Vedi Norvegia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Norvegia è uno dei maggiori paesi al mondo per esportazioni di gas e petrolio, caratteristica che ne fonda la rilevanza geopolitica in termini macroeconomici e strategici. Dopo la Russia, infatti, la Norvegia è il maggior fornitore energetico di gas e petrolio dell’Unione Europea (Eu), e il quinto partner commerciale in assoluto. Le relazioni estere della Norvegia sono molto strette con il proprio vicinato, anche grazie al Consiglio nordico, forum di cooperazione che include anche Danimarca, Finlandia, Islanda e Svezia. Allargando la prospettiva, i rapporti con l’EU, seppur segnati da contrasti storici, continuano a essere fondamentali per la politica estera di Oslo, mentre, grazie all’appartenenza alla Nato, anche le relazioni bilaterali con gli Usa si sono potute sviluppare su buone basi.
Più rigidi sono invece i rapporti con la Russia, seppure siano progressivamente migliorati a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica. La Norvegia mira d’altronde a sviluppare risorse militari proprie per salvaguardare i suoi interessi strategici sulla regione artica. Le ambizioni che circondano l’Artico, derivanti in parte dalla possibilità di effettuare esplorazioni petrolifere, porteranno la Norvegia a collaborare più strettamente con la Finlandia e la Svezia in difesa.
Nel 2010 vi sono state delle tensioni diplomatiche anche con la Cina a seguito dell’assegnazione del Premio Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, ma la questione non sembra compromettere significativamente le relazioni bilaterali tra Oslo e Pechino, soprattutto da quando la prima ha espresso il suo consenso all’accesso della Cina tra i membri del Consiglio Artico.
La Norvegia, inoltre, si è rivelata negli anni un importante mediatore internazionale, come dimostrato dagli storici accordi raggiunti nella capitale norvegese dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e da Israele nel 1993, e dal ruolo svolto nella mediazione del conflitto tra lo Sri Lanka e i ribelli Tamil, tra il 2000 e il 2009.
La Norvegia è una monarchia costituzionale nella quale il re ha solo una funzione cerimoniale e il governo è retto dal primo ministro, attualmente Erna Solberg. Il Parlamento, unicamerale dal 2009, conta 169 membri eletti ogni quattro anni con sistema proporzionale e con una soglia di sbarramento per i partiti fissata al 4%. Ciò ha conferito di fatto al paese una struttura multipartitica, in cui spesso si formano governi di coalizione. Storicamente, il Partito laburista ha sempre rappresentato la maggiore forza politica norvegese e coalizioni di centro-sinistra hanno governato per gran parte degli anni che sono seguiti alla Seconda guerra mondiale. Alle elezioni del 9 settembre 2013 è stata, invece, la coalizione di centro-destra a prendere il potere dopo otto anni consecutivi di opposizione. Il Partito conservatore di Erna Solberg ha formato una coalizione di minoranza insieme al Partito progressista (Pp), formazione populista promotrice di provvedimenti anti immigrazione. La scelta di Solberg di stringere un’alleanza con i progressisti ha suscitato critiche da parte di molti esponenti politici, compresi liberali e cristianodemocratici, i cui partiti si sono rifiutati di appartenere alla coalizione di governo, benché garantiscano un supporto sui singoli provvedimenti. Tra il 1999 e il 2006 ha militato all’interno del Pp Anders Breivik, giovane norvegese dichiaratosi antimulticulturalista, antimarxista e anti islamista, condannato per gli attentati del 22 luglio 2011, quando una serie di esplosioni a Oslo e sull’isola di Utøya hanno provocato la morte di 77 persone e il ferimento di 96.
La Norvegia può vantare un posizionamento ai primi posti delle classifiche mondiali relative allo sviluppo umano e agli standard di vita, così come agli indici di democrazia.
Dagli anni Ottanta in poi si è verificato nel paese un notevole flusso di immigrazione – attualmente
gli immigrati più i norvegesi nati da genitori immigrati hanno raggiunto le 710.465 unità, vale a dire circa il 14% della popolazione totale. Oslo è quindi un centro multietnico che ospita immigrati provenienti prevalentemente da Pakistan, Somalia e Iraq e, dopo l’allargamento dell’Eu nel 2004, anche dai paesi dell’Europa orientale. Il fenomeno migratorio ha compensato negli ultimi anni il rallentamento della crescita della popolazione, contribuendo a mantenere tale dato in positivo (1,3%). La maggior parte dei norvegesi è di religione evangelico-luterana, designata religione di stato dall’articolo 2 della Costituzione. La carta costituzionale garantisce tuttavia piena libertà di culto per i credenti di altre fedi.
Lo stato norvegese si distingue, a livello internazionale, per l’efficiente modello di protezionismo sociale, favorito dalla ridistribuzione delle rendite energetiche. Lo stato garantisce infatti un’istruzione gratuita, anche universitaria, a tutti i cittadini, così come un’assistenza sanitaria gratuita e un sistema pensionistico pubblico molto efficiente. La libertà di stampa è incoraggiata dallo stato, al punto che esistono sussidi statali per le maggiori testate giornalistiche, anche se private e afferenti a una determinata area politica. Alcune leggi, infine, garantiscono l’uguaglianza di genere, come quella del 2006 che stabilisce che, in più di 500 aziende quotate nella Borsa di Oslo, almeno il 40% del consiglio di amministrazione debba essere composto da donne. A oggi, in parlamento la metà dei ministri è composta da donne.
