odonimi
Odonimo è il termine indicante il nome proprio assegnato a una via, a una piazza, a ogni «area di circolazione», cioè «ogni spazio (piazza, piazzale, via, viale, vicolo, largo o simili) del suolo pubblico o aperto al pubblico destinato alla viabilità», come stabilisce un decreto del presidente della Repubblica (DPR) del 1958 seguito alla legge n. 1228 del 24 dicembre 1957 che si occupa del tema (Mastrelli 2005b: 50-51). Il termine odonomastica (meno frequente odonimia; nella terminologia specialistica si tende a distinguere tra odonimia e odonomastica, la prima designante la documentazione, la seconda lo studio) si riferisce a un corpus di odonimi e al relativo studio.
La materia è interessante sotto il profilo non solo linguistico ma anche storico-ambientale e culturale. Gli odonimi sono forme che devono rispondere a esigenze di informazione e di identificazione, nel rapporto tra l’uomo e la società, con il territorio, hanno contenuto variamente deittico, risentono di atteggiamenti ideologici e culturali che nel tempo variano. Ci sono poi aspetti tecnici: caratteristiche delle tabelle, trascrizione di forme popolari, uso delle maiuscole, ecc. (Zamboni 2005).
Un Regolamento approvato con DPR n. 223 del 30 maggio 1989 stabilisce che l’odonomastica è obbligatoria e che ogni area di circolazione pubblica deve avere una sua precisa denominazione. Devono occuparsene i comuni, che sono tenuti alla compilazione di uno stradario, a provvedere alle revisioni, a denominare le nuove strade, gli ampliamenti, ecc. Il nuovo codice della strada del 1992 disciplina la materia introducendo norme relative al segnale «nome-strada», quindi alle caratteristiche e forme delle tabelle.
Viene richiesta ai comuni una peculiare attenzione per gli odonimi, sicché le denominazioni delle strade dovrebbero corrispondere sempre più a criteri di praticità e di immediatezza. Invece, le amministrazioni comunali non di rado hanno operato scelte odonomastiche di carattere encomiastico o ideologico; per non dire delle denominazioni per settori (nomi di fiumi, di città, di artisti, ecc. ma anche di venti, di fiori e quant’altro) che caratterizzano tanti nuovi insediamenti e periferie, le cui nomenclature, poco rispondenti alle caratteristiche urbanistiche e paesaggistiche, trascurano il recupero di ➔ toponimi già esistenti. Tuttavia, in alcuni casi (come a Firenze) si procedette a una revisione dello stradario storico recuperando le denominazioni della tradizione orale accanto a quelle ufficiali.
Di odonomastica si occupa anche una circolare del 10 febbraio 1996 del Ministero dell’Interno, riguardante l’intitolazione di scuole, aule scolastiche, vie, piazze, monumenti, lapidi. Come osserva Mastrelli (2005b: 51), l’odonomastica ha risentito di carenze legislative, ma richiede «adeguata e responsabile educazione civica».
In aggiunta a tali riferimenti normativi va menzionata la legge n. 482 del 15 dicembre 1999 dettante «norme in materia delle minoranze linguistiche storiche», il cui articolo 10 dice che nei comuni interessati (➔ minoranze linguistiche), in aggiunta ai toponimi ufficiali, i consigli comunali possono deliberare l’adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali.
Per quanto riguarda l’intitolazione a persone, già nel 1927 (legge n. 1188 del 23 giugno) venne introdotta la norma secondo la quale «nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano decedute da almeno dieci anni». Tale norma, che serve a frenare esaltazioni, opportunismi e simili, è spesso disattesa: dal 1993 il Ministero dell’Interno delegò ai prefetti la facoltà di autorizzare le intitolazioni di luoghi pubblici a personaggi deceduti da meno di dieci anni.
In passato la formazione di odonimi non era regolata da norme, e solo in epoca moderna si registrano iniziative sui nomi delle vie cittadine, per sostituire dei nomi o per denominare nuovi assetti urbanistici. A Bologna, nella seconda metà del Cinquecento, in tempo di Controriforma, con la sostituzione furono cambiati nomi sentiti come disdicevoli o si cercò di ridare decoro a luoghi malfamati. Così, per es., nel 1575 la via detta Fregatette diventa vicolo della Neve, quella chiamata Sozzonome è ribattezzata borgo di Santa Maria della Neve; nel 1629 si introduce una via Urbana in onore di papa Urbano VIII e nel 1639 una via Giulia per celebrare il cardinale Giulio Sacchetti, a quel tempo legato papale a Bologna (Fanti 20002).
