Omayyadi
Dinastia califfale araba, successiva al primo califfato dei Rashidun, regnò dal 661 al 750 sull’impero islamico. Ne fu fondatore Mu‛awiya ibn Abi Sufyan, che, alla morte di ‛Ali ibn Abi Talib, ultimo califfo ortodosso e suo avversario politico, istituì in Siria la sede del suo potere. I suoi successori, da lui detti Sufyanidi, dovettero lottare contro le pretese di altri candidati al califfato, finché Marwan ibn al-Hakam, cugino di Mu‛awiya, riuscì a sconfiggere il partito di ‛Abd Allah ibn al-Zubayr a Marj Rahit (684), imponendo il dominio del suo lignaggio, i Marwanidi. Suo figlio, ‛Abd al-Malik (685-705) fu il vero fondatore della struttura amministrativa e dell’ideologia statale che avrebbero retto l’impero fino alla fine. Sotto Walid I (705-715), fu raggiunta la massima estensione territoriale, con la conquista di al-Andalus e della Transoxiana, e l’impero rimase saldo fino al regno di Hisham (724-743). Il risentimento dei non arabi delle regioni orientali, malamente assimilati all’impero, e l’opposizione militante dei partigiani degli Alidi (➔ sciismo; Ahl al-bayt) indebolirono tuttavia l’autorità dei califfi successivi, e rafforzarono la pretesa califfale della famiglia abbaside. Nel 750, con la battaglia dello Zab l’esercito abbaside sconfisse le truppe califfali, entrando poco dopo a Damasco ed eliminando l’intera famiglia omayyade, con l’eccezione di ‛Abd al-Rahman I, fondatore dell’emirato neo-omayyade di al-Andalus.