Norvegia
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(XXIV, p. 944; App. I, p. 899; II, ii, p. 414; III, ii, p. 272; IV, ii, p. 605; V, iii, p. 682)
geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Popolazione
La N. rappresenta una delle realtà più progredite del pianeta; la dialettica centro-periferia è, come nel resto dei paesi nordici, ribaltata rispetto al resto dell'Europa: il Sud rappresenta, grazie alle migliori condizioni climatiche e alla maggior vicinanza dell'Europa centro-occidentale, la regione di maggiore densità demografica e di concentrazione delle attività produttive, a cui fa da contrappunto un Nord debolmente popolato e meno dinamico. La popolazione ammontava a 4.419.000 ab. nel 1998 (secondo stime ONU) e le dinamiche demografiche appaiono sostanzialmente allineate con le medie europee, pur mantenendo una certa vitalità: infatti, se il tasso di natalità si valuta al 13,7‰, la mortalità tocca il 10‰ per effetto dell'invecchiamento della popolazione, l'accrescimento medio annuo è stato stimato, fra il 1995 e il 2000, pari al 3÷4‰.
L'organizzazione territoriale norvegese si impernia su alcune regioni urbanizzate lungo la costa atlantica centro-meridionale, lungo quella del Mare del Nord e sullo Skagerrak; l'opposizione fra la marginalità della regione montuosa interna e la maggiore centralità dell'estesa fronte costiera, toccata dalla Corrente del Golfo, continua a giocare un ruolo fondamentale, anche in rapporto all'evoluzione recente dell'economia. Questi contrasti si riflettono sulla distribuzione della popolazione, concentrata nella fascia litoranea delle regioni meridionali, che comunque mostra una fra le densità medie più basse d'Europa (14 ab./km²). Infatti, le contee della capitale Oslo, della sua regione metropolitana (Akershus), quella di Vestfold e Østfold e quelle di Hordaland, Rogaland e Sør-Trøndelag (i capoluoghi di queste tre ultime sono Bergen, Stavanger e Trondheim, le tre maggiori città dopo Oslo) hanno una densità superiore alla media. Nel Finnmark, la contea più settentrionale, la densità è di soli 2 ab./km²∙
Spicca, per peso demografico oltre che per importanza economica e funzionale, la capitale, Oslo (494.000 ab. nel 1997), con la sua regione metropolitana, che ospita circa un terzo della popolazione totale ed è anche il principale polo industriale. La storia di questa città si lega alla posizione strategica del suo sito, crocevia fra Mar Baltico e Mare del Nord, nonché alla funzione di sbocco marittimo principale dell'area scandinava; il porto di Oslo è un importantissimo nodo commerciale e marittimo, sede direzionale di una delle più moderne e imponenti flotte pescherecce del mondo. Lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Mare del Nord ha dato nuova linfa vitale ai già importanti centri urbani costieri di Stavanger (105.600 ab. nel 1997) e Bergen (224.100 ab., la seconda città norvegese), che insieme a Trondheim (144.600 ab.) costituiscono gli altri nodi forti dell'armatura urbana ed economica della N.; Trondheim riveste poi la funzione di cerniera fra il Sud e il Nord del paese. Nella sezione settentrionale la popolazione si concentra in pochi centri portuali di modeste dimensioni, fra cui spiccano Bodø, Narvik e Tromsø.
Condizioni economiche
La chiave di lettura dell'organizzazione territoriale norvegese resta la marittimità. Se nel passato il mare è stato la principale fonte di risorse alimentari, il vettore di esplorazioni e di attività mercantili, nonché la principale via per le comunicazioni interne, oggi esso rappresenta una sorta di estensione fisica del territorio nazionale. Dal mare proviene, infatti, anche la principale e più recente risorsa della N., i ricchi giacimenti di idrocarburi off-shore, una risorsa che costituisce la prima voce delle esportazioni (157 milioni di t di petrolio estratte e 45.300 milioni di m³ di gas nel 1997). Nei cantieri di Stavanger, di Oslo e di altri porti le strutture si sono adattate alla costruzione e alla manutenzione delle piattaforme necessarie per l'estrazione del petrolio in mare. La solida economia norvegese trova i suoi punti di forza tanto nei settori tradizionali quanto in quelli di più recente sviluppo, ma è indubbio che la risorsa idrocarburi risulta fondamentale per l'attivo della bilancia commerciale estera.
Nell'ambito del settore primario, l'agricoltura occupa il peso minore, in particolare il settore agrario, mentre quello zootecnico (bovini e ovini nel Sud, renne e animali da pelliccia nel Nord) riveste un certo rilievo. Più importante, anche se assai inferiore a quello svedese e finlandese, appare il patrimonio forestale (25,7% del territorio) gestito in modo lungimirante, che alimenta i comparti industriali del legno e della carta. La N. eccelle nella pesca grazie a una flotta peschereccia altamente tecnologizzata che le permette di occupare il decimo posto nel mondo per entità di pescato (specie merluzzo e aringhe).
Nel settore energetico la N. occupa una posizione di rilievo nel mondo, e primeggia in Europa per il petrolio e il metano (estratti nel Mare del Nord), potendo inoltre contare su un patrimonio idroelettrico non meno importante. La ricchezza energetica è stata all'origine dell'industrializzazione del paese, in cui spiccano la lavorazione dell'alluminio, la cantieristica e le industrie petrolchimiche e alimentari.
Una voce forte dell'economia nazionale è altresì rappresentata dal turismo, che è stato interessato da una notevole espansione grazie a una politica di valorizzazione efficiente anche dal punto di vista ambientale (nel 1994 la N. disponeva di 88 aree protette, estese sul 13% del territorio).
