Abstract
Viene esaminata la struttura della fattispecie, che, a seguito della reintroduzione dell’oltraggio a pubblico ufficiale e della sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria nell’oltraggio corporativo, mal si raccorda con l’intera disciplina dei delitti di oltraggio.
1. Premessa
Origini storiche ed interesse tutelatoL’oltraggio a magistrato in udienza era previsto, nel codice Zanardelli, dall’art. 197, unitamente all’oltraggio a Corpo giudiziario, politico o amministrativo.
Sorta allo scopo di accordare una tutela privilegiata a quella particolare categoria di p.u. costituita dai magistrati, nonché al prestigio di cui la funzione giudiziaria merita di essere ammantata, non sfuggiva certo come, a seguito dell’introduzione della Costituzione repubblicana, l’ipotesi delittuosa presentasse rilevanti profili di illegittimità costituzionale, laddove il termine «magistrato», idoneo a ricomprendere sia i magistrati giudicanti che quelli requirenti, consente di includere il pubblico ministero, nell’esercizio delle sue funzioni, tra i possibili destinatari dell’oltraggio, così determinando un’irragionevole differenza di trattamento fra le parti nel corso di un processo (Ichino, G., La c.d. parità delle armi, l’«oltraggio alla corte» e l’esercizio del diritto di difesa nel processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1979, 1361; contra C. cost., 7.10.1999, n. 380, in Cass. pen., 2000, 3, nonché in Giur cost., 1999, 2924, che invece ritiene legittima la disciplina in questione), in aperto contrasto col principio della parità delle parti di cui agli artt. 3, co. 1, e 24, co. 2, nonché 111 Cost. Secondo l’impostazione accolta dal legislatore storico, nonché tuttora sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità maggioritaria (Cass. pen., 1.12.1983, Fumagalli, in Riv. pen., 1984, 641; nel senso auspicato nel testo, invece, Cass. pen., 1.3.2001, Fiori, in Cass. pen., 2002, 1059), infatti, mentre il p.m. può pronunciare affermazioni lesive dell’onore dell’imputato, senza esporsi ad alcuna responsabilità in virtù della specifica causa di non punibilità prevista dall’art. 598 c.p., l’imputato che utilizzasse lo stesso linguaggio dovrebbe viceversa rispondere di oltraggio, non essendo prevista una clausola analoga a suo favore, a meno di non estendere analogicamente la predetta disciplina anche all’imputato nei confronti del p.m. (Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale, pt. spec., I, IV ed., Bologna, 2007, 302 s.; Romano M., I delitti contro la pubblica amministrazione: I delitti dei privati, Le qualifiche soggettive pubblicistiche, III ed., Milano, 2008, 99; Perdonò, G.L., Oltraggio, in Cadoppi, A.-Canestrari, S.-Manna, A.-Papa, M., Trattato di diritto penale, pt. spec., II, I delitti contro la pubblica amministrazione, Torino, 2008, 678; contra Manzini, V., Tratt. dir. pen. it. Nuvolone-Pisapia, V, V ed., Torino, rist. 1986, 561; Casalbore, G., Oltraggio e altre offese all’autorità, in Dig. pen., VIII, Torino, 1994, 475).
La solennità della più nobile ed elevata funzione dello Stato tendeva a far ritenere giustificata la considerazione autonoma del delitto in esame, nonché la sua maggior gravità relativa, non solo rispetto all’oltraggio individuale (art. 341), ma anche rispetto a quello corporativo (art. 342) (Manzini, V., op. cit., 561). Senonché, depurate le predette valutazioni da un eccesso di enfasi retorica, lo stesso legislatore aveva deciso, a seguito dell’introduzione dell’art. 18, co. 1, l. 25.6.1999, n. 205, di modificare la sanzione dell’art. 343 c.p., sostituendo la pena iniziale della reclusione «da uno a quattro anni» con la reclusione «fino a tre anni». Gli aspetti di irragionevolezza della disciplina complessiva che attualmente compone il quadro dei delitti di oltraggio emergono in tutta la loro evidenza a seguito della sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria nell’oltraggio corporativo, mentre la sanzione dell’oltraggio a magistrato in udienza è rimasta inalterata, nonché della reintroduzione dell’oltraggio a pubblico ufficiale, per di più con la stessa cornice edittale in corrispondenza dell’ipotesi base, situazione che difficilmente rende ragione della necessità di un’autonoma fattispecie specificamente rivolta a quella particolare categoria di pp.uu. rappresentati dai magistrati.
2. La struttura della fattispecie
2.1 La nozione di magistrato
Fermo restando che il reato può essere commesso da chiunque (pubblico, imputati o avvocati, procuratori, testimoni e periti), compresi i militari, deve ciò nonostante ritenersi che, se il fatto è commesso da un militare o da persona assimilata in un’udienza del giudice militare, si applica il delitto militare di insubordinazione di cui all’art. 193 c.p.mil.p. (Manzini, V., op. cit., 560).
Ribadito quanto già esposto in relazione al p.m., soggetto passivo del reato è il magistrato in udienza, da intendersi in senso ampio, cioè includendo l’organo giudicante (monocratico o collegiale) e/o i suoi componenti (togati o laici), il giudice di pace, la magistratura amministrativa, quella militare e quella contabile e la Corte costituzionale, ma non i cancellieri e i segretari.
