OMBRELLO (da pioggia o parapioggia, o paracqua: fr. parapluie; sp. paraguas; tedesco Regenschirm; ingl. umbrella; da sole, o parasole: fr., sp., ingl. parasol; ted. Sonnenschirm)
L'ombrello è un arnese costituito da un'impugnatura, da un'asta interna, dalle bacchette con relative forcelle, dalla stoffa e dalle forniture.
Come per altri accessorî della moda, l'origine dell'ombrello è sacra e simbolica. Attributo di molte divinità, in Atene l'ombrello bianco era portato altresì dal sacerdote di Posidone e dalla sacerdotessa di Atena, e nelle feste in onore di Bacco una baccante portava l'ombrello dietro la statua del dio. L'ombrello è in uso tuttora nella liturgia cristiana (processioni, trasporto del SS. Sacramento). L'ombrello divenne poi simbolo di potenza e segno di giurisdizione, come il baldacchino (v.). I primi a farne uso in questo senso furono gli Assiri (bassorilievi del British Museum e del Louvre), i Persiani, i Cinesi; anche gli Egiziani ebbero grandi parasoli di piume fissati sui carri regali. L'ombrello diventa in seguito soltanto segno di nobiltà e privilegio di casta. Gli autori greci del sec. V a. C. parlano già di ombrelli nell'uso comune, e da allora questo accessorio viene rappresentato in bassorilievi e in vasi dipinti: oggetto di lusso, guarnito di frange e di fiocchi, l'ombrello appare sempre portato da schiavi. Attributo di grande eleganza era presso le donne romane l'ombrello montato in oro e in avorio (Marziale, Ep., XI, 73; XIV, 28; Giovenale, IX, 50).
Nei primi secoli dell'era cristiana, con la rinnovata semplicità dei costumi, l'ombrello viene abbandonato. Il Medioevo sostituì all'ombrello un cappuccio per la pioggia e solo verso il 1400 a Parigi si cominciarono a fabbricare ombrelli da sole e da pioggia dal manico di legno tornito; in Italia apparvero verso il sec. XVI, grandissimi e pesanti. Verso la fine del sec. XVII è di gran moda la chaise à parasol e ogni signora esce col domestico che le porta l'ombrello dal lungo manico. Alla fine del Seicento i gesuiti portarono dall'estremo oriente ombrelli di seta leggiera, e da allora il cuoio con cui si fabbricavano fu sostituito con il taffettà e l'armesino. Durante tutto il Settecento l'ombrello diventa oggetto di raffinata eleganza: un parasole di Madame de Pompadour è guarnito di applicazioni di mica dipinte a scene cinesi; più tardi l'ombrello è più piccolo, ornato di frange e merletti d'oro e di stoffe drappeggiate; durante il Direttorio prende la forma d'una pagoda cinese e nei primi del sec. XIX il parasole marquise col manico a cerniera pieghevole è in gran voga: verso il 1820 l'ombrello e il parasole sono grandi e semplici; nel 1830 si tenta di lanciare un parasole quadrato. Solo nel Secondo Impero l'ombrellino minuscolo acquista grande importanza nella moda: pieghevole, ricoperto di trina nera o bianca su trasparente contrastante, col manico d'avorio o di tartaruga, è un vero capolavoro d'eleganza; verso il 1865 è di moda un ombrello grezzo foderato di seta azzurra o verde. Negli ultimi del sec. XIX torna ad essere guarnito di nastri e di gale. Un altro periodo di grande eleganza per l'ombrello fu il 1920; poi esso fu trascurato nei paesi occidentali come inutile accessorio non più di moda. Esso è sempre largamente usato, invece, in Estremo Oriente. (V. tav. LIII).
Fabbricazione dell'ombrello. - Ogni fabbrica d'ombrelli, tranne qualche rarissima eccezione, si limita al montaggio di tutte le parti formanti l'ombrello. Vi sono, poi, fabbriche specializzate per la vera e propria fabbricazione dei singoli elementi di metallo o di legno o di altre materie, come vi sono tessiture specializzate per la produzione dei tessuti adatti per tale articolo.
