sinistra, nuova
Espressione usata in Italia e in altri Paesi occidentali per indicare l’insieme dei movimenti e dei gruppi politici di s. sviluppatisi fra gli anni 1960 e 1970, al di fuori e spesso in contrapposizione alle organizzazioni tradizionali della sinistra. Alla nascita della nuova s. contribuirono tra l’altro la crescita delle masse studentesche, lo sviluppo di una cultura giovanile di massa, la diffusione di nuovi contributi teorici di ispirazione marxista, l’influenza delle lotte di liberazione e dei movimenti rivoluzionari operanti nel Terzo mondo. Dal concorso di questi e altri fattori trassero alimento, durante gli anni 1960, correnti di opinione e movimenti di protesta che raggiunsero il massimo della diffusione e intensità nel 1968, allorché una forte ondata di agitazioni operaie e studentesche investì alcuni Paesi occidentali, giungendo in Francia a innescare una grave crisi politica. Queste vicende favorirono la nascita di piccole organizzazioni alternative alle tradizionali forze di s., che tuttavia non riuscirono quasi mai a conquistare il consenso di parti consistenti del movimento operaio, mantenendo in generale un’influenza circoscritta agli studenti o a particolari settori della popolazione. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, col riflusso dei movimenti di lotta, alcuni gruppi si sciolsero, altri diedero vita ad attività di carattere culturale, altri ancora furono riassorbiti dalle organizzazioni tradizionali della s.; alcune frange, infine, soprattutto in Germania e in Italia, diedero vita a forme di lotta armata. Negli anni successivi l’eredità della nuova s. fu in qualche modo raccolta sia dai settori di s. radicale presenti in alcuni Paesi, sia dai nuovi movimenti (femminismo, pacifismo, ambientalismo) sviluppatisi a partire dagli anni Settanta.
In Italia, i primi gruppi di opinione sorti all’esterno dei partiti tradizionali della s. negli anni Sessanta furono quelli costituiti attorno alle riviste Quaderni rossi (1961-65; promossa, tra gli altri, da esponenti della sinistra socialista come R. Panzieri) e Quaderni piacentini (fondata nel 1962). Da Quaderni rossi e Classe operaia (1964-67) ebbe origine un filone cd. operaista. Sull’onda del dissidio sino-sovietico si andavano intanto costituendo gruppi filocinesi, cd. marxisti-leninisti, il principale dei quali fu il Partito comunista d’Italia marxista-leninista (PCD’IM-L). A partire dal 1968-69, sorsero numerosi altri gruppi, caratterizzati dalla netta contrapposizione alle organizzazioni storiche della s., da un atteggiamento fortemente anti-istituzionale, dal «rifiuto della delega». Dal Movimento studentesco dell’università di Milano ebbe poi origine il Movimento dei lavoratori per il socialismo (MLS). A un filone di derivazione trotskista apparteneva invece Avanguardia operaia (AO), nata a Milano nel 1968 dall’incontro fra operai aderenti ai CUB (Comitati unitari di base sorti in varie fabbriche) e un’ala del movimento studentesco. Dal comitato operai-studenti di Torino ebbe invece origine il gruppo di Lotta continua (1969). Le lotte sociali portarono intanto al radicalizzarsi di alcune minoranze critiche anche all’interno delle organizzazioni tradizionali della s., dalle quali trassero origine nuovi gruppi. Dalla sinistra comunista nacque così (1969) il gruppo del Manifesto; dalle ACLI (1972) il Movimento politico dei lavoratori (MPL); dalla sinistra del PSIUP (➔ Partito socialista italiano di unità proletaria) il PDUP (Partito di unità proletaria). Nel 1975 nasceva, inizialmente come cartello elettorale, Democrazia proletaria. Tuttavia di lì a poco iniziò un’inversione di tendenza: gli effetti della crisi economica, lo sviluppo di una nuova cultura giovanile, la politica di «solidarietà nazionale» del Partito comunista italiano, aprirono una crisi nella nuova s. che, dopo lo scioglimento di Lotta continua (ott. 1976) e la spaccatura del PDUP e di Avanguardia operaia (febbr. 1977), subì un progressivo declino. Le stesse caratteristiche del movimento giovanile del 1977 furono una conferma di tale crisi: a un accentuato radicalismo esso affiancava una percezione esasperata della condizione giovanile contrassegnata dalla precarietà e un senso di estraneità nei confronti di tutte le forze politiche, comprese quelle della nuova s., trovando l’unico punto di riferimento nei collettivi di Autonomia operaia. Quest’ultima respingeva la logica della mediazione politica e sosteneva il metodo dell’«azione diretta» (autoriduzione di prezzi, tariffe, fitti, occupazioni di case, «espropri»). Nel 1977 alcuni suoi settori giunsero allo scontro frontale con lo Stato e con le stesse forze della s. storica, ma nella grave situazione apertasi col rapimento e l’assassinio di A. Moro (1978) il riflusso divenne inarrestabile. Negli anni 1990-2000, tuttavia, l’eredità della nuova s. fu in parte raccolta da settori della s. politica e sindacale, da esperienze di aggregazione giovanile come i «centri sociali», ma anche presso un’articolata area di opinione e da movimenti come quello pacifista o quello .