Nel complesso, la situazione economica norvegese appare solida, anche se occorre affrontare alcuni gravi problemi come quelli dell'eccessiva dipendenza dal petrolio del Mare del Nord, del gigantismo dell'assistenza statale e dello squilibrio regionale tra Nord e Sud.
Dipendente storicamente dalla pesca, e più di recente dagli idrocarburi sottomarini, il paese è stato spesso protagonista di vertenze internazionali sullo sfruttamento dei mari. Fra le ultime si colloca quella riguardante la caccia alle balene che la N. ha deciso di riattivare nonostante la moratoria internazionale.
Un referendum popolare (1994) ha confermato la volontà dei Norvegesi di non entrare nell'Unione Europea (v. oltre: Storia).
bibliografia
E. Manzi, L'Europa del Nord, in E. Manzi, A. Melelli, P. Persi, L'Europa Occidentale, Torino 1990, pp. 244-66.
S. Jervell, P.U. Dini, I problemi dell'area nordica, Roma 1992.
The Economist intelligence unit, Country report. Norway, London 1996.
A. Isaksen, Regional clusters and competitiveness: the Norvegian case, in European planning studies, 1997, 5° vol., nr. 1.
OCDE, Études économiques. Norvège, Paris 1998.
Storia
di Claudio Novelli
Governata dal 1945 al 1965 dai laburisti del Det norske Arbeiderparti (DnA), negli anni successivi la N. vedeva l'avvicendarsi al potere di coalizioni conservatrici (1965-73) e coalizioni di sinistra (1973-81). Gli anni Ottanta erano invece caratterizzati dal prevalere di schieramenti centristi-conservatori, anche se sia la legislatura iniziata nel 1985, sia quella iniziata nel 1989, facevano registrare la rottura dell'alleanza di governo ed erano concluse da governi laburisti di minoranza guidati da G.H. Brundtland (già primo ministro per alcuni mesi nel corso del 1981 e prima donna ad assumere tale carica). Nello stesso decennio la situazione economica era contrassegnata da una serie di oscillazioni, legate alle diverse fasi congiunturali ma anche al nuovo ruolo esercitato sul mercato internazionale delle fonti di energia; ciò nonostante l'economia norvegese rimaneva assai progredita, e il PIL cresceva, tra il 1980 e il 1993, a un ritmo del 2,6% annuo. Sul piano internazionale rimaneva al centro del dibattito politico la questione dei rapporti con la NATO e con i paesi della Comunità economica europea.
Il governo Brundtland si contraddistinse per il favore manifestato nei confronti del processo di integrazione europea, che finì col dominare la campagna elettorale in vista delle consultazioni legislative del settembre 1993. La polarizzazione del dibattito favorì sia i laburisti dell'europeista Brundtland sia il Senterpartiet (SP, Partito di centro), decisamente ostile all'ingresso della N. nell'Unione Europea: mentre tutte le altre forze politiche, e in particolare i conservatori del Høyre (H), persero consensi, i primi passarono da 63 a 67 seggi (il 37% dei voti) e il secondo ottenne 32 seggi rispetto agli 11 delle precedenti elezioni (con il 16,8% dei voti). In ottobre si costituì, così, un governo laburista di minoranza presieduto ancora dalla signora Brundtland, che nel marzo 1994 raggiunse un accordo con l'Unione Europea per l'adesione a quest'ultima del suo paese. Tale adesione fu però respinta dal 52,4% dei votanti nel referendum che si svolse nel novembre successivo.
Sull'esito del referendum pesarono diversi fattori. In particolare, contribuirono alla vittoria di chi si opponeva all'ingresso nell'Unione Europea i timori diffusi tra agricoltori e allevatori, preoccupati che la concorrenza dei paesi europei potesse rendere meno competitivi i loro prodotti. Analoghe preoccupazioni caratterizzavano gli operatori del settore ittico, contrari all'eventuale accesso di imbarcazioni straniere nelle zone di pesca norvegesi.
Nell'ottobre 1996 il primo ministro Brundtland rassegnò le proprie dimissioni, adducendo motivazioni personali. Al suo posto re Harald v chiamò T. Jagland, che dal 1992 era il leader del DnA. Appena nominato Jagland dichiarò, tra l'altro, di voler incoraggiare l'espansione del settore privato mantenendo al tempo stesso un efficiente stato sociale e promuovendo una serie di investimenti nel campo dell'educazione, della ricerca scientifica e della cultura. Le diverse posizioni sul tema dell'integrazione europea ebbero un peso non indifferente anche nelle elezioni politiche del settembre 1997, che segnarono un calo di consensi dei laburisti e confermarono la frammentazione dell'elettorato di centro-destra.
Il DnA scese al 35,1% dei voti e a 65 seggi, mentre il Fremskrittspartiet (FrP, Partito del progresso), ottenne il 15,3% dei voti e 25 seggi, il Høyre il 14,3% e 23 seggi, il Kristelig Folkeparti (KrF, Partito cristiano-democratico), il 13,7% e 25 seggi, il Senterpartiet il 7,9% e 11 seggi.
Il leader del KrF, K.M. Bondevik, in ottobre formò un governo di minoranza comprendente esponenti del suo partito, dei liberali del Venstre e del Senterpartiet. Indebolito dai contrasti interni, l'esecutivo entrò in crisi nel marzo 2000 e il leader del partito laburista, I. Stoltenberg, diede vita a un nuovo governo.
bibliografia
W.R. Shaffer, Politics, parties and parliaments. Political change in Norway, Columbus 1998.