenta la conseguenza delle misure di pianificazione familiare adottate negli ultimi decenni dal Paese. La natalità, che ha interessato in maniera consistente le aree urbane e le regioni centrali, ha raggiunto il 10‰, ossia una percentuale del tutto insufficiente a garantire almeno una crescita zero e pertanto l'attuale livello di popolamento del Paese e il suo modesto incremento sono assicurati dalle immigrazioni. Lo sviluppo sociale e lo stato di benessere raggiunti dalla popolazione (la N. è ai vertici delle classifiche mondiali sia secondo il reddito pro capite, sia secondo gli indicatori della qualità della vita dei suoi abitanti) hanno determinato una contrazione del tasso di mortalità (9,4‰ nel 2006) e un conseguente aumento della speranza di vita alla nascita, divenuta una delle più alte al mondo.
La distribuzione della popolazione è rimasta disomogenea e, a regioni fortemente urbanizzate, affacciate sulla costa atlantica centro-meridionale, sul Mare del Nord e sullo Skagerrak, dove si raggiungono le densità più elevate del Paese (ma sempre a livello delle densità medie più basse d'Europa), si contrappone una regione montuosa interna scarsamente popolata.
Condizioni economiche
Con i referendum del 1972 e del 1994 la N. ha rifiutato l'integrazione nell'Europa, ma nel 2004 con l'allargamento dell'Unione Europea la questione dell'adesione del Paese si è posta di nuovo: attualmente la N. è membro dello Spazio economico europeo (SEE), che raggruppa i 25 Stati membri della UE e 3 dei 4 Stati membri della European Free Trade Association (EFTA: Islanda, Liechtenstein, N. senza l'adesione della Svizzera), e realizza l'80% delle esportazioni e il 70% delle sue importazioni con i Paesi della UE. Essa, inoltre, fa parte della Convenzione di Schengen e coopera su alcuni importanti temi (politica estera, difesa, sicurezza). Visto l'importante ruolo della pesca e dell'acquacoltura nell'economia norvegese, il Paese potrebbe avere interesse a mantenere il controllo delle sue risorse marittime, rimanendo fuori della UE, come pure a favore della non adesione si pone la questione del petrolio norvegese. Contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi europei, la disponibilità di ingenti risorse petrolifere fa sì che l'economia si avvantaggi allorché i prezzi del petrolio e del dollaro sono elevati: le politiche del tasso di interesse della N. e della UE sono opposte e, nel caso di un'adesione norvegese all'Europa, i tassi di interesse vigenti sarebbero contrari al suo ciclo economico.
Nel primo quinquennio del 21° sec. la N. ha presentato buoni indicatori macroeconomici e il PIL, a parte un leggero rallentamento nel 2003, ha conosciuto una tendenza positiva costante, dovuta essenzialmente all'aumento della domanda interna. Il consumo privato è stato dinamico grazie alla crescita dei redditi disponibili, che hanno beneficiato di bassi tassi d'interesse, di una debole inflazione (2% annuo nel periodo 1995-2005) e della valorizzazione dei patrimoni immobiliari. Su tutti i settori produttivi dominano gli idrocarburi: la N. dispone di importanti giacimenti di petrolio e di gas naturale (26% del PIL nel 2005) situati nella piattaforma continentale del Mare del Nord, che hanno permesso al Paese, nel 2004, di affermarsi come ottavo produttore mondiale di greggio. Malgrado l'importanza del petrolio, l'economia norvegese resta diversificata: i suoi pilastri tradizionali sono le materie prime (grande potenziale idroelettrico, foreste, pesca), la metallurgia, i prodotti chimici di base, l'industria navale e la costruzione delle grandi piattaforme petrolifere. Un discreto sviluppo hanno registrato anche l'industria elettrica ed elettronica e l'acquacoltura, sviluppatesi a favore dell'esportazione, mentre il settore dei servizi (bancari, assicurativi, trasporti e imprese pubbliche) assicura circa il 56% del PIL (2005).
