OCEANIA (A. T., 162-163 e 164-165)
In senso largo sotto il nome di Oceania s'intende la vastissima area geografica che si estende dalle coste occidentali dell'Australia alle isole più orientali della Polinesia, e dalla Nuova Zelanda inclusa alla Micronesia e alle Isole Hawaii (8.968.000 kmq. di superficie). In senso stretto, invece, come si fa più spesso, sotto il nome di Oceania s' intende l'insieme delle isole, tolto quindi il continente australiano con l'annessa Tasmania; e altri ne toglie, per considerarle a parte, anche la Nuova Zelanda e la Nuova Guinea. Si sogliono distinguere nell'Oceania, così intesa, tre grandi complessi: Melanesia, Micronesia e Polinesia. La Melanesia comprende le isole più prossime al territorio australiano: Arcipelago di Bismark, isole Salomone, Luisiade, Santa Cruz, Nuove Ebridi, Nuova Caledonia con le Isole della Lealtà, e, secondo alcuni, anche la Nuova Guinea con le isole a essa pertinenti. La Micronesia comprende le isole situate al N. della Melanesia: Marianne, Palau, Caroline, Marshall, Gilbert, Ellice (che altri include nella Polinesia). Alla Polinesia spettano i gruppi insulari più esterni: della Fenice, piccoli gruppi sparsi in prossimità dell'equatore, Samoa, Manihiki, Marchesi, della Società, Paumotu (o Tuamotu) Tonga, Kermadec, Cook, Tubuai, e infine (prescindendo da altri gruppi minori), le Hawaii e la Nuova Zelanda. L'Oceania propria ha una superficie di 1.260.000 kmq. circa, dei quali 1.050.000 dati dalla Nuova Guinea e dalla Nuova Zelanda.
La scoperta. - La scoperta di alcune di queste isole risale al sec. XVI: Pare che alla Nuova Guinea accennasse, infatti, A. Corsali in una lettera a Giuliano de' Medici, agli albori di quel secolo, e che in un porto dell'estremità nord-occidentale della stessa isola svernasse, un paio di lustri più tardi, il Menezes; certo alle coste della Nuova Guinea approdò, nel 1528, il Saavedra. Qualche anno prima, nel 1521, Magellano aveva scoperto le Marianne e, verso la fine del secolo, A. Mendana trovò la morte nel gruppo della Santa Cruz. È assai probabile che gli Spagnoli, i quali di frequente attraversavano il Grande Oceano per recarsi dal Messico alle Filippine, avessero già avvistato, in quel secolo, le Hawaii dagli alti rilievi. La maggior parte degli arcipelaghi e delle isole che costituiscono l'Oceania fu però scoperta solo nel secolo XVII, quando il De Quiros probabilmente avvistava Tahiti e approdava alle Nuove Ebridi, e il Tasman scopriva la Nuova Zelanda, le Viti o Figi e le Tonga. Ma il gruppo delle Samoa non era scoperto se non agl'inizî del secolo XVIII, per opera degli Olandesi; e nel 1774 J. Cook, nel suo famoso secondo viaggio, scorgeva per primo i monti dell'estremità settentrionale della Nuova Caledonia.
Solo nel sec. XVIII si poteva dire veramente acquisita agli Europei la conoscenza di queste isole, soprattutto per merito del Cook, di J.-F. La Pérouse, di B. d'Entrecasteaux e di numerosi scienziati di ogni nazionalità, fra cui molti Italiani, i quali compirono viaggi d'esplorazione con intendimenti scientifici.
Geologia e morfologia. - I singoli gruppi s'individuano abbastanza bene, per essere numerosissime le isole disposte in allineamenti o in arcipelaghi ben definiti. Nella Melanesia e nella Micronesia prevale la disposizione in grandi archi o ghirlande, mentre nella Polinesia prevalgono allineamenti più brevi, spesso rettilinei. Ma codesta tripartizione riesce molto difettosa dal punto di vista geologico. Sotto quest'aspetto, conviene assai meglio una divisione in sei complessi, così distinti:1. Arco australasiatico, che staccandosi dall'isola giapponese di Hondo per gli arcipelaghi di Bonin, delle Marianne, per l'isola di Yap (Caroline occidentali) e le Palau si dirige verso l'estremità NO. della Nuova Guinea, fiancheggiato a E. da fosse oceaniche profonde oltre 7000 m.; 2. Arco australiano interno, o della Nuova Guinea, comprendente la Nuova Guinea, gli arcipelaghi Luisiade, della Nuova Caledonia, di Norfolk e l'estremità NO. della Nuova Zelanda, che si stacca nettamente dalla direzione generale della catena neozelandese; 3. Arco australiano esterno, o delle Salomone, costituito dagli arcipelaghi di Bismarck, Salomone, Santa Cruz, Nuove Ebridi e Figi; 4. Arco neozelandese, segnato dalle isole Tonga e Kermadec, dalla catena assiale della Nuova Zelanda e dalle isole Auckland e Macquarie, fiancheggiato a E. per lunghi tratti da fosse profonde oltre 7000 m.; 5. Serie insulari del Pacifico centrale (o della Polinesia), disposte prevalentemente secondo la direzione NO.-SE. od ONO.-ESE.; 6. Serie del Pacifico settentrionale, o delle Hawaii, comprendente gli arcipelaghi delle Hawaii e delle Midway disposti secondo un unico allineamcnto, anch'csso in direzione ONO.-ESE.