Dopo l’unità d’Italia molti nomi di strade furono cambiati per introdurre intitolazioni legate al Risorgimento e anche a personaggi illustri (Dante, Petrarca e altri), ma anche in onore di personaggi locali. A Firenze, tra i vari cambiamenti celebrativi, si segnala che nel 1860 via del Cocomero diventa via Ricasoli; è vero che sulla strada sorge il palazzo della famiglia, ma in verità il cambiamento fu fatto in onore al vivente dittatore della Toscana, il barone di ferro Bettino Ricasoli (Fiorelli 2000: 45).
Nel 1871 la legge del 20 giugno relativa al censimento della popolazione italiana dispose di procedere alla «nominazione delle vie e delle piazze ed alla numerazione dei fabbricati». Successivamente la legge n. 473 del 17 aprile 1925 stabilì che «le amministrazioni municipali, qualora intendano mutare il nome di qualcuna delle vecchie strade o piazze comunali, dovranno chiedere ed ottenere preventivamente l’approvazione del Ministero della Istruzione Pubblica per il tramite delle soprintendenze ai monumenti», disposizione che cerca di frenare i troppi cambiamenti (Mastrelli 2005b: 37-38).
In vari casi gli odonimi sono soggetti a cambiamenti. La via Toledo di Napoli si è chiamata fino a non molti anni fa via Roma, denominazione risalente al 1870 in sostituzione del precedente strada Toledo, ovvero via Roma già Toledo, aperta nel 1536 dal viceré don Pedro de Toledo, nome ufficiale per 334 anni (Doria 19792: 375). Anche la caduta del regime fascista portò la sostituzione di molti nomi celebrativi (➔ fascismo, lingua del). Nella toponomastica urbana di Venezia fu chiamata via Vittorio Emanuele una strada aperta nel 1871, così detta in onore del re d’Italia; dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 fu imposto il nuovo nome di via Ettore Muti; finita la guerra si chiamò per qualche anno via XXV Aprile, ma poi le fu riconosciuto ufficialmente il nome che aveva sempre avuto per i veneziani: Strada Nova.
Sempre dopo la proclamazione dell’armistizio (8 settembre 1943) le innovazioni di carattere ideologico si differenziano nelle ‘due Italie’: nel Sud liberato si sostituirono le denominazioni del regime, mentre nell’Italia occupata dai tedeschi si provvide a cancellare i riferimenti ai Savoia: a Milano agli inizi del 1944 viale Regina Elena fu sostituito da viale Tunisia, e piazza Principessa Maria-José da via Ponte Vetero (Raffaelli 1996).
Odonimi ufficiali e odonimi popolari non sempre coincidono. Per es., a Palermo piazza Verdi è per tutti piazza Massimo, piazza Vittorio Veneto è La Statua (per una statua della Vittoria in cima a un obelisco); a Udine piazza Matteotti sostituisce ufficialmente dal 1945 piazza Mercatonuovo ma è per tutti piazza San Giacomo; a Napoli la via Loreto (così detta dalla chiesa intitolata a S. Maria di Loreto) è popolarmente ’o Bùvero «il borgo» (Doria 19792; Marcato 2009); a Roma piazza della Repubblica continua a essere chiamata da tutti piazza (dell’)Esedra e piazza Buenos Aires è generalmente chiamata piazza Quadrata.
Benché negli ultimi due secoli siano avvenuti numerosi cambiamenti, nell’odonomastica di paesi e città italiane si conservano ancora nomi storici. Uno di questi è Ghetto, il nome della zona di Venezia nella quale furono relegati gli Ebrei dal 1516, divenuto un appellativo diffuso internazionalmente. Etimologicamente si tratta del veneziano gheto, propriamente «getto», dal nome dell’isola dove esisteva una fonderia.
