NUMIDIA (Numidia, Νουμιδία)
È la regione dell'Africa settentrionale abitata dai Numidi. Sennonché questo nome ha avuto nell'antichità estensione ed applicazione varia, a seconda dei tempi e dei mutamenti politici verificatisi attraverso i secoli in quella parte del continente compresa sul Mediterraneo fra l'Oceano e la Grande Sirte.
Occorre innanzi tutto osservare che l'origine stessa del nome è incerta. Il nome Numidia e quello degli abitanti, nella forma Numidae, ci sono peruenuti attraverso le fonti latine, mentre alcuni scrittori greci, come Diodoro Siculo, Polibio, ecc., usano il termine Νομάδες. È stata perciò affacciata l'ipotesi che si tratti di un nome creato dai Greci in relazione alla vita pastorale e nomade degl'indigeni, e che i Romani avrebbero poi adottato. Ma in mancanza delle prove di tale passaggio, e tenuto conto della forma che presenta il nome latino, è possibile e forse più naturale considerarlo come di origine libica, del che dà un indizio anche la consonante iniziale n che insieme con m appare in molti nomi di popolazioni nord-africane e che si spiega con la morfologia berbera. I Romani, sentendolo dai nativi, lo avrebbero latinizzato in Numidae, e i Greci per una di quelle etimologie popolari tanto frequenti nella toponomastica antica lo avvicinarono a Νομάδες.
Certo il nome di Numidae in età romana noi lo troviamo usato in due sensi: uno particolare, a indicare singole tribù, abitanti le une intorno a Thubursicu Numidarum (oggi Khamissa), le altre alquanto più a occidente, in Mauretania; e uno generale, comprendente tutti gl'indigeni stanziati fra il regno mauro a occidente e il dominio di Cartagine, poi provincia dell'Africa proconsolare, a oriente: senza poi tener conto di usi ancora più generali, per cui sotto il nome di Numidi si abbracciano talvolta tutti i Libî dall'Oceano alla Grande Sirte. Ma anche nel secondo dei sensi ora accennati, il nome ha avuto varia estensione, a seconda del mutare dei confini sia del regno di Mauretania sia della provincia dell'Africa proconsolare; tali mutamenti si possono seguire tracciando la storia del regno di Numidia.
Le prime notizie precise intorno a questo si hanno nella seconda metà del sec. III a. C., al tempo della seconda guerra punica; allora, tra la Mauretania e il dominio di Cartagine, erano due regni, ambedue detti di Numidia: uno a occidente, quello dei Massesili, separato dalla Mauretania dal fiume Mulucha (Moulouya) e comprendente le città di Siga e di Cirta, l'altro, dei Massili, a oriente. Il limite fra i due sembra fosse al Capo Treton (oggi Capo Bougaroun): regni di volta in volta in lotta o in amicizia con gli stati vicini, e tra loro; di confini pertanto malsicuri e oscillanti, di dubbia autorità, soprattutto sulle varie tribù che li costituivano e sulle città fenicie e puniche, stanziate ab untiquo sulla costa, ma pur tuttavia stati aventi una sufficiente organizzazione politica, tale per lo meno da rappresentare nella storia del paese, che in questo scorcio del sec. III a. C. stava per essere agitata e drammatica, una parte importante. Non così invece sembra fosse prima di questo tempo. Ché di Numidi noi sentiamo parlare in tutte le guerre africane sin dalla fine del sec. IV: nella campagna di Agatocle, nella spedizione di Regolo, nella guerra dei mercenarî; ma in ognuna di queste essi compaiono come tribù distinte e divise, che agiscono ciascuna per sé e partecipano ora per l'una ora per l'altra delle parti in lotta e passano dall'una all'altra di esse, con quella mancanza di fede e mutabilità di sentimenti che anche più tardi scrittori greci e romani rimprovereranno agl'indigeni africani come uno dei loro maggiori difetti. D'altronde tale doveva essere il numero di queste popolazioni numide, e tale la loro abilità, specie nel combattere a cavallo, che del loro aiuto non poteva fare a meno chiunque era per guerreggiare nell'Africa: anche nel tempo dell'impero esse forniranno a Roma corpi scelti di cavalleria.