Il primo arco, che ha un andamento diverso da tutti gli altri, si può considerare pertinente alla massa continentale asiatica come orlo del suo gradino più esterno, o piuttosto come catena marginale in via di formazione. Le isole sono essenzialmcnte vulcaniche, con scogliere coralline sopraelevate in parte delle Marianne e delle Palau; calcari di varia età e rocce cristalline: antiche si notano negli arcipelaghi di Bonin e Palau, e scisti anfibolici antichi nell'Isola Yap; notevoli le prove di sollevamenti recenti. Le Caroline occidentali, vulcaniche e coralline, sembrano riattaccarsi anch'esse a questo arco.
Il secondo arco è composto di più allineamenti. L'allungatissima Nuova Guinea, per quanto ancora mal nota, pare risulti formata da tre catene parallele, una maggiore assoaiel molto elevata, una settentrionale e una costiera meridionale: quest'ultima spettante geologicamente alla massa continentale australiana, le altre due più giovani, di corrugamento neogenico, con rocce antiche sostenenti complessi sedimentrî mesozoici e terziarî. Un prolungamento immediato della catena assiale è il piccolo Arcipelago Luisiade. La Nuova Caledonia, grande isola dal rilievo aspro e morfologicamente giovane, è formata da un'allungata fascia di rocce cristalline e scistoso-cristalline, sedimenti paleozoici, calcari e scisti mesozoici con intrusioni serpentinose; sul versante SO. affiorano anche scisti e calcari eocenici in parte accavallati dalle rocce più antiche; verso l'estremità E. si hanno peridotiti nichelifere; l'insieme presenta strette analogie geologiche con la Nuova Zelanda. Si tratta senza dubbio di una catena a pieghe, anche qui con un'orlatura di scogliere coralline sopraelevate. Patallelo a essa, a NE., l'arcipelago delle Isole della Lealtà appare come una serie di scogliere coralline, con terrazze la cui elevazione giunge sino a oltre un centinaio di metri. L'Isola Norfolk è vulcanica con un parziale rivestimento corallino.
Nel terzo arco (australiano, esterno) si notano pure più allineamenti, ai quali si può forse supporre legata anche l'inflessione verso le isole Figi e Tonga. Gli alti, montuosi, arcipelaghi di Bismarck e delle Salomone già nei loro allineamenti palesano serie parallele di catene, nella cui ossatura sono segnalate rocce cristalline antiche e calcari di varia età, mesozoici e terziarî. Vi abbondano vulcani attivi e quiescenti. La piegatura risale al Terziario, il sollevamento complessivo è valutato a 4000 m., e varî ordini di terrazzi in parte corallini ne testimoniano le fasi anche recenti. Lo stesso si dica per Santa Cruz e per le Nuove Ebridi, dove la piegatura ha curvato una serie miocenica di calcari e tufi, e dove le rocce vulcaniche neogeniche e recenti nascondono quasi per intero il substrato; i banchi corallini sono stati sollevati fino a 600-700 m. Una serie analoga di tufi vulcanici e lave, insieme a scogliere coralline antiche e recenti, forma anche la maggior parte delle 250 isole costituenti l'arcipelago delle Figi: esse lasciano indovinare un complesso di rughe tanto più notevoli, in quanto nell'isola maggiore Viti Levu affiorano rocce plutoniche acide e basiche (graniti, dioriti, gabbri, ecc.) intruse in una serie antica di scisti cristallini e di sedimenti terrigeni antichi. Anche nelle Figi vi sarebbe stato un sollevamento progressivo dalla metà del Terziario in poi; tufi vulcanici sottomarini si trovano fino a 1200 m. s. m.
Spina dorsale del quarto arco è la catena assiale della Nuova Zelanda. A essa s'innesta, come una virgazione, l'estremità S. dell'arco australiano esterno, rappresentata dalla grande digitazione che nell'Isola Settentrionale della Nuova Zelanda si protende verso NO. Le formazioni geologiche della Nuova Zelanda vanno dal Precambrico al Quaternario, e accusano ripetuti corrugamenti specie nel Mesozoico e nel Pliocene, con intense dislocazioni e movimenti verticali positivi e negativi anche recenti, cui sono legati fenomeni vulcanici e sismici. I terreni cristallini antichi riaffiorano al S. nelle Isole Auckland, sotto la copertura vulcanica terziaria e pleistocenica (che sola affiora nelle Isole Macquarie, poste sul medesimo allineamento), e si ripresentano a E. nelle isole Chatam, degli Antipodi e Campbell, disposte lungo un arco esterno che fronteggia le profondità oceaniche abissali. Sul prolunamento settentrionale della catena neozelandese il substrato cristallino sembra prosegua fino alle vulcaniche Isole Kermadec, dove si sono trovati blocchi granitici, ma non si rivela nell'arcipelago delle Tonga. Quest'ultimo è formato da un centinaio di isole allineate in tre serie parallele: una occidentale, di vulcani in gran parte attivi, una intermedia di natura tufacea, e una esterna di calcari corallini in parte sopraelevati fino a 150 m.
