ODELPERTO
(Odelberto, Odilbert). – Sono ignoti sia il nome della famiglia di appartenenza e dei genitori, sia il luogo e la data di nascita di questo arcivescovo di Milano, vissuto tra i secoli VIII e IX.
Secondo Giampiero Bognetti (1954A, p. 335) appartenne al gruppo sociale dei potentes attivi nel territorio milanese prima della conquista franca. Infatti prima dell’elezione ad arcivescovo svolse tutta la sua carriera ecclesiastica entro le file del clero della Chiesa di Milano e fu presente a operazioni economiche attuate da persone che ricoprivano ruoli di potere nell’antica capitale dell’Impero e finalizzate a creare importanti centri di carità e di solidarietà sociale.
Nel marzo 777, come suddiacono della Chiesa milanese, sottoscrisse il testamento con il quale Totone da Campione, un medio possidente longobardo stanziato nell’alto lago di Como, donava alla basilica di S. Ambrogio, fuori dalle mura della città, insieme alla chiesa di S. Zeno, di fondazione familiare, anche uno xenodochio per poveri e pellegrini nella località di Campione, favorendo nel frattempo con elargizioni di denaro altre chiese milanesi. Dieci anni più tardi, il 22 febbraio 787, fece da testimone a un altro testamento, effettuato dall’arciprete della chiesa cattedrale di Milano, Dateo, che istituì un brefotrofio per salvare i bambini abbandonati dalle madri che avevano commesso adulterio o dalle famiglie povere che non avevano di che mantenerli. La fondazione fu affidata all’arciprete e al collegio canonicale della cattedrale, di cui Odelperto faceva allora parte in qualità di diacono.
Il 23 ottobre 789 l’arcivescovo Pietro istituì in S. Ambrogio una comunità monastica, con la cessione di alcuni beni e con l’affidamento dei monaci alla guida dell’abate Benedetto, che avrebbe dato loro una regola. Per maggiore legittimazione del documento, dopo la sottoscrizione di Pietro furono inserite le firme dei chierici del clero cattedrale, tra cui quelle del citato arciprete Dateo e di Odelperto, che in quel momento dichiarava di essere prete. Tale atto, importante per il potenziamento del governo carolingio sulla città, costituisce una testimonianza della definitiva accettazione del potere esercitato dai gruppi ecclesiastici franchi nei confronti della vecchia aristocrazia ecclesiale del regno longobardo. Ciò permise a Odelperto di essere inserito tra i candidati, franchi e longobardi, alla guida dell’arcidiocesi alla morte di Pietro, un carolingio di provata fede, avvenuta secondo i cataloghi il 15 maggio 803 (Ambrosioni, 1990, pp. 2494 s.).
Erano tempi difficili. Carlo era sceso in Italia l’anno precedente e aveva dovuto dirimere la grave questione romana dell’attentato del 799 alla vita del pontefice. Papa Leone III, prima del Natale dell’800, aveva prestato un giuramento di purgatio sui Vangeli e nella notte della Natività aveva incoronato il sovrano franco imperatore dei Romani.
Rientrato in Germania, Carlo non aveva potuto interessarsi della successione al soglio arcivescovile di Milano e i canonici della cattedrale scelsero dunque Odelperto, uno di loro, che in quel momento di profonde trasformazioni nella liturgia e nella legislazione ecclesiastica rappresentava un mediatore tra le posizioni religiose dei franchi e quelle della Chiesa ambrosiana.