Se alla fine del secolo terzo noi troviamo i due regni già ricordati dei Massesili e dei Massili, ciò vuol dire che sotto l'influsso della civiltà cartaginese, e per naturale sviluppo di circostanze o per abilità di capi, le due tribù di quel nome erano riuscite, poco prima di questo tempo, a imporre la loro supremazia sulle tribù vicine e a costituirsi in stati regolarmente organizzati. Gli avvenimenti degli ultimi anni della seconda guerra punica inseriranno sempre più la Numidia nella storia dell'Africa e del Mediterraneo. Un corpo di cavalleria numida fornito dal re dei Massili, Gaia, e comandato dal figlio di questo, Massinissa, combatteva già da qualche tempo nell'esercito cartaginese in Spagna; ma l'intensificarsi della lotta fra Cartagine e Roma, e il divisamento di Scipione di portar la guerra sul suolo africano, spinsero i contendenti a cercare più stretta alleanza con i due regni africani, e specie col maggiore di essi, quello dei Massesili, allora retto da Siface. Questi era stato già prima, circa il 213, in guerra con Cartagine, ma la pace era stata poi ristabilita fra i due; sembra anche che qualche anno dopo egli avesse mandato un'ambasceria a Roma per offrire la sua amicizia, ma la cosa è dubbia. Certo è che, nell'estate del 206, Scipione, venuto espressamente dalla Spagna, e Asdrubale, figlio di Giscone, di ritorno da questa a Cartagine, si trovarono insieme a Siga, alla corte di Siface, venuti ambedue a sollecitare l'aiuto e l'alleanza del piccolo, semibarbaro sultano numida; il quale, fiero di tanto omaggio, e non senza propositi di vantaggi personali, volle tentar la parte di paciere fra le due parti nemiche: al qual tentativo Scipione seppe sottrarsi con abilità. Secondo Tito Livio il generale romano riuscì a stringere con Siface l'alleanza che ne desiderava; se pure la notizia è esatta, il patto non fu né lungo né efficace: quando Scipione sbarcò nell'Africa, Siface fu tutto dalla parte di Cartagine, che lo aveva legato a sé favorendolo nella lotta vittoriosa con il vicino regno dei Massili, e dandogli in moglie una donna della famiglia dei Barcidi, Sofonisba.
Il regno dei Massili infatti, morto Gaia, mentre Massinissa, ancora in Spagna, aveva tentato non senza frutto qualche approccio con Scipione, era stato oggetto di contesa fra i successori del sovrano defunto. L'eredità del trono era spettata, secondo la legge vigente fra i Numidi, al membro più anziano della famiglia reale, cioè a Oezalce, fratello di Gaia; ma morto presto anche Oezalce, il trono era stato disputato al figlio maggiore di lui, Capussa, da un tal Mazetullo, appartenente a un ramo secondario della famiglia; il quale tuttavia, riuscito vincitore, aveva proclamato re il fratello minore di Capussa, Lacumaze. Massinissa, tornato nell'Africa, aveva assalito Lacumaze e Mazetullo e li aveva vinti, benché essi avessero ricevuto larghi aiuti di uomini da Siface, e fossero stati favoriti dai Cartaginesi. La sua vittoria aveva impensierito il re dei Massesili e Cartagine: Siface, messo in armi contro di lui un forte esercito, dopo varie drammatiche vicende era riuscito a cacciarlo dal regno e a impadronirsi di questo: dal Mulucha al territorio cartaginese si era formato così un solo grande stato. Tutto ciò era avvenuto fra la fine del 206 e la fine del 205.
Scipione, scendendo nel 204 nell'Africa, trovava pertanto chiarita, sebbene non in suo favore, la posizione politica dei Numidi: Siface era alleato di Cartagine, Massinissa, profugo dal regno nella regione degli Emporia, privo di esercito, ma tuttavia fornito, per le sue alte qualità personali, di un forte ascendente sulle popolazioni indigene, era dalla sua parte.
La campagna africana di Scipione, i successi da lui riportati, ai quali Massinissa collaborò efficacemente, rovesciarono la situazione: già dopo la vittoria dei Campi Magni (primavera del 203) Siface, inseguito da Lelio e da Massinissa, aveva tentato invano di arrestare la marcia di questi; in una nuova battaglia non lontano da Cirta egli era stato sconfitto e fatto prigioniero. Cirta era caduta subito dopo, e tutto o quasi tutto il regno (è probabile che la parte occidentale di esso rimanesse nelle mani di Vermina, figlio di Siface), era caduto nelle mani di Massinissa e dei Romani.
