OLÎ (XXV, p. 266)
La crescente domanda di olî vegetali aveva stimolato, nell'anteguerra, l'incremento della produzione.
Questo aumento, favorito dalla convenienza economica e dai progressi tecnici dei metodi di depurazione e di raffinazione che, oltre ad avere reso commestibili quasi tutti gli olî, ne avevano grandemente allargato le possibilità d'impiego nelle industrie, non era intralciato da restrizioni artificiali o dalla formazione di eccedenze. E non era dovuto soltanto all'estendersi delle coltivazioni nei paesi tropicali e subtropicali, ma anche al rapido sviluppo di alcune di esse in regioni in cui una volta occupavano superfici insignificanti: per es., la soia e le arachidi negli Stati Uniti; il girasole e la soia nell'URSS e in alcuni paesi dell'Europa centrale e sudorientale; il ricino nel Brasile, nell'URSS e in Argentina.
Nel 1937 il totale della produzione delle piante oleifere, espresso in equivalente d'olio, ammontò a 11.214.000 t. di cui il 42% prodotto dall'Asia, il 18,2% dall'America settentrionale e centrale (soprattutto S.U.), il 13% dall'Africa, l'11,2% dall'Europa, il 9,9% dall'URSS, l'8,4% dall'America meridionale (Argentina, Brasile, ecc.). Riguardo al consumo, i semi di cotone, nonostante la diminuita importanza, continuavano a tenere il primo posto con il 19%, nel triennio 1935-37, seguiti dalle arachidi (17%), lino (11%), copra (11%), olio d'oliva (9%), ecc. Continenti esportatori: l'Asia (1.900.000 t.), l'Africa (1.040.000 t.), l'America meridionale (575.000 t.); importatori: l'America settentrionale e l'Europa.
Il commercio internazionale progredì parallelamente alla produzione fino al 1940. La seconda Guerra mondiale sconvolse e distrusse le correnti normali del traffico, ma fino al 1943 almeno non influì, e ciò è interessante, sull'insieme della produzione.
Nel 1942 la paralisi dei traffici internazionali era quasi completa. In Asia e in Africa si venivano accumulando enormi quantità di semi e di olî, per i quali si tentavano nuove utilizzazioni industriali e nello stesso tempo si tendeva a sostituire le coltivazioni di piante oleifere con altre colture alimentari. Dall'altra parte negli Stati Uniti, già forti importatori ed ora esclusi con gli Alleati del 40% dagli stocks mondiali dell'esportazione, mentre cresceva enormemente il loro bisogno di materie grasse, fu incoraggiata la coltivazione delle principali piante oleifere. Nel 1943 la superficie totale delle colture era triplicata rispetto alla media 1935-39; nel 1944 pur con una sensibile inflessione, superava la detta media del 168%. Il Brasile aumentò la coltura del ricino e cercò di valorizzare le sue foreste di palma; l'Argentina, oltre la produzione tradizionale di semi di lino, aumentò quella del girasole e della soia. In Europa, in tutti i paesi facenti parte dell'Asse, si intensificarono le produzioni di colza, soia, girasole, ecc.
Finita la guerra, dopo un regresso nel 1945 e 1946, la produzione ed il commercio hanno segnato una lenta ma sicura ripresa. Mancano però dati completi per gli anni più recenti.
Olio d'oliva (XXV, p. 296). - La superficie coltivata a olivi nel mondo è stata valutata (1944) a 6,9 milioni di ha. con 540 milioni di piante, di cui rispettivamente 6.867.000 ha. con 536 milioni di piante, cioè la quasi totalità, nei paesi del Bacino Mediterraneo: Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, Tunisia, Turchia, ecc., che sono anche i maggiori consumatori di olio d'oliva.
A 52 milioni di q. si calcola la produzione di olive, non tutte destinate all'estrazione di olio, poiché percentuali variabili nei singoli paesi dal 2 al 25% vengono trattate diversamente (olive da tavola) e consumate localmente o esportate, in minima parte. La produzione dell'olio, dipendendo dalla peculiare attitudine dell'olivo ad una produzione biennale e fortemente soggetta alle irregolarità meteorologiche e agli attacchi parassitarî, presenta oscillazioni amplissime, da un minimo di 5 a un massimo di 13 milioni di q. all'anno. Non è quindi agevole, nel corso di un breve periodo di tempo, accertare se essa tenda o no all'aumento. Nel quinquennio 1934-35-1938-39 la media fu di 8.617.000 q., di cui solo un quinto entrarono nel commercio internazionale.
La crisi economica del 1929-32 e la concorrenza degli olî di semi avevano minacciato gravemente l'olivicoltura, che dovette essere sostenuta dai governi interessati. La guerra determinò la necessità di rigidi controlli e del razionamento in limiti spesso insufficienti. Nel 1946, anno peraltro di cattivo raccolto nei paesi circummediterranei, la produzione mondiale è stata di 7,2 milioni di q.
Queste cifre sarebbero state più soddisfacenti se negli ultimi due anni gli oliveti non avessero subìto intensi attacchi della mosca olearia. I danni arrecati da questo parassita nel 1947 sono stati calcolati a 10 miliardi di lire, corrispondenti al 9,4% del valore della produzione olearia, calcolata in 110,7 miliardi.
Bibl.: La production et le commerce international des huiles et graisses, Inst. Int. d'Agr., 2 voll., Roma 1939; I. Grinenco, Les cultures oléagineuses en Europe, in Bull. mens. de stat. agr. et comm., 1942; id., Les cultures oléagineuses en Amérique, ibid., 1943; M. Costa, L'Olivier dans le Monde, I. I. A., Roma 1939; L. Franciosa, L'olivo nella economia italiana, Roma 1940; id., L'olivo nella economia dei paesi mediterranei, Roma 1944; FAO, The state of Food and Agriculture, Washington 1948; Il Globo, 2 febbraio 1949.