Grazie alle ingenti risorse di idrocarburi presenti nel sottosuolo del proprio territorio e nei propri fondali marini, la Norvegia è uno dei paesi con il più alto pil pro capite al mondo, con un valore pari a 56.663 dollari all’anno. Oslo produce più di 2 milioni di barili di petrolio al giorno e un terzo del gas prodotto in Europa. Nonostante il picco petrolifero sia stato raggiunto nel 2001 (3,4 milioni di barili al giorno prodotti) e si stimi che in circa dieci anni le riserve potrebbero esaurirsi, le risorse di gas naturale sembrano garantire al paese ancora buone prospettive di rendite energetiche nel medio e lungo periodo. Mentre il settore industriale è dominato dal comparto degli idrocarburi, il settore predominante dell’economia norvegese è quello dei servizi, che costituisce il 58,5% del pil nazionale. L’agricoltura non è particolarmente sviluppata, a causa delle avverse condizioni climatiche, mentre la pesca rappresenta una risorsa molto importante per la Norvegia. Le esportazioni, prevalentemente dirette verso paesi dell’Europa settentrionale e centrale, come Regno Unito, Germania e Paesi Bassi, sono costituite per circa il 60% da petrolio e gas. Grazie alle rendite derivanti da tali risorse, la Norvegia ha istituito un proprio fondo sovrano, il Government Pension Fund Global, che è il primo al mondo per capitale (più di 780 miliardi di dollari) e grazie al quale Oslo è uno dei maggiori investitori diretti all’estero.
Nonostante la presenza delle risorse petrolifere e gassifere, il mix energetico norvegese è molto diversificato e la produzione di energia elettrica deriva per il 91% da fonte idroelettrica. Dato lo sviluppo del paese e le dimensioni relativamente modeste della propria popolazione, la Norvegia è il secondo paese al mondo per consumo di energia elettrica pro capite, dietro all’Islanda.
Strettamente legata alla questione energetica è quella ambientale: nel 2008 il governo ha varato una legge che prevede la riduzione del 30% delle emissioni di gas nocivi entro il 2020, sostenuta da tutte le forze politiche del paese, ad eccezione del Partito progressista. Rimane dibattuta anche la questione della caccia alle balene, pratica cui la Norvegia ricorre ancora, nonostante le proteste delle associazioni animaliste e ambientaliste.
La Norvegia fa parte della Nato fin dal 1949, in qualità di membro fondatore. Grazie all’inquadramento nell’organizzazione atlantica, Oslo trova negli Usa un importante partner per la cooperazione nel settore della difesa e della sicurezza. D’altro canto, dalla caduta dell’Unione Sovietica in poi, anche la Russia è diventata un interlocutore di primaria importanza per la Norvegia e, nel 2010, i due paesi hanno firmato uno storico accordo per la definizione dei confini nel Mare di Barents, importante per la pesca del merluzzo e per gli equilibri artici, ponendo fine a quarant’anni di dispute. La stessa questione artica, però, è una delle più importanti per il futuro della sicurezza norvegese, così come per tutti gli altri attori che rivendicano possedimenti in quell’area, in vista del probabile scioglimento dei ghiacci, che potrebbe aprire la via a nuove rotte commerciali e allo sfruttamento di nuove risorse di idrocarburi off-shore. In vista di tali guadagni futuri, nel 1996 è stato formato ad Ottawa il Consiglio Artico, il forum intergovernativo di osservazione e protezione dei territori e popoli artici di cui Oslo è membro.
Sul piano interno, la Norvegia è stata testimone, soprattutto negli ultimissimi anni, di un incremento della minaccia proveniente dal terrorismo di matrice islamica. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: il primo, di natura più strutturale, riguarda la presenza sul proprio territorio di molti rifugiati e immigrati provenienti da paesi a maggioranza islamica, come Pakistan e Somalia; il secondo, più congiunturale, deriva invece dal diffondersi delle proteste antioccidentali nei paesi del Nord Europa, in relazione a questioni quali la presenza delle truppe in Afghanistan (la Norvegia lascerà probabilmente il proprio contingente di 145 soldati oltre il 2014), o la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto.
Nonostante possegga tutti i requisiti necessari per avanzare domanda di ammissione all’Unione Europea, la Norvegia, assieme all’Islanda, è l’unico paese europeo tradizionalmente contrario all’adesione al processo di integrazione continentale, in quanto ritenuto potenzialmente lesivo per alcuni rilevanti interessi strategici, legati soprattutto all’economia e all’energia. In due occasioni – nel 1972 e nel 1994 – la popolazione ha espresso, tramite referendum, la propria contrarietà all’adesione all’EU, seppur con percentuali di distacco non altissime: nel 1994 i ‘no’ furono il 52%. Come risultato di tali tendenze ‘isolazioniste’ rispetto al processo di integrazione europea, i rapporti della Norvegia con l’EU sono oggi di natura soprattutto economica: Oslo ha aderito all’Associazione europea di libero commercio (EFTA) e all’Area economica europea (EEA) – sebbene dagli accordi siano escluse questioni strategiche quali le risorse off-shore e la pesca – oltre che agli accordi di Schengen, che prevedono la libera circolazione transfrontaliera delle persone all’interno dell’EU. Oltre a tali rapporti, la cooperazione della Norvegia con Bruxelles si estende anche alle politiche di sicurezza, dal momento che Oslo invia i propri soldati alle missioni di peacekeeping promosse dall’EU. Tra Bruxelles e Oslo non sono mancati, comunque, gli episodi di contrasto. Nel 2011 la Norvegia ha fatto fallire l’attuazione di una direttiva inerente alla liberalizzazione del mercato postale, mentre nel 2012 ha approvato l’introduzione di tariffe più elevate su alcune prodotti alimentari importati, contravvenendo gli accordi nel quadro EEA. Per tali violazioni Oslo rischia di incorrere in alcune sanzioni, quali restrizioni nell’esportazione di salmone verso il mercato europeo.