Dopo l’elezione, nel gennaio 806 Odelperto decise di potenziare la posizione economica dell’abate del nuovo monastero di S. Ambrogio, Arigauso, il quale gli aveva chiesto di utilizzare, ma solo per la durata della sua vita, le rendite dell’oratorio di S. Vincenzo, posto nella corte detta Prata di piena proprietà dell’arcivescovado. Il presule, considerato il servitium che l’abate offriva con puntuale continuità alle tombe dei martiri Gervasio e Protasio e a quella di s. Ambrogio, recitando giorno e notte ininterrotte preghiere, offrì al responsabile dell’abbazia l’oratorio posto in curte Prata, insieme ai massari e agli aldi appartenenti all’azienda agricola e alla piccola chiesa, affinché la fidelitas dell’abate verso i santi protettori della città potesse ulteriormente migliorare in tutto il tempo della sua vita. Alla morte di Arigauso il patrimonio della cappella sarebbe ritornato nelle mani dell’arcivescovo a vantaggio della Chiesa milanese. Anche in tal modo Odelperto seppe mantenere stretti rapporti con la corte dell’imperatore e con lo stesso Carlo, a cui si doveva il potenziamento della basilica di Ambrogio.
Tra l’809 e l’812 Carlo gli scrisse una lettera, in cui ricordava i molteplici incontri (familiare conloquium) avuti con lui e con altri presuli per discutere de utilitate della Chiesa. Pertanto lo invitava a essere sollecito nella predicazione in modo che la parola di Dio potesse meglio correre e conquistare nuovi popoli alla fede. Voleva sapere, anche solo per iscritto, in quale modo Odelperto e i suoi suffraganei istruivano i sacerdoti e il popolo intorno al sacramento del battesimo e perché gli infanti diventavano subito catecumeni e che cosa erano i catecumeni. Si aspettava delle risposte e soprattutto una perfetta corrispondenza tra il pensiero religioso professato e l’azione liturgica (in hoc quod predicas te ipsum custodias), ma nel contempo mirava, attraverso l’opera di Alcuino, a una unificazione liturgica entro lo spazio dell’impero.
Carlo poneva poi altre domande. In primo luogo che cosa si intendesse per scrutini, cioè per quegli incontri domenicali, durante la Quaresima, che precedevano l’amministrazione del battesimo, e poi quale fosse il «simbolo» della fede presso i latini e in quale modo potesse essere interpretato e ancora come si dovesse credere a Dio Padre, al Figlio Gesù Cristo e allo Spirito Santo, e alla Chiesa cattolica e a tutto ciò che seguiva nel «simbolo». Gli interessava anche la seconda parte del Credo dei catecumeni, relativa alla rinuncia a Satana e alle sue opere e seduzioni, e cosa si dovesse intendere per rinuncia e cosa fossero le opere e seduzioni di Satana. Altre domande erano infine riservate ai momenti specifici della cerimonia battesimale, come il sale dato al catecumeno, oppure la veste bianca, o il crisma con cui ungere il capo.
La risposta di Odelperto fu articolata in una lettera, edita nei Capitularia regum Francorum (1883, pp. 246 s.), e in un trattatello in 22 capitoli, intitolato Liber de baptismo, edito da Friedrich Wiegand nel 1899. La lettera esprimeva esaltazione per lo zelo religioso del sovrano, poiché la sua azione, con la grazia di Dio, assicurava al popolo cristiano la salvezza. D’altra parte l’opera del vescovo milanese si inseriva nel solco della predicazione apostolica e il suo credo era quello della retta fede cattolica. L’esposizione dei principali punti della dottrina ecclesiastica sul battesimo, risposta precisa alle domande rivolte dal sovrano, utilizzava in linea generale le Etimologie di Isidoro di Siviglia, soprattutto per la definizione di battesimo, di catecumeni, di esorcismo, di scrutini, ma vi erano anche rimandi alle opere di Giovanni evangelista per la tradizione del ‘simbolo’, per l’unzione del petto, per la veste candida, per la triplice immersione nell’acqua e per il crisma. Infine, unico tra i vescovi carolingi, Odelperto in tre casi si riferisce anche alle opere di Ambrogio relative al concetto di battesimo in verbo et aqua, e al significato simbolico dell’apertura dell’udito e dell’odorato, atto realizzato dal sacerdote con il dito sulle orecchie e sulle narici del battezzando. L’uso di Isidoro e di brani di Giovanni permetteva all’arcivescovo di non insistere sulle particolarità della liturgia ambrosiana, che permanevano nella diretta citazione del pensiero di Ambrogio, e di poter in questo modo conservare il rito liturgico della sua Chiesa in parallelo con la linea carolingia di Alcuino. Insomma Oldeperto, pur accettando il prevalere della Chiesa franca nell’Impero, con l’introduzione di alcune novità liturgiche seppe tuttavia consegnare ai successori la tradizione voluta da Ambrogio.