Il quinto gruppo, del Pacifico centrale, si estende sopra un'area vastissima e abbraccia un grandissimo numero di isole, tutte vulcaniche o coralline. Essenzialmente vulcaniche, e notevolmente elevate, sono in particolare le isole Samoa, le Tubuai e le Marchesi (dove la sopraelevazione giunge a 800 m.); in parte vulcaniche e in parte coralline sono le isole Caroline, Cook e della Società; basse e interamente coralline le numerosissime (867) Isole Marshall, le Ellice (dove è il celebre atollo di Funafuti), le Gilbert, le isole dell'Unione, Paumotu e della Fenice, insieme a numerose altre situate in prossimità dell'equatore.
Infine il sesto gruppo, del Pacifico settentrionale, è formato da un solo allineamento, proteso per 2700 km. sopra una dorsale che si eleva ripida dalle profondità abissali e termina a O. con un banco di sabbia (Mellish) a 117 m. dalla superficie. A E. emerge l'arcipelago delle otto altissime Isole Hawaii o Sandwich, mentre verso occidente, sulla medesima direzione ONO., si sussegue una lunga serie di banchi e scogli in parte vulcanici, ma prevalentemente corallini. I vulcani attivi sono oggi limitati all'isola maggiore (Hawaii) che è la più orientale; dei 5 vulcani che la costituiscono rimangono in attività il Kilauea (1200 m.) e il Mauna Loa (4170 m.), mentre il Hualalai è quiescente dal 1800 circa.
Considerazioni di carattere generale sulla geologia dell'Oceania sono e saranno sempre molto ipotetiche, perché troppo frammentarî sono i dati che possiamo desumere dalle parti emerse (anche quando fossero, come ancora non sono, ben note), disperse nell'immensità del Grande Oceano e spesso ammantate da copertura vulcanica o da incrostazioni coralline che ne nascondono il substrato. Sembra, a ogni modo, che si possano fino a un certo punto distinguere da un lato le isole pertinenti alle masse continentali, dall'altro le isole oceaniche (o isole Pacifiche propriamente dette). La linea di separazione è segnata a N. dalle fosse che si deprimono esternamente all'arco australasiatico, a S. dalle fosse esterne all'arco neozelandese; incerto è il decorso del tratto intermedio, che sembra si possa tracciare esternamente all'arco australiano esterno.
Le ghirlande formate dalle isole continentali corrispondono, secondo ogni verosimiglianza, ad altrettante catene di corrugamento, in prevalenza neogenico, e tuttora in via di sollevamento (come è indicato dalla presenza pressoché generale di terrazzi d'abrasione marina recenti e a più livelli). Anche in parecchi gruppi insulari del Pacifico centrale si hanno tracce di sollevamento, ma qui il problema è assai più oscuro, e non mancano d'altronde casi di evidente abbassamento. Della storia geologica di questa immensa area non sappiamo pressoché nulla. Le isole non ci mostrano che rocce vulcaniche (o tutt'al più qualche reperto di rocce plutoniche) e scogliere coralline. È stato notato come, in contrapposto al vero cerchio di fuoco che margina il Grande Oceano, nelle isole propriamente Pacifiche siano rimasti attivi soltanto tre o quattro vulcani delle isole maggiori, Hawaii e Savaii (Samoa); centinaia di vulcani attivi nel Terziario e nel Pleistocene sono oggi spenti. Sono tutti di lave basiche o ultrabasiche, uscite da fratture di antica origine, che paiono denotare l'antichità remota di quell'immensa depressione oceanica.
Clima. - Per la sua latitudine, la maggior parte del mondo insulare del Pacifico ha clima schiettamente tropicale, con alte temperature durante tutto l'anno, deboli escursioni diurne e mensili forti precipitazioni. A eccezione delle isole più occidentali, che, sino alle Salomone, avvertono assai sensibilmente le influenze dei monsoni, e a eccezione del gruppo delle Hawaii, che ha un clima con caratteri speciali, la grande maggioranza delle isole cade sotto il dominio dei venti alisei, e soprattutto dell'aliseo di SE. dell'emisfero australe, il quale si spinge a N. dell'equatore stesso. Ma l'aliseo di SE. dell'emisfero meridionale spira regolarmente durante quasi tutto l'anno solo nella metà orientale del Pacifico, al di là dei 175° di long. O. Nella metà occidentale del Grande Oceano, a O. di tale longitudine, esso invece spira regolarmente solo durante l'inverno australe, in special modo dal marzo all'ottobre. Quivi nella stagione estiva predominano venti diversi, o si stabilisce una zona di calme che si estende in tutta una fascia compresa tra i 5° di lat. N. e i 15° di lat. S., i 160° di long. E. e i 175° di long. O. L'immobilità dell'aria, l'elevatezza delle temperature e dell'umidità rendono allora anche più penoso agli Europei il soggiorno in queste isole, e ne soffrono persino gl'indigeni stessi. Assai sensibili, però, sono le brezze di terra e di mare, in vicinanza pure delle piccole isole, ed esse rendono possibile la navigazione a vela non lontano dalle coste.
