Abstract
In questo scritto viene esaminato il tema dell’obbligazione tributaria, illustrando, in sintesi, le diverse prospettive dogmatiche che hanno impiegato il concetto, il dibattito in ordine al relativo momento genetico e le ricostruzioni che ne hanno proposto il superamento o comunque ne hanno ridotto la centralità nella descrizione del fenomeno impositivo. Vengono, altresì, posti in luce alcuni connotati peculiari di essa e si presentano in breve le fattispecie di coinvolgimento di più soggetti nell’attuazione del prelievo, in particolare secondo gli schemi della coobbligazione, della responsabilità e della sostituzione. Si accenna, infine, alla vasta costellazione degli obblighi strumentali nel fisco di massa, anche con riguardo alla fase dei controlli.
Quale che sia il tipo di tributo, generalmente esso richiede l’adempimento di una prestazione pecuniaria (per talune deroghe cfr., ad es., artt. 39, d.lgs. 31.10.1990, n. 346 e 28 bis, d.P.R. n. 29.9.1973, n. 602). Sul piano descrittivo, sussiste, nella forma più semplice, un debitore (il contribuente) tenuto al pagamento, ed un creditore, di norma identificabile con un “ente pubblico” (ente impositore). È questa struttura, rappresentata nella sua architettura elementare, che induce ad ascrivere il legame tra i protagonisti del rapporto ad uno «schema di carattere obbligatorio» (Tinelli, G., Istituzioni di diritto tributario, Padova, 2010, 54). In questa impostazione di base si riconoscono diverse ricostruzioni che affidano a differenti formule la descrizione dell’unitario fenomeno (cfr. Zingali, G., Obbligazione tributaria, in Nss.D.I., Torino, 1968, 686). Poiché l’evocata sussistenza di una relazione debito/credito sembra costituire “la particella elementare” dell’imposizione, essa, sin dall’enucleazione del diritto tributario come scienza autonoma, ha attratto l’attenzione della dottrina, al punto che lo studio dell’obbligazione ha finito per identificarsi con la fondazione del diritto tributario tout court (Fregni, M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998, 2). Si è osservato, peraltro, che l’elaborazione del concetto ebbe il suo sviluppo originario essenzialmente avendo presente le imposte dirette (fondiaria in particolare), nel quadro di una dinamica del prelievo che esigeva specifici interventi dell’amministrazione ed in un assetto ordinamentale nel quale non figuravano meccanismi poi divenuti peculiari come ad es. i versamenti in acconto (Batistoni Ferrara, F., Obbligazioni nel diritto tributario, in Dig. comm., Torino, 1994, 297 ss.). Non è un caso, dunque, che le teorie prospettanti un ripensamento della figura facciano leva sull’evoluzione degli istituti dell’attuazione del rapporto tributario. Occorre, però, procedere con ordine.
Il concetto di obbligazione è impiegato in diverse sistemazioni dogmatiche. Emerge in letteratura (Fregni, M.C., op. cit., 59 ss) come la nozione sia essenziale per la teoria che qualifica il rapporto giuridico d’imposta come rapporto complesso, nel quale, pur riscontrandosi una pluralità di diritti ed obblighi dei soggetti pubblico e privato (ed anche di terzi coinvolti nell’accertamento o nella riscossione), il debito tributario rimane aspetto fondamentale e si identifica propriamente con un’obbligazione civilistica (Giannini, A.D., Il rapporto giuridico d’imposta, Milano, 1937, 57). Analogamente, l’obbligazione è nucleo centrale anche per chi ha ritenuto di superare la visione unitaria del rapporto giuridico d’imposta, considerando autonomamente le situazioni soggettive e gli atti che ne punteggiano lo svolgimento (Berliri, A., Appunti sul rapporto giuridico d’imposta e sull’obbligazione tributaria, in Giur. imp. 1954, III, 509, part. 510). In tale prospettiva risulta attenuata la rilevanza assegnata alla natura privatistica o pubblica dell’obbligazione, poiché, nel primo caso, occorrerebbe constatare la profonda influenza dell’intervento regolatorio amministrativo, mentre, nel secondo, si dovrebbe osservare l’idoneità della disciplina civilistica a colmare le lacune di quella pubblicistica (Berliri, A., Principi di diritto tributario, Vol. II, Tomo I, Milano, 1957, 63). Il concetto viene mantenuto fermo anche da quanti ritengono che l’obbligazione sia integrata da una fattispecie complessa a formazione successiva, venendo in essere al completamento di essa o nei casi in cui questa produca effetti anticipati definitivi (Cocivera, B., Accertamento tributario, in Enc. dir., Vol. I, Milano, 1958, 246, 247). Anche nell’ottica alloriana, l’obbligazione, seppur geneticamente collegata alla dichiarazione del soggetto passivo o all’attività della finanza (e solo eccezionalmente alla situazione-base, nella categoria dei “tributi senza imposizione”), identifica il rapporto tributario sostanziale, presenta un’“intensa tonalità pubblicistica”, si configura come species di un genus più ampio che pure ricomprende quella civilistica ed è correlata ad una determinata situazione di fatto, rivelatrice di attitudine alla contribuzione. Detta obbligazione, peraltro, è oggetto del processo solo in via mediata, attraverso l’impugnazione degli specifici atti