Prima di morire rese obbligatorie sul territorio della provincia ecclesiastica le rogazioni, cioè le processioni penitenziali, con canto di litanie, di visita alle chiese della città e del territorio della campanea suburbica, che si svolgevano durante i tre giorni che precedevano l’Ascensione. Inoltre durante il suo episcopato fu redatto il sacramentario ambrosiano-gallicano e forse fu anche elaborata un’opera di spiegazione della messa ambrosiana a uso dei preti lombardi in cura animarum.
Secondo i cataloghi arcivescovili milanesi (Ambrosioni, 1990, pp. 2494 s.), morì il 27 febbraio 813, dopo nove anni e sette mesi di governo e fu sepolto nella basilica di S. Ambrogio.
Fonti e Bibl.: J. Mabillon, Vetera Analecta sive collectio veterum aliquot operum, Paris 1723, pp. 75-77; L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, III, Dissertatio XXXVII, Milano 1740, col. 587; A. Fumagalli, Codice diplomatico S. Ambrosiano: delle carte dell’ottavo e nono secolo, Milano 1805, pp. 79 s., 111 s.; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano, I, Milano 1854, pp. 51 s., 70-88; Capitularia regum Francorum, I, a cura di A. Boretius - V. Krause, in Monumenta Germaniae Historica, sectio II, I, Hannover 1883, pp. 246-248; F. Wiegand, Erzbischof Odilbert von Mailand über die Taufe; ein Beitrag zur Geschichte der Taufliturgie im Zeitalter Karls des Grossen, in Studien zur Geschichte der Theologie und Kirche, IV, 1, Leipzig 1899, pp. 1-68 (nuova ed. Aalen 1972); F. Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300. La Lombardia, I, Milano, Firenze 1913, pp. 312 s.; G. Bognetti, Milano dopo la conquista franca, in Storia di Milano, II, Milano 1954A, pp. 334-336; Id., Pensiero e vita a Milano e nel milanese durante l’età carolingia, ibid., 1954B, pp. 723, 770; A.R. Natale, Il Museo diplomatico dell’Archivio di Stato di Milano, Milano 1971, n. 58, 23 ottobre 789; M. Ferrari, «Recensiones» milanesi tardo-antiche, carolinge, basso-medievali di opere di S. Ambrogio, in Ambrosius episcopus: Atti del Congresso internazionale… 1974, a cura di G. Lazzati, I, Milano 1976, pp. 89 s.; L.F. Zagni, Gli atti arcivescovili milanesi dei secoli VIII e IX, in Studi di Storia medioevale e di diplomatica, II (1977), 3, pp. 10-12; F. Brovelli, La «Expositio Missae canonicae». Edizione critica e studio liturgico e teologico, in Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana, VIII (1979), pp. 147-151; E. Cattaneo, Il culto cristiano in Occidente. Note storiche, III ed., Roma 1984, pp. 171 s., 178; A. Ambrosioni, Gli arcivescovi nella vita di Milano, in Milano e i milanesi prima del Mille (VIII-X secolo), Atti del X Congresso… 1983, Spoleto 1986, pp. 87, 98; M. Ferrari, Manoscritti e cultura, ibid., pp. 246 s.; Chartae Latinae Antiquiores, XXVIII (Italien IX), a cura di R. Marichal - J. Tjäder - G. Cavallo - F. Magistrale, Zürich 1988, n. 855; A. Ambrosioni, Odelperto (♱813), in Dizionario della Chiesa Am-brosiana, IV, Milano 1990, pp. 2494 s.