NUBIA (A. T., 115)
Regione dell'Africa nord-orientale compresa fra il 24° e il 16° lat. N. e delimitata a E. dal Mar Rosso e a O. dal deserto Libico. Essa non ha confini precisi e non costituisce un'entità politica o amministrativa, essendo divisa fra l'Egitto e il Sudan Anglo-Egiziano. Riferendoci al Nilo che l'attraversa longitudinalmente, e la cui valle costituisce in sostanza la sola parte abitabile della regione, si può dire che la Nubia ha per limiti a nord le cateratte di Assuan, a sud la confluenza del Nilo Azzurro col Nilo Bianco presso Khartum. Il fiume descrive in questo tratto un gigantesco S ed è assai stretto, talora con sponde rocciose, interrotto da rapide - le sei famose cateratte - che ne rendono difficile la navigazione. Procedendo da nord a sud, cioè a ritroso della corrente e secondo l'ordine in cui vengono generalmente enumerate, queste sono: la cateratta di Assuan sulla quale è impostata la grande diga di ritenuta per l'irrigazione dell'Egitto, la seconda cateratta situata presso Wādī Halfā, al confine fra l'Egitto e il Sudan, la 3ª cateratta posta 135 km. più a sud; fra la 3ª e la 4ª cateratta la riva sinistra è fiancheggiata su una lunghezza di 250 km. da una plaga coltivabile abbastanza ampia, che costituisce la provincia di Dongola (v.); 110 km. a S. della 4ª è Abu Hamed, posto al piede della 5ª cateratta, che si prolunga per 185 km. tra questa città e Berber, centro carovaniero per il Mar Rosso. Alquanto più a S., alla confluenza dell'Atbara, è El Damer. La 6ª cateratta, di Shabluka, è assai pittoresca, e si trova 300 km. a S. di Berber e 100 km. a N. di Khartum.
A prescindere dalle immediate vicinanze del Nilo, dove le acque subalvee mantengono una stretta e talora interrotta striscia di vegetazione, il clima estremamente secco della Nubia esercita in pieno la sua influenza, mantenendo il paese allo stato di deserto. Il deserto orientale o deserto di Nubia propriamente detto, è in parte formato da piattaforme tabulari di "arenaria nubiana" (v. africa: Geologia), che ricoprono più o meno perfettamente le rocce cristalline dell'imbasamento (graniti, scisti, ecc.), in parte da una vera catena montuosa o nucleo di rocce cristalline, appartenente al sistema detto dell'Etbai, che è la continuazione settentrionale dei rilievi etiopici ed eritrei. Il deserto occidentale, che in corrispondenza della grande ansa del Nilo tra Dongola e la 6ª cateratta prende il nome di deserto di Bayuda, si continua senza demarcazione dal deserto di Sahara ed è essenzialmente formato da tavolati d'arenaria attraversati da rocce vulcaniche porfiriche al M. Magaga e al M. Gekdal. Edifici vulcanici ben conservati sono segnalati fra Berber e Korti. Verso S. il deserto di Nubia fa transizione alle steppe del Sudan.
Storia. - Il nome di Nubia come regione a sud dell'Egitto nella valle del Nilo appare soltanto nel Medioevo. Esso designa prima la zona tra l'Egitto ed il regno meroitico (v. meroe) e cioè l'antico Dodecascheno (Δωδεκάσχοινος) e i distretti limitrofi; e successivamente lo staterello cristiano (e infine musulmano) di ‛Alwah e Dongola. Il nome Nubia deriva da quello della popolazione dei Nuba. I Nuba appaiono già in Strabone che li dice abitanti ai margini orientali della valle del Nilo tra Meroe e l'Egitto, distinguendoli dagli abitanti di Meroe; mentre in Tolomeo i Nuba sono detti vicini occidentali degli Aualiti (popolazione rivierasca dell'attuale Golfo di Aden), probabilmente per una confusione.