costitutivi (Allorio, E., Diritto processuale tributario, Torino, 1953, 119 ss., 164). La figura è impiegata anche da chi ritiene che prima della nascita del debito d’imposta sia configurabile un «rapporto giuridico pubblicistico di contribuzione tributaria», complesso, di cornice e di durata. Si è affermato (Consolo, C., Processo e accertamento fra responsabilità contributiva e debito tributario, in Riv. dir. proc., 2000, 1035 e ss., part. 1048, 1049) che su tale rapporto cornice si fonderebbero doveri di collaborazione e protezione come il dovere, non già l’obbligazione, di compiere un’esatta dichiarazione. Così, la fissazione del dovuto, con il conseguente sorgere di un obbligo di diritto comune, si conseguirebbe con la dichiarazione o, in suo difetto e in caso di rettifica, con gli atti che la legge iscrive nella funzione di accertamento. Anche per le ricostruzioni che, dopo aver constatato il fondamento legale di un più generico dovere contributivo (tuttavia non riconducibile all’obbligazione per l’insussistenza di un diritto di credito del soggetto pubblico già attuale quando si realizza il fatto tipico), valorizzano piuttosto la sequenza di atti strumentali volti all’attuazione della norma tributaria, lo schema dell’obbligazione rimane rilevante (seppure come esito del procedimento) per descrivere il momento in cui si configura la concreta attualizzabilità della responsabilità del debitore (Micheli, G.A., Corso di diritto tributario, Torino, 1989, 161 ss). Così l’obbligazione, a misura dello spostamento in avanti della sua fonte, si spoglia gradualmente del suo contenuto particolare e pubblicistico, che attiene invece alle «forme positive di esercizio della funzione amministrativa di imposizione» (Micheli, G.A.,-Tremonti, G., Obbligazioni (dir. trib.), in Enc. dir., Milano, 1979, XXIX, 409 ss, part. 431 ss., 442).
Dai precedenti cenni si evince già come, pur se l’obbligazione è comune a differenti ricostruzioni dottrinali, diverse siano le convinzioni in ordine al momento in cui essa sorge. In sintesi, in una prospettiva definibile come “dichiarativa”, l’obbligazione nasce al verificarsi del “presupposto di fatto” espressivo di capacità contributiva (Russo, P., L’obbligazione tributaria, in AA.VV., Trattato di diritto tributario, Amatucci, A., diretto da, II, Padova, 1994, 4). In un’ottica costitutiva l’obbligazione sorge, invece, in forza degli atti applicativi, risentendo il momento genetico della modalità con cui avviene l’attuazione del dovere di concorso: in caso di autoliquidazione e versamento spontaneo, il momento costitutivo è identificabile nella dichiarazione, mentre nei casi in cui questa manchi ovvero sia oggetto di rettifica, l’effetto costitutivo è affidato, in tutto o in parte, all’atto provvedimentale di recupero (Allorio, E., Diritto processuale tributario, Torino, 1969, 579-580; Tesauro, F., Il rimborso dell’imposta, Torino, 1975, 95 ss.; 127 e ss., il quale, alla pagina 108, evidenzia come il fondamento dell’obbligazione non possa essere reperito nel solo presupposto, né nella sola dichiarazione, ma nella congiunta esistenza dell’uno e dell’altra, sicché in assenza e prima della dichiarazione non può esservi obbligazione). Si è, dunque, affermata la possibile configurabilità di una pluralità di obbligazioni, come ad es. nel caso che alla dichiarazione seguano controlli formali ex art. 36 bis d.P.R. 29.9.1973, n. 600, ovvero accertamenti parziali, integrativi, modificativi, oppure prelievi suppletivi o complementari (Falsitta, G., Manuale di diritto tributario, pt. gen., Milano, 2012, 296-297, ma v. contra, in prospettiva dichiarativa, Russo, P., Manuale di diritto tributario, pt. gen., Milano, 2007, 151). Tradizionalmente, residuava l’area dei cosiddetti “tributi senza accertamento”, nei quali il concretarsi della fattispecie imponibile determinava la necessità di eseguire la prestazione, salvo il (successivo) controllo dell’adempimento da parte dell’ufficio: in questi casi risultava, infatti, condiviso l’assunto secondo cui la realizzazione della fattispecie comportava la nascita dell’obbligazione (Russo, P. L’obbligazione tributaria, loc. ult. cit.). È certo, peraltro, che la distinzione tra tributi con e senza accertamento ha perso gran parte della sua rilevanza nel contesto della fiscalità di massa. Invero, se, da un lato, può dirsi ormai assai circoscritta la categoria di tributi che prevedano un intervento necessario dell’amministrazione, dall’altro si è accentuata la rilevanza dei poteri autoritativi in fase di controllo, al punto che l’attuazione del prelievo manifesta una coesistenza tra imposizione con e senza accertamento, rispettivamente quando intervengono atti provvedimentali e quando l’adempimento si attua spontaneamente (cfr. La Rosa, S., Accertamento tributario e situazioni soggettive del contribuente, in Riv. dir. trib, 2006, I, 735).
Il confronto dogmatico ha condotto a studi fondativi, ove si sono evidenziati criticità e punti di forza delle diverse visioni (ma anche percorsi di coniugazione: cfr. Basciu, A.F., Imposizione (procedimento di), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989).