Storia
di Francesco Bartolini
All'inizio del nuovo millennio i norvegesi continuarono a sperimentare l'alternanza al governo di coalizioni di centrosinistra e centrodestra, chiamate soprattutto a trovare soluzioni ai problemi connessi alla modernizzazione del welfare state. Nella politica internazionale, la N. acquisì una maggiore visibilità grazie all'opera di mediazione in alcuni conflitti regionali (Srī Laṅkā e Filippine) e alla partecipazione alle missioni di peacekeeping in Afghānistān e in ̔Irāq.
Nel marzo 2000, dopo le dimissioni del governo di centrodestra guidato da K.M. Bondevik, fu il leader del Det Norske Arbeiderparti (Partito norvegese laburista), J. Stoltenberg, a presiedere un governo monocolore, che elencò tra le sue priorità la riforma del settore pubblico, nuove privatizzazioni, il consolidamento dei legami con l'Unione Europea e il rafforzamento dell'attività diplomatica. Ma alle elezioni politiche del settembre 2001 i laburisti subirono una netta sconfitta, raccogliendo solo il 24,3% dei voti (la percentuale più bassa dal 1909) e 43 seggi. Risultati ben più soddisfacenti, invece, registrarono i partiti di centrodestra: l'Høyre (Partito dei conservatori) ottenne il 21,2% dei voti (38 seggi), mentre il Kristelig Folkeparti (Partito cristiano-popolare) il 12,4% (22). Significativa fu anche l'affermazione del Fremskrittspartiet (Partito del progresso), una formazione di destra favorevole a un ridimensionamento del welfare state e a una drastica riduzione dell'immigrazione, che conquistò il 14,7% dei voti (26). Nacque così un governo di minoranza composto dai conservatori, dai cristiano-popolari e dai liberali (Venstre, La sinistra), appoggiato informalmente dal Partito del progresso e guidato ancora una volta da Bondevik.
Uno dei primi atti significativi del nuovo esecutivo fu l'invio di militari in Afghānistān (genn. 2002), inquadrati sia nella campagna militare antiterroristica Operation Enduring Freedom sia nella forza multinazionale ONU International Security Assistance Force (ISAF). Ma ancora più interesse destò nell'opinione pubblica internazionale la decisione del governo di voler riservare per legge alle donne il 40% dei posti nei consigli d'amministrazione delle società statali e di quelle quotate in Borsa (ag. 2002). Già dal 1981, del resto, vigeva in N. la convenzione informale di riservare alle donne il 40% dei posti nel governo. Nel luglio 2003 l'esecutivo inviò truppe anche in ̔Irāq, nonostante in precedenza non avesse appoggiato l'intervento militare: ai soldati norvegesi fu affidato il compito di partecipare alla missione di peacekeeping autorizzata dall'ONU ma, alla metà del 2004, gran parte delle truppe vennero rimpatriate. Nel dicembre 2004 il Parlamento concesse il nulla osta per l'adesione del Paese alla forza militare di reazione rapida dell'Unione Europea, malgrado la N. non ne facesse parte. Una decisione controversa, che suscitò allarme in una parte dell'opinione pubblica per il timore di un ridimensionamento della sovranità nazionale. Alle elezioni politiche del settembre 2005 i due maggiori partiti di governo persero consensi, mentre i laburisti registrarono una netta affermazione: questi ultimi, infatti, conquistarono il 32,7% dei voti (61 seggi), contro il 14,1% dei conservatori (23) e il 6,8 dei cristiano-popolari (11). Buoni risultati hanno ottenuto però anche il Partito del progresso con il 22,1% (38) e i liberali con il 5,9% (10). È tornato al governo Stoltenberg, a capo di una coalizione di centrosinistra formata dai laburisti, dal Sosialistisk Venstreparti (Partito socialista di sinistra) e dal Senterpartiet (Partito di centro). Tra le priorità del nuovo esecutivo (il primo dal 1985 a poter contare su una maggioranza parlamentare) sono stati annunciati l'impegno a rafforzare il welfare state, usando i maggiori proventi derivanti dall'aumento del prezzo del petrolio, e il completamento del ritiro delle truppe dall'Afghānistān e dall'Irāq.
bibliografia
H. Rommetvedt, The rise of the norwegian Parliament, London-Portland (OR) 2003.
C. Archer, Norway outside the European Union: Norway and european integration from 1994 to 2004, London-New York 2005.