I Nuba vivevano dunque alla periferia dell'impero romano; e le loro incursioni nella valle del Nilo dovevano seriamente disturbare quelle zone estreme dell'impero, se già, secondo la leggenda accolta nel Chronicon Paschale, l'imperatore Decio inviò contro i Nuba stessi (qui detti Νομάδες) e i loro vicini Blemmî (e cioè i Begia) serpenti velenosi perché li scacciassero dai confini egiziani. Oggi si ammette dagli studiosi che la terra originaria dei Nuba sia stata l'attuale Kordofān; queste incursioni rappresentavano quindi il graduale movimento dei Nuba verso la valle nilotica. Ma l'avvenimento fondamentale nella storia della Nubia si ebbe nel 297 quando Diocleziano, preoccupato di opporre ai Blemmî, che si facevano sempre più minacciosi, un'altra popolazione barbara, fece spostare i Nuba nella valle del Nilo ammettendoli nel Dodecascheno con la missione di difendere la regione.
Da allora i Nuba guerreggiano per difendere il loro nuovo territorio; ma vengono quasi subito ricacciati dai Blemmî più a sud contro Meroe. Caduto il regno meroitico, i Nuba si estendono anche verso SE. tra Nilo e Atbara; e un'iscrizione etiopica del negus ‛Ezanā trovata in Aksum narra le vittorie degli Aksumiti contro i Nuba, che, secondo un'interpretazione dell'iscrizione stessa, appaiono divisi in "Rossi" e "Neri".
Mentre Blemmî e Aksumiti si erano convertiti al cristianesimo, la Nubia rimaneva pagana sino al sec. VI. Durante l'impero di Giustiniano, secondo quanto raccontano gli scrittori siriaci (Barhebreo e Giovanni da Efeso), l'imperatrice Teodora riuscì a ottenere, a mezzo del vescovo Giuliano suo legato, la conversione dei Nuba al cristianesimo monofisita in concorrenza di un'ambasciata che Giustiniano inviava al re dei Nuba per esortarlo ad accettare invece il cattolicismo. I Nuba divennero così dipendenti spiritualmente dal patriarcato monofisita di Alessandria, per quanto il loro legame col patriarcato non sia divenuto definitivo che alcuni decennî dopo. Intanto il principe dei Nuba e di tutti gli Etiopi di nome Silkō riusciva a battere i Blemmî e a occupare una parte del territorio già tenuto da costoro sul Nilo fra cui le città di Taphis e Talmis, celebrando poi queste sue imprese in un'iscrizione greca a noi pervenuta. L'indebolimento dei Blemmî e lo scadere (nel 552) della pace centennale conclusa tra l'impero d'Oriente e i Blemmî da Massimino, indussero Giustiniano a inviare nelle regioni a sud dell'Egitto una spedizione comandata da Narsete, il quale sottomise l'intiero territorio dei Blemmî sul Nilo, avendo come ausiliario Ergamene, principe dei Nuba e successore di Silkō (del cui regno si ha un'iscrizione copta). Narsete stabilì a Talmis un esarca. Ma ben presto, dopo la morte di Giustiniano, i Nuba prevalsero e File divenne l'estrema frontiera meridionale dell'Egitto sino alla conquista araba.
L'occupazione dell'Egitto da parte degli Arabi isolò le cristianità di Nubia e di Abissinia. E, d'altronde, i due regni cristiani a sud dell'Egitto venivano poi molto spesso confusi nei documenti (arabi) sotto il comune nome di al-Habashah che assumeva presso gli scrittori un significato analogo a quello dell'Etiopia degli antichi. Ma la Nubia conservava la sua religione; e, benché si fossero stabilite in Assuan e verso ‛Ayḍāb tribù arabe (o arabizzate), ancora nel secolo XII una scala copta enumera dodici vescovati in Nubia. A questa persistenza del cristianesimo corrisponde lo sviluppo della piccola letteratura del cosiddetto "Nuba cristiano" (v. sotto). E, politicamente, il cronista egiziano Abū Ṣālih parla della Nubia ai principî del sec. XIII come di uno stato ancora forte.