La pace seguita alla vittoria di Zama rafforzò la posizione di Massinissa: ché questi non solo ricevette formalmente dal senato tutto il territorio che era stato dei Massili e dei Massesili, cioè tutto il regno di Numidia, ma, in grazia di alcune clausole, forse intenzionalmente non chiare, del trattato, acquistò il diritto di rivendicare di fronte a Cartagine altre terre, e pertanto di estendere il suo territorio a danno di quest'ultima. Così fra la seconda e la terza guerra punica passarono sotto il regno di Numidia la regione degli Emporia, fino al fondo della Grande Sirte, e quella dei Campi Magni a occidente di Cartagine, il cui confine rimase al corso del fiume Tusca. D'altro lato Massinissa seppe con abilità consolidare il suo stato, che divenne senza dubbio il più grande e potente stato africano: egli rimosse o ridusse a più ristretti poteri i piccoli regoli sottoposti; frenò il nomadismo delle popolazioni, favorendo lo sviluppo dell'agricoltura; perfezionò la struttura interna del regno, aprendolo sempre più all'influenza della civiltà punica e di quella romana. In contrasto continuo con Cartagine, fino a provocarla alla guerra, egli si tenne di fronte a Roma nell'atteggiamento di sovrano cliente ed amico, fornendo sovente alla repubblica aiuto di uomini, di frumento, di elefanti.
La caduta di Cartagine non portò mutamenti territoriali nei riguardi della Numidia. Frattanto, all'inizio della terza guerra punica, nel 148, Massinissa era morto, e Scipione Emiliano ne aveva regolato la successione, dividendola fra i tre figli legittimi di lui, Micipsa, Gulussa e Mastanabale. Ma morti ben presto gli ultimi due, Micipsa rimase solo sul trono, che tenne fino al 118 a. C., mantenendosi fedele cliente di Roma. Le cosè si complicarono alla sua morte; egli aveva diviso il regno tra i figli Iempsale e Aderbale e il nipote Giugurta, ma questi prese presto il sopravvento sugli altri. Iempsale fu ucciso, Aderbale fuggì a Roma; invano questa tentò regolare la contesa dividendo in due parti il regno, e dandone a Giugurta la parte occidentale, ad Aderbale quella orientale. Dopo qualche anno la lotta scoppiò di nuovo: Giugurta assediò Aderbale a Cirta, già allora largamente frequentata da commercianti italici, né s'indusse a togliere l'assedio per l'intervento di Roma. La caduta della città, l'uccisione di Aderbale e la strage degl'Italici spinsero Roma alla guerra con Giugurta (v.).
Al termine di essa le condizioni della Numidia si trovarono a essere mutate: la parte occidentale, per quale estensione precisa non sappiamo, fu dai Romani data al re dei Mauri, Bocco, in premio dell'aiuto prestato contro Giugurta; il regno fu concesso a Gauda, nipote di Micipsa e fratello di Giugurta, ma forse non per intero: è probabile che un secondo regno di Numidia, di estensione territoriale e di importanza minore del primo, fosse fin d'allora ricostituito a occidente di questo, nel territorio già dei Massesili.
Certo di due regni di Numidia noi abbiamo ricordo, più tardi, nella prima metà del sec. I a. C. al tempo della guerra civile fra Mario e Silla, e dell'intervento di Pompeo nell'Africa. La costituzione della provincia africana e la guerra di Giugurta avevano decisamente inserito l'Africa nella vita politica di Roma, e la Numidia era un regno cliente, della cui amicizia i protagonisti di questa politica non potevano non tener conto: i re dal canto loro, arbitri di vaste risorse di uomini, di animali, di grano, senza pregiudizî di fedeltà e lealtà, sapevano mercanteggiare quest'amicizia come meglio loro convenisse. Così si spiega la parte avuta dalla Numidia in tutta la storia di Roma del sec. I fino alla battaglia di Tapso.
Morto Gauda prima dell'88, gli era successo Iempsale, che in quell'anno accolse Mario fuggiasco da Roma; più tardi, cacciato dai suoi sudditi, era stato rimesso sul trono da Pompeo; fino a quando regnasse non sappiamo: nel 50 era già re il figlio di lui Giuba I, il cui dominio abbracciava e chiudeva la provincia romana: Cirta, a occidente, era di esso la città più ricca; la capitale, o una delle capitali, era Zama, la cui posizione precisa è sconosciuta, ma che certo era nella regione centrale dell'odierna Tunisia; verso oriente il regno si estendeva fino alla Grande Sirte: Leptis Magna però, e forse anche altre colonie fenicie, godevano nello stato di una certa autonomia.
