occupazione
Insieme degli individui che, in base alle rilevazioni dell’ISTAT (➔) sulla forza lavoro (➔), risultano occupati in un determinato periodo come dipendenti o come indipendenti. Lo stato di o., pertanto, implica uno scambio in atto fra prestazione lavorativa e reddito che avviene sul mercato del lavoro (➔ lavoro, mercato del) e richiede la realizzazione contemporanea di due condizioni: la decisione di partecipazione del lavoratore (➔ lavoro, offerta di), e quella di impiego del datore di lavoro (➔ lavoro, domanda di). Insieme agli individui disoccupati, l’o. costituisce la forza lavoro. Fanno parte dell’o. anche i cosiddetti sottoccupati, ossia coloro che svolgono un impiego effettivo di qualità più scadente (per livello di retribuzione, stabilità ecc.) rispetto a quello abituale, oppure che lavorano per un numero di ore inferiore a quello desiderato. Un sottoinsieme dell’o. è rappresentato dalla manodopera, termine con il quale si fa generalmente riferimento al complesso delle persone che prestano lavoro subordinato (normalmente come operai) in uno o più settori di attività produttiva.
Si ha piena o. quando tutti coloro che desiderano lavorare alle condizioni di mercato sono occupati; in questo caso, coloro che non lavorano sono considerati disoccupati volontari. La teoria economica ha elaborato diverse teorie dell’occupazione. La scuola classica (➔ classica, economia) era giunta alla conclusione che, in condizioni di equilibrio e di perfetta flessibilità di tutti i prezzi, non dovesse esserci disoccupazione (➔ p) e che il mercato tendesse automaticamente all’equilibrio di piena o. attraverso aumenti e diminuzioni dei salari reali. Nel modello neoclassico (➔ neoclassica, economia) la sostituibilità dei fattori produttivi e la perfetta flessibilità dei loro prezzi fanno sì che il sistema economico si muova nel lungo periodo sempre verso il pieno impiego. J.M. Keynes (➔) ha messo in luce come possa invece riscontrarsi disoccupazione involontaria anche in situazione di equilibrio a causa della rigidità dei salari monetari e reali, e ha sottolineato la dipendenza del volume dell’o. dal livello della domanda effettiva di beni e servizi.
Le due principali teorie dell’o. sono, da una parte, quella dei nuovi economisti classici (noti anche come economisti delle aspettative razionali; ➔ new neoclassical synthesis), dall’altra, quella dei cosiddetti neokeynesiani (➔ neokeynesiana, teoria). I primi affermano che la disoccupazione deriva dalla prevalenza e persistenza sul mercato del lavoro di salari reali e monetari più elevati di quelli che la domanda delle imprese sia disposta ad accettare. I secondi affermano che la mancanza di piena o. risulta da un livello di equilibrio del prodotto nazionale insufficiente a richiedere i servizi produttivi del totale dell’offerta di lavoro.
Il raggiungimento della piena o. rappresenta uno dei 3 nuovi grandi obiettivi stabiliti dalla strategia europea per l’o. (➔ employment strategy), in seguito alla sua revisione attuata nel 2003. L’ulteriore revisione del 2005 ha individuato gli orientamenti per l’o. e li ha integrati con quelli economici, confluendo negli Orientamenti Integrati per la Crescita e l’Occupazione (OICO). Gli orientamenti relativi all’o. sono, per es., l’attuazione di strategie volte alla piena o., al miglioramento della qualità e della produttività sul posto di lavoro e al potenziamento della coesione sociale e territoriale, o la creazione di mercati del lavoro inclusivi, rendendo l’attività lavorativa più attraente e proficua per quanti sono alla ricerca di impiego e per le persone meno favorite e inattive.
Con il termine o. si fa riferimento anche al lavoro in genere e, in particolare, alla prestazione della propria attività professionale ed altri impieghi in condizioni autonome.