Ma nella seconda metà di quello stesso secolo il consolidamento dell'Egitto dei Mamelucchi sotto il regno di Baibars (v.) preparava la fine della Nubia cristiana. Un'imprudente spedizione del re Dāwūd di Dongola contro l'Egitto (nel 1274-1275) provocava una prima reazione egiziana; cui seguiva, a breve distanza di tempo, l'invio di una spedizione per ordine di Baibars il quale poneva sul trono di Dongola il nipote di Dāwūd, di nome Skanda, come vassallo dell'Egitto. Skanda fu altresì obbligato a far pagare la gizyah ("capitazione") ai cristiani di Nubia, considerandosi così ufficialmente la Nubia come paese musulmano. A lui successe Karanbos che nel 1316-17 fu detronizzato per ordine del sultano Muḥammad an Nāṣir, cessando così il regno cristiano di Nubia. Il paese s'islamizzò rapidamente; e già Ibn Battūtah che visitò la Nubia poco dopo il 1325 parla di un re musulmano Ibn Kanz ad-din che regna su un paese in cui persistono alcuni nuclei cristiani.
Il regno già cristiano di Nubia, poco dopo la conquista musulmana, fu meta di una missione cattolica italiana, quella di Bartolomeo da Tivoli che nel 1330 fu nominato vescovo di Dongola. Contemporaneamente il commercio genovese, giovandosi del trattato del 1290 fra Genova e l'Egitto, cercava nuove vie verso l'alta valle del Nilo; e il Francescano di Castiglia, che scriveva il suo Libro del Conoscimiento tra il 1348 ed il 1375 (ma riferendosi spesso a fonti più antiche) diceva di aver trovato nel regno di Dongola mercanti di Genova. Così, mentre fra Brocardo Alemanna nel 1332 parlava ancora di un regno di Nubia cristiano che confinians cum Egypto aliquando de Soldano Babiloniae victoriam obtinuit et triumphum, le notizie più recenti portate in Europa dai Genovesi cominciano ad apparire già nel planisfero di Angelino Dalorto (del 1339) che divide la Nubia cristiana (che è per lui la stessa cosa dell'Abissinia) dalla Nubia Saracenorum. E quindi le carte della scuola genovese-catalana di Maiorca, che dal Dalorto dipendono, conservano ancora sino a tutto il sec. XV il ricordo della Nubia musulmana nemica dei cristiani sudditi del Prete Gianni Etiope (v. prete gianni): ricordo passato poi nell'Orlando Furioso (canto XXXIII) perché l'Ariosto ebbe a fonte dell'episodio del volo di Astolfo, per la parte geografica, proprio carte della scuola di Maiorca. Per la storia più recente v. egitto: Storia; sennār; sudan: Storia.
Lingua e letteratura. - Il nuba ci è oggi noto in due suoi differenti stadî: il nuba medievale (conosciuto col nome di "nuba cristiano" o anche di "nuba antico") e il nuba moderno.
Il "nuba cristiano" fu reso noto agli studiosi dalla scoperta (fatta dallo Schmidt) di alcuni frammenti nelle collezioni di manoscritti della Biblioteca reale di Berlino. Tali frammenti (di un lezionario del secolo X o XI d. C.) e un apocrifo "Insegnamento sulla Croce dato da Cristo agli Apostoli" furono studiati e pubblicati dallo Schäfer nel 1907. Poco dopo in manoscritti del British Museum venivano ritrovati un testo relativo a S. Mena e frammenti dei cosiddetti "Canoni Niceni"; ed íl Griffith ed il Budge li traducevano e pubblicavano. Alla decifrazione di questa piccola letteratura cristiana nuba seguiva infine nel 1931 lo studio linguistico del nuba medievale le cui basi erano poste dall'orientalista austriaco Zylharz. Il "nuba moderno " ha, una ricca letteratura popolare che è stata oggetto di parecchie raccolte negli ultimi cinquanta anni a opera specialmente della scuola (viennese) di Leo Reinisch. Il nuba è oggi parlato in alcune zone della Nubia e nel Kordofān. Si sogliono distinguere varî dialetti nuba:
1. nella Nubia: a) il dialetto Kenzi parlato nella regione fra Assuan e Korosko e lungo il Wādī el-Kenuz; b) il dialetto di Dongola parlato nell'omonimo centro abitato; c) il dialetto Fadigia parlato a sud del dialetto Kenzi da Korosko per Wādī Ḥalfā sino a Wādī Ibrāhīm; d) il dialetto Maḥasi parlato nel cosiddetto Dar el-Mahas. Questi quattro dialetti formano un gruppo abbastanza omogeneo cui si contrappone;
2. nel Kordofān: il nuba del Kordofān, detto anche "nuba delle montagne" (Bergnubisch nei lavori della scuola viennese), che ha proprie caratteristiche.