Del secondo regno di Numidia, a occidente di Cirta, fra questa e la Mauretania, pur non potendo dubitare della sua esistenza, (ché abbiamo ricordo di alcuni dei suoi sovrani) sappiamo ben poco: certo esso seguiva la politica e le sorti dello stato più grande. Del quale la fine fu segnata dalla sua partecipazione alla guerra fra Cesare e Pompeo (v. giuba i). La vittoria di Cesare a Tapso (46 a. C.) determinò l'annessione della Numidia a Roma e la sua trasformazione in provincia. Tuttavia la parte occidentale di essa, quella che aveva costituito il secondo regno di Numidia, di cui era re in questo tempo un tal Massinissa, fu in parte, fino all'Ampsaga, (el-Kebir) donata a Bocco, re della Mauretania, che era stato alleato di Cesare, e in parte, la regione di Cirta, costituita in piccolo stato autonomo sotto Sizio Nucerino, che pure aveva validamente contribuito al successo del dittatore: per breve tempo tuttavia, ché, morto Sizio pochi mesi dopo le idi di marzo del 44, in occasione di un vano tentativo fatto da Arabione, figlio di Massinissa, di riprendere il regno, la regione fu riunita alla provincia romana.
La vita della Numidia come tale s'inizia nel 46 a. C. Si era ritenuto (v. africa), sulla base di alcuni passi di Dione Cassio e di Strabone, che Augusto nel 30 a. C. avesse ricostituito il regno di Numidia, dandolo a Giuba II, e nel 25 invece lo avesse di nuovo soppresso, passando Giuba sul trono di Mauretania; recentemente S. Gsell, dopo un più preciso esame dei testi e il confronto di essi con altre testimonianze, ha dimostrato che tale opinione è da scartare: Giuba II ebbe solo nel 25 la Mauretania, e il regno di Numidia non fu dopo il 46 mai più ricostituito.
La Numidia, trasformata in provincia, ebbe per primo governatore Sallustio; quanto alla capitale è incerto se fosse a Zama o a Thugga: il suo nome ufficiale fu Africa nova, ma il nome Numidia rimase tuttavia nell'uso, e finì a poco a poco per prevalere.
D'altronde le due provincie non restarono a lungo divise: nell'assetto dato al governo provinciale da Augusto, esse compaiono come una provincia sola, quella dell'Africa, seppure questa unione, per le speciali condizioni in cui la provincia stessa venne a trovarsi dal punto di vista politico e militare, dovette far derogare Augusto dal principio che egli aveva posto a base del suo ordinamento. L'Africa fu infatti compresa fra le provincie di governo senatorio; sennonché come tale essa non avrebbe dovuto avere presidio militare. Invece la sicurezza delle regioni occidentali e meridionali, di quelle cioè che avevano soprattutto costituito il regno di Numidia ed erano entrate da poco sotto il dominio romano, non era tale da consigliare di lasciarle indifese: onde in esse rimase di guarnigione una legione, oltre a corpi ausiliarî. Così avvenne che il governo della provincia fu affidato insieme a un proconsole senatorio e a un legato imperiale: questi avrebbe dovuto essere soggetto a quello, ed esercitare le sue funzioni sulle truppe e sulla parte della provincia di governo militare. Ma tale anormale stato di cose non poteva non dar luogo a inconvenienti, determinati o da un eccessivo potere del proconsole, o da un conflitto di poteri fra i due governatori: onde Caligola, nel 37 d. C., divise di fatto le due giurisdizioni, lasciando al proconsole senatorio il governo della regione pacificata, e dando al legato imperiale della legione quello della zona ove erano stanziate le truppe. Il progressivo accentuarsi di tale distacco finì per determinare la costituzione in provincia autonoma della regione di governo militare: ciò trovò la sua sanzione definitiva al tempo di Settimio Severo, che organizzò regolarmente la provincia della Numidia. Tale nome infatti era quello rimasto alla regione di governo militare, non perché questa corrispondesse interamente a quello che era stato il regno di Numidia, ma perché certo ne comprendeva, come si è accennato, la parte maggiore. Una parte invece, e precisamente quella subito a occidente della vecchia provincia africana, presto pacificata e romanizzata, fu senz'altro unita all'Africa proconsolare, ma anche in essa si conservò il ricordo dell'originaria appartenenza al regno numida, perché costituì, nella provincia dell'Africa proconsolare, la diocesi detta ora Hipponiensis (da Hippo Regius), ora Numidiae. D'altronde è ovvio pensare che i confini fra l'Africa proconsolare e la Numidia non furono né potevano essere, chiaramente e stabilmente definiti: v'era tra le due provincie una zona intermedia, dove solo il progresso della romanizzazione poteva far venir meno il bisogno della difesa armata e quindi del governo del legato imperiale, e tale progresso era lento, seppur continuo. Nessuna meraviglia pertanto che qualche zona, che nel primo e nel secondo secolo sappiamo ancora dipendente dal legato della legione, fosse invece nel terzo compresa nell'ambito della provincia proconsolare. Tale è il caso, ad es., di Theveste (Tebessa) e di Madauros.