Le temperature in queste isole tropicali sono molto elevate, le escursioni assai deboli. A Futuna (Nuove Ebridi) le medie mensili si tengono sempre al disopra dei 22°,6; a Numea (Nuova Caledonia) al disopra dei 20°; a Bua (Figi) e ad Apia (Samoa) sempre al disopra dei 25°. L'escursione tra i mesi estremi nella maggior parte della regione varia tra 0°,5 e 5°; l'escursione diurna tra 5° e 9°. La costanza delle alte temperature e della forte umidità (media mensile da 80 fino a 89%) rende di solito accasciante per l'Europeo questo clima, che solo nelle isole più orientali, soggette all'aliseo durante tutto l'anno, è più tollerabile. La nebulosità, nelle isole più occidentali e più equatoriali, è altissima.
Le precipitazioni sono, per la maggior parte, dovute all'aliseo, e il fattore più efficace della piovosità di un luogo è appunto l'esposizione a questo vento; assai diversa, quindi, pur in una stessa isola, è la piovosità nell'uno o nell'altro luogo, e le aree perfettamente riparate dall'aliseo possono anche presentare caratteri di aridità. Di solito sono i venti locali o gli uragani a portar pioggia nelle località riparate dall'aliseo; e allora le precipitazioni coincidono col periodo di maggiore altezza del sole. In generale esse sono assai abbondanti. La maggior parte delle località di queste isole riceve almeno un paio di metri di pioggia all'anno distribuiti in molti giorni, e alcune stazioni, meglio esposte o più elevate, ne raccolgono anche cinque, o sei metri all'incirca.
Flora e vegetazione. - I principali caratteri della flora dell'Oceania sono:1) il dominio delle famiglie vegetali dell'Asia tropicale, tanto che la flora delle isole vicine all'Arcipelago della Sonda comprende molte specie indomalesi; 2) la presenza di elementi australiani e antartici; 3) i numerosi endemismi di generi e di specie che esistono nelle isole, data la grande distanza che generalmente le separa, a eccezione delle isole coralline che hanno una flora a carattere indoceanico assai uniforme.
L'elemento asiatico, o meglio malesemelanesico, è un elemento floristico di grande importanza per la ricchezza delle forme che vivono nelle isole della Melanesia, sulle coste settentrionali dell'Australia e si estende sulle isole tropicali del Pacifico fino alle Hawaii. L'elemento antartico si trova nelle regioni meridionali e particolarmente nelle Alpi neozelandesi e australiane e nella regione montuosa della Tasmania. Fra i due elementi si trova quello australiano subtropicale, che presenta relazioni abbastanza evidenti con l'Africa e con l'America Meridionale.
La vegetazione tropicale si trova specialmente nella Melanesia, nella Micronesia, nella Polinesia col gruppo delle Hawaii e nell'Australia settentrionale e orientale; non ha carattere unitario, sì che si può dividere in sezioni corrispondenti, all'incirca, a quelle geografiche.
Particolarmente interessante è la flora della Nuova Guinea, che è particolarmente ricca e abbondante e che O. Warburg considera come centro di diffusione della flora di Ceylon e del Madagascar da un lato e della Polinesia dall'altro.
Le relazioni fra le isole occidentali, specialmente quelle della Melanesia, e l'Asia meridionale sono le maggiori, tanto che in alcuni trattati la flora malese e quella papuana sono considerate unitariamente e le relazioni fra le due flore sono strettissime anche nelle specie.
Le forme caratteristiche vegetali diffuse in tutte le isole del Pacifico sono poche: invece si possono riunire le piante in gruppi che corrispondono in parte alle diverse regioni vegetative: Nuova Guinea, Nuova Caledonia, Isole Figi, Polinesia, Isole Hawaii, Nuova Zelanda settentrionale, ecc. Le Mirtacee a frutti secchi (Melaleuca, Leucadendron, ecc.) formano un gruppo caratteristico accanto al quale vegetano Casuarine, Proteacee, ecc. Il gen. Dracophyllum cresce tanto in Australia, quanto nella Nuova Caledonia. Interessante è la distribuzione delle Conifere: le Araucaria vanno dal NO. della Nuova Guinea fino alle Isole Norkfolk, si ritrovano nel NE. dell'Australia, mancano nelle Nuove Ebridi e in tutte le isole dell'E.; le Agathis si trovano dall'Arcipelago malese alle Isole Figi, l'A. dammara va da Giava alla Nuova Guinea, l'A. australis vive nella Nuova Zelanda e nell'E. dell'Australia.
Il genere di palme Kentia, che sostituisce le Areca sudasiatiche, si trova in tutto l'O. di questo dominio fino alla Nuova Zelanda, ma manca nelle isole polinesiane e nelle Hawaii: in queste ultime crescono palme flabelliformi del genere Pritchardia che, rappresentato da altre specie, si trova anche alle isole Figi. Il cocco cresce, come elemento caratteristico della Polinesia, in tutte le isole coralline; la palma da sagù Metroxylon si propaga fino alle Isole Tonga, ma non supera il 20° parallelo al sud, mentre il genere Calamus non penetra molto profondamente in questo dominio (Isole Salomone, NE. dell'Australia). I Pandanus e le Freycinetia sono molto diffusi e ricchi di specie: nelle isole al N. dell'equatore è assai comune il Pandanus odoratissimus.
Nelle foreste costiere abbondano: Hibiscus tiliaceus, Ficus, Barringtonia speciosa, ecc.; nelle isole della Polinesia con vegetazione tropicale a fogliame persistente o caduco (in tal caso la caduta delle foglie è in relazione con la piovosità) abbondano le Aracee con grandi specie e le Felci sia erbacee sia arborescenti.