Solo per accennare ad alcuni aspetti del dibattito (peraltro ritenuto in parte sopito in ragione delle profonde evoluzioni dell’ordinamento tributario: Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 400), alla tesi costitutiva si è addebitata una complessità ricostruttiva incompatibile con le finalità di ordine dell’attività interpretativa, per la moltiplicazione delle “entità” necessarie per descrivere la realtà del rapporto tributario, stante la necessità di diversificare la genesi dell’obbligazione a seconda delle concrete vicende di essa (Batistoni Ferrara, F., Obbligazioni nel diritto tributario, cit., 298, il quale, richiamando la giurisprudenza, osserva che questa si sarebbe attestata sulla tesi che egli reputa più lineare: anche di recente vi sono pronunce che negano la riconducibilità dell’obbligazione agli atti applicativi, in particolare alla dichiarazione, come ad es. Cass., S.U., 25.10.2002, n. 15063 e Cass., 15.5.2013, n. 11670). Si è, altresì, osservato come il momento ontologico di un obbligo vada tenuto distinto dalla fase esecutiva che ne presuppone il compiuto formarsi, ciò pur senza negare la rilevanza della fase dinamica dell’attuazione del rapporto (segno di un approccio definito “neo-dichiarativista”), culminante nel soddisfacimento di una pretesa creditoria però già sorta (Russo, P., L’obbligazione tributaria, cit., 16-18).
Per converso, alla tesi dichiarativista si è obiettato: che se l’obbligazione tributaria fosse già sorta ex lege, essa dovrebbe poter essere adempiuta in qualsiasi momento, mentre l’adempimento è condizionato da schemi procedurali sovente caratterizzati dalla presenza di atti dell’amministrazione; che se l’obbligazione avesse fonte legale, il contribuente dovrebbe poter attivare la tutela giurisdizionale in chiave di accertamento dei diritti soggettivi correlati al modo d’essere del rapporto, mentre invece detta tutela richiede l’“interposizione” di atti provvedimentali; che le regole sui termini decadenziali dell’azione impugnatoria non sarebbero compatibili con la fonte legale, per il consolidamento degli effetti derivanti dall’atto non impugnato (cfr. Allorio, E., op. cit., 74, 565, 70, 99, 553 nonché Tesauro, F., Lineamenti del processo tributario, Rimini, 1991, 38, il quale evidenzia gli aspetti problematici della “deprovvedimentalizzazione” degli atti e della “decostitutivizzazione” del processo). Si è aggiunto che il rilievo processuale dei vizi formali non si mostrerebbe coerente con la natura non costitutiva dei provvedimenti impositivi (per l’analisi di questa critica, cfr. Fransoni, G., Giudicato tributario e attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001, 153, ove si trovano considerazioni volte al superamento dell’obiezione).
Alle critiche mosse alla teoria costitutiva si è replicato: che il legame diretto con il presupposto del tributo pecca di astrazione, poichè la nascita dell’obbligazione dagli atti applicativi emergerebbe dalla circostanza che la dichiarazione, di regola, esaurisce la “fattispecie dell’accertamento”, non essendo seguita da fasi di controllo necessarie (se non nei limiti del riscontro estrinseco di cui all’art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973); che, se il soggetto passivo lascia decorrere i termini decadenziali senza attivare i rimedi accordatigli (rimborso, integrativa), l’obbligazione scaturente dalla dichiarazione si consolida anche in difetto del presupposto; che se nel giudizio sul rimborso siano accolte le ragioni del contribuente, l’obbligazione viene meno perché la sentenza annulla gli effetti della dichiarazione, anche qualora gli errori dedotti nell’istanza di restituzione non vi fossero stati; che la sussistenza di istituti come la dichiarazione integrativa per la correzione degli errori dimostrerebbe che quella originaria produce effetti propri, necessariamente da rimuovere con un nuovo atto. In caso di accertamento, poi, a prescindere dalla circostanza che il rapporto tra atti impositivi e dichiarazione vada inteso come annullamento/sostituzione della seconda da parte dei primi, ovvero come pluralità di obbligazioni complementari, è apparso chiaro il concorso del provvedimento a creare in tutto od in parte l’obbligazione (così Falsitta, G., Manuale di diritto tributario, Padova, IV ed., 2003, 384, ma anche VIII ed., Padova, 2012, 365).
Alle critiche mosse alla teoria dichiarativista si è replicato: che l’obbligazione tributaria ha matrice pubblicistica, ragion per cui ben può comprendersi come l’attuazione della stessa debba avvenire in termini, forme e modi previsti dalla legge; che il condizionamento della tutela alla presenza di atti impugnabili non comprova l’inesistenza previa dell’obbligazione rispetto al provvedimento, ma solo il difetto di una condizione dell’azione, cui è riconducibile l’interesse ad agire, condizione integrantesi nell’altrui vanto di una pretesa che si assume infondata, ciò che legittima all’azione di accertamento negativo; che neppure l’esecutività ed esecutorietà degli atti provvedimentali non impugnati sarebbe decisiva nel confermare la loro idoneità a costituire l’obbligazione, giacché non può configurarsi un limite assoluto per il Legislatore, se non quello della ragionevolezza, ad adattare la disciplina della decadenza anche a situazioni caratterizzate dalla presenza non già di interessi legittimi ma di diritti soggettivi, ciò in particolare quando si intenda circoscrivere l’assetto di determinati rapporti ad un tempo più breve, il che accade anche per il rimborso (cfr. Russo, P., L’obbligazione tributaria, cit., 12, 13).
I cenni al dibattito dottrinale inducono a prendere atto che le contrapposizioni dipendono in larga parte non tanto da diverse interpretazioni di specifici dati di diritto positivo ma da visioni complessive del fenomeno tributario, che portano con sé divergenze anche in punto di situazioni giuridiche sottese (così Fransoni, G., op. cit., 107).
