NOVENARIO
. Verso di nove sillabe, corrispondente per il ritmo a un decasillabo acefalo con gli accenti sulla 2ª, 5ª, 8ª, o all'unione di due versi brevi: 5 + 4, 4 + 5, 4 + 6, 5 + 5 con l'elisione delle sillabe fra i due elementi. È raro nell'antica letteratura italiana, forse per la ragione addotta da Dante (quia triplicatum trisillabum videbatur, De Vulg. Eloq., II, v), che tuttavia l'usò nella ballata Per una ghirlandetta. Nel Seicento lo rinnovò G. Chiabrera. e in tempi più recenti l'usarono N. Tommaseo, G. Carducci (nell'alcaica, neglì esametri e anche da solo in Jaufré Rudel), F. Cavallotti e soprattutto G. D'Annunzio e G. Pascoli, che ne temperarono la monotonia, variando l'accentazione comune. Se ne era valso pure il Manzoni nell'inno Ognissanti, rimasto incompiuto.
Bibl.: F. D'Ovidio, Sull'origine dei versi italiani, in Opere, IX, i, Napoli 1933.