Le formazioni caratteristiche della vegetazione oceanica sono: le mangrovie, le foreste tropicali litoranee con Barringtonia, Cocos, Hibiscus, ecc., le foreste tropicali delle valli e delle pendici basse dei monti. Nelle parti più elevate le foreste sono uniformi, spesso costituite da un'unica specie vegetale. Talora nelle zone montuose elevate si trova una macchia fitta di arbusti a foglie persistenti; così nella Nuova Caledonia fra i 1200 e i 1600 m. vi è una macchia formata da Mirtacee e Dracophyllum. Le formazioni steppose a Graminacee comprendono specie assai diffuse.
Fra le piante utili coltivate nelle isole a E. dell'arcipelago della Sonda vi sono le spezie (garofano, noce moscata, betel, pepe, noce di areca); non mancano gl'ignami rappresentati principalmente dalla Dioscorea alata, vi sono anche il taro (Colocasia antiquorum) e l'albero del sagù (Metroxylon). Degli alberi del pane l'Artocarpus incisa è stato trovato spontaneo da Sumatra alle Isole Marchesi, mentre l'altra specie meno importante (A. integrifolia) è di origine indiana. Abbonda il cocco che secondo alcuni autori (O. Drude) è di origine americana tropicale, mentre secondo altri è asiatico o indomalese.
Nelle Isole Figi le felci, bambù, le Orchidee rappresentano gli elementi asiatici; le casuarine, le Acacie, i Metrosyderos gli elementi australi; i Podocarpus invece le forme neozelandesi.
Nelle Isole Tonga e nel gruppo di Samoa predominano elementi asiatici indiani: felci, liane, Ficus, Eugenia, Rubiacee vegetano insieme al cocco.
Nella Micronesia appaiono le Cicadee dell'Asia meridionale: l'Areca, la Barringtonia, i Pandanus che rappresentano l'elemento indiano, mentre le Casuarine formano quello australe. A partire dalle Caroline e andando verso oriente l'esuberanza della vegetazione si riduce notevolmente e progressivamente: le Isole Marshall e le Gilbert sono, fra tutte, le più povere di vegetazione e la maggior parte della loro superficie appare coperta da sterili lande.
Piante utili, specialmente medicinali e che forniscono materiali da costruzione, si trovano nella Melanesia e specialmente nella nuova Guinea, mentre le altre isole e gli altri arcipelaghi del Pacifico ne appaiono assai poveri.
Nelle Isole Norfolk è endemica la bellissima Araucaria excelsa (fino a 60 m. d'altezza e m. 5,7 di diametro): quivi sono alcuni elementi tropicali endemici rappresentati da Freycinetia, Areca Baueri, Atsophila excelsa, una Cyathea; il Phormium tenax rappresenta un elemento neozelandese. La flora dell'isola di Lord Howe ha affinità con quella di Norfolk e pochi rapporti con l'Australia.
Le Isole Kermadec per la loro vegetazione si avvicinano alla Nuova Zelanda; le Isole Chatam hanno una vegetazione di palme e felci arborescenti neozelandesi e queste specie qui raggiungono il loro limite polare australe. Le specie endemiche sono 9 e fra queste due Asteracee arborescenti (Senecio Huntii e Eurybia Traversii) e il genere di Borraginacee Myosotidium.
Nelle isole Auckland e Campbell vi sono 26 specie endemiche; qui non vi sono vere e proprie felci arborescenti, ma alcune Felci come l'Aspidium venustuium manifestano la tendenza a sviluppare degli stipiti di 30-60 cm. d'altezza.
Fauna. - Tratteremo brevemente della fauna delle isole minori dell'Oceania (esclusi gli arcipelaghi delle Hawaii e della Nuova Zelanda). I Mammiferi vi sono quasi assenti, un topo, il Mus exulans, è molto frequente nelle Isole Paumotu, ma è diffuso in tutte le isole della regione. Gli Uccelli sono rappresentati in maggioranza da specie marine. Alcuni sono ottimi volatori; tra questi la Fregata aquila, che è numerosa in molte isole disabitate. Tra i sedentarî citeremo varî pappagalli, una rondine (Hirundo tahitica) diffusa nelle Isole Tonga, Figi, Salomone, Nuove Ebridi; la Salangana, un Martin pescatore e varî altri dei generi Acrocephalus, Pomarea, Lerresius, ecc. Non è noto alcun rapace diurno. I Rettili sono scarsissimi. Citeremo lo Scinco dalla coda azzurra, largamente diffuso nelle isole del Pacifico, e alcuni gechi (Gehira oceanica, Lepidodactylus lugubris, Hemidactylus garnoti) egualmente a diffusione geografica molto vasta.
