Onde e oscillazioni
Energia in movimento
Come sarebbe la realtà che ci circonda senza le onde? Difficile a dirsi, perché i nostri sensi ci tradirebbero: non potremmo vedere, né sentire. Luci, suoni e rumori sono esempi di onde e oscillazioni, uno dei fenomeni più diffusi in natura. Le onde si propagano nello spazio e permettono di trasportare energia, anche in quantità enormi, ma non materia. Le vibrazioni delle molecole d’aria producono i suoni, le oscillazioni di campi elettrici e magnetici generano le luci, le onde elastiche che si propagano in una corda o sottoterra, durante un sisma, dipendono dalle caratteristiche del mezzo oscillante. Eppure, nonostante le diversità, tutte le onde si riflettono, rifrangono, interferiscono, diffrangono, si disperdono e in alcuni casi si possono polarizzare
In gruppo, riunite in treni o pacchetti, oppure sotto forma di impulsi isolati, onde e oscillazioni si propagano nello spazio trasportando energia. Il suono, la luce, i colori così come le increspature sulla superficie di uno specchio d’acqua o la ‘ola’ collettiva degli spettatori allo stadio ne sono esempi familiari. Terremoti e onde anomale come gli tsunami che sconvolgono gli oceani rappresentano il volto devastante di questo fenomeno. Eppure, nonostante un’onda possa far crollare un palazzo, non può portare con sé nemmeno un granello di polvere perché solo l’energia, e non la materia, viaggia con le onde. Una foglia che galleggia sulle acque di uno stagno oscilla in alto o in basso al passaggio di un’onda, ma non si avvicina a riva: solo la perturbazione è destinata a raggiungere le sponde dello specchio d’acqua.
Il comportamento della foglia mostra la differenza tra le onde e le oscillazioni, in alcuni casi chiamate vibrazioni, parola che indica oscillazioni piccole, ma molto rapide. Le onde possono avere conseguenze a grandi distanze e parecchio tempo dopo che si sono spente le oscillazioni o le vibrazioni da cui sono state generate. Ma che cosa si muove quando vediamo passare un’onda? Dipende. Nel caso dell’onda marina sono le molecole d’acqua a oscillare e lo possono fare sia nella stessa direzione dell’onda sia perpendicolarmente a essa; invece, quando un suono si propaga nello spazio, l’aria deve vibrare nella stessa direzione di propagazione del suono, mentre in un raggio di luce sono i campi elettrici e magnetici a oscillare periodicamente, in direzione trasversale a quella in cui si propaga la perturbazione. Il suono e la luce sono esempi rispettivamente di onde longitudinali e di onde trasversali: per le prime le oscillazioni che generano l’onda si verificano parallelamente alla direzione di propagazione, mentre per le altre in direzione perpendicolare. Le onde trasversali possono propagarsi nel vuoto come la luce, che si muove nello spazio intergalattico, a differenza delle onde longitudinali che viaggiano solo nella materia.
L’ondeggiare di una molla prima compressa e poi lasciata libera di muoversi, il battito ritmico di un orologio a pendolo sono oscillazioni. La molla e il pendolo si spostano tra due posizioni estreme in cui ritornano periodicamente una volta che le condizioni di equilibrio sono state rotte. In questo caso il moto è armonico e la forza che richiama molla e pendolo aumenta agli estremi di oscillazione e si annulla in corrispondenza della posizione di equilibrio. La regolarità del moto armonico deve tuttavia fare i conti con l’attrito che progressivamente ne diminuisce l’ampiezza fino ad arrestarlo del tutto. Lo smorzamento, indesiderato in alcune situazioni – come negli orologi a pendolo –, è invece indispensabile in altre. Per esempio, garantisce il funzionamento dei sistemi di ammortizzazione a molle, come quelli montati sulle automobili per assorbire i colpi ed evitare che le irregolarità del fondo stradale facciano sussultare troppo il veicolo e... i suoi occupanti.
Per mantenere in movimento l’oscillatore bisogna ‘forzarlo’ dall’esterno, ma a tempo debito, cioè ‘in risonanza’ con il suo moto, altrimenti si finisce con l’ostacolarlo ancora di più. L’altalena è un esempio di oscillatore forzato che arriva sempre più in alto solo quando la spinta esterna è data in fase con il suo moto, quando arriva a uno degli estremi della sua corsa.