Del dualismo tra teorie dichiarative e costitutive si è proposto un superamento nell’ambito di una visione procedimentale dell’esercizio della potestà di imposizione. Si è affermato, infatti, (cfr. Perrone, L., Riflessioni sul procedimento tributario, in Rass. trib., 2009, 43 ss., part. nota 16, il quale in questi termini illustra il pensiero di G.A. Micheli, Considerazioni sul procedimento tributario d’accertamento nelle nuove leggi d’imposta, in Riv. dir. fin., 1974, 620) che, alla luce della fungibilità dei moduli di attuazione del tributo, il problema della fonte dell’obbligazione cede il passo rispetto alla configurazione di una pluralità di situazioni giuridiche soggettive, attive e passive, in capo a soggetti diversi, tese, in uno schema appunto procedimentale, all’attuazione della potestà di imposizione ed al prelievo tributario, ciò che permette di pervenire ad un esame analitico della portata dei singoli atti, dei loro effetti e delle reciproche implicazioni, in vista dello scopo unitario del prelievo. Tale impianto appare oggi a taluni conforme all’evoluzione normativa che ha reso sempre più evidente la crescente complessità «delle sequenze e dei meccanismi impositivi» (Perrone, L., op. loc. ult. cit., il quale a sostegno richiama alcune pronunce giurisprudenziali ed, in particolare, Cass., 25.11.1980, n. 6262), spostando il baricentro dal rapporto d’imposta alla funzione pubblicistica tributaria (Fantozzi, A., Il diritto tributario, Torino, 2003, 247). Quest’ultima, diretta all’applicazione del giusto tributo ed alla determinazione quali-quantitativa del presupposto, risulta in questo modo estranea all’obbligazione tributaria, che si colloca piuttosto nella fase della riscossione, derivando da fatti ed atti collocati dalla legge anche in posizione anticipata ovvero successiva al verificarsi della situazione indice. D’altra parte, l’accertamento si estende, proprio per ciò, al controllo dei diversi comportamenti imposti dalla legge al contribuente e finalizzati alla corretta applicazione del tributo (Fantozzi, A., Diritto tributario, Torino, 2013, 402).
Non sono mancate impostazioni che hanno contestato l’utilità del riferimento al concetto di obbligazione, mettendone in luce le criticità. Al riguardo sono stati valorizzati i casi di anticipato incasso del tributo (ritenute, acconti, versamenti periodici) rispetto al presupposto, evidenziando, in tal modo, come il fatto indice non possa configurarsi fonte di un’obbligazione in senso tecnico, ma semmai evento generatore di un diverso effetto, consistente nella definitiva acquisizione delle somme da parte dell’ente pubblico e nella giuridica impossibilità del rimborso (Fedele, A., Il presupposto del tributo nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1967, II, 965, richiamato, in confronto dialettico, da Falsitta, G., Obbligazione tributaria, in Dizionario di diritto pubblico, Cassese, S., diretta da, Milano, 2006, IV, 3837). In senso critico si è, inoltre, posta la dottrina, autorevole ma minoritaria, che ha ritenuto di rifiutare la nozione di obbligazione, sia in prospettiva sostanziale che processuale (per l’inidoneità di essa a costituire oggetto di un processo costitutivo o di accertamento, in quanto tipicamente correlata ad una pronuncia di condanna) ed ha ravvisato nei moderni strumenti impositivi e procedimentali (come ad es. il redditometro e gli atti “impo-esattivi”) la riprova della vis costitutiva dell’agire del Fisco, in grado, «solo con qualche passaggio intermedio estremamente concentrato» di far sorgere un titolo esecutivo da un elemento indirettamente indicativo di capacità contributiva (Glendi, C., L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984, 131 ss. e 145 ss.; Id., Impoesazione costitutiva ex parte fisci e impoesazione sostitutiva ope iudicis, in Corr. trib., 2013, n. 5, 457). Proposte di innovazione rispetto al concetto di obbligazione tributaria vengono, inoltre, da quanti ritengono che il tributo non costituisca oggetto di un unitario rapporto obbligatorio (difficile da configurare, ad es., per la detrazione delle eccedenze iva o dei crediti per imposte estere, che non sarebbero configurabili né come crediti da indebito né come crediti “non da indebito”, poiché non preesistono alla dichiarazione e solo attraverso essa possono trovare valorizzazione), ma il risultato del «modo in cui di volta in volta si sono combinati i molteplici obblighi di versamento e diritti a detrazioni e deduzioni, derivanti dal verificarsi dei singoli fatti fiscalmente rilevanti», nei quali si risolve compiutamente la disciplina sostanziale delle imposte (La Rosa, S., op. cit.. 747; Id., Principi di diritto tributario, Torino, 2006, 32 ss., 211 ss.).