Se ciò è vero, non può condividersi quell’orientamento giurisprudenziale che identifica il magistrato solo con il soggetto danneggiato, dal momento che la persona offesa dal reato viene generalmente fatta coincidere con lo Stato, in quanto titolare del bene costituente l’oggetto giuridico della fattispecie in esame (Cass. pen., 13.11.1989, Pirisi, in Giust. pen., 1990, 432; Cass. pen., 24.11.1989, Iovine, in Cass. pen., 1991, 1572; Cass. pen., 27.10.1986, Lenza, ivi, 1988, 322; Cass. pen., 24.2.1986, Tora, ivi, 1987, 760), a maggior ragione se si considera che l’attuale formulazione dell’art. 341 bis c.p. equipara inequivocabilmente p.u. ed amministrazione di appartenenza ai fini della titolarità del bene giuridico tutelato.
2.2 Il contesto della condotta e le modalità di realizzazione del fatto
La condotta oltraggiosa, che deve essere rivolta al magistrato in udienza, non richiede, secondo la descrizione fornita dal legislatore, particolari modalità esecutive, anche se sembra più aderente al principio di tassatività ritenere che non costituisce oltraggio, in quanto non espressamente prevista, l’offesa arrecata mediante comunicazione telegrafica o telefonica, scritto o disegno, potendo piuttosto quest’ultima, sussistendone i presupposti, integrare il delitto di ingiuria aggravata, oppure quello di oltraggio a Corpo giudiziario (Pagliaro, A., Principi, Parte speciale, Delitti contro la pubblica amministrazione, I, IX ed., Milano, 2000, 387; Mercolino, G., Oltraggio a un Corpo politico amministrativo o giudiziario, in Lattanzi, G.-Lupo, E., diretto da, Codice penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, III, Milano, 2005, 446).
A fronte dell’orientamento più estensivo, che ricostruisce la nozione di udienza come comprensiva di tutta l’attività funzionale del magistrato cui abbiano diritto di assistere una o più parti del processo, compresi i momenti “morti” nell’intervallo che corre tra il termine di un processo e l’inizio di un altro (Cass. pen., 8.2.2003, Giubbini, in CED Cass. pen., n. 225432), sembra opportuno contrapporre un’interpretazione più restrittiva, in forza della quale è da considerarsi udienza solo quella fase del processo caratterizzata dal contraddittorio, effettivo o potenziale, delle parti (Antolisei, F., Manuale di diritto penale, pt. spec., I, XIV ed., Milano, 2003, 390).
Connotazione essenziale dell’udienza è l’effettiva o potenziale presenza delle parti private e/o dei loro difensori, per cui non integra la stessa la sola presenza di parti private, come avviene quando il p.m. sente nelle indagini preliminari una persona informata sui fatti.
3. Cause di giustificazione. Consumazione e tentativo. Le circostanze aggravanti speciali. Rapporti con altri reati
Si rinvia, per questi profili, a Oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.
Fonti normative
Art. 343 c.p. 5.
Bibliografia essenziale
Bondi, A., Delitti di oltraggio, in Bondi, A.-Di Martino, A.-Fornasari, G., Reati contro la pubblica amministrazione, Torino, 2004, 378 ss.; Casalbore, G., Oltraggio e altre offese all’autorità, in Dig. pen., VIII, Torino, 1994, 462; Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale, pt. spec., I, IV ed., Bologna, 2007, 301; Ichino, G., La c.d. parità delle armi, l’«oltraggio alla corte» e l’esercizio del diritto di difesa nel processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1979, 1360 ss.; Manzini, V., Tratt. dir. pen. it. Nuvolone-Pisapia, V, V ed., Torino, 1986 (rist.); Mercolino, G., Oltraggio a un Corpo politico amministrativo o giudiziario, in Lattanzi, G.-Lupo, E., diretto da, Codice penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, III, Milano, 2005, 437 ss.; Nuzzo, F., L’offesa rivolta alla giunta, durante una seduta del Consiglio comunale, non integra il reato di oltraggio a corpo amministrativo, in Cass. pen., 2000, 904 ss.; Pagliaro, A., Oltraggio a un pubblico ufficiale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, 1 ss.; Pagliaro, A., Principi, Parte speciale, Delitti contro la pubblica amministrazione, I, IX ed., Milano, 2000; Palazzo, F.C., Oltraggio, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, 849 ss.; Pedrazza Gorlero, M., Il «tono» dell’espressione verbale: un nuovo limite alla libertà di pensiero?, in Giur. cost., 1972, 775 ss.; Perdonò, G.L., Oltraggio, in Cadoppi, A.-Canestrari, S.-Manna, A.-Papa, M., Trattato di diritto penale, pt. spec., II, I delitti contro la pubblica amministrazione, Torino, 2008, 654 ss.; Pittaro, P., Sub art. 342, in Padovani, T., a cura di, Codice penale, III ed., Milano, 2005, 1632 ss.; Romano, M., I delitti contro la pubblica amministrazione: I delitti dei privati, Le qualifiche soggettive pubblicistiche, III ed., Milano, 2008; Seminara, S., Sub art. 342, in Comm. breve Cod. pen. Crespi-Forti-Zuccalà, V ed., Padova, 2008, 835 ss.; Venturati, P., In tema di libertà di critica e oltraggio a pubblico ufficiale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1973, 485 ss.