Dei Pesci d'acqua dolce segnaleremo quelli viventi nelle acque della vallata di Papenoo nell'Isola di Tahiti. Varî sono i pesci che ivi vivono insieme con vari granchi e gamberetti d'acqua dolce e molluschi fluviatili. Nel Lago di Vaihiria vivono anguille gigantesche. La fauna entomologica è molto scarsa. Il più grosso insetto è un ortottero del gruppo dei Fasmidi, la Graeffea cocophaga, che vive sull'albero del cocco e ne mangia le foglie. Questo insetto è diffuso in tutta la Polinesia, Samoa, Caroline, Tonga, Isole della Società, ecc. Anche un grillo, il Gryllus oceanicus, è comune a tutte le isole del Pacifico. Le blatte (Periplaneta americana) sono ovunque diffuse. Le aeque delle isole vulcaniche sono frequentate da molte libellule; sono frequenti le cocciniglie. Varî sono gl'Imenotteri, i Lepidotteri. I Coleotteri, discretamente numerosi, offrono variazioni faunistiche. Così la fauna coleotterologica di Tahiti e delle Isole Marchesi è nettamente oceanica, mentre quella delle Isole Figi, differente dalla precedente, è più affine a quella delle Isole Hawaii. Tra i Ditteri noteremo la presenza di varie zanzare, quali la Stetegomyia calopus e il Culex pipiens, mentre è da segnalare l'assenza di Anopheles e quindi anche di malaria. I Miriapodi sono rarissimi: citeremo qualche scolopendra; anche scarsi sono gli Aracnidi. Discretamente rappresentati i Crostacei d'acqua dolce, i Molluschi terrestri e fluviatili.
Popolazione. - L'Oceania ha una popolazione di circa 3 milioni e mezzo di abitanti (dei quali quasi 2 milioni e mezzo tra Nuova Guinea e Nuova Zelanda), che sono in parte indigeni (forse 1,6 milioni: Merlanesiani, Polinesiani e Micronesiani) e in parte di origine europea o asiatica. Scarsamente abitate sono, nel complesso, la Nuova Guinea (poco più di 1 ab. per kmq.), la Nuova Caledonia (3) e la Nuova Zelanda (5,5); nella maggior parte dei gruppi minori, invece, la popolazione è relativamente densa (Figi, 10 ab. per kmq.; Samoa, 17; Hawaii, 22; Gilbert, 27; Tonga, 28, ecc.; v. anche la tabella a p. 146).
Etnologia. - La popolazione indigena dell'Oceania si compone di gruppi fortemente differenziati per i caratteri somatici, la lingua e la cultura. I raggruppamenti, tuttavia, che si possono fare in base a questi varî caratteri non coincidono, o almeno non coincidono in tutti i casi, ed è perciò necessario indicarli separatamente.
Per i caratteri razziali occorre distinguere anzitutto il gruppo delle genti melanoidi, cioè scure di pelle, che di solito presentano anche tratti fisionomici più o meno rozzi e primitivi (indici nasali platirrini o sub-platirrini): esso comprende gli estinti Tasmaniani, gl'indigeni dell'Australia e i Papua-Melanesiani. Gli Australiani hanno statura piuttosto alta e capelli ondulati; i Tasmaniani invece, come i Papua-Melanesiani, capelli crespi o cresputi, statura media o piccola, in qualche caso anche (v. nuova guinea) statura pigmoide. Ma le fattezze fisionomiche attestano la stretta affinità dei Tasmaniani e degli Australiani e di varî gruppi melanesiani (Nuova Britannia, Nuova Caledonia, ecc.). L'analisi dei componenti elementari di questi gruppi razziali scuri dell'Oceania non è stata ancora fatta, ma è certo che si tratta di forme affini e a larga diffusione, sebbene di diverso valore gerarchico. Ai melanoidi si contrappongono i Micro-Polinesiani con pelle chiara, statura elevata e tipo fisionomico oscillante fra le forme europoidi e altre vagamente mongoloidi: il problema dell'insorgenza e della provenienza di questa varietà umana, che si ritiene esser venuta dall'Asia, ma che ha ben scarsa somiglianza con i gruppi indigeni delle più vicine terre asiatiche, e l'altro importante problema dell'età della sua dispersione nel Pacifico, sono ancora del tutto insoluti. I Polinesiani hanno sormontato un po', a occidente, anche l'area melanesiana e loro intrusioni secondarie sono evidenti nelle Isole Figi e in alcune altre isole.
Un quadro alquanto diverso è offerto dalla distribuzione dei linguaggi: in questi, infatti, la diffusione, per via marittima, degl'idiomi maleo-polinesiani o austronesiani è stata molto più ampia della diffusione della razza chiara, perché ha coperto anche la maggior parte dell'area etnica papua-melanesiana; e deve essere stata anche più precoce, perché le parlate melanesiane hanno carattere più arcaico delle polinesiane. Le lingue autoctone o primitive dell'Oceania sono quindi rappresentate soltanto dagl'idiomi (parzialmente estinti) della Tasmania e dell'Australia e dalle lingue papuasiche.