Il descritto articolato confronto non è affatto privo di ricadute pratiche, sia sul piano processuale (v. ad. es., in connessione con l’oggetto del processo, la questione dei nova in appello, influenzata dalle diverse impostazioni cui si acceda: ci sia concesso rinviare a Trivellin, M., Domande ed eccezioni nuove. L’inammissibilità e la rilevabilità d’ufficio, in V. Uckmar, F. Tundo, Codice del processo tributario, Piacenza, 2007, 841 ss, ove cenni agli orientamenti giurisprudenziali cd. “sincretisti” per il riferimento alla formula “impugnazione-merito”, da ultimo chiarita in Cass., 20.3.2013, n. 6918), sia su quello sostanziale, in particolare rispetto alla possibilità o meno di integrazione della disciplina del prelievo con le regole civilistiche (cfr. Allena, M., Sull’applicabilità dei principi civilistici al diritto tributario, in Dir. prat. trib., 1999, I, 1776 ss.), dalle quali per moltissimi aspetti la regolamentazione dell’obbligazione tributaria si discosta, come accade, ad es., per l’esecuzione. Si pensi, a questo riguardo, tra le questioni di maggior rilievo, ai meccanismi estintivi dell’obbligazione tramite compensazione. Se, da un lato, la compensazione tributaria ha acquisito una nota di specialità che consente ad essa di operare nell’ambito di una “pluralità di prestazioni disomogenee”, spingendosi anche dal punto di vista soggettivo, oltre i limiti degli artt. 1241 c.c. e ss., dall’altro l’affermazione della generale estinguibilità dell’obbligazione tributaria per compensazione (art. 8, co.1, l. 27.7.2012, n. 212, il quale, peraltro, al co. 8, rinvia ad appositi regolamenti l’attuazione del principio più generale) ha indotto ad interrogarsi sul fatto che detto richiamo implichi un riferimento ai principi in tema di obbligazioni civili o debba comportare l’estensione all’intero sistema tributario del regime attualmente disciplinato dall’art. 17, d.lgs. 9.7.1997, n. 241 (su questo dibattito, v. Falsitta, G., Obbligazione tributaria, in Dizionario di diritto pubblico, cit., 3840; Fedele, A., L'art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. trib., 2001, I, 883, part. 887; in generale, cfr. Cordeiro Guerra, R., La compensazione, in AA.VV., Lo statuto dei diritti del contribuente, Marongiu, G., a cura di, Torino, 2004, 23 ss.; Messina, S.M., La compensazione nel diritto tributario, Milano, 2006; Girelli, G., La compensazione tributaria, Milano, 2010). Deve ascriversi al medesimo ordine di problemi anche la questione dei limiti di legittimità dell’accollo del debito d’imposta, disciplinato dall’art. 8, co. 2, l. n. 212/2000 (cfr. Paparella, F., L’accollo del debito d’imposta, Milano, 2008, 145 ss., che ne esamina le peculiarità nell’ordinamento tributario con particolare riguardo ai rapporti con la disciplina della rivalsa obbligatoria).
Ferma restando la prevalente posizione che ravvisa nell’obbligazione tributaria, anche grazie al progressivo percorso di emancipazione della scienza gius-amministrativistica, un connotato pubblicistico (Giannini, M.S., Le obbligazioni pubbliche, Roma, 1964, 6), è di rilievo la questione del suo carattere di indisponibilità, ricollegato ai principi di riserva di legge, eguaglianza e capacità contributiva. Esso implica il divieto di rinunciare al prelievo sia da parte del Legislatore (con conseguenti dubbi di legittimità di condoni ed istituti affini) sia a carico dell’ufficio (escludendosi transazioni o abdicazioni in fase di accertamento e riscossione). L’indisponibilità trova riscontri normativi non univoci: cfr., ad es., l’accertamento con adesione, la cui ricostruzione teorica può condurre a soluzioni divergenti in punto di irrinunciabilità (Marello, E., L’accertamento con adesione, Torino, 2000; Versiglioni, M., Accordo e disposizione nel diritto tributario, contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazioni giudiziale, Milano, 2001); la tutela dell’affidamento ex art. 10, co. 2, l. n. 212/2000 che pare espressione della voluntas legis di limitare la salvaguardia delle aspettative legittime, a fronte del revirement interpretativo dell’amministrazione, all’esclusione di sanzioni ed interessi, assicurando il pagamento del tributo; la transazione fiscale di cui all’art. 182 ter, R.d. 16.3.1942, n. 267 che consente, a certe condizioni, il pagamento solo parziale dei tributi nel quadro della disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (cfr., per il dibattito in relazione all’indisponibilità, Falsitta, G., Funzione vincolata di riscossione dell’imposta e intransigibilità del tributo, in Riv. dir. trib., 2007, I, 1047 ss., part. 1069 ss.; Del Federico, L., La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, in Riv. dir. trib., 2008, I, 216 ss., part. 217; Beghin, M., Giustizia tributaria e indisponibilità dell’imposta nei più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. La transazione concordataria e l’accertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2010, II, 