Le impugnature sono di legno, oppure di corno, metallo cromato o dorato, galalite, bakelite, tartaruga, avorio, ecc. L'asta interna, generalmente di legno, ma qualche volta di ferro, è trafilata e ben calibrata e levigata, perché il collano, che unisce le bacchette, scorra liberamente nell'aprire e chiudere l'ombrello. Dalla parte opposta dell'impugnatura si applica il puntale, spesso semplicemente di metallo.
Le bacchette (o stecche) e le relative forcelle (o controstecche) sono di ferro o d'acciaio, molto flessibile, a sezione tonda o quadra (quest'ultima forma è riservata alle forcelle); per gli ombrelli fini sono d'acciaio a sezione a U. Le bacchette possono essere ottonate, cromate, nichelate e, quando si tratta di ombrelli da donna, perfino dorate. Le bacchette sono schiacciate e bucate alle due estremità: verso l'impugnatura, dove terminano con una puntina, per fissarvi la stoffa; all'altra estremità, per essere tenute fisse nei tagli della doppianoce, specie di anello di metallo che si trova vicino al puntale, fisso all'asta dell'ombrello. La loro lunghezza varia dai 25 agli 85 cm. e il loro numero, per ogni ombrello, da 6 a 16 e anche 24. Le forcelle sono attaccate da una parte mediante una cernierina circa alla metà delle bacchette e dall'altra sono schiacciate e bucate e tenute ferme con un filo di ferro nel collano.
Le stoffe da ombrelli possono essere di cotone detto America, di cotone più fino detto makò; di cotone unito con seta animale in diverse proporzioni: dal 6% di seta e il 94% di cotone, sino al 50% per ciascuno (tessuto gloria per una bassa percentuale in seta, royal col 20 ÷ 25% di seta, tramé col 40 ÷ 50%). Articoli più fini in tutta seta animale, pura o caricata. Per gli articoli da donna si usa anche il rayon. La stoffa è sempre nera per gli articoli da uomo; spesso colorata per articoli da donna. Gli en-tous-cas (per sole e per acqua) hanno tinte di fondo scure con bordure fantasia poco vivaci, mentre molto vivaci sono le tinte per gli ombrellini. I tipi in tutto cotone, in gloria o royal sono tessuti greggi e poi tinti in pezza, mentre i tramé e gli articoli più fini sono tinti in filo. La cimossa, per i tipi di cotone fino, gloria, e gli altri più fini, ha un'altezza variabile dai 10 ai 25 mm.
Per fare la copertura di qualsiasi ombrello o parasole e con qualunque tipo di tessuto si tagliano, con apposito modello di cartone o di legno o zinco, tanti triangoli, leggermente curvilinei, quante sono le bacchette che formano l'ombrello. I triangoli vengono da operaie specialiste cuciti uno a fianco dell'altro in modo che i vertici concorrano a uno stesso centro: tale centro, infilato sull'asta, dalla parte del puntale, è fissato sulla doppianoce. Gli spigoli opposti dei triangoli vengono fissati alle estremità libere delle bacchette, in modo che le cuciture aderiscano alle bacchette.
La produzione italiana di ombrelli si aggira sui 6,5 milioni di pezzi l'anno; gli stabilimenti sono circa cinquanta, di cui i più importanti a Torino e Milano, e poi a Firenze, Napoli, Roma. L'esportazione italiana di ombrelli, rivolta principalmente verso i paesi dell'America Centrale e Meridionale, fu in media di 329.670 pezzi all'anno nel periodo 1931-33, mentre l'importazione è trascurabile. (V. tav. LIV).
Bibl.: L'intermediaire des chercheurs et des curieux, I, Parigi 1864, p. 281; L. T. Belgrano, La vita privata dei genovesi, Genova 1875, p. 227; G. Nicole, Umbella, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, V, p. 583 seg.; V. Gay, Glossaire archéologique, II, Parigi 1928, p. 169; P. de Giafferi, Histoire du costume, Parigi s. a., p. 8 segg.; P. Francinetti, L'ombrello, Torino 1925.