Spesso l’odonimo si riferisce all’antica presenza di edifici fortificati, come Càssero a Palermo (dall’arabo qaṣr a sua volta da castrum), o teatri come in piazza dei Satiri a Roma. Quest’ultimo odonimo richiede una chiosa: in origine il nome è Satro, Zatri, e si deve al fatto che il luogo si trova presso gli avanzi del teatro costruito da Pompeo, successivamente trasformato, per ➔ paretimologia, in Satiri (una carta del XIV secolo attesta un «theatrum Pompei iuxta palatium eius ubi dicitur zatro»). La romana piazza Navona deriva il proprio nome da in agone, che conserva il ricordo del circo di Domiziano.
Gli odonimi possono essere testimonianza di vecchi nomi di famiglie, di nomi di mestieri e di altre attività, di situazioni urbanistiche e paesaggistiche dei secoli passati. A Trento la denominazione vicolo del Vo è formata da Vo, in antico un nome comune indicante un «passaggio» (la voce deriva dal latino vadum) sull’Adige. A Milano esiste la via Scaldasole (Corso Ticinese), che risale a un antico skuldhaizo «amministratore longobardo», latinizzato nella forma sculdasius e sculdasia «territorio retto da uno sculdascio», benché l’odonimo sia stato soggetto a reinterpretazione paretimologica.
Va osservato ancora che nelle denominazioni dell’area di circolazione, che sono ufficiali e fatte conoscere mediante tabelle, sono presenti numerosi appellativi (all’incirca 300 quelli reperibili attraverso l’Archivio Utenza Seat 2001): i più frequenti sono quelli del tipo via, piazza, ecc. ma numerosi rinviano a condizioni regionali o locali, talvolta in veste vicina al dialetto (Marcato 2005). Basti richiamare i veneziani campo e campiello per le piazzette, calle per le vie, salizzada (etimologicamente «selciata») in origine utilizzato per una via più larga e perciò lastricata prima di altre.
Ma gli appellativi locali o regionali introdotti nell’odonomastica ufficiale sono assai numerosi e comprendono tra gli altri: androna «vicolo» (in area settentrionale, dalla Lombardia al Friuli); crosa «viottola, traversa» (ligure e piemontese); calata (a Genova e a Napoli); rigaste «massicciata di sassi» (a Verona); cupa «strada stretta incassata tra due muri»; fondaco «vicolo cieco», pendino «strada in discesa» (a Napoli); piaggia «salita» (a Perugia), ecc. Altre voci hanno un significato che varia a seconda dei luoghi, come contrada, che in italiano significa «rione, quartiere» di una città, «territorio circostante a un luogo», mentre a Siena indica «uno dei diciassette rioni che costituiscono la città di Siena» e a Firenze «la strada secondaria che dirama da una via principale» e a Roma designa «i quartieri ricalcati sulle partizioni romane antiche della città».
Doria, Gino (19792), Le strade di Napoli. Saggio di toponomastica storica, Milano - Napoli, Ricciardi (1a ed. 1943).
Fanti, Mario (20002), Le vie di Bologna. Saggio di toponomastica storica e di storia della toponomastica urbana, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 2 voll. (1a ed. 1974).
Fiorelli, Piero (2000), Odonomastica fiorentina parlata, «Rivista italiana di onomastica» 6, pp. 19-50.
Marcato, Carla (2005), Il lessico delle «aree di circolazione», in Mastrelli 2005a, pp. 63-75.
Marcato, Carla (2009), Nomi di persona, nomi di luogo. Introduzione all’onomastica italiana, Bologna, il Mulino.
Mastrelli, Carlo Alberto (a cura di) (2005a), Odonomastica. Criteri e normative sulle denominazioni stradali. Atti del convegno (Trento, 25 settembre 2002), Trento, Provincia autonoma, Soprintendenza per i beni librari e archivistici.
Mastrelli, Carlo Alberto (2005b), La normativa sull’odonomastica e gli stradari, in Mastrelli 2005a, pp. 35-51.
Raffaelli, Sergio (1996), I nomi delle vie, in I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, a cura di M. Isnenghi, Roma - Bari, Laterza, pp. 217-242.
Zamboni, Alberto (2005), Aspetti linguistici dell’odonomastica, in Mastrelli 2005a, pp. 77-89.