679 ss., part. 701 ss); la mediazione fiscale (art. 17 bis, co. 8, d.lgs. 31.12.1992, n. 546), che sembra introdurre nella fase decisoria elementi di valutazione dell’economicità dell’azione amministrativa che parrebbero consentire giudizi di opportunità conducenti a forme di transazione della lite (Marini, G., Profili costituzionali del reclamo e della mediazione, in Corr. trib., 2012, 853 ss.; Pistolesi, F., Il reclamo e la mediazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, 65 ss., part. 67; in generale, cfr. Turchi, A., Reclamo e mediazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, 898 ss.; Corasaniti, G., Commento all’art. 17 bis d.lgs. 31.12.1992, n. 546, in Commentario breve alle leggi del processo tributario, Consolo, C.-Glendi, C., a cura di, Padova, 2012, 223 ss.). Il fondamento dell’indisponibilità è collegato da alcuni autori ai principi di legalità, imparzialità e buon andamento della p.a. (Maccinesi, M., Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, in AA.VV., Commento agli interventi di riforma tributaria, Maccinesi, M., a cura di, Padova, 1999, 1 ss.) nonché alla funzione di riparto dell’obbligazione tributaria per l’imposta, in quanto tramite essa si suddivide il carico delle pubbliche spese tra i consociati. In parallelo al rapporto principale debito/credito tra contribuente ed amministrazione sarebbe ravvisabile un rapporto tra contribuenti che si risolve nella pretesa di ciascuno ad un’equa ripartizione e a non subire un concorso alla spesa pubblica superiore alla propria capacità contributiva, comparativamente a quella di tutti gli altri soggetti che debbono parteciparvi, senza aggravi dovuti all’altrui sottrazione ai doveri solidaristici (Falsitta, G., Obbligazione tributaria, cit., 3839, ma v. contra, Stevanato, D., Determinazione della ricchezza, «obbligazione di riparto» e ricchezza non registrata, in Dialoghi trib., 2013, n. 1, 7 ss., part. 13 ss., ove, pur ammettendosi l’esistenza di un interesse di fatto di ciascun consociato ad un elevato livello di diffusa fedeltà fiscale, si afferma che il minor gettito del tributo rispetto alle attese potrebbe dar luogo a diverse reazioni, non necessariamente implicanti una ripartizione delle «quote inevase» sui contribuenti adempienti, in senso critico, v. anche Crovato, F.-Lupi, R., Indisponibilità del credito tributario, contabilità pubblica e giustizia tributaria, in Dialoghi dir. trib., 2007, n. 6, 853 ss.).
Di sovente alla relazione tra contribuente ed Erario si affianca l’obbligazione di diversi soggetti, concorrenti o meno alla realizzazione del fatto indice. Più in particolare, nei casi in cui si assista alla congiunta realizzazione del presupposto, l’obbligazione che ne deriva presenta i caratteri della solidarietà paritetica, per la plurima rilevanza soggettiva della situazione base (cfr. Schiavolin, R., Il collegamento soggettivo, in AA.VV., La capacità contributiva, Moschetti, f., a cura di, Padova, 1993, 83). Si è osservato (Miccinesi, M., Solidarietà nel diritto tributario, in Dig. comm., Torino, 1997, 445 ss., in part. 446) come sia possibile chiamare più soggetti in solido all’adempimento dell’obbligazione d’imposta quando quest’ultima «corrisponda ad una manifestazione di attitudine alla contribuzione contestualmente e unitariamente riferibile» a ciascuno di essi (ad. es.: solidarietà tra le parti del contratto nell’imposta di registro). La realizzazione congiunta del presupposto consente di giustificare la scelta legislativa del vincolo solidale, la quale rafforza la garanzia del soddisfacimento degli obblighi tributari (su detta garanzia, cfr. Fantozzi, A., La solidarietà tributaria, in AA.VV., Trattato di diritto tributario, Amatucci, A., diretto da, Padova, 1994, Vol. II, 454). Viceversa, non pare possibile, in ragione dell’inscindibilità, né frazionare il presupposto in più porzioni, né far gravare in misura piena il tributo su tutti coloro che realizzano il fatto, pena, in questo caso, la violazione del divieto di doppia imposizione. Secondo taluni, la redistribuzione del peso del tributo tra i coobbligati assumerebbe rilevanza puramente sul terreno del riequilibrio patrimoniale, ciò che sarebbe confermato, ad. es., con riguardo al registro, dall’art. 1475 c.c. (cfr. Miccinesi, M., op. ult. cit., 447) ma vi è chi, viceversa, ritiene che i meccanismi di regresso siano strettamente funzionali all’applicazione del tributo nel rispetto degli indici di riparto, riconducendosi così i medesimi all’interno del rapporto tributario (Falsitta, G., Obbligazione tributaria, cit., 3845). È più arduo, se non per ragioni di interesse pubblico, giustificare la solidarietà nei casi in cui il fatto indice, pur unitariamente sussunto in seno al presupposto, risulti suddivisibile per quote tra i soggetti passivi, come ad es. nella solidarietà tra coeredi per il pagamento del tributo successorio (art. 36, d.lgs. n. 346/1990; cfr. Miccinesi, M., op. cit., 449).