Per scongiurare fenomeni di risonanza indesiderati, invece, è consigliabile evitare movimenti molto cadenzati su strutture fatte per oscillare, come i ponti. Un plotone di soldati, per esempio, non avanza in genere a passo di marcia su un ponte dove potrebbe inavvertitamente entrare in risonanza con la frequenza di vibrazione propria della struttura. Non si tratta di una cautela eccessiva dal momento che i ponti sollecitati con forza possono anche crollare, come testimonia il caso del Tacoma Narrows Bridge, negli Stati Uniti, distrutto nel 1940 dalle raffiche di vento.
Basta scuotere una corda tesa, fissata con un capo alla parete, per osservare la sua forma cambiare nel tempo in maniera regolare. Lungo la corda scossa viaggia un impulso, una piccola ‘gobba’ che si allontana verso la parete con velocità diversa a seconda delle caratteristiche della corda: raggiunta l’altra estremità l’impulso si riflette e ritorna capovolto al punto di partenza. Se si continua a scuotere la corda con regolarità le oscillazioni assumono la forma di colline e avvallamenti, tanto alti quanto profondi, creste e ventri che corrono sul filo. La distanza tra due creste o tra due ventri successivi è la lunghezza d’onda (può valere metri o miliardesimi di millimetro) e il tempo necessario per percorrerla è il periodo dell’onda, mentre la frequenza è il numero di oscillazioni complete che si verificano nell’intervallo unitario di tempo. Se poi vogliamo stabilire la ‘forma’ della perturbazione – nei casi più semplici è piana, sferica o circolare – dobbiamo prendere in esame il fronte d’onda, cioè l’insieme dei punti che oscillano in fase tra di loro (per esempio tutti i punti più alti dell’onda). In genere le forme non risultano mai semplici così come le onde reali non sono davvero armoniche; tuttavia anche le onde più complicate si possono scomporre in componenti armoniche semplici di frequenza diversa.
Che siano suoni o raggi di luce, deformazioni elastiche o semplici vibrazioni, tutte le onde presentano il medesimo comportamento in situazioni analoghe. Si riflettono (riflessione) sulle superfici come i raggi di luce su uno specchio (ottica) o le onde sonore sulle pareti di una stanza, cambiano direzione (rifrazione) quando passano da un mezzo all’altro e per questa ragione una cannuccia immersa in un bicchiere sembra spezzata.
Due onde che si incontrano, si sovrappongono e interferiscono (interferenza). Quando si sommano, l’ampiezza dell’onda risultante è maggiore e l’interferenza è costruttiva, quando si cancellano – in tutto o in parte – l’una con l’altra l’interferenza è, invece, distruttiva. I disturbi nella ricezione dei programmi televisivi e radiofonici dipendono proprio da fenomeni di interferenza, così come le frange chiare e scure che si disegnano su una parete bianca quando due fasci luminosi si sovrappongono.
Quando un ostacolo si frappone sul loro cammino, le onde si sparpagliano (diffrazione) e in genere gli effetti più interessanti si registrano quando gli ostacoli hanno dimensioni vicine alla lunghezza d’onda. Nel caso dei suoni la lunghezza d’onda è dell’ordine dei metri e per questa ragione suoni e rumori riescono per diffrazione ‘a girare l’angolo’, cosa che invece non accade per i raggi luminosi. La luce del Sole, invece, si disperde (dispersione) attraverso un prisma: le componenti monocromatiche di diversi colori sono deviate, passando attraverso il vetro, ad angoli diversi, così come accade in cielo quando si forma un arcobaleno.
Per le onde trasversali esiste anche il fenomeno della polarizzazione che fa sì che la vibrazione si verifichi in una sola delle infinite direzioni possibili. L’uso di radiazione polarizzata permette di scegliere frequenze molto vicine per i canali televisivi senza il rischio di interferenza, in quanto un apparato sintonizzato per ricevere un’onda con una certa polarizzazione non è in grado di ricevere onde elettromagnetiche di frequenza simile ma diversa polarizzazione.
Sospendiamo una corda alla parete con entrambe le estremità e poi scuotiamola in modo ritmico. Si generano due treni d’onde armoniche che si propagano in direzioni opposte e, arrivate agli estremi della corda, si riflettono e si sovrappongono
tra loro. Dopo una breve fase di transizione si genera un’onda stazionaria, una perturbazione che non trasporta energia e nella quale tutti i punti della corda oscillano in fase attorno alla propria posizione di equilibrio; la perturbazione si propaga nel tempo, ma non più nello spazio. Così nascono i suoni emessi da uno strumento a corda pizzicato con le dita o sfregato con un archetto.