Nei riguardi della cultura, infine, si presentano pure vari fatti singolari. La cultura dei Tasmaniani era indubbiamente la più primitiva fra tutte quelle giunte fino a noi, l'unica che non possedesse nessun animale domestico (nemmeno il cane) e che lavorasse la pietra con una tecnica nettamente assimilabile a quella del Paleolitico europeo; ma possedeva mezzi di navigazione che mancavano invece agl'indigeni della costa sud-occidentale dell'Australia. La cultura australiana mostra d'altra parte, con ogni chiarezza, di risultare dalla sovrapposizione di diverse ondate culturali, alcune delle quali sono comuni con l'area papua-melanesiana: non bisogna dimenticare che dall'analisi di queste culture è nata la scuola dei cicli culturali (v. culturali, cicli); ma presenta anche numerosi fatti di specializzazione, correlativi in parte all'ambiente (sviluppti delle armi da getto e dell'organizzazione sociale delle tribù nomadi). Le culture superiori dell'Oceania sono rappresentate da forme a diffusione marittima, identificabili dunque con le correnti etniche che hanno diffuso le lingue austronesiane e la razza polinesiana. Ma non coincidono, nella distribuzione, con queste, pur avvicinandosi piuttosto ai limiti della razza che a quelli della lingua. La Micronesia, d'altra parte, ha ricevuto dall'Occidente gl'influssi più recenti (tessitura su telaio), mentre la Polinesia, pur perdendo probabilmente alcune capacità culturali originarie (ceramica), mostra il maggiore progresso interno sulle basi di una notevole civiltà marinara. Il carattere distintivo della cultura micro-polinesiana è dato appunto da questo grande sviluppo dell'arte nautica e dallo sviluppo dell'osservazione del cielo, di idee cosmogoniche, di una mitologia immaginosa e di una ricca letteratura orale di carattere lirico ed epico, mentre l'industria non era uscita dalla fase litica. In tutta l'area polinesiana abbondano del resto le tracce di una cultura anche più arcaica (casa su palafitte, cannibalismo, matriarcato, ecc.) che mostra palesi affinità con le forme più alte della cultura melanesiana, di modo che si è indotti a supporre che anche questa abbia avuto una più antica, vastissima diffusione per gli arcipelaghi del Pacifico, sino a raggiungere con ogni probabilità anche le coste del continente americano (vedi america: Etnologia).
Per la descrizione particolare delle culture oceaniche v. australia: La popolazione indigena; melanesia; nuova guinea; polinesia; tasmania; e le voci relative ai singoli gruppi insulari del Pacifico). Qui è da avvertire ancora come un assai diverso destino abbiano subito le varie genti indigene dell'Oceania in seguito alla colonizzazione e penetrazione europea, americana e asiatica. I gruppi Papua-Melanesiani, possessori di una regione dove più netto si spiega l'ambiente della foresta equatoriale, sono stati i meno alterati, sia dal punto di vista demografico (sono ancora 1.300.000) sia da quello della cultura. I Tasmaniani, invece, si estinsero nel scc. XIX. Gl'indigeni dell'Australia sono stati in gran parte distrutti o, rotta l'organizzazione delle loro tribù, ridotti a un ceto parassita io o servile intorno agl'insediamenti dei Bianchi. I pochi gruppi che ancora vivono in condizioni non troppo diverse dalle originarie (forse 100.000 individui) occupano le aree più aride della boscaglia tropicale interna. Ma indubbiamente la decadenza demografica e culturale maggiore l'hanno avuta i Polinesiani, decadenza che taluni indizi mostrerebbero iniziata prima dell'arrivo dei Bianchi. A questi però, cioè alla politica coloniale violenta dei primi tempi e alle malattie gradualmente importate o diffuse (malattie veneree, lebbra, tubercolosi e, più di recente anche l'influenza) e ai danni provenienti dall'alcoolismo e da una vita poco igienica, si devono la scomparsa totale o quasi totale di alcuni gruppi (indigeni dell'Isola della Pasqua, delle Marianne, Maori dell'lsola Meridionale) e la diminuzione dell'intera popolazione micro-polinesiana a circa 300.000 individui (coi meticci), a 113 o 14 cioè di quella che si può presumere esistesse alla fine del sec. XVIII. Anche la cultura nazionale dei Polinesiani, per la loro stessa notevole ricettività e intelligenza, è stata ormai quasi dovunque abbandonata in favore del cristianesimo e degli usi e dei manufatti europei e americani, i quali penetrano sempre più completamente nella vita e nella mentalità, che si fanno sempre più indolenti e apatiche, dei fieri e bellissimi navigatori indigeni del mare australe.
Missioni. - L'attività missionaria si è svolta quasi soltanto a partire dal sec. XIX, e dapprima a opera quasi esclusivamente di anglicani, quali S. Marsden (morto nel 1838) e J. Williams, l'"apostolo dei mari australi" (morto nel 1839), con missioni nella Nuova Zelanda, nelle isole Cook, Samoa, Nuova Zelanda e Ebridi, ecc.; poi di metodisti wesleyani, che inviarono missioni nel 1822 nella Nuova Zelanda e nel 1826 nelle Isole Tonga, mentre nel 1820 una missione americana si stabiliva nelle Hulawaii. In seguito, a queste si aggiunsero ancora altre missioni, anche dei presbiteriani e dei battisti, oltre che di sette minori. Le missioni cattoliche giunsero più tardi, e furono dapprima affidate ai padri Maristi, cui si aggiunsero poco dopo in nuovi territorî i missionarî della Congregazione dei SS. Cuori di Gesù e Maria (Picpus) e più tardi i missionarî del S. Cuore, della Società del Divin Verbo, della Compagnia di Gesù, eremitani di S. Agostino e cappuccini. Attualmente le missioni cattoliche, all'infuori della Nuova Guinea (v.) e della Nuova Zelanda (v.), comprendono i vicariati apostolici di Guam (1911), delle isole Caroline, Marianne e Marshall (1902), delle Isole Hawaii (1844), delle Salomone settentrionali (1897), delle Salomone meridionali (1898), della Nuova Caledonia (1847), delle Isole Gilbert (1897), delle Nuove Ebridi (1901), delle Figi (1863), dell'Oceania centrale (1842), delle Samoa (1850), di Tahiti (1848) e delle Isole Marchesi (1848), nonché la prefettura apostolica delle Isole Cook (1922). Secondo statistiche della congregazione di Propaganda Fide, si avevano, nel giugno 1929, circa 313.500 cristiani non cattolici, e circa 100.600 cattolici.