Accanto alle descritte ipotesi di solidarietà si collocano le fattispecie riconducibili a forme di coobbligazione dipendente, illimitata o limitata. Delle prime è esemplificativa la responsabilità d’imposta che, nell’ultimo tempo, sembra caratterizzata da tendenze espansive e progressiva diffusione (Castaldi, L., Solidarietà tributaria, Postilla di aggiornamento, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2007, § 1, ove, tra altri, riferimenti al consolidato fiscale, in particolare all’art. 127 d.P.R. 22.12.1986, 917). Il responsabile per l’imposta (cfr. art. 64 d.P.R. n. 600/1973 che reca definizione dotata di forza descrittiva anche oltre i tributi diretti) è chiamato al pagamento del tributo insieme con altri per fatti o situazioni a questi (altri) riferibili. La sua obbligazione non nasce, dunque, dall’aver realizzato il presupposto ma implica l’alterità della fattispecie, la quale, peraltro, deve essere idonea a giustificare la funzione di garanzia erariale (Fantozzi, A., op. ult. cit., 464): ecco perché, ferma la duplicità ed autonomia dei rapporti obbligatori, si parla di nesso di pregiudizialità-dipendenza o accessorietà di quello che riguarda il responsabile. La dottrina (Castaldi, L., Solidarietà tributaria, Postilla di aggiornamento, cit., v. supra, § 1) osserva che alla funzione di garanzia tipica della responsabilità per l’imposta parrebbero affiancarsene altre, come logiche parasanzionatorie (art. 11, d.lgs. 18.12.1997, n. 472; art. 60 bis, d.P.R. 26.10.1972, n. 633), ovvero connesse alla tutela del corretto iter procedurale di adempimento dell’obbligazione tributaria: cfr. art. 35, d.P.R. n. 602/1973, relativo ai casi di corresponsabilità tra sostituto e sostituito. Ad ogni modo, a parte le specifiche peculiarità dei casi appena sopra indicati essenziale ad assicurare la legittimità costituzionale di queste obbligazioni è che il responsabile, estraneo al profilo dell’imputazione soggettiva della prestazione impositiva, possa agire per la rivalsa nei confronti del contribuente (di chi abbia realizzato il fatto tipico), sicché questo istituto non può essere compresso dal Legislatore (Fedele, A. La solidarietà tra più soggetti coinvolti nel prelievo, in AA.VV., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, Milano, 1986, III, 518). Perciò bisogna che i responsabili siano individuati soltanto tra coloro che, trovandosi in una relazione particolare con la fattispecie, possono utilmente esercitare il diritto di rivalsa (per ulteriori approfondimenti, V. Randazzo, F., Le rivalse tributarie, Milano, 2012, in particolare 41 ss.). Vi è da ritenere che, in quanto la traslazione del tributo sul contribuente è essenziale al rispetto dell’art. 53 Cost., le situazioni di responsabilità che meglio assicurano l’osservanza di detto principio sono quelle nelle quali l’obbligato dipendente ha facoltà di esercitare la rivalsa prima dell’adempimento (v. il notaio per l’imposta principale di registro, figura che però taluni ritengono oggi meglio inquadrabile nel mandato ex lege, anche in ragione della registrazione telematica di cui all’art. 3-ter d.lgs. 18.12.1997, n. 463: Puri, P., in Fantozzi, A. a cura di, Diritto tributario, cit., 471). Il regresso successivo, invece, se il patrimonio del contribuente risulti incapiente, rischia di cristallizzare l’imposta in capo a chi, estraneo al fatto indice, non possa perciò assumere la veste di soggetto passivo.
La coobbligazione dipendente limitata si configura quando il coobbligato risponde entro determinati limiti di valore, con una parte qualificata del suo patrimonio o con beni determinati, come accade, ad esempio, per il cessionario d’azienda in relazione ai debiti tributari della stessa (art. 14, d.lgs. 472/1997, che introduce una forma di coobbligazione “successiva” o “non contestuale” su cui v. Marini, G., Note in tema di responsabilità per i debiti tributari del cessionario di azienda, in Riv. dir. trib., 2009, I, 181 ss. in particolare 188 ss.) ovvero per i beni gravati da privilegio fiscale, anche se vi è chi qualifica tali casi come di mera soggezione all’esecuzione (Miccinesi, M., op. cit., 454).
Quando un soggetto sia tenuto al pagamento del tributo in luogo di altri per fatti o situazioni a questi riferibili si delinea il fenomeno della “sostituzione”. Nemmeno il sostituto realizza il presupposto ed anche per costui è, dunque, essenziale la rivalsa che l’art. 64 d.P.R. n. 600/1973 qualifica come doverosa. Normalmente il sostituto è un debitore del sostituito e la rivalsa avviene attraverso il meccanismo della ritenuta. Se, in taluni casi, dette ritenute sono strumento per conseguire in anticipo il versamento del tributo riferibile a presupposti realizzati dal sostituito, senza che quest’ultimo sia escluso dal rapporto con l’Erario (ritenuta d’acconto), in altri, in ragione di esigenze di semplificazione, efficienza e creazione di “controinteressi” alla sottrazione al pagamento, gli obblighi tributari si concentrano sul sostituto e la ritenuta può esaurire detto rapporto (ritenuta d’imposta). In dottrina si è sottolineato che la prestazione impositiva fa carico al sostituito e che il sostituto è titolare di un’obbligazione in proprio nei confronti dell’amministrazione finanziaria, la quale si presenta con carattere di autonomia rispetto a quella d’imposta, pur avendone lo stesso oggetto. L’obbligazione del sostituto è, dunque, avvinta a quella tributaria da nesso di pregiudizialità-dipendenza e da funzione di strumentalità (Russo, P., Manuale di diritto tributario, cit., 170 ss.). Anche in questo caso, dunque, la