Il nuba, che Friedrich Müller collegava in una sola famiglia col ful dell'Africa occidentale (il ricordo di questa antica classificazione è rimasto a base dell'errore spesso ripetuto in lavori sull'Eritrea nei quali si parla dell'appartenenza del cunama a una famiglia nubah-fulah!), venne dal Lepsius, che per primo lo studiò, ascritto invece alla famiglia delle lingue negro-africane del Sudan. Il Reinisch, in un libro rimasto fondamentale per gli specialisti, cercò di collegare il nuba col cuscitico. Oggi è ammesso che il nuba appartiene alle lingue negro-sudanesi di cui rappresenta l'estremo gruppo orientale: e ciò sia pure con la grandissima autonomia che appunto sogliono avere i gruppi minori entro la poco compatta famiglia linguistica negro-sudanese.
La decifrazione del meroitico (v. meroe) ha dimostrato come fossero infondati i tentativi di spiegare le iscrizioni di Meroe col nuba moderno ed erronea l'idea (del Lidzbarski) che il meroitico stesse al nuba come la lingua delle iscrizioni libiche al berbero attuale.
Bibl.: E. Rüppell, Reisen in Nubien, Kordofan, ecc., Francoforte 1829; F. Caillaud, Voyage à Meroé, Parigi 1826; A. Figari Bey, Studi scientifici sull'Egitto e sue adiacenze, Lucca 1864; L. Santoni, Alto Egitto e Nubia, Roma 1905; E. Krentel, Geologie Afrikas, I, Berlino 1925. Per la storia v. E. Révillout, Mémoire sur les Blemmyes à propos d'une iscription copte trouvée a Dendur, Parigi 1874; id., Second mémoire sur les Blemmyes d'après les inscriptions demotiques des Nubiens, Parigi 1887; L. Woolley e D. Randall-Mac Iver, Karanog, the Romano-Nubian Cemetery, Filadelfia 1910; C. Conti Rossini, Storia di Etiopia, I, Roma 1928; id., Il "Libro del Conoscimiento" e le sue notizie sull'Etiopia, in Bull. Soc. geogr., Roma 1917; E. Cerulli, Il volo di Astolfo sull'Etiopia nell'"Orlando Furioso", in Rend. Accad. Lincei, Roma 1932. Per la lingua v.: Schmidt e Schäfer, Die ersten Bruchstücke christlicher Litteratur in altnubischer Sprache, in Sitz. preuss. Akad. Wiss., 1906; id., Die altnubischen christlichen Handschriften der K. Bibliothek zu Berlin, ibid., 1907; Griffith, The Nubian texts of the Christian period, Berlino 1913; Wallis Budge, Texts relating to S. Mena of Egypt and Canons of Nicaea in a Nubian dialect, Londra 1909; Zylharz, Grundzüge der nubischen Grammatik im christlichen Frühmittelalter, Vienna 1928; Leo Reinisch, Die Nuba Sprache (voll. 2), Vienna 1879; id., Die sprachliche Stellung des Nuba, Vienna 1911; H. Junker e W. Czermack, Kordofân Texte im Dialekt von Gebel Dair, Vienna 1913: P. Daniel Kauezor, Die bergnubische Sprache (Dialekt von Gebel Dlen), Vienna 1920; H. Junker e Schäfer, Nubische Texte im Kenzi Dialekt, I, Vienna 1913.
E. Cer.