Th. Mommsen prima, più recentemente lo Gsell in base ai risultati delle esplorazioni, hanno cercato di tracciare approssimativamente il confine fra le due giurisdizioni, soprattutto nel tratto occidentale e sudoccidentale dell'Africa proconsolare. Sul mare esso era poco a occidente di Hippo Regius, il cui territorio toccava quello di Cirta; poi scendeva verso mezzogiorno, lasciando all'Africa, almeno nel sec. III d. C., le città di Calama, Thubursicu Numidarum, Madauros, Theveste.
Più verso oriente la zona militare, e quindi la provincia di Numidia, seguiva la linea del limes, fino a comprendere tutta la parte interna della Tripolitania, la cui regione costiera invece apparteneva all'Africa proconsolare. A mezzogiorno i confini della provincia erano di fatto segnati dal progressivo avanzamento dell'effettiva occupazione romana. Il legato della legione, cui spettava di naturale diritto il governo della regione, e poi più tardi quello della provincia, risiedeva dove aveva stanza la legione, cioè a Theveste prima, poi a Lambesi. Fino a che rimase formalmente unita all'Africa proconsolare, la Numidia non ebbe gli altri organi dell'amministrazione provinciale: ad es., l'assemblea, raccolta, come è noto, intorno al culto imperiale; pare certo invece l'avesse dopo Severo. Abbiamo inoltre memoria di procuratores per l'amministrazione dei beni imperiali.
La vita della Numidia fu strettamente legata a quella dell'Africa propriamente detta, e ne seguì le vicende, mantenendosi sulle stesse linee di essa per quanto riguarda lo sviluppo economico e civile; certo tale sviluppo che nella Numidia, più che nell'Africa proconsolare, ebbe origine di carattere precipuamente militare, raggiunse un grado diverso d'intensità, nelle diverse regioni: fu più avanzato in quelle più prossime al mare o ai grandi centri urbani di Cirta, Lambesi, Thamugadi (Timgad), fu minore nelle regioni più interne, facilmente esposte alle incursioni delle tribù non domate.
L'ordinamento dioclezianeo divise la Numidia in due parti: la principale, comprendente la regione occidentale, detta Numidia Cirtensis o Constantina, con capitale a Cirta (Constantina), eretts da un praeses alle dipendenze del vicarius Africae; l'altra, della quale sappiamo ben poco, tanto che da qualcuno ne fu messa in dubbio, pare a torto, l'esistenza: la Numidia Militiana, che, dal nome stesso, dobbiamo pensare abbracciasse la zona meridionale, presidiata; sennonché tale divisione fu, sembra, di breve durata: forse già nel 320, posto il comando militare di tutta l'Africa nelle mani di un solo, il comes Africae, la Numidia Militiana fu riunita alla Numidia Cirtensis, sotto la giurisdizione di un consularis.
Tra le antichità indigene della regione sono da ricordare le epigrafi libiche che in maggioranza sono state rinvenute nell'Algeria orientale, tanto che la prima grande raccolta di esse pubblicata nel 1870 da L.-L.-C. Faidherbe porta il titolo di Collection complète des inscriptions numidiques (Parigi 1870). Per altri monumenti v. algeria: Antichità libiche; Etnografia.
Bibl.: Ch. Tissot, cographie comparée de la province romaine d'Afrique, I, Parigi 1884-88, pp. 391, 445-482; S. Gsell, Monuments antiques de l'Algérie, ivi 1901; id., Histoire ancienne de l'Afrique du Nord, III, ivi 1920-1928, pp. 175-98; V, pp. 105-09 e passim; id., G. Marçais e G. Yver, Histoire de l'Algérie, ivi 1927; Ch.-A. Juien, Histoire de l'Afrique du Nord, Parigi 1931, p. 102 segg.; Corp. Inscr. Lat., VIII, Prefaz.; S. Gsell, Inscript. lat. d'Algérie, I, Parigi 1922, prefaz.; G. Goyau, La "Numidia militiana" de la liste de Vérone, in Mélang. Écol. franç., 1893, p. 251 segg.; L. Müller, Numismatique de l'Afrique ancienne, Copenaghen 1862. V. anche africa: La provincia romana.