Condizioni economiche e divisione politica. - A sfruttare le ricchezze delle isole dell'Oceania e dei mari che le circondano furono dapprima i cacciatori di balene e di foche, i quali, venuti in questi mari, che un tempo abbondavano di balene e di foche, cercavano di arrotondare i guadagni ricavati dalla caccia col trar profitto del legname dei densi boschi di molte di quelle isole, specie del legno di sandalo e dei legni adatti alle costruzioni navali, o completavano il loro carico con oloturie acquistate dagl'indigeni e vendute poi alle popolazioni gialle, che ne sono ghiotte.
Più tardi risultati di alcune spedizioni scientifiche, la venuta di missionarî e di alcuni pionieri attratti dalla splendida vegetazione che dimostrava la feracità di quei luoghi cominciarono a far meglio conoscere alle nazioni europee le possibilità di sfruttamento di quelle terre. E il desiderio di assicurarsi prima di altri le eventuali ricchezze nascoste, di cui si era dimostrato così dovizioso il continente vicino, o di prevenire altri paesi nella conquista di quelle isole, molte delle quali avevano situazione geografica strategicamente e commercialmente assai importante, animò quelle nazioni d'Europa che allora potevano farlo a un'accanita gara per affermare il proprio dominio su quegli arcipelaghi.
Ma il gran consumo fattone, riduceva presto la ricchezza dei legnami pregiati in molte di quelle isole, o i prezzi dei mercati mondiali, per l'enorme distanza, non ne rendevano proficuo il trasporto; la caccia alle balene e alle foche per l'accanimento messo nei primi tempi nell'esercitarla e per la minor richiesta dei loro prodotti, diveniva quasi insignificante; non facile si dimostrava lo sfruttamento di minerali utili o preziosi, che le isole non offrivano, salvo poche eccezioni, nella dovizia desiderata o non rivelavano affatto a una indagine superficiale. Nell'agricoltura, perciò, si vedevano le maggiori possibilità di sfruttamento di quelle terre, e la naturale feracità del suolo e il carattere caldo umido del clima inducevano gli Europei a dare un maggiore sviluppo ad alcune colture già spontaneamente praticate dagl'indigeni per i loro bisogni o a introdurne altre, i cui prodotti venivano sempre più richiesti dal mercato mondiale.
Anche ora nell'agricoltura si pongono le maggiori speranze per l'avvenire dell'Oceania, che nel campo minerario dà solo pochi minerali metallici, oltre a parecchio fosfato e a una certa quantità di guano. Quasi tutte assai povere di carbon fossile, le isole lasciano limitate possibilità a un futuro sviluppo industriale, che, salvo qualche rara eccezione, non sarebbe nemmeno compatibile con le condizioni attuali della popolazione e con la dispersione di queste terre. Ristretta importanza hanno l'allevamento e la pesca, la quale, oltre che per l'alimentazione degli abitanti, si limita al trepang e alle conchiglie trochus.
Tra le colture, i maggiori progressi sono stati fatti soprattutto nelle piantagioni di palma da cocco, per l'esportazione del copra; poi in quelle di canna da zucchero, riso, cacao, caffè, piante di caucciù, cotone, agave sisalana e canapa di manila; kapok, banani, aranci, ananas e altre piante di frutto tropicali, spezie (specialmente vaniglia), tabacco, ecc.
Lo sviluppo dell'una o dell'altra coltura, meglio progredita in queste o in quelle isole, ha seguito e segue tuttora mondiali.
Ma lo sviluppo dell'agricoltura di quelle terre, oltre che dall'enorme loro distanza dai maggiori centri di consumo, è, per molte di esse, ostacolato dalla deficienza della mano d'opera indigena.
Politicamente domina nell'Oceania la potenza britannica, poiché non solo dell'impero fanno parte la Federazione australiana e la Nuova Zelanda, con le loro dipendenze, protettorati, colonie e mandati, ma la bandiera britannica sventola pure su alcuni dei più vasti e popolosi arcipelaghi, di dominio diretto o di condominio. Anche la Francia, per opera dei suoi audaci navigatori, ha potuto assicurarsi alcuni degli arcipelaghi più promettenti per l'avvenire. Agli Stati Uniti appartengono le isole Hawaii, già in pieno sviluppo economico; le Samoa orientali, dense di popolazione, e l'isola di Guam, in posizione strategica importantissima. Valore strategico assai più che economico ha il mandato del Giappone sugli arcipelaghi già tedeschi della Micronesia; mentre ancora attende ogni inizio di sfruttamento la metà occidentale della Nuova Guinea, su cui sventola la bandiera olandese.
Per ulteriori notizie si vedano le voci dedicate alle varie isole o ai varî gruppi insulari (caroline; figi; hawaii; marianne; nuova caledonia; nuova guinea; nuova zelanda; nuove ebridi; salomone; samoa; tonga; paumotu, ecc.).
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