verifica di costituzionalità del regime va condotta tenendo conto sia dell’efficacia degli strumenti che garantiscono al sostituto di restare indenne dall’onere tributario sia della ragionevolezza dell’imposizione al medesimo dei descritti obblighi, in relazione al suo rapporto con il presupposto del prelievo (Basilavecchia, M., Sostituzione tributaria, in Dig. comm., XV, Torino, 1998, 66 ss., part. 77). Nelle ipotesi di sostituzione sono di particolare interesse le patologie del fenomeno, segnatamente quando il sostituto omette di effettuare la ritenuta ed il versamento, casi questi nei quali può instaurarsi una coobbligazione solidale del sostituito, riconducibile, secondo una parte della dottrina (Miccinesi, M., op. cit., 452) alla responsabilità d’imposta (cfr. art. 35, d.P.R. 29.9.1973, n. 602, sul cui ambito di applicazione ha influito l’art. 19, d.lgs. 26.2.1999, n. 46) La sussistenza di rapporti complessi che coinvolgono più obbligati presenta delicate problematiche procedimentali. Se ormai può dirsi definitivamente superata la cosiddetta “supersolidarietà tributaria” (Corte Cost., 13.5.1968, n. 48), nella fase di attuazione del rapporto nei confronti dei diversi soggetti occorre salvaguardare la pienezza del diritto di difesa e dell’eguaglianza (v. Castaldi, L., Solidarietà tributaria, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1993, § 5 ss.), problema questo in cui si inscrivono, ad es., le tematiche concernenti le procedure di notifica degli atti impositivi nei confronti degli obbligati; gli ambiti di applicazione dell’art. 1306 c.c. (cfr. Picciaredda, F., Estensione in utilibus del giudicato favorevole ex art. 1306, comma 2, c.c., in tema di solidarietà tributaria, nei confronti dei coobbligati rimasti estranei al giudizio, in Giur. it., 2011, 2425); i limiti del litisconsorzio tributario (Falsitta, G., Presupposto unitario plurisoggettivo, giusto riparto e litisconsorzio necessario nella solidarietà passiva tributaria, in Riv. dir. trib., 2007, II, 174); l’efficacia dell’atto di adesione sottoscritto da uno solo dei soggetti passivi (es. art. 1, co. 2, d.lgs. 19.6.1997, n. 218); la doverosità dell’autotutela se il rapporto sia definito favorevolmente nei confronti di uno degli obbligati; le questioni di giurisdizione (Puri, P., op. cit., 454 ss).
Tra gli obblighi di pagamento occorre menzionare gli acconti, i quali, essendo commisurati alla dichiarazione dell’anno precedente o, se omessa, all’imposta corrispondente al reddito che avrebbe dovuto essere dichiarato, sono qualificati come “obbligazioni provvisorie” (Falsitta, G., Obbligazione tributaria, cit. 3844, ove essi sono equiparati alle obbligazioni nascenti da dichiarazione fino a che siano decorsi i termini dell’integrativa a favore, a quelle derivanti dalla riscossione frazionata in pendenza di ricorso, ai versamenti periodici nell’iva, alle ritenute d’acconto). Già si è detto sopra della rilevanza degli acconti come fattore problematico nella complessa questione della genesi dell’obbligazione tributaria. Quanti hanno ritenuto l’istituto conciliabile con la teoria della fonte legale dell’obbligazione hanno osservato che i versamenti possono configurarsi come semplice adempimento anticipato e che, comunque, il relativo obbligo non potrebbe dirsi nascente dalla dichiarazione, sia perché sussistente anche in caso di omissione di questa, sia perché, se adempiuto in misura inferiore a quanto dovuto in base alla dichiarazione precedente ma corrispondente a quella relativa al periodo in considerazione, non si procede all’applicazione di sanzioni (sanzioni amministrative tributarie) ed interessi (Batistoni Ferrara, F., op. cit., 304). Meritano di essere menzionate anche le obbligazioni definite “accessorie”, come quelle aventi ad oggetto il pagamento degli interessi o delle sanzioni pecuniarie in caso di inadempimento di quella principale. Infine, è opportuno ricordare che accanto all’obbligazione tributaria è riscontrabile una vastissima costellazione di obblighi strumentali e formali coinvolgenti il contribuente o terzi (v. Boria, P., in Fantozzi, A. a cura di, Diritto tributario, cit., 553 ss.), essenziali all’attuazione della fattispecie dell’imposizione, spazianti dal generale obbligo di presentare la dichiarazione sino a quelli, presupposti, riguardanti, ad es., la fatturazione, la tenuta delle scritture contabili o della documentazione rilevante ovvero a quelli, successivi, ascrivibili alla collaborazione istruttoria, come gli obblighi di risposta agli inviti, richieste, questionari, il cui inadempimento è sanzionato da specifiche disposizioni, con effetti anche preclusivi sul piano procedimentale (inutilizzabilità a favore nel processo, legittimazione di metodi di accertamento induttivi). In questo contesto si inseriscono le situazioni di soggezione all’esercizio dei poteri d’indagine più penetranti, come quelli di accesso, ispezione e verifica.
Art. 53 Cost.; art. 1241 c.c.; art. 1475 c.c.; art. 182 ter, R.d. 16.3.1942, n. 267; art. 60 bis, d.P.R. 26.10.1972, n. 633; art. 28 bis, d.P.R. n. 20.9.1973, n. 602; artt. 36 bis e 64, d.P.R. 29.9.1973, n. 600; art. 35, d.P.R 29.9.1973, n. 602; art. 127 d.P.R. 22.12.1986, n. 917; artt. 36 e 39, d.lgs. 31.10.1990, n. 346; art. 17 bis, co. 8, d.lgs. 31.12.1992, n. 546; art. 19, d.lgs. 26.2.1999, n. 46; art. 1, co. 2, d.lgs. 19.6.1997, n. 218; art. 17, d.lgs. 9.7.1997, n. 241; art. 3 ter d.lgs. 18.12.1997, n. 463; artt. 11 e 17, d.lgs. 18.12.1997, n. 472; artt. 8, co.1, e 10, co. 2, l